Tebboune ha cercato di mobilitare l’elettorato con promesse di riforme e miglioramenti sociali ma non ha ottenuto la legittimazione sperata
In Algeria, l’astensionismo si conferma il vero protagonista delle elezioni presidenziali. Nonostante i risultati ufficiali non siano ancora stati pubblicati, Abdelmadjid Tebboune, presidente uscente e favorito, sembra non aver ottenuto l’ampia partecipazione sperata. Delle 15 candidature iniziali, solo tre sono state autorizzate, con gli altri due candidati scarsamente conosciuti e poco influenti.
Sfida alla partecipazione
Per Tebboune, la sfida non era solo vincere, ma farlo con una partecipazione massiccia alle urne per guadagnare legittimità. Le autorità hanno dichiarato una “cifra preliminare del 48%” di affluenza, un dato superiore al 40% registrato nelle elezioni del 2019, ma ancora considerato insufficiente. La lentezza nella comunicazione dei dati e la confusione creatasi durante lo scrutinio hanno suscitato critiche sui social, dove i cittadini esprimono il loro disappunto. La partecipazione, seppur superiore rispetto all’elezione precedente, resta insufficiente per garantire una vera credibilità democratica.
La “Nuova Algeria” e le promesse elettorali
Tebboune ha cercato di mobilitare l’elettorato con promesse di riforme e miglioramenti sociali. Durante la sua campagna elettorale, ha enfatizzato la “nuova Algeria” che sta costruendo, promettendo più case popolari, aumenti salariali e sussidi grazie alle crescenti entrate derivanti dalle risorse energetiche, come gas e petrolio. Tuttavia, nonostante i numerosi cantieri e interventi sociali, il suo approccio non sembra aver convinto abbastanza elettori.
La figura di “zio Tebboune”
Il presidente, 78enne, è noto per la sua immagine populista e i suoi modi gioviali. Gli algerini lo chiamano “zio Tebboune” (aammi Tebboune) con affetto e ironia, grazie anche al suo stile comunicativo semplice e accessibile. A differenza dei suoi predecessori, utilizza un arabo popolare e diretto, che piace a una parte dell’elettorato. Le sue origini umili e la lunga carriera di funzionario statale lo rendono una figura vicina alla gente, pur essendo un prodotto della meritocrazia post-indipendenza.
La stretta sui diritti e il peso dell’esercito
Dopo essere stato eletto nel 2019, Tebboune aveva inizialmente parlato dell’hirak, il movimento di protesta contro il regime, in modo favorevole. Tuttavia, ben presto ha smesso di farne menzione, con una successiva stretta ai diritti civili. La sua presidenza è fortemente influenzata dall’esercito, vero garante del potere dal 1962, anno dell’indipendenza dall’occupazione francese. Il pragmatismo di Tebboune si riflette nelle sue scelte economiche, basate sull’uso delle risorse naturali per mantenere la pace sociale.
Il rapporto con l’Islam
Tebboune si oppone all’islam politico, ma riconosce l’importanza della religione nella società algerina, profondamente conservatrice. La guerra civile degli anni ’90, causata dall’islamismo, ha infatti radicalizzato una parte della popolazione. Il presidente cavalca questo conservatorismo religioso, adattandosi alle esigenze della popolazione, senza seguire un’ideologia precisa.
La diffidenza dei giovani e il ruolo dell’esercito
L’elevato tasso di astensionismo potrebbe essere legato soprattutto alla disillusione dei giovani, protagonisti dell’hirak del 2019, che non vedono un cambiamento significativo sotto la leadership di Tebboune. Questi giovani sembrano riconoscere il peso dell’esercito nelle decisioni politiche e l’inevitabile influenza militare dietro ogni mossa del presidente. La recente legge firmata da Tebboune, che permette al personale militare di ricoprire incarichi civili, rafforza questa percezione.
In sintesi, l’astensionismo riflette una sfiducia generale nelle istituzioni democratiche, alimentata dall’influenza dell’esercito e da una politica che appare più pragmatica che innovativa.