Il pericolo è enorme: la petroliera trasporta oltre 100.000 tonnellate di greggio, e un’eventuale fuoriuscita potrebbe causare una catastrofe ambientale di dimensioni ben maggiori rispetto a quella della Exxon Valdez nel 1989
Una scena drammatica si sta svolgendo nel Mar Rosso, dove una flotta navale internazionale è impegnata nel prevenire un potenziale disastro ecologico, in un’area devastata dal conflitto da ormai undici mesi. La petroliera greca Sounion, colpita da un attacco dei miliziani Houti, viene lentamente trainata verso un porto sotto la scorta armata di navi militari italiane, francesi e greche. Il pericolo è enorme: la petroliera trasporta oltre 100.000 tonnellate di greggio, e un’eventuale fuoriuscita potrebbe causare una catastrofe ambientale di dimensioni ben maggiori rispetto a quella della Exxon Valdez nel 1989.
L’attacco e le operazioni di salvataggio
L’attacco alla Sounion ha avuto luogo il 21 agosto, con il lancio di missili e droni che hanno danneggiato la nave, obbligando l’equipaggio ad abbandonarla. Successivamente, gli Houti hanno piazzato mine sulla petroliera nel tentativo di affondarla, ma nonostante i danni, la cisterna è rimasta a galla. Il rischio di una fuoriuscita di petrolio ha spinto la comunità internazionale ad agire con urgenza.
Grazie a un’intensa attività diplomatica, con un ruolo di primo piano della Farnesina, il 28 agosto si è ottenuta una tregua temporanea. A seguito dell’intervento del ministero degli Esteri italiano, Antonio Tajani, l’Unione Europea ha varato una missione di soccorso sotto il comando dell’operazione navale Aspides, gestita dalla Grecia. Il coordinamento militare è stato affidato al cacciatorpediniere italiano Andrea Doria, una delle unità più potenti della flotta italiana.
La mobilitazione navale e il rischio ambientale
L’operazione di recupero è guidata dal contrammiraglio Massimo Bonu, a bordo dell’Andrea Doria, che coordina l’intervento delle navi alleate, tra cui la fregata francese Chevalier Paul e la fregata greca Psara. Tutte queste unità sono equipaggiate per affrontare minacce aeree, compresi i droni utilizzati dagli Houti durante gli attacchi.
Le navi da soccorso greche, che si occupano del rimorchio della Sounion, vigilano attentamente sulla sicurezza delle stive della petroliera, dove la temperatura ha raggiunto livelli estremamente pericolosi, con punte di 400 gradi. L’operazione è particolarmente delicata: se non gestita correttamente, potrebbe provocare una delle più grandi fuoriuscite di petrolio della storia.
Misure di sicurezza e situazione attuale
Una volta che la petroliera raggiungerà il porto, saranno adottate una serie di misure per garantire la sua messa in sicurezza. Gli incendi sul ponte saranno domati con sostanze schiumogene, e il petrolio verrà trasferito su un’altra nave cisterna. Le falle nella struttura, causate dalle esplosioni, saranno riparate. Nel frattempo, i livelli di ossigeno nei serbatoi e la temperatura vengono monitorati costantemente per prevenire il rischio di un’esplosione.
Nonostante la tregua temporanea, gli Houti rimangono una minaccia attiva. Solo pochi giorni fa, un missile lanciato dai miliziani è caduto nei pressi di Tel Aviv, e i ribelli sostengono di aver abbattuto un drone statunitense. La speranza è che si astengano da ulteriori attacchi alla petroliera, ma se dovessero tentare, la flotta internazionale è pronta a rispondere con fermezza.
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