Periodo di “relativa calma” per le supply chain

Secondo diversi sondaggi, la pressione sulle catene di approvigionamento globali si sta allentando. Ma tra i rischi principali che potrebbero causare nuovi intoppi c’è proprio la geopolitica: le esercitazioni cinesi intorno Taiwan, ad esempio

di Marco dell’Aguzzo

Dopo diciotto mesi che il Financial Times definisce “turbolenti”, il periodo di crisi delle catene di approvvigionamento – iniziato con la pandemia e i lockdown, proseguito con l’incagliamento della Ever Given nel canale di Suez e ulteriormente aggravato dall’invasione dell’Ucraina – sembra dirigersi verso una “relativa calma”.

Secondo Freightos, un’azienda che si occupa di spedizioni merci, il costo medio per il trasporto marittimo di un container da 40 piedi (un valore utilizzato come riferimento) è sceso di circa il 45% rispetto al picco toccato lo scorso autunno. Al porto di Los Angeles – il più importante degli Stati Uniti, che a ottobre 2021 era gravemente ingolfato – il numero delle navi in attesa di scaricare è calato del 75% dall’inizio dell’anno, benché il giugno passato sia stato il mese più pieno di lavoro da un secolo.

La società di logistica Flexport, infine, ha fatto sapere che anche i tempi di consegna del trasporto aereo – è spesso la scelta di ripiego, perché più costoso, in situazioni di congestionamento dei porti – stanno migliorando. A luglio l’indice di pressione delle filiere globali, elaborato dalla Federal Reserve Bank di New York, è sceso del 57% rispetto al suo picco.

Oltre ai dati, anche i sondaggi restituiscono una situazione più rilassata. L’ultimo sondaggio mensile di S&P Global dice che a luglio le imprese attive in molte delle maggiori economie mondiali hanno segnalato una diminuzione dei tempi di consegna di materiali e componenti. Stando ai sondaggi della Commissione europea, la carenza di materiali e di attrezzature non è più un fattore di limite alla produzione manifatturiera in Europa.

Joanna Konings, economista a ING Bank, ha detto al Financial Times che “le pressioni sulla catena di approvvigionamento erano così gravi che le aziende stavano interrompendo la produzione e la scarsità [di prodotti, ndr] faceva salire i prezzi”. Adesso invece “stiamo ricominciando a vedere che le merci possono arrivare dove devono arrivare. E che il sistema del commercio internazionale è dinamico e può riprendersi”.

Nell’industria c’è ottimismo: si pensa che nei prossimi mesi gli intoppi saranno ancora meno. Più del 40% delle aziende americane che hanno partecipato a un sondaggio della Federal Reserve Bank di Philadelphia dicono di aspettarsi miglioramenti nei tempi di consegna nei prossimi sei mesi. I periodi di attesa per lo scarico dei container rimangono comunque lunghi nei porti sulla costa est degli Stati Uniti e in quelli nell’Europa settentrionale.

La ripresa della logistica potrebbe tuttavia trovare un’economia non particolarmente ricettiva. L’inflazione generalmente alta – e dovuta in parte proprio all’aumento dei costi delle spedizioni – incide infatti sul potere d’acquisto dei consumatori, finendo per ridurre la loro domanda di beni. In certi casi, poi, lo “sblocco” delle catene del valore è stato agevolato dai minori ordini di prodotti, che hanno favorito lo smaltimento dei carichi arretrati. Altre volte, però, la più rapida gestione del backlog è stata possibile grazie all’efficientamento del lavoro negli hub logistici, ad esempio grazie all’automazione dei processi.

Il sistema che regola le supply chain globali sta peraltro intraprendendo una transizione dal modello just-in-time (“giusto in tempo”: punta a minimizzare i costi di produzione e prevede tantissimi passaggi in giro per il mondo) a uno più robusto, just-in-case, basato sulle scorte e perciò capace di resistere meglio agli intoppi di produzione e spedizione.

In ultimo, la geopolitica continua a minacciare le catene di approvvigionamento. Le recenti esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan hanno obbligato le imbarcazioni cariche di merci o di energia a modificare rotta e ad allungare i tempi di spedizione. Le acque intorno all’isola sono fondamentali per il commercio marittimo: quest’anno sono state attraversate dall’88% delle principali navi portacontainer. Nuove crisi nello stretto – si parla già di “nuova normalità” – potrebbero dunque sconvolgere nuovamente il quadro generale della logistica.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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