La Cina chiude i canali di comunicazione con gli Stati Uniti

Il Governo ha deciso di cancellare alcuni meccanismi di dialogo militare con gli Stati Uniti. Mossa preoccupante, perché fa crescere il rischio di un’escalation accidentale su Taiwan in un momento già critico

di Marco dell’Aguzzo

Come ritorsione per la visita a Taiwan di Nancy Pelosi, la Cina – oltre alle esercitazioni militari intorno all’isola e alle sanzioni contro la Speaker della Camera americana – ha annunciato venerdì anche la sospensione o la cancellazione di otto meccanismi di dialogo con gli Stati Uniti. Non ci saranno più, dunque, comunicazioni tra gli alti comandanti militari di Pechino e Washington, riunioni tra i rispettivi ministri della Difesa e dialoghi sulla sicurezza marittima. Sono stati invece interrotti i meccanismi bilaterali per il rimpatrio dei migranti irregolari, per l’assistenza sulla giustizia penale, per il contrasto della criminalità transnazionale e del narcotraffico e per la collaborazione sul clima.

La decisione della Cina di chiudere i già pochi canali di comunicazione con l’apparato militare statunitense fa crescere il rischio di un’escalation accidentale su Taiwan, in un momento peraltro già critico per la sicurezza dell’area e potenzialmente per la sicurezza globale. Pechino – come accennato – sta infatti tenendo delle grosse esercitazioni militari a fuoco aperto intorno all’isola, anche in zone appartenenti alle acque territoriali taiwanesi. Il Giappone ha esposto un reclamo formale nei confronti della Cina dopo che cinque missili sono atterrati nella sua zona economica esclusiva: i lanci, dicono da Tokyo, potrebbero essere stati intenzionali.

Christopher Twomey, esperto di sicurezza presso la U.S. Naval Postgraduate School, ha detto a Reuters che “questa maggiore densità di forze, nel contesto di un’intensificazione della crisi, solleva la prospettiva di un’escalation involontaria che nessuna delle due parti vuole. È proprio questo il momento in cui si vorrebbero avere più opportunità per parlare con la controparte”, ha aggiunto. “La perdita di questi canali riduce enormemente la capacità delle due parti di evitare il conflitto tra le forze militari mentre continuano le esercitazioni e le operazioni”.

Twomey utilizza l’espressione “densità di forze” perché nei pressi di Taiwan non si muovono soltanto le navi da guerra cinesi, i caccia e i droni. A est dell’isola ci sono infatti – come riportato dall’agenzia – almeno quattro importanti imbarcazioni statunitensi, incluse la portaerei USS Ronald Reagan, la nave d’assalto anfibio USS Tripoli e l’incrociatore con missili guidati USS Antietam. Sono lì per svolgere una funzione di deterrenza e, qualora la situazione dovesse precipitare, forse per intervenire in caso di attacco cinese a Taiwan.

Un anonimo funzionario americano ha detto a Reuters che le controparti cinesi non hanno risposto alle chiamate dal Pentagono. È un passo indietro per l’amministrazione di Joe Biden, che stava cercando – faticosamente, vista la tensione generale nei rapporti e la sfiducia reciproca – di aprire una linea di comunicazione con l’esercito di Pechino, utile a gestire le tensioni e a evitare che la competizione strategica possa degenerare in un conflitto armato. A giugno il segretario della Difesa americano Lloyd Austin si era riunito con il Ministro della Difesa cinese Wei Fenghe ai margini del Dialogo Shangri-La. In precedenza i due si erano anche telefonati, benché Washington preferirebbe rapportarsi con Xu Qiliang, l’ufficiale più in alto nella struttura militare del Partito comunista cinese.

Fonti diplomatiche sia occidentali che asiatiche hanno detto a Reuters che i militari statunitensi volevano tenere discussioni più frequenti con i comandanti cinesi, ma poi venerdì Pechino ha cancellato il dialogo.

La retorica cinese su Taiwan, intanto, è infuocata. Il Ministro dell’ambasciata cinese negli Stati Uniti, Jing Quan, ha dichiarato che “Taiwan è una delle pochissime questioni che potrebbero portare la Cina e gli Stati Uniti a un conflitto, o addirittura a una guerra”. Gli analisti pensano tuttavia che Pechino, nei fatti, non si spingerà troppo oltre con la sua dimostrazione di forza. Un incidente o un errore di calcolo durante le esercitazioni potrebbe però far prendere alla situazione una piega gravissima.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati