Il muro di Berlino contro la scalata di Unicredit a Commerzbank

Il cancelliere Olaf Scholz ha rimarcato a chiare lettere di ritenere l’operazione “un atto ostile” e sarebbe deciso a congelare la quota ancora detenuta dal Ministero delle Finanze. Il ministro degli Esteri italiano Tajani gli ha ricordato che  in Europa c’è il libero mercato…

 

 

La Germania sta facendo il possibile per evirare il matrimonio tra Unicredit e Commerzbank. Da Francoforte sono arrivati segnali chiari e inequivocabili. Il vicepresidente Michael Kotzbauer ha detto di non credere che dalla fusione possa nascere una banca europea. “Sarebbe un’operazione di consolidamento nazionale con scarsi vantaggi per azionisti e clienti”, ha dichiarato sollevando anche la possibilità che ci possano essere tagli del personale tra i 42 mila dipendenti del gigante tedesco. “Abbiamo una responsabilità verso le loro famiglie”. Segnali di forte chiusura arrivano anche dal nuovo amministratore delegato di Commerzbank che si è detta convinta che l’operazione provocherebbe la fuga molti clienti. Vento ostile soffia anche dal governo di Berlino, che controlla iil 12% della banca. Il cancelliere Olaf Scholz ha rimarcato a chiare lettere di ritenere l’operazione “un atto ostile” e sarebbe deciso a congelare la quota ancora detenuta dal Ministero delle Finanze. Intanto Unicredit dovrà chiarire – ma comunque ci vorrà tempo e inoltre bisognerà attendere il parere della Bce-   cosa intende fare del 21% che si è conquistata.

Intanto l’esecutivo potrebbe frenare la fusione con una legge ad hoc che ad esempio impedisca agli stranieri di controllare la maggioranza e di lasciarne la quotazione in patria. La Germania vuole evitare che Unicredit faccia con Commerzbank, come ha  già fatto con Hvb, acquisita  e tolta dal listino di Francoforte. La banca italiana ha cominciato la scalata all’istituto tedesco acquistando la quota messa all’asta dal ministero delle Finanze e il 4,5%, in parte attraverso derivati. Quindi? La soluzione che potrebbe convincere Berlino sarebbe l’approvazione da parte dell’Italia della riforma del Mes che fornirebbe una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. Ma Giorgia Meloni e la sua maggioranza non ci stanno.

Sulla querelle è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano Tajani che ha risposto a Sholtz, ricordandogli che  in Europa c’è il libero mercato ma“quando qualcuno viene ad acquistare in Italia, si dice che siamo in un sistema europeo, moderno e del mercato unico, se poi un italiano acquista fuori non siamo più nel mercato unico…». «Si tratta di un’iniziativa di privati, legittima», prosegue Tajani. «Non comprendo perché questo dovrebbe essere un atto ostile: ci sono le norme bancarie, le norme europee, mi pare che Unicredit le abbia rispettate”

 

 

 

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