La situazione politica rimane instabile. La sinistra, con Jean-Luc Mélenchon alla guida, ha già programmato nuove manifestazioni contro il governo Macron e minaccia di presentare una mozione di sfiducia non appena si aprirà il Parlamento
Dopo settimane di intensi negoziati, Michel Barnier è riuscito a formare un nuovo governo in Francia. Questo esecutivo nasce da un delicato equilibrio tra le varie forze politiche che sostengono il presidente Emmanuel Macron. I ministeri sono stati distribuiti seguendo una logica che ricorda il “manuale Cencelli”, utilizzato per bilanciare il potere tra il partito di Macron, gli alleati François Bayrou e Edouard Philippe, e i nuovi membri della coalizione, i Républicains. Questi ultimi, tornati alla ribalta dopo oltre un decennio, ottengono un ruolo centrale, con sei ministeri su 47 deputati, tra cui quello dell’Interno, affidato a Bruno Retailleau, esponente della corrente più conservatrice del partito.
Il ritorno dei neogollisti e la tensione interna
I Républicains tornano al potere con figure simboliche come Bruno Retailleau, che assume il delicato incarico dell’Interno, e Rachida Dati, confermata al ministero della Cultura. Tuttavia, il tentativo di creare un ministero della Famiglia, affidato a una senatrice contraria ai diritti riproduttivi e al matrimonio omosessuale, ha sollevato controversie. I centristi, capitanati da Gabriel Attal, capogruppo all’Assemblée Nationale, si sono opposti con forza, costringendo il governo a ritirare la proposta. Sebbene il caso sia stato risolto, rimane la sensazione di una tregua precaria all’interno della coalizione.
Sbilanciamento a destra e il fallimento dell’apertura alla sinistra
Nonostante l’intenzione iniziale di Barnier di aprirsi a esponenti della sinistra, i tentativi sono falliti: nessuna figura rilevante della gauche ha accettato un incarico. L’unico ad essere incluso è Didier Migaud, ex presidente della Corte dei Conti, con un passato ormai lontano nel partito socialista. Questo ha sancito uno spostamento netto verso destra del macronismo, che sette anni fa si presentava come un movimento “di destra e di sinistra”, ma oggi sembra essere chiaramente orientato verso una sola parte dell’emiciclo.
Il nuovo governo: riconferme e nuovi volti
Rispetto al precedente esecutivo, le conferme sono poche. Rimangono figure chiave come Sébastien Lecornu alla Difesa e Jean-Noel Barrot agli Esteri, entrambi vicini a Macron. Il ministero dell’Economia vede l’arrivo di Antoine Armand, giovane deputato di 33 anni, dopo l’addio di Bruno Le Maire, che ha guidato il dicastero per sette anni. Altri ministri di spicco come Eric Dupond-Moretti alla Giustizia e Gérald Darmanin agli Interni sono stati rimossi, con coincidenze che hanno attirato l’attenzione: Marine Le Pen li aveva inseriti nella sua “lista nera” per aver offeso gli elettori del Rassemblement National.
Le sfide politiche: una sinistra all’attacco e la minaccia di Le Pen
La situazione politica rimane instabile. La sinistra, con Jean-Luc Mélenchon alla guida, ha già programmato nuove manifestazioni contro il governo Macron e minaccia di presentare una mozione di sfiducia non appena si aprirà il Parlamento. Mélenchon ha definito il nuovo esecutivo “il governo dei perdenti delle legislative”, chiedendo che venga rimosso il prima possibile. Tuttavia, è Marine Le Pen a tenere davvero in mano il destino del governo Barnier: la leader dell’estrema destra ha promesso di non appoggiare una sfiducia immediata, definendo il governo un “rimpasto transitorio”, ma non ha escluso la possibilità di far cadere l’esecutivo in futuro. Anche il suo braccio destro, Jordan Bardella, è stato netto: per lui, questo governo “non ha futuro”.
(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati