La scelta della commissione dell’Anica (l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) composta da giornalisti, produttori, distributori e addetti ai lavori è caduta sull’opera di Maura Delpero questa motivazione: «Per la sua capacità di raccontare l’Italia rurale del passato, i cui sentimenti e temi vengono resi universali e attuali».
di Maria Lombardi
Maura Delpero batte Paolo Sorrentino. E le montagne del Trentino vincono su Napoli. Sarà “Vermiglio” della regista di Bolzano a rappresentare l’Italia alla 97esima edizione degli Academy Awards
nella sezione miglior film internazionale. “Parthenope” del regista napoletano, presentato all’ultimo festival di Cannes, e “Vermiglio”, meritatissimo Leone d’argento per la migliore regia alla Mostra del
cinema di Venezia, erano i favoriti nella maratona per gli Oscar. La scelta della commissione dell’Anica (l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) composta da giornalisti, produttori, distributori e addetti ai lavori è caduta “Vermiglio” con questa motivazione: «Per la sua capacità di raccontare l’Italia rurale del passato, i cui sentimenti e temi vengono resi universali e attuali».
Il 17 dicembre i membri dell’Academy (l’associazione che assegna gli Oscar) sceglieranno prima una lista di 15 film, da cui poi ricaveranno la lista delle cinque nomination finali. Questa lista verrà annunciata il
17 gennaio del 2025. La cerimonia degli Oscar si terrà invece il 2 marzo 2025. La regista, al suo secondo film, si è ispirata alla storia della sua famiglia contadina nelle montagne del Trentino per raccontare una
vicenda ambientata nel 1944. C’è la guerra, ma è lontana da Vermiglio. Gli echi arrivano nel paesello con due soldati in fuga, lo “straniero” porta scompiglio nella famiglia del maestro e nella
comunità.
<Una storia di bambini e adulti, tra morti e parti, delusioni e rinascite, del loro tenersi stretti nelle curve della vita, e da collettività farsi individui – spiega la regista, 49 anni – una storia d’alta quota, con i suoi
muri di neve. Di odore di legna e latte caldo nelle mattine gelate. Con la guerra lontana e sempre presente, vissuta da chi è rimasto fuori dalla grande macchina: le madri che hanno guardato il mondo da una cucina, con i neonati morti per le coperte troppo corte, le donne che si sono temute vedove, i contadini che hanno aspettato figli mai tornati, i maestri e i preti che hanno sostituito i padri. Una storia di guerra senza bombe, nè grandi battaglie. Nella logica ferrea della montagna che
ogni giorno ricorda all’uomo quanto sia piccolo>.
Un film corale e molto bello, una versione aggiornata de “L’albero degli zoccoli”, si è detto. E senza dubbio il capolavoro di Ermanno Olmi (film del 1978, inserito tra i 100 italiani più belli di sempre e ambientato, però, nella Bassa Bergamasca) è il riferimento cinematografico più vicino. Qui non siamo sul finire dell’Ottocento ma alla conclusione della Seconda Guerra mondiale. Non si vedono feriti e morti, né campi di battaglia, la guerra ha il volto di due disertori, uno è il nipote del maestro, l’altro è un siciliano che ha salvato il soldato trentino. Il maestro (Tommaso Ragno) è il punto di riferimento della comunità, padre tenero e despota, un vero patriarca in famiglia, decide il destino dei figli numerosissimi, chi deve studiare e chi no, oltre ad essere il loro insegnante. La moglie continua a fare figli, piange chi muore e subito dopo accoglie con gioia chi nasce, non ha volontà, come tutte le donne del film, imprigionate in dinamiche che non ammettono ribellione, prigioniere in una guerra che non combattono. Un po’ come i soldati disertori che si nascondono a Vermiglio. Ma sono i bambini a
raccontare nel modo più sincero questo piccolo mondo antico, con le loro domande, le confidenze scambiate nel letto in cui si dorme almeno in tre, i dubbi su quel che accade intorno. Maura Delpero dà voce ai tanti coprotagonisti (dalla primogenita le cui peripezie d’amore portano avanti il racconto alla sorella che si autoinfligge punizioni per le sue fantasie erotiche alla sorellina più sveglia e prediletta dal padre) e con una regia ferma e sicura dirige il coro, senza stonature e regalando momenti di grande emozione. Ne viene fuori l’affresco di una comunità lontana nel tempo e nello
spazio, isolata, e che pure ha i colori della contemporaneità.
Una storia che parla di guerra anche se la guerra a Vermiglio non c’è e non si vede, è invisibile e incomprensibile. <Se tutti fossero vigliacchi, forse non si farebbero più le guerre>, dice un paesano nel bar di Vermiglio. Un monito, un sommesso invito alla ribellione. Delpero aveva già firmato “Maternal” (2019, prodotto da Dispàrte e Vivofilm) , un film molto riuscito, ambientato in un rifugio per ragazze
madri a Buenos Aires, e premiato al Locarno Film Festival. “Vermiglio” (coproduzione italiana, francese e belga, distribuito da Lucky Red, attualmente nelle sale) è un film incantevole, la conferma del grande
talento della regista.