Lavoro e maternità, l’ Inps: “Dopo la nascita di un figlio le donne passano a contratti part-time o si dimettono”

L’INPS suggerisce che, se questa penalità fosse eliminata, il tasso di occupazione femminile potrebbe aumentare significativamente: di 6,5 punti entro il 2040 se l’azzeramento riguardasse solo le nuove madri e di 14 punti entro il 2030 se coinvolgesse tutte le madri, riducendo quasi del tutto il divario con gli uomini

La child penalty, o penalità per la genitorialità, è una realtà che penalizza soprattutto le donne nel mondo del lavoro quando nasce un figlio. Il Rapporto annuale dell’INPS evidenzia come le madri subiscano un calo significativo dello stipendio, un aumento delle dimissioni o il passaggio a contratti part-time, mentre per gli uomini la situazione migliora. Anche nei casi più stabili, con contratti a tempo indeterminato, le donne non riescono a colmare il divario con gli uomini, segnando una disparità di lungo termine.

L’effetto della penalità e l’impatto occupazionale

L’INPS suggerisce che, se questa penalità fosse eliminata, il tasso di occupazione femminile potrebbe aumentare significativamente: di 6,5 punti entro il 2040 se l’azzeramento riguardasse solo le nuove madri e di 14 punti entro il 2030 se coinvolgesse tutte le madri, riducendo quasi del tutto il divario con gli uomini.

L’impatto sulle dimissioni e sui redditi

Le donne sono molto più a rischio di abbandonare il lavoro dopo la nascita di un figlio rispetto agli uomini. Nei primi due anni dopo il parto, il rischio per le madri rimane elevato, mentre per i padri cala. Il divario non si ferma qui: l’INPS ha analizzato i redditi di genitori che hanno avuto un figlio tra il 2013 e il 2016, mostrando come il reddito delle donne crolli del 76% nell’anno di nascita del figlio senza congedi adeguati, e del 16% con la copertura dei congedi. Il recupero richiede anni, ma persiste un gap salariale di circa 30 punti con i padri, che si stabilizza nei sette anni successivi alla nascita.

Effetti a lungo termine sulle pensioni

Queste disuguaglianze si riflettono sulle pensioni. Le donne, spesso costrette a lavorare part-time o con stipendi più bassi, percepiscono assegni pensionistici mediamente inferiori del 35% rispetto agli uomini. Nonostante l’età effettiva di pensionamento sia tra le più basse d’Europa (64,2 anni), si prevede un impatto negativo a lungo termine dovuto all’inverno demografico, con un numero crescente di anziani e una diminuzione delle nascite. Tuttavia, l’INPS rassicura che, per ora, il sistema previdenziale non mostra segni di insostenibilità.

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati