Invece di diritti inalienabili e fondamentali, non sarebbe forse più opportuno cominciare a parlare di facoltà inalienabili e fondamentali ? E Per le quali, ad ognuno di noi – in una società divenuta organizzata – dovrebbe essere riconosciuto l’inviolabile diritto di affermarle e difenderle nel modo migliore che sia possibile.
di Paolo Onorati
Sarebbe interessante tentare di illuminare quelle linee di confine – fra un individuo e un altro – sulle quali si potrebbe concordare facendo appello al semplice buon senso. Ma quali, fra questi possibili diversi confini, potremmo identificare “quelli” appartenenti ai più basilari ..Probabilmente questi quesiti sembrano maggiormente di competenza della tradizione filosofica e giuridica, più che dei procedimenti scientifici e tecnologici, appannaggio dei fisici, chimici, biologi, matematici e ingegneri ed il tentativo da parte di Comte di coniare un “nuovo soggetto di studi” con il termine Fisica-Sociale (nella prima metà dell’800) alla fine vide il fallimento in favore di una semantica classica, dando origine a ciò che poi fu denominato Socio-Logia. Comunque sia, poco più di un secolo dopo, a seguito di un’ascesa materialista della visione dell’esistenza, si ripropose il tentativo iniziale di ridurre la vita di un individuo a un vivere dettato meramente dai fenomeni e dalle leggi della fisica e della chimica applicati a quel tipo di materia che venne chiamata, paradossalmente, “animata”.
Questi sforzi di organizzazione e controllo sociale, da Henri de Saint-Simon e dal suo allievo August Comte in poi, alla fine sfociarono in quell’ottica aberrata di comunità di persone all’interno di società che promuovono e sollecitano le relazioni e i rapporti fra gli esseri umani in base ad un “nuovo” pensiero di ordine collettivo, indicato con il termine Socio-Biologia (1975 Edward Osborne Wilson, ‘Sociobiologia: La nuova sintesi’). Proprio qui, in Italia, uno dei primi al mondo, se non probabilmente il primo, a mettere in guardia dalla fallacia e dai rischi di tali teorie di “ingegneria sociale” fu l’insigne biologo genetista Giuseppe Sermonti (Vice Presidente del XIV Congresso internazionale di genetica e scopritore del ciclo para-sessuale del Penicillium chrysogenum che portò ad avere la Penicillina su larga scala) che con i suoi interventi pubblici e volumi editi smontò, pezzo dopo pezzo e con rigorosa perizia tecnica e scientifica, le precarie fondamenta dei postulati meccanicistici abbinati alla teoria dell’evoluzione e alle deviazioni sociali ad essa riconducibili – come l’ eugenetica in tutte le sue possibili forme, visibili o coperte. Il grande filosofo francese Cartesio, fece del buon senso per esempio, la premessa di base della sua celebre opera Discorso sul Metodo: “non basta essere dotati di buona intelligenza, l’importante è saperla applicare bene” …
Alla luce di tutto ciò, l’intera questione del vivere e dei rapporti sociali, potrebbe dunque essere a ragione considerata argomento principale della filosofia del Diritto, ma ciò avrebbe la peculiarità di introdurci immediatamente nel positivismo, mentre nella catena degli eventi, il Diritto (come molte altre cose) è un prodotto secondario della “facoltà” di buon senso: esso è evidentemente secondario alla facoltà di scegliere, discernere, decidere e così via.
Su queste basi, in linea teorica e da un’angolazione necessariamente laica, a nessuno e a nessuna cosa dunque potrebbe essere concesso a priori di arrogarsi il diritto esclusivo di determinare “facoltà” e diritti altrui, e si renderebbero pertanto necessarie delle condizioni di convenzioni riguardo cose in merito alle quali scegliere di concordare o meno. Tale ragionamento pare condurre e sconfinare nel delicato ambito del pre-Diritto, inteso, tuttavia, non da un’angolazione fondamentalmente storica, piuttosto da una necessaria angolazione di genesi, origine o creazione, oppure, in altre parole, inteso da uno stadio o momento franco che sia “antecedente” ed escluda il bisogno del positivismo.
Senza avere il bisogno di chiamare in causa le più avanzate tesi materialiste o metafisiche, e rimanendo ben separati da tutto questo per il semplice fatto che tutte le menti brillanti del passato non trovarono delle soddisfacenti risposte riguardo il soggetto della religione e dell’anti religione, all’uomo per ora sembra che non rimanga altro che constatare il fatto dell’evidenza della sua consapevolezza di sé in quanto essere umano e di quella dell’universo che risulta percepito attorno, ed il buon senso innato potrebbe benissimo suggerire di partire da questa primissima ovvietà, poiché tutta la speculazione al suo riguardo (per quanto elevata o preziosa) pare sia non indispensabile nel cominciare a tessere ed edificare – con tutte le precauzioni che l’esperienza insegna – le relazioni e i rapporti sociali sopra le salde fondamenta del rispetto reciproco delle proprie libertà, facoltà e diritti inalienabili. In effetti, fare tutto quello sia necessario per affermare, avverare e promuovere continuamente l’inalienabilità e l’inviolabilità della dignità e dei diritti fondamentali dell’individuo sembra non comportare il bisogno di un’ideologia di fondo o di un copioso background che li argomenti. Una seconda ovvietà è che gli individui sono palesemente dotati di facoltà, se si è in vita ognuno esprime una facoltà, fosse solo quella di rimanere lì fermi a respirare. Invece di Diritti inalienabili e fondamentali, sarebbe forse più opportuno cominciare a parlare di Dignità e Facoltà inalienabili e fondamentali? Per le quali, ad ognuno di noi – in una società divenuta organizzata – dovrebbe essere riconosciuto l’inviolabile “diritto” di affermarle e difenderle nel modo migliore che sia possibile, e di averne garantita e favorita la loro piena fioritura e crescita. Potrebbe questo condurci anche a dei confini personali inviolabili? Ovvero, ad un proprio spazio in relazione al quale a nessuno e a nessuna legge potrebbe mai essere concesso di derogare od invadere arbitrariamente?
Sembra di questo avviso anche il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, una organizzazione di volontariato di denuncia e informazione che ha allestito nei mesi scorsi la Mostra fotografica “Oltre il Manicomio: psichiatria e diritti umani – passato, presente e futuro “. Una mostra che ha già fatto diverse volte il giro del mondo ed è approdata a Roma per la quinta volta, con il patrocinio del Comune e della Regione. Inaugurata in maggio a Palazzo Velli Expo, in piazza Sant’Egidio, è rimasta aperta fino al 2 giugno, e ha visto ospitare, tra l’altro, le presentazioni dei libri “Patogenesi psichiatrica” di Giulio Murero e “Oltre il manicomio” di Roberto Cestari, e la proiezione del docufilm “Se mi ascolti e mi credi” di Alberto Cavallini e del film “Folle amore – Alda Merini” di Roberto Faenza.
Prima del taglio del nastro, la platea ha assistito ai contributi di medici e artisti, come lo psichiatra Giuseppe Galdi (ASL Roma 3) che ha ribadito ancora una volta il fatto ormai conclamato che fino ad ora non sono mai state ritrovate, in nessun caso, anomalie organiche cerebrali riconducibili inequivocabilmente ai disturbi psichiatrici elencati nel Dsm; tanto è che gli stessi autori del Dsm ora cominciano a parlare di disordini di carattere mentale, piuttosto che di malattie nel senso tradizionale del termine (tali fatti, tra l’altro, erano noti fin dai tempi degli esperimenti sull’ isteria da parte di Charcot, nella seconda metà dell’800).
Per questo Galdi, a fronte anche della sua esperienza in Anatomia Patologica, auspica e propone un cambio di paradigma che aiuti a condurre ad una scena dove è possibile trovare specialisti per una buona salute mentale, perché’ si comincerebbe, in questo caso, a focalizzarsi sulla persona in quanto individuo senziente dotato di ragione, con un suo fardello di esperienze traumatiche passate, come Freud intuì per primo.
Galdi, nondimeno, enfatizza il rammarico per un uso indiscriminato e sconsiderato dei neurolettici nell’odierna società, che altro non fanno, a partire da 7 anni di uso continuato, che lobotomizzare chimicamente le connessioni nervose della corteccia cerebrale, proprio come si usava fare più rozzamente (con un trapano) nella prima metà del ‘900, e proprio come pensarono di fare per primi a Lipsia, nell’800, Ludwig e Wundt.Lo psichiatra dell’Asl Roma 3 ha toccato anche il delicato tema dell’Amministrazione di sostegno, anch’essa in voga negli ultimi anni in Italia, nella quale si nota molto spesso che l’amministrato si ritrova alla merce di amministratori estranei e distanti dal mondo personale dell’assistito “beneficiario”, e dove, non raramente, vengono assunte posizioni autoritarie sino ad arrivare a decidere, senza possibilità di opposizione, per TSO o degenze indesiderate.
Tali temi vengono poi ripresi dal secondo ospite, la psicologa Lilia Adriane Azevedo, che sostiene una strada di miglioramento dei turbamenti e delle sofferenze interiori che veda come capisaldi l’abbandono del vecchio approccio “sbrigativo” di tipo diagnostico-farmaceutico sostituito da un approccio più opportuno, graduale ed esteso che affronti i disagi personali e che, allo stesso tempo, conduca possibilmente a esaminarne le radici e liberarsi così dalle varie condizioni indesiderate (come fu, in effetti, l’orientamento iniziale di Freud con la proposta di una psicoanalisi del subconscio, vedendo che gli estenuanti esperimenti di suggestioni ipnotiche portati avanti dal suo maestro Charcot alla fine non testimoniarono, in nessun caso, la presenza di una patologia organica responsabile dei comportamenti ritenuti irragionevoli).
La cerimonia di inaugurazione è giunta al termine con il racconto di una propria storia da parte della madrina della Mostra, l’attrice Adriana Russo (accompagnata, per l’occasione, dall’ attore Enio Drovandi, anch’egli sostenitore della campagna di sensibilizzazione dell’iniziativa).
L’ attrice ha lasciato la sua testimonianza di come riuscì a superare stabilmente un periodo importante di crisi interiore, senza cadere nel vicolo cieco della dipendenza da sostanze psicoattive.
Invero, spesso gli artisti per i loro sogni in linea con il bello, l’armonioso o l’emozionante sono il bersaglio di miserabili invidie e di empi sentimenti, e forse, come ha ricordato nei saluti finali il Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, l’avvocato Enrico Del Core, nella vita nulla può essere praticamente dato per scontato e ogni conquista che valga la pena di fare porta i segni del proprio travaglio.