Dal ruolo oggi del sindacato, al lavoro precario. Dalle pensioni, alla ubriacatura della sinistra per il liberismo in nome della globalizzazione, alla necessitá di investire sulla cultura, alla riforma costituzionale della Meloni, parla l’ex storico leader sindacale, Giorgio Benvenuto.
di Velia Iacovino
Il sindacato oggi è piú necessario di ieri, ma deve avere la forza di cambiare passo e recuperare la sua capacitá di dialogo con il governo, che sembra ormai convocare le parti sociali per mera cortesia. Lo sottolinea Giorgio Benvenuto, presidente della Fondazione Bruno Buozzi, carismatico leader sindacalista alla guida della Uil, poi deputato e senatore, in un’intervista esclusiva con Associated Medias su alcuni dei principali problemi che investono la nostra societá.Benvenuto dice anche che i sindacati oggi hanno il compito non solo di difendere i lavoratori ma anche di valorizzarli, osserva come la sinistra non si sia ancora ripresa dall’ubriacatura per il neoliberismo in nome della globalizzazione e parla dei giovani, del precariato, della necessitá di recuperare il valore della solidaritá e dell’importanza di investire nella cultura. Infine una stoccata alla riforma costituzionale proposta dal governo, che liquida ricordando che ci sono ben altri e piu’ urgenti problemi da affrontare.
Molti si domandano se i sindacati servono ancora o se hanno fatto il loro tempo. Cosa è cambiato e cosa invece va cambiato?
Giorgio Benvenuto. Io penso che il Sindacato oggi sia ancora piú necessario di ieri. E penso che lo siano tutti i corpi intermedi, ossia quelle formazioni sociali che rappresentano e si autorappresentano nei diversi settori o luoghi della società civile, da Confidustria a Confartigianato a Confapi e cosí via. Una ricchezza per l’Italia. Una ricchezza della democrazia, che non va dispersa e che ha dimostrato la sua straordinaria importanza nei momenti piú difficili, penso all’ingresso in Europa e all’adozione dell’Euro. Il sindacato, non dimentichiamolo, ha preso parte alla Resistenza, alla nascita della Repubblica, alla stesura della Costituzione. Ma non puó rimanere sempre uguale. Deve avere la forza di cambiare. Adesso dice: difendo le donne, i lavoratori, il mezzogiorno…Dovrebbe iniziare a dire: io valorizzo le donne, i lavoratori, il mezzogiorno. Sarebbe un grande salto. Insieme alla realizzazione di una nuova unitá sindacale. Noi, la vecchia guardia, non siamo riusciti in questo obiettivo -devo dire che la scala mobile è per me una ferita che non si è ancora rimarginata pienamente- ma quando è accaduto abbiamo vinto. La divisione è debolezza. Si sono fatti certamente molti errori ma mentre prima il governo aveva un rapporto vero con sindacati e con le imprese, oggi le parti sociali vengono convocate per pura cortesia. Non le si ascolta. E questo non va bene. I monologhi portano a un vicolo cieco, c’è bisogno di tornare a dialogare.
Lo sciopero, le manifestazioni di piazza, sembrano aver perso la loro forza di impatto. E’ cosí?
Giorgio Benvenuto. Assolutamente no. Lo sciopero resta uno strumento ancora valido. Negli Stati Uniti dove il sindacato ha avuto sempre grandi problemi, ha fatto un balzo in avanti, un salto di qualitá. Ed è riuscito per esempio a rinnovare i contratti del settore delle auto ottenendo grandi risultati con uno sciopero a scacchiera, che ha preservato i salari della stragrande maggioranza dei lavoratori, e colpendo i punti nevralgici dell’attivitá produttiva, ha reso possibile la trattativa.
Qual é, a suo avviso, la ricetta giusta, per tutelare non solo chi un contratto ce l’ha ma anche i tanti giovani piú o meno qualificati, lasciati comunque allo sbaraglio, costretti a lavorare in nero o con partita Iva, sottopagati e schiavizzati, senza futuro e senza prospettiva, la cui unica alternativa è andarsene all’estero per vivere dignitosamente e autonomamente? Che ne pensa degli incentivi proposti dall’art. 7 del decreto fiscale per fare rientrare i cervelli che sono fuggiti?
Giorgio Benvenuto. Vedo solo confusione. Il problema di fondo è che non stiamo piú investendo nel sapere dei nostri giovani. Li stiamo perdendo, e questo è inaccettabile. Li stiamo incoraggiando ad andare via, dopo aver combattuto tanto per fermare la emigrazione. Questo non va bene. L’Italia ha fatto un passo indietro. Non lo dico io. Lo dice l’Istat, l’Ocse, la Banca d’Italia e d’Europa. Eravamo un paese che stava avanti. Al quarto posto tra le grandi potenze. Dal 2008 abbiamo visto invece ridurre i salari e le pensioni. E questo a messo in discussione quel luogo comune di cui ci siamo nutriti per cui bisogna dare e prendere un lavoro a tutti i costi anche per poco…pur di non restare in mezzo alla strada. E una certa colpa ce l’hanno anche la nostra sinistra e i leader della sinistra che si sono ubriacati di globalizzazione… Non è cosí. Non bisogna puntare alla quantitá dei posti di lavoro ma é la qualitá quello che conta e va salvaguardato se devo competere con i tedeschi, gli olandesi e il resto del mondo. E per farlo la mobilitá e la precarietá non aiutano. Aiuterebbe investire nella scuola, nell’universitá, nella ricerca tecnologica dove siamo in ritardo. Investire sui giovani perché sono il futuro, la storia che sará. Di Vittorio e Buozzi sostenevano che bisognava resistere un minuto di piú del padrone ma anche leggere un libro piú di lui. Sapere, conoscere sono la chiave. E se un tempo si diceva Cogito ergo sum, oggi diciamo Digito ergo sum. Ma le nuove tecnologie non devono spaventarci, devono esserci di aiuto. Dobbiamo, attraverso di esse, ritornare al pensiero. Viviamo un’epoca straordinaria di cambiamento, paragonabile a quando ci fu la scoperta della America e quella della stampa e ebbe inizio il Rinascimento. Ci troviamo in un momento di cambiamento tumultuoso e velocissimo. Dobbiamo entrare nel suo solco. Solo cosí ne trarremo beneficio.
Che futuro ha il welfare nel nostro paese e nell’intera Ue?
Quando è caduto il muro di Berlino esisteva un’Europa sociale, poi invece ha prevalso la globalizzazione e la preoccupazione di fare soldi. Oggi il Welfare va aggiornato, verificato e corretto. Non bisogna fare le riforme a colpi di decreti legge ma scegliere le soluzioni migliori nel tempo. Migliorare il rapporto tra imprese e lavoratori. Riscoprire il valore della solidarietá, che per il sindacato, che in Italia, non è mai stato corporativo al contrario di altri paesi, è il richiamo della foresta. E la solidarietá é figlia della conoscenza
In tutta Europa esiste il salario minimo, lo scorso mese il Cnel, del cui Cda per un certo periodo lei ha fatto parte, ha confermato, il suo parere negativo sulla necessità di legiferare su un importo minimo di retribuzione valida per tutti i settori. Qual è la sua posizione?
Per il salario minimo, le soluzioni sono diverse. Ed è una questione di cui si dovrebbe occupare il sindacato, e non i partiti, che attraverso la contrattazione collettiva sono in grado di scongiurare il rischio di contratti pirata. Non bisogna guardare agli altri paesi che hanno regole diverse, ma bisogna fare valutazioni complessive. E temo che le discussioni in atto non portino a nulla e che non si vogliano davvero risolvere i problemi. Un punto invece che resta sottovalutato e sempre nell’ombra è la salute dei lavoratori e la sicurezza sul lavoro, con l’Inail che non spende i soldi che gli vengono dati ogni anno a questo fine, ma utilizza il suo prezioso tesoretto per colmare altri buchi. Forse andrebbe gestito diversamente, come andrebbe gestito diversamente anche l’Inps. Entrambi oggi hanno ai vertici due commissari, professori universitari, e se nei loro cda un tempo c’erano i sindacati adesso ci sono i comitati di vigilanza che sono solo garofani all’occhiello senza alcun potere.
Le regole del nostro sistema pensionistico sembrano cambiare continuamente. E i lavoratori hanno perso ogni senso di stabilitá e sicurezza. Quale è il modello al mondo al quale dovremmo guardare.
Tutte le riforme pensionistiche fatte finora sono state drammaticamente sbagliate. L’Inps si è appesantita. E penso che sia assolutamente necessario separare la previdenza dall’assistenza, connubio che é incostituzionale. La mia idea è piuttosto che vada favorita la previdenza integrativa, che contribuisce ad assicurare al lavoratore, per il suo futuro, un livello adeguato di tutela pensionistica, prevedendo vantaggiosi sgravi fiscali.
Che pensa della riforma costituzionale per il premierato proposta dal governo? L’ Assemblea Costituente respinse la proposta di presidenzialismo per evitare all’Italia appena uscita dal fascismo la tentazione di nuove derive autoritarie Questi rischi sussistono ancora oggi , a suo avviso, nel nostro paese. O le istituzioni democratiche sono ormai cosí forti e collaudate che non c’è nulla da temere?
Penso che sia un diversivo. Abbiamo ben altri problemi da affrontare. Comunque il paese è cresciuto ed è una solida democrazia che ritengo capace di reagire ad eventuali pericolose derive. Questa proposta di riforma mi pare una cosa buttata lá che piace tanto ai giuristi dibattere. E’ piú importante invece restituire la possibilitá al parlamento di funzionare. Vengono emanati troppo decreti e ormai domina una sorta di monocameralismo alternato. Sarei felice piuttosto che si migliorasse lo statuto dei lavoratori perché sempre piú si pongono gravissimi problemi per quanto riguarda la dignitá della persona e sarei felice se si applicasse l’articolo 3 della Costituzione. E’ un dovere della Repubblica, del Parlamento, della Politica.