di Carlo Longo
Gli hedge fund, vale a dire i fondi speculativi, hanno scommesso contro i titoli di stato italiano. Il valore delle obbligazioni italiane prese in prestito dagli investitori ha raggiunto il valore più elevato dalla crisi finanziaria del 2008, arrivando a 39 miliardi di euro. L’investimento allora si è rivelato particolarmente redditizio per i fondi speculativi e, ad oggi, la scelta di investire contro i titoli di stato risiede non solo nell’incertezza politica per le prossime elezioni con conseguenti preoccupazioni sui mercati, ma soprattutto in relazione alla crisi energetica e la connessa necessità di divenire indipendenti dalle importazioni di gas russo. Lo rivela un articolo del Financial Times.
Secondo Mark Dowding, chief investment officer di BlueBay Asset Management, che gestisce circa 106 miliardi di dollari di asset, l’Italia “è il paese più esposto in termini di ciò che accade ai prezzi del gas e la politica è impegnativa” e pertanto la società sta vendendo allo scoperto obbligazioni italiane a 10 anni utilizzando derivati noti come futures. La considerazione è supportata dall’analisi del Fmi che ha previsto una contrazione economica in Italia di oltre il 5% in caso di embargo sul gas russo, salvo che le altre nazioni non mettessero a disposizione le proprie forniture. Inoltre, nella visione degli hedge fund l’Italia è tra i Paesi più vulnerabili a seguito della decisione della Bce di alzare i tassi d’interesse e bloccare gli acquisti delle obbligazioni.
“Un periodo di relativa calma politica, inaugurato dalla nomina di Mario Draghi a primo ministro nel febbraio 2021, è andato in frantumi nel luglio di quest’anno quando l’ex capo della BCE si è dimesso e la sua amministrazione della coalizione di unità nazionale è andata in pezzi”, si legge nel pezzo del FT che continua, “Le elezioni anticipate sono ora fissate per settembre, con la leader nazionalista Giorgia Meloni considerata la favorita per diventare il prossimo presidente del Consiglio. Mercoledì (al meeting di Rimini ndr), Draghi ha invitato i partiti in competizione alle elezioni a rispettare gli impegni di riforma finanziaria dell’Italia”. Tuttavia, è ben noto che i partiti euroscettici della coalizione di destra si sono detti pronti a ridefinire i dettagli del Pnrr.
Ad ogni modo, il parametro effettivo cui commisurare il rischio italiano è lo spread, vale a dire il divario con il debito tedesco arrivato a 2,3 punti (231) percentuali da 1,37 punti percentuali di inizio anno, spinto dal rendimento del debito decennale italiano salito al 3,7%. Poi l’Inflazione galoppante (+7,9% a Luglio, +8,9 in Europa), trascinata dal reperimento di materie prime tra cui l’energia, punto che non si vedeva dagli anni 80, preoccupa gli italiani che temono per i loro risparmi.
Il quotidiano fa i nomi di qualche investitore che ha già tratto profitto dalle scommesse contro le obbligazioni italiane all’inizio di quest’anno come Michael Hintze, fondatore dell’hedge fund CQS, che però ha rifiutato di commentare. Tra coloro che hanno tratto profitto ci sarebbe anche il co-fondatore di Brevan Howard Alan.
“Nel 2018, mentre i mercati si preoccupavano se un governo di coalizione potesse aumentare i livelli di debito e allentare i legami con l’UE, gli hedge fund hanno aumentato le loro scommesse al livello più alto dalla crisi finanziaria. Tuttavia, le scommesse degli hedge fund, sia in termini assoluti che in proporzione all’emissione totale di obbligazioni, hanno ora superato i livelli del 2018, segno di dove gli investitori potrebbero arrivare da qui”, scrive il FT. E’ bene tenere presente che alcuni gestori non credono nell’operazione d’investimento contro il debito italiano sottolineando che lo strumento di protezione della trasmissione recentemente annunciato dalla BCE limiterà il rialzo ai rendimenti. Il nuovo strumento è stato progettato per evitare che gli oneri finanziari nei paesi dell’eurozona altamente indebitati aumentino troppo al di sopra delle nazioni principali come la Germania. E’ indubbio, in proposito, che la Bce sarà tra le banche mondiali quella a dover gestire la crisi più difficile.
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