La nota del 20 luglio

“Se il computer è un dio, è un dio del Vecchio Testamento con un sacco di leggi e nessuna pietà” (Joseph Campbell)

Prima o poi doveva succedere, e naturalmente è successo d’estate quando gli aeroporti sono più pieni del solito: compare “lo schermo blu della morte” sui computer, nel mondo saltano quasi 4 mila voli, oltre al blocco informatico di ospedali e grandi strutture civili. Alla fine, è andata meglio del previsto per la più importante défaillance informatica della nostra epoca, che rivela una fragilità che sospettavamo con le connessioni mondiali in mano a pochissimi giganti. Il cloud in mano agli Stati ovviamente avrebbe gli stessi problemi. C’è da pensare anche a disastri simili che possono essere causati da hacker nel quadro delle tensioni internazionali e delle guerre in essere, anche se il collasso informatico di venerdì 19 luglio è stato causato dallaggiornamento errato dei sistemi Microsoft da parte dellazienda di cybersicurezza Crowdstrike.

Tutti i giornali aprono, e non potevano fare altrimenti, sulla vicenda. L’effetto più visibile è stato quello dei voli spariti sugli schermi disconnessi delle compagnie aeree. L’Italia ha avuto meno danni del previsto, ha resistito persino il volo Roma-Milano sul quale ieri è salito Salvini, ma Ita ha spiegato che nella fascia oraria del primissimo pomeriggio c’erano 12 voli per Linate, di cui solo due erano stati cancellati. Non si è ancora capito bene cosa è successo negli ospedali nel mondo.

Ursula Von der Leyen se n’è andata in vacanza dopo essere stata eletta per la seconda volta alla guida della Commissione europea. Giorgia Meloni invece si prende due pagine del Corriere per spiegare la sua scelta di votare contro la conferma e, in estrema sintesi fa capire che va verso l’appoggio esterno sui singoli dossier. Precisa che nel Consiglio europeo si è astenuta sulla conferma della presidente della Commissione, mentre giovedì ha votato contro ma sul programma. Poi illustra il contesto: «Nel 1990 la Ue a 12 Stati valeva il 26,5% del Pil mondiale, la Cina l1,8%. Oggi lEuropa a 27 Stati vale il 16,5% e la Cina il 18%. Vuol dire che quando nel 1990 lEuropa pensava che occupandosi di sé stessa si sarebbe anche occupata del contesto faceva una cosa sensata, ma adesso non è più così. Se non valuti il contesto rischi di creare enormi problemi di competitività. Ho incontrato qualche giorno fa alcuni rappresentanti della Round Table europea, che riunisce le grandi industrie europee, e cerano enormi convergenze tra le loro preoccupazioni e la mia strategia, in materia di competitività, sul tema di una transizione verde e compatibile con sostenibilità economica e sociale, e sullenergia».

Ecco come là premier spiega i rapporti con von der Leyen: “Anche nei passati due anni noi non facevamo parte della sua maggioranza, ma questo non le ha impedito di ascoltarci quando le nostre tesi erano sensate e utili. E non ha impedito a noi di aiutare la Commissione quando ritenevamo che fosse nellinteresse italiano ed europeo. Non ho ragione di credere che non sara così anche nel futuro. Io parlo sempre con la presidente della Commissione, è mio dovere farlo e abbiamo imparato a rispettarci a vicenda. Abbiamo collaborato fino ad ora e continueremo a farlo anche in futuro. Siamo persone che hanno delle responsabilità e ne comprendono il peso. LItalia dipende  da  scelte  europee,  ma  anche  lEuropa  dipende dallItalia perché noi non siamo una provincia dellimpero. Siamo uno dei Paesi fondatori, la seconda industria manufatturiera, la terza economia e abbiamo anche il governo più stabile tra le grandi nazioni dEuropa. Tutti riconoscono il peso e il ruolo dellItalia e sono certa che queste saranno le valutazioni che si faranno quando si definiranno le deleghe”.

Emanuele Orsini, presidente di Confindustria racconta al Giornale gli enormi investimenti che servono per realizzare il nuovo Green Deal e i grandi rischi per l’industria italiana che è già all’avanguardia nel rispetto dei parametri ambientali fissati dalla stessa Ue: “Fissare un ulteriore obiettivo climatico come il taglio delle emissioni di CO2 del 90% al 2040, non fa altro che penalizzare ulteriormente la competitività dell’industria europea, già impegnata ad affrontare un processo di decarbonizzazione che solo all’Italia costerà circa 1100 miliardi nei prossimi dieci anni».

Romano Prodi scrive sul Messaggero che avremo comunque un commissario importante. E’ più pessimista sul futuro, anche se ritiene che l’Italia avrà comunque un commissario di peso: “Chi conosce il modo di operare non solo della Commissione, ma anche del Parlamento e del Consiglio Europeo, è in grado di capire quanto sia importante appartenere alla coalizione che quotidianamente collabora per elaborare e mettere in pratica le decisioni politiche. Proprio per la complessa composizione degli organismi europei, la direzione di marcia e le scelte importanti vengono sempre prese nell’ambito dei gruppi politici che, anche se con frequenti differenze, condividono lo stesso cammino. E’ la prima volta, nella storia europea, che l’Italia si distacca da coloro che decideranno la politica europea. Il prezzo di quest’isolamento sarà quindi molto elevato in futuro, a meno che un opportuno ripensamento non porti a modificare comportamenti estranei ai nostri interessi e alle nostre tradizioni”.

Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, dice al Messaggero che sul Green Deal aspetta “un ravvedimento significativo” (di cui tuttora non si vede traccia).

Poichè Meloni deve presentare il nome di un uomo e quello di una donna per il ruolo di commissario, si torna a scrivere di Elisabetta Belloni (nel caso destinata alla Difesa). Fitto chiede aiuto a Tajani per continuare ad occuparsi di Pnrr, ma da Bruxelles.

Lucia Annunziata dice che c’è confusione nel gruppo degli europarlamentari Pd.

Intanto la Nato indica lo spagnolo Javier Colomina come rappresentante per i paesi del Mediterraneo. Meloni protesta, i giornali di sinistra scrivono che si tratta di uno schiaffo all’Italia. Tuttavia, la nomina vale sino ad ottobre, e il nuovo segretario generale dell’Alleanza potrebbe anche decidere diversamente.

Landini consegna in Cassazione 4 milioni di firme contro il Jobs Act. Il capo di Adecco, Angelo Lo Vecchio, spiega a La Stampa che con i referendum della Cgil l’Italia rischia di tornare indietro, visto che flessibilità non significa precarietà. Il segretario della Cisl, Sbarra, chiede di spingere sul taglio delle tasse e l’aumento dei salari altrimenti, dice ad Avvenire, “senza risposte non saremo fermi”. Vuole risposte anche da Confindustria.

Il capo della Dia, Michele Carbone, dice al Giornale che “mafia, camorra e n’drangheta si sono alleate per aggredire lo spazio economico-finanziario” e chiede una nuova fattispecie di reato, “l’associazione a delinquere finalizzata a crimini economici”.

Il Sole apre sul Salva casa per spiegare come utilizzarlo.

La Corte Costituzionale boccia il ricorso dei tassisti contro le licenze agli Ncc.

Pignataro, dopo oltre un anno di trattative, compra Prelios per 1,3 miliardi. Fabrizio Palenzona resta alla presidenza.

Figliuolo ha risarcito 440 famiglie per l’alluvione della Romagna, e dice di aver speso meno del previsto perchè i danni sono stati inferiori alle prime stime.

Polimeni, rettrice della Sapienza, è entrata nella Giunta e nel Consiglio di Coldiretti, che ha cambiato lo Statuto per far entrare personalità che non sono coltivatori diretti.

Santanchè finanzia con 20 milioni l’Aci (dove Geronimo La Russa è a capo della sezione di Milano) affinchè si occupi anche di turismo.

Pochi credono a Renzi che ora svolta a sinistra, e ipotizza pure di lasciare la guida della nuova Iv che torna all’ovile a Maria Elena Boschi. Marattin è contrario, Bonifazi favorevole. Conte non lo vuole nel campo largo. In ogni caso, il senatore di Rignano ha fatto parlare del suo partitino.

Confalonieri, Letta, i figli di Berlusconi e anche Tajani continuano a lavorare all’idea di una Forza Italia più liberale, e anche con qualche intellettuale come nelle origini.

Il Fatto apre sul no ai vitalizi detto dalla Camera a due ex parlamentari del Psdi condannati.

Mario Sechi, direttore di Libero, ottiene dalla Rai meloniana sei puntate di una trasmissione che si chiama “Che magnifica impresa” per raccontare la manifattura e i mestieri italiani.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Blackout globale. Faccina triste, schermo azzurro-Microsoft. Ieri mattina milioni di persone in tutto il mondo appena acceso il computer collegato alla rete aziendale si sono trovate davanti lo stesso, per qualche ora misterioso, messaggio: «Si è verificato un problema e il dispositivo deve essere riavviato. Raccolta di informazioni sull’errore in corso». La schermata in gergo tecnico viene chiamata BSoD, che sta per blue screen of death. Letteralmente “schermata blu della morte”. Non promette niente di buono e vuol dire che Microsoft si è “rotto” per quasi tutta la mattinata per colpa di «un disservizio mondiale di CrowdStrike», colosso della sicurezza informatica. All’alba, ora italiana, i media australiani davano le prime, allarmanti, notizie. Tutti i voli sono in ritardo, forse chiudono l’aeroporto di Melbourne. Non vanno i treni, non funzionano nemmeno le casse dei grandi magazzini Woolworths. Alle dieci del mattino si inizia a intuire la causa del gigantesco crash di Microsoft e le notizie di disservizi e ritardi arrivano a cascata da tutto il mondo. Coinvolti aeroporti e compagnie ferroviarie, banche, sistemi sanitari nazionali e cliniche di analisi e private, televisioni e anche le agenzie di stampa. Nel Regno Unito il National Health Service, il sistema sanitario nazionale, è inaccessibile sia per i cittadini che per i dipendenti, in Italia non va più lo Spid. (Nadia Ferrigo, La Stampa)

Oltre 3.533 voli cancellati e 31.300 quelli che hanno subito ritardi gravi. A terra i voli di American Airlines, Ryanair, Delta Airlines, Air India. A terra anche i voli delle compagnie aeree che non hanno avuto problemi informatici, come i 60 cancellati da Ita. Problemi per i siti e i sistemi informatici di banche, come Chase, Bank of America, Square e Wells Fargo. Una debacle che per gli esperti è già la più grave mai registrata nella storia dell’informatica. Indiziata numero uno del guasto nei primi minuti è stata Microsoft. Anche perché – per una pura casualità – nella notte tra giovedì e venerdì Microsoft è stata colpita da un problema ai propri servizi Office e Teams. Poco dopo però si è scoperto che la responsabile del guasto era un’altra società, una delle più importanti di sicurezza informatica. La texana CrowdStrike. Il compito di questa azienda è gestire la sicurezza dei computer degli utenti finali di un software e monitorarne il corretto funzionamento. Poche ore prima del guasto CrowdStrike ha rilasciato un aggiornamento sbagliato, un bug, che ha creato problemi a Windows causando il riavvio e il blocco di tutti i dispositivi. (Arcangelo Rociola, La Stampa)

Stop ai voli, borse ferme Il big bang digitale manda il mondo in tilt. Aggiornamento di CrowdStrike blocca i sistemi Microsoft. Problemi anche a ospedali e banche Aeroporti nel panico, quattromila partenze annullate. Check-in fatti a mano e vacanze rovinate. (Viola Giannoli, Repubblica)

Daniele Manca Corriere della Sera: La Rete e le regole: la scatola non è così nera. La tecnologia ha portato indiscutibili vantaggi. Ma serve uno sviluppo regolato, non può valere solo il far west.

Nato, l’ira del governo per le nomine. Scelto uno spagnolo come inviato per il Sud. L’esecutivo: forti perplessità. L’opposizione: Italia isolata. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)

Il primo schiaffo sulla Nato la rabbia di Meloni. Una partita persa nel Mediterraneo fa venire una tentazione a Giorgia Meloni: chiedere a Bruxelles la delega sui migranti. Il clima a Palazzo Chigi non è dei migliori, la premier rivendica la mossa di non aver votato il secondo mandato di Ursula von der Leyen, ma al tempo stesso fatica a digerire lo schiaffo ricevuto dalla Nato. L’Italia aveva chiesto di nominare un rappresentante speciale dell’Alleanza Atlantica per il fronte Sud. La settimana scorsa, durante il vertice di Washington, la premier ha annunciato la candidatura. Il segretario uscente Jens Stoltenberg, invece, ha optato per lo spagnolo Javier Colomina, già vice Segretario generale aggiunto della Nato. La vicenda ha provocato grande risentimento nel governo italiano, tanto da indurre il rappresentante permanente presso l’Alleanza Atlantica, Marco Peronaci, a inviare una lettera al segretario. (Francesco Olivo, La Stampa)

Nomine, dalla Nato all’Ue Meloni incassa due sberle e ora Fitto spera in Tajani. Se ci fossero dubbi sullo smacco subito dall’Italia in sede Nato ci pensa la nota informale del governo a diradarli. A proposito della decisione del segretario dell’Alleanza atlantica, l’uscente Jens Stoltenberg, di nominare lo spagnolo Javier Colomina rappresentante speciale per i rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, a palazzo Chigi si esprimono “forti perplessità” per l’indicazione di un inviato “personale” a due mesi dalla scadenza del mandato del segretario generale dell’Alleanza. La decisione di Stoltenberg è in effetti una “sberla” in pieno volto a Giorgia Meloni che solo il 12 luglio scorso, a conclusione di quel vertice, dichiarava: “Il bilancio di questo summit Nato è positivo, sono soddisfatta, in particolare per la creazione di un inviato speciale per il fianco sud che avevamo richiesto e per il quale l’Italia intende presentare la propria candidatura”. Stoltenberg ha compiuto quindi un vero sgarbo nei confronti dell’Italia e il rappresentante permanente dell’Italia alla Nato, l’ambasciatore Marco Peronaci, ha scritto direttamente al Segretario generale per manifestare la “grande sorpresa e disappunto” per la nomina di Colomina, lamentando “l’assenza di un’adeguata consultazione con gli alleati”. (Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano)

Ursula von der Leyen e la scelta dissennata di Giorgia Meloni. L’Italia esce a pezzi dalla partita a poker sulla Commissione europea. (Massimo Giannini, Repubblica)

Massimo Franco sul Corriere: Il centrodestra ora rischia l’ipoteca sovranista. Dopo il no a von der Leyen il gruppo dei Patrioti europei cerca di inchiodare la premier a una posizione anti Ue.

Il caso Toti finisce in Cassazione: «Incomprensibile il nuovo arresto». Di fronte alla nuova ordinanza di misura domiciliare e alla seconda accusa, che si aggiunge alla corruzione, di finanziamento illecito ai partiti, ieri Giovanni Toti nell’interrogatorio di garanzia – in videocollegamento dalla caserma della Guardia di Finanza di La Spezia – si è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha rilasciato dichiarazioni spontanee. A differenza di quanto successo in occasione del primo arresto, con un interrogatorio fiume di nove ore, stavolta non chiederà di essere sentito dai pm. Interrogatorio che è stato poi definito «irrilevante» dal Tribunale del Riesame che una settimana fa gli ha confermato gli arresti. Ieri il legale di Toti, Stefano Savi, ha depositato il ricorso in Cassazione, ma un verdetto sul possibile ritorno in libertà del presidente non arriverà prima di settembre. (Lodovica Bulian, Il Giornale) Fratoianni “Da Genova chiediamo un Paese normale Uniti su salute e lavoro”. Il caso Toti: parla il segretario di Sinistra italiana. La piazza ligure è la tappa di un percorso Liquidiamo il termine Campo largo e puntiamo sul merito delle questioni. (Massimo Minella, Repubblica)

Brugnaro, gli incontri senza i telefoni. I pm: «Vasto catalogo di anomalie». Le carte: «Conflitto d’interessi mai risolto». Boraso diceva: «Ogni sindaco ha bisogno di me». (Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera)

Nella Rai di Meloni vincono gli amici. De Martino superstar. Presentati a Napoli i palinsesti della nuova stagione. Va bene che lo slogan scelto dalla Rai per la presentazione dei palinsesti è “Più voci, più talento”, ma qualche voce manca. Stefano De Martino: “Se fossi stato amico di Arianna Meloni, avrei fatto Sanremo 5 anni fa”. Il ballerino e conduttore, nuovo volto in ascesa della Rai, respinge le voci di raccomandazioni. “Non conosco nessuno in politica”. Serena Bortone dopo il caso Scurati rifiuta un programma su Rai3 e approda a Radio2. (Silvia Fumarola, Repubblica)

Coldiretti all’Europa: più fondi e trasparenza, lotta alle pratiche sleali. Lollobrigida: aperture dalla Ue. Prandini: meno burocrazia. (Mario Sensini, Corriere della Sera)

Opa di Andrea Bonomi su Piovan. Aggiunto al portafoglio un gioiello made in Italy. Piazza Affari si appresta a perdere un altro pezzo. A pochi giorni di distanza dall’annuncio dell’Opa su Unieuro da parte dei francesi di Fnac, arriva anche l’annuncio di un’offerta a 14 euro per azione su Piovan, leader mondiale nello sviluppo e produzione di sistemi di automazione dei processi produttivi per lo stoccaggio, trasporto e trattamento di polimeri e polveri plastiche e alimentari. A mettere le mani su Piovan è l’investitore Andrea Bonomi che negli anni ha gradualmente messo le mani su un ampio ventaglio di società emblema del made in Italy, tra cui La Doria ed Eataly. (Titta Ferraro, Il Giornale)

«L’industria sia più centrale. La sostenibilità? Ora realismo».

«I dazi sono un errore.  Avanti sul  Green deal, ma servono correzioni». Necessario un dialogo con la politica. La svolta elettrica non può essere unidirezionale, bisogna lavorare per la neutralità tecnologica. (Nicola Saldutti, Corriere della Sera)

Guerra dei taxi, la sentenza: no al blocco delle licenze Ncc. La Consulta: lo stop dannoso per i cittadini e l’economia. (Enr. Ma., Corriere della Sera)

Gli altri temi del giorno

Corte dell’Aja: “L’occupazione è illegale”. Mentre i bulldozer israeliani buttavano giù tende e case, mobili e anche la conduttura dell’acqua, i coloni del vicino insediamento di Karmel, che dista solo pochi metri dalla comunità, sono scesi vicino alle reti che li dividono dai palestinesi e hanno applaudito i soldati. Tra loro anche decine di bambini. Battevano le mani, dicendo: «Ancora, ancora. Buttate giù tutto». Tre giorni dopo le demolizioni, il 29 giugno scorso, Shimon Attia e gli altri coloni si erano presentati di nuovo lì armati. Hanno fatto irruzione nelle baracche, imponendo alle donne di servire loro da bere. Di fronte alla rabbia delle donne e ai pianti dei bambini Shimon Attia è uscito in strada e ha cominciato a sparare in aria mentre gli altri due, ancora una volta, picchiavano le donne. Un mese fa l’Amministrazione Civile dell’esercito israeliano ha ceduto un altro pezzo del controllo degli insediamenti all’ufficio gestito dal Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, esponente dell’ultra-destra sionista, colono a sua volta e grande sostenitore dell’annessione dei territori palestinesi. Una luce verde sull’annessione illegale, nonostante le Convenzioni di Ginevra e il diritto internazionale stabiliscano chiaramente che gli occupanti non debbano e non possano stabilirsi lì a spese degli occupati. Anche la Corte Suprema israeliana nel 2005 aveva ribadito questo principio, eppure nessuno ha fatto nulla per fermare l’espansione delle colonie. Così negli ultimi 14 anni il numero dei coloni è salito del 34%. Oggi sono 750 mila. (Francesca Mannocchi, La Stampa)

Netanyahu: «È la nostra terra». Il tribunale rileva inoltre, che ci sono «ampie prove che Israele fornisce incentivi» alla sua popolazione per trasferirsi nei Territori palestinesi, dove la tensione resta altissima. Il gruppo per i diritti Yesh Din afferma che i coloni israeliani hanno dato fuoco ai campi appartenenti ai palestinesi nel villaggio di Burin, nel nord della Cisgiordania. Il premier Benjamin Netanyahu ha subito reagito con toni di fuoco: «Il popolo ebraico non è occupante nella propria terra, né nella nostra eterna capitale Gerusalemme, né nella terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria». (Chiara Clausi, Il Giornale)

Attacco degli Houthi su Tel Aviv. Israele: quel drone ci è sfuggito. Un velivolo dei miliziani yemeniti beffa il sistema antimissile. Una vittima. Allarme difesa. Lo schianto in strada, poi le schegge contro i palazzi intorno: un uomo muore nel sonno. (M. Ser., Corriere della Sera)

Biden non molla: «Vado avanti» Ma cresce la pressione per il ritiro. Il partito è spaccato, la sinistra di Ocasio-Cortez lo difende. Lui punta alla convention. (M. Ga., Corriere della Sera)

Dietro le quinte qualcosa nello spirito dell’81enne presidente democratico si sarebbe incrinato. Il New York Times infatti, ha scritto che la determinazione di Biden di continuare la sfida a Trump è stata indebolita da tre cose: le pressioni di Nancy Pelosi; i sondaggi negli Stati chiave che restringono le possibilità di rivincere le elezioni; e la raccolta fondi. L’obiettivo era raccogliere 50 milioni dai grandi donatori attraverso il Biden Victory Fund che poi finanzia la campagna e anche il Partito democratico (e quindi molte corse a livello locale), ma dopo il flop nel dibattito la generosità si è contratta e ora la stima è chiudere il mese di luglio con una raccolta dimezzata, 25 milioni.(Alberto Simoni, La Stampa)

La rabbia di Biden: «Tradito dai miei» E la famiglia pensa alla «exit strategy». Nella politica americana, il criterio che conta per valutare le sorti di un candidato o di un leader politico è uno solo: i soldi. Da questa regola non sfugge nessuno, nemmeno il presidente degli Stati Uniti. E stando alla regola, Joe Biden dovrebbe essere «out». Nella serata in cui era atteso il discorso di Donald Trump alla convention repubblicana e contemporaneamente i Democratici intensificavano la pressione sul presidente affinché si facesse da parte, il Financial Times lanciava una «breaking news»: i mega donatori Dem (ovviamente in forma anonima) si dicevano convinti che l’anziano leader fosse vicino all’addio. Da dove giungeva questa sicurezza? Semplice, i miliardari progressisti, da Wall Street alla Silicon Valley a Hollywood avevano minacciato Biden di staccare definitivamente la spina dei finanziamenti alla sua campagna. Altre indiscrezioni andavano in questa direzione. Secondo il Washington Post, per l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi Biden sarebbe stato «presto» persuaso al passo indietro. The Hill citava fonti autorevoli del Partito democratico secondo le quali ci sarebbe stato un «importante annuncio» di Biden, subito dopo la fine della convention di Milwaukee. Sembrava fatta, insomma. La giornata di venerdì si apriva invece con una controffensiva della campagna di Biden, impensabile fino a poche ore prima. (Valeria Robecco, Il Giornale)

E Kamala fa i preparativi per la corsa da presidente Raffica di “colloqui” con i possibili candidati a vice. Al calare delle probabilità che Joe Biden prosegua la campagna elettorale per un secondo mandato alla Casa Bianca, prende sempre più corpo lo scenario di Kamala Harris titolare del ticket presidenziale democratico. I suoi alleati lavorano per assicurarsi che sia lei la prima scelta grazie a una campagna ombra che deve fare i conti con i tempi stretti a disposizione e i dubbi all’interno del partito sulla sua capacità di vincere contro Donald Trump. Del resto per superare l’impasse occorre assumersi rischi e quelli rappresentati da Harris sono, almeno da un punto di vista procedurale, i minori rispetto all’ipotesi di paracadutare altri candidati alla nomination in vista della Convention di Chicago del 19 agosto. (Francesco Semprini, La Stampa)

Prima «moderato» poi si trasforma. I migranti, Kim: Trump all’attacco. Dalle 3 mila parole previste passa a 12 mila: «I clandestini? Sono come Hannibal Lecter». «Non dovrei essere qui questa sera, sono sopravvissuto grazie a Dio Onnipotente».

«Biden è il peggiore Viktor Orbán è un leader forte. Kim Jong- un? Gli manco». (V. Ma., Corriere della Sera)

Maurizio Molinari su Repubblica: Biden-Trump, i due presidenti. Il candidato repubblicano ostenta sicurezza sul ritorno alla Casa Bianca. Il leader in carica è al centro di un drammatico negoziato alla ricerca di una ricetta per battere il movimento “Make America Great Again”.

Franzen: “Una crepa minaccia la democrazia Usa e nasce dal disprezzo per i valori fondativi”. Il colloquio con lo scrittore e saggista statunitense sulla situazione del Paese che si avvia alle elezioni presidenziali. “La divisione ha avuto origine negli anni Sessanta con il rifiuto dei baby boomer per le vecchie norme restrittive”. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)

Mosca, 16 anni al giornalista Usa. Dopo 478 giorni di detenzione, i giudici del tribunale di Sverdlovsk (Ekaterinburg) ne hanno impiegati appena 24 per processare e condannare il giornalista americano del Wall Street Journal Evan Gershkovich, che dovrà scontare 16 anni di carcere in un istituto di massima sicurezza top secret. Ieri, alle 17 di Ekaterinburg (le 14 in Italia) il giudice Andrei Mineev ha emesso la sentenza poche ore dopo che il pubblico ministero Mikael Ozdoev aveva chiesto 18 anni di carcere. È stato un processo farsa, iniziato il 26 giugno con un’udienza dove l’accusato non ha avuto neppure modo e tempo per esporre la propria linea difensiva. (Luigi Guelpa, Il Giornale)

Sofia Goggia racconta il suo infortunio sul Corriere: «Le lacrime e il dolore, pensavo fosse la fine. È la mia sfida più dura. Dicono che potrei saltare un anno. Il tendine mi fa urlare, ma voglio i Giochi».

Il Corriere intervista Francesca Pascale: «Paola Turci? Soffro per la separazione, ma ho deciso io di allontanarmi. Di Berlusconi ero gelosissima, gli controllavo il telefono. Quando mi sposai con lei, Silvio mi disse: “Siete matte?”. Lui è stato la persona più importante della mia vita, la radice che nessuno può chiedermi di strappare. Sogno Pier Silvio o Marina ai vertici di Forza Italia, così tornerei».

Gli Anniversari

555, Verona sotto il dominio dell’Impero bizantino
1304, nasce Francesco Petrarca
1304, Edoardo I d’Inghilterra conquista la Scozia
1808, Giuseppe Bonaparte costretto ad abbandonare Madrid
1810, la Colombia dichiara l’indipendenza dalla Spagna
1860, l’esercito Borbone lascia la Sicilia
1865, nascono le Capitanerie di Porto
1866, Terza guerra d’indipendenza: battaglia di Lissa
1871, la Columbia britannica si unisce al Canada
1881, Toro Seduto si arrende ai visi pallidi
1890, nasce Giorgio Morandi
1917, Prima guerra mondiale: dichiarazione di Corfù
1923, muore Pancho Villa
1937, muore Guglielmo Marconi
1940, Billboard pubblica la sua prima Hit Parade
1944, ufficiali tedeschi attentano alla vita di Hitler
1948, Truman istituisce la leva militare
1951, assassinato re Abdallah I di Giordania
1960, a Ceylon la prima donna premier al mondo
1966, mondiali di calcio: la Corea del Nord batte l’Italia
1969, l’uomo sbarca sulla luna
1973, muore a Hong Kong Bruce Lee
1974, la Turchia invade Cipro
1976, la sonda Viking 1 si poggia su Marte
1982, Ira: due bombe al centro di Londra
1992, Cecoslovacchia: Vaclav Havel si dimette da presidente
2001, G8 a Genova: Carlo Giuliani resta ucciso
2002, treno deraglia a Messina: 8 morti
2012, spari in un cinema di Denver: 15 morti
2017, Roma: Carminati e Buzzi non sono mafiosi

Nati oggi

356 ac, Alessandro Magno
1304, Francesco Petrarca
1651, Giovanni Antonio Ricca
1890, Giorgio Morandi
1914, Ersilio Tonini
1937, Mario Arpino
1822, Gregor Mendel
1938, Natalie Wood
1947, Carlos Santana
1962, Stefano Bartezzaghi
1963, Federico Moccia
1968, Lorenza Bonaccorsi
1978, Denny Mendez

Si festeggiano Sant’Apollinare, Sant’Elia e Sant’Aurelio

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