Il premier Abiy Ahmed spinge la presidente Sahle Work-Zewde a lasciare l’incarico tra scandali su aiuti umanitari e nuovi conflitti, in un paese sostenuto dalla comunità internazionale.
Le dimissioni della presidente Sahle Work-Zewde segnano un nuovo capitolo nella crisi etiope. In una nazione già piegata da povertà, inflazione e tensioni etniche, la presidente avrebbe infatti ricevuto pressioni dal premier Abiy Ahmed per lasciare la carica prima della fine del mandato. Nonostante le sue dichiarazioni pubbliche a favore della pace e della riconciliazione, Sahle Work-Zewde è stata invitata a farsi da parte, pare per evitare un discorso che avrebbe potuto sollevare critiche scomode nei confronti del governo.
Un recente rapporto di Reuters ha rivelato che gli aiuti alimentari, forniti dagli Stati Uniti e destinati alla popolazione affamata, sono stati sistematicamente dirottati verso l’esercito federale e il mercato nero. Si tratta di un problema noto già dal 2021, ma che ha assunto oggi dimensioni tali da spingere l’USAID e il World Food Programme a sospendere gli invii. Questa situazione grava pesantemente sulle fasce più vulnerabili, in un paese dove il 72% della popolazione vive in povertà e circa 20 milioni di persone rischiano la fame.
La devastazione economica e il conflitto tra il governo federale e il Tigray hanno portato a conseguenze disastrose per l’Etiopia. Dopo due anni di guerra civile e oltre 500mila morti, l’accordo di pace firmato a Pretoria nel 2023 ha lasciato irrisolte numerose questioni, provocando ulteriori tensioni con la regione Amhara, che rivendica la ridefinizione dei confini territoriali. Di fronte al mancato rispetto degli accordi, i gruppi armati locali, noti come Fano, hanno rinforzato le proprie milizie, sfidando apertamente le forze federali.
Mentre la situazione in Amhara peggiora e il governo impone lo stato d’emergenza, le organizzazioni per i diritti umani, come Human Rights Watch, denunciano presunti crimini di guerra compiuti dall’esercito etiope: attacchi aerei contro civili, scuole e ospedali, blackout delle comunicazioni e un controllo militare pervasivo. Tuttavia, la censura limita il flusso di notizie e la risposta della comunità internazionale è finora apparsa blanda, lasciando campo libero a una politica di repressione che colpisce la popolazione civile.
In questo contesto, le dimissioni di Sahle Work-Zewde evidenziano il livello di autoritarismo del governo di Abiy Ahmed. Primo leader donna del Paese, Sahle Work-Zewde ha sempre sostenuto la necessità di una politica di riconciliazione, valori che l’hanno resa popolare, ma che l’hanno anche posta in conflitto con il premier. La sua uscita di scena è stata seguita da un criptico messaggio sui social: “il silenzio è la mia risposta”, che ha rapidamente fatto il giro della rete.
Mentre l’Etiopia affronta sfide crescenti, il silenzio della comunità internazionale rischia di alimentare ulteriormente la disperazione e l’insicurezza di un paese in bilico tra crisi umanitaria e autoritarismo.
(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati