Il limite imposto alle commissioni potrebbe determinare un aumento del prezzo dei buoni pasto. Le società emettitrici, per compensare i minori guadagni, potrebbero aumentare i costi dei ticket per le aziende
Il nuovo emendamento approvato nel Dl Concorrenza, proposto dal deputato di Fratelli d’Italia Silvio Giovine, introduce un tetto massimo del 5% alle commissioni applicate sui buoni pasto utilizzati dai dipendenti delle aziende private. L’obiettivo è quello di uniformare il mercato privato a quello pubblico, dove un limite simile è già in vigore dal 2022. In passato, le società emettitrici dei buoni pasto potevano trattenere fino al 20% del valore del ticket, causando costi insostenibili per molti esercizi commerciali. Tuttavia, il provvedimento solleva interrogativi sulle possibili ripercussioni per i lavoratori e le piccole imprese.
Come funziona il sistema dei buoni pasto
I buoni pasto rappresentano uno strumento di welfare molto diffuso, con un valore complessivo annuo stimato in 4 miliardi di euro. Permettono ai lavoratori di acquistare alimentari in supermercati, bar e ristoranti, offrendo un’alternativa alla mensa aziendale. Quattro attori partecipano al sistema: i datori di lavoro, che beneficiano di una deduzione fiscale del 100%; i dipendenti, che ricevono i buoni; le società emettitrici, che gestiscono l’intermediazione; e gli esercizi commerciali, che accettano i buoni come metodo di pagamento. Il nodo cruciale riguarda la percentuale trattenuta dalle società emettitrici a danno degli esercenti.
Il problema delle commissioni
Gli esercizi convenzionati con le società emettitrici non ricevono l’intero valore dei buoni pasto. Ad esempio, per un ticket di 10 euro, una parte della cifra viene trattenuta come commissione. Fissare un tetto massimo del 5% regola un mercato che, secondo Confesercenti, rischiava di mettere in difficoltà soprattutto i piccoli esercizi. Le alte commissioni infatti stavano spingendo molti negozi a non accettare più i buoni pasto, riducendone l’utilità per i lavoratori. Tuttavia, questa limitazione potrebbe portare a nuove problematiche.
Le possibili conseguenze
Il limite imposto alle commissioni potrebbe determinare un aumento del prezzo dei buoni pasto. Le società emettitrici, per compensare i minori guadagni, potrebbero aumentare i costi dei ticket per le aziende. Questo scenario potrebbe spingere alcune imprese a ridurre il numero di buoni distribuiti ai dipendenti o a sostenere costi maggiori per mantenere invariato il livello di welfare. Secondo Matteo Orlandini, presidente di Anseb, il settore è regolato da un complesso sistema di contratti, che rischia di essere destabilizzato. La misura introdotta per il pubblico nel 2022 ha già comportato un aumento di 100 milioni di euro per la pubblica amministrazione. Per il privato, le stime indicano un costo aggiuntivo di 180 milioni di euro all’anno, pari a circa 153 euro per lavoratore.
L’entrata in vigore del provvedimento
Il tetto massimo del 5% non sarà applicato immediatamente. È previsto un periodo di transizione che durerà fino al 31 agosto 2025, durante il quale i contratti esistenti manterranno le attuali condizioni. Per i nuovi accordi stipulati a partire dal 1° gennaio 2025, invece, il limite sarà immediatamente operativo. Questa gradualità ha suscitato critiche da parte di associazioni come Ancc-Coop, che ritengono i tempi eccessivamente lunghi rispetto alle esigenze degli esercizi commerciali. Secondo Orlandini, la revisione di oltre 300.000 contratti tra società emettitrici, aziende e commercianti potrebbe generare paralisi nel sistema, mettendo a rischio uno strumento di welfare essenziale per milioni di lavoratori.
(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati