La morte resta il piú grande dei nostri tabú. Un’idea alla quale gli esseri umani non sembrano riuscire a rassegnarsi, rimossa, negata, censurata, nell’illusione di nonavere scadenza o di potere proseguire il proprio tran tran in un mondo virtualee addirittura migliore di questo. Siamo abituati a vivere in un perenne domanisalvifico e progettare il futuro è una nostra specificitá che gli animali non hanno,che fa parte del nostro dna e che compenserebbe, come sostengono alcune teoriefilosofiche contemporanee, in qualche modo la nostra assoluta mancanza di istinto.
E’ questo che avrebbe contribuito all’immagine che abbiamo di noi stessi, sortadi impavidi semidei, portati facilmente a dimenticarsi della Grande Mietitrice. Ma qualcosa ora sembra stia cambiando nelle profonditá dellanostra societá occidentale e giudaico cristiana, che ha costruito le suefondamenta prima sulla promessa e l’illusione del paradiso e della redenzione,poi sul mito, figlio dello sviluppo scientifico e tecnologico, della possibilitádi eternitá terrena.
La crisi della fede, cui si è aggiunta l’esperienza traumatica del Covid che ci ha colto di sorpresoe la recessione economica, ci hanno sbalzato all’improvviso, fuori del centrodelle nostre certezze, mettendoci di fronte allo specchio delle nostrefragilitá, dei nostri dubbi, delle nostre debolezze. Cosí adesso ci ritroviamo a riflettere sullamorte, a considerarla come eventonaturale, parte integrante del nostro destino, meta finale al quale dovremmoprepararci da sempre, fin da quando nasciamo, senza enfasi come facevano inostri avi dell’antica Grecia, nella consapevolezza che essa è sempre inagguato per tutti, nascosta negli angoli piú bui della vita. Ne parliamo come un tempo non si osava fare. E questo non solo grazie alla scrittrice Michela Murgia, che qualche mese fa hainferto l’ultima picconata al tabu, svelando pubblicamente di essere una malataterminale e coinvolgendoci mediaticamentenella sua avventura finale. Forse anche scia del fenomeno americano del DeathPositive Movement, fondato nel 2013 daCaitlin Doughty, sono numerosi gli intellettuale che da alcuni anni in Italiasi soffermano su questo tema in maniera divulgativa. Per citarne alcuni, ilfilosofo Umberto Galimberti, la psicologa Ines Testoni, che all’Universitá di Padovadirige il Master Death Studies & The End of Life, il teologo Vito Mancuso.
Un tema che è anche al centro del nuovo e sommesso romanzo,appena pubblicato da Di Renzo Editore, del giornalista e scrittore Gianni Perrelli dal titolo fortemente evocativo: “Il quinto vuoto”, che, spiega lo stesso autore, è una dimensione cheva oltre la terra, il mare, il cielo, e persino lo stesso Rub’al Khali, il quarto vuoto come è chiamato il deserto piúinesplorato e misterioso del pianeta, con tonnellate di sabbia che disegnano ungigantesco nulla tra Oman, Arabia Saudita, Emirati e Yemen… Il Quinto Vuoto diPerrelli è la distanza da tutto, è il confine tra l’aldiquá e l’aldilá. E’ la mortecome punto di approdo dell’essere, meta di un cammino che nelle pagine diquesto libro viene compiuto senza richiami né alla paura né al coraggio…ma cometermine naturale di un percorso, in cui impariamo ad essere migliori e persino piú liberi, a guardare dentro noistessi non da guerrieri, ma da quel che siamo, ad accettarci, a lasciarciandare quando è arrivato il momento, senza retorica, senza accanimenti, nérimpianti, né senso di sconfitta. Consapevolmente disarmati. Imparare a moriresi puó, come ci insegna Perrelli, uscendo dalla bolla in cui viviamo ma senza smettere divivere, cercando il senso pieno di ció che è stato… Il protagonista di questo bellissimo romanzo, avvincente epieno di colpi di scena, è Giulio Lucchini, pittore di fama internazionale, alquale viene diagnosticato un male incurabile, e che sceglie di non sottoporsi adaccanimenti terapeutici pur di strappare alla morte un giorno in piú, ma decidedi attraversare il Quinto Vuoto, appunto, con tutte le forze che gli rimangono intraprendendoun viaggio che avrá come approdo un piccolo villaggio di pescatori nei pressidi Capo Horn, alla fine della fine della Terra. Una sorta di pellegrinaggio memorialeil suo, nel corso del quale scioglierá tutti i nodi della sua esistenza, rivivrála giovinezza, i grandi amori, riscoprirá i luoghi perduti…Roma, New York, Rio,Buenos Aires… Scenari di una partita a scacchi di cui, proprio come AntoniusBlock nell’ ”Ultimo Sigillo”, cercherá in qualche modo di rinviare il finale…proponendosidi scendere a patti, senza riuscirvi, con la Megera.
“Il Quinto Vuoto” di Gianni Perrelli Di Renzo Editore , 2023 pgg 224
Scheda autore
Gianni Perrelli (Venezia 21 giugno 1943), collaboratore della nostra testata Associated Medias, ha esordito come giornalista nelle redazioni del Tempo e della Gazzetta del Mezzogiorno, ha lavorato per l’agenzia di stampa Inter Press Service. Dopo una parentesi nel Corriere dello Sport, nel 1977 é approdato a L’Europeo. dove ha seguito la politica nazionale e la cronaca, per poi diventare nel 1980 corrispondente dagli Stati Uniti. Incarico in seguito ricoperto anche per il settimanale L’Espresso, per il quale é stato anche inviato nei punti caldi del mondo (Iran, Iraq, Afghanistan, Siria) e caporedattore, Ha collaborato al Fatto Quotidiano, al “Venerdì” e ai “Viaggi” di “Repubblica”, a “Il Mattino”, a “Oggi”. Negli anni giovanili ha scritto due saggi sportivi: Zoff (biografia del portiere della Nazionale) e “Il calcio di Liedholm”. Nel 1997 ha pubblicato per Newton Compton il saggio “Dove va l’Italia” (dialogo con il politologo Edward Luttwak). Nel 2004 ha scritto per l’editore Di Renzo “Professione reporter”, saggio sul giornalismo. Nel 2010 ha pubblicato per i tipi di Gremese “Il mestiere di inviato”. È autore di cinque romanzi: “Habana Libre” Di Renzo Editore del 2004), “Non avrai altro dio” ( Baldini Castaldl Dalai Editore 2009) “Il tunnel” (Di Renzo editore, del 2012), “16 metri quadri” (Di Renzo editore, del 2014) e “il soffitto di cristallo” (Di Renzo Editore, 2019). Nel 2016 ha scritto Tris ( Aracne Editore) con Oliviero Beha e Dante Matelli. Nel 1978 ha vinto il Premio internazionale Città di Roma per il giornalismo di costume, nel 2005 il Premio Val di Sole per il giornalismo di politica estera, nel 2009 il Premio Capalbio per la narrativa.