Stati Uniti verso l’Election Day. Ecco come si vota

Nei sondaggi Harris guida la corsa con un leggero vantaggio,+0,9%,  secondo Realclearpolitics a livello nazionale. Nei cosiddetti swing states in testa Trump

 

 

Negli Stati Uniti è iniziato il conto alla rovescia per l’ Election Day che si terrà il 5 novembre. Intanto i due competitor, l’ex presidente Donald Trump e l’attuale vicepresidente Kamala Harris continuano a esser testa a testa nei sondaggi. Harris guida la corsa con un leggero vantaggio,+0,9%,  secondo Realclearpolitics a livello nazionale. Nei cosiddetti swing states, che sono ritenuti tradizionalmente decisivi per il risultato finale, Trump è avanti di due punti in  Pennsylvania: 49% a 47% (Quinnipiac); in  Michigan con il 49% contro il 48% (Atlas Intel); in Georgia con 51% contro 48% (Atlas Intel); in Arizona 51% contro il  47% (Atlas Intel). In  Wisconsin c’è  parità assoluta tra i due contendenti 49% a 49% (Atlas Intel) E nel solo stato del North Carolina Harris supera Trump con Il 49% contro il  48% (Atlas Intel).

Diritto al voto

Ma come si vota nel paese più potente del mondo? Va intanto premesso che il diritto a recarsi alle urne non è uguale per tutti alla stessa maniera in tutti gli stati della federazione. Chi ha alle spalle condanne penali è soggetto in alcuni casi a pesanti restrizioni  se non proprio al divieto permanente di recarsi alle urne. Alla luce di ciò si stima pertanto che siano 230 milioni gli aventi diritto, anche se ad essersi iscritti regolarmente ai seggi sono meno della metà, ossia 160 milioni, dei quali non tutti voteranno.

Repubblicani e democratici e non solo….

La politica statunitense è dominata sostanzialmente da due partiti: i democratici, in larga parte di centro-sinistra e liberali, e i repubblicani, di destra e conservatori; ciascun partito esprime il proprio candidato attraverso una sorta di primarie o caucus che si tengono in ogni stato e  che culminano con l’accettazione della nomination da parte del vincitore durante la convention nazionale dei due schieramenti. Per i repubblicani è fin dall’inizio stabilmente in gara l’ex presidente Donald Trump. I democratici invece hanno cambiato in corsa il loro candidato. In un primo momento a scendere in campo era stato l’attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden, che in luglio, dopo un disastroso faccia a faccia in tv con il suo avversario, ha mollato e lasciato il campo libero alla sua numero due Kamala Harris. In ticket peer la vicepresidenza con Trump e Harris, rispettivamente il senatore repubblicano dell’Ohio JD Vance e il governatore democratico del Minnesota Tim Waltz. Gli elettori esprimono quindi il loro voto per presidente e vicepresidente che confluisce nel Collegio elettorale.

I Grandi Elettori

Dal 1845 le elezioni americane si sono tenute il primo martedì di novembre. Comunque in molti stati gli elettori hanno la possibilità di scegliere il proprio candidato in anticipo, con l’Alabama che ha dato il via alle votazioni per posta già l’11 settembre. A esprimere la propria preferenza anzitempo sarebbero stati già oltre 52 milioni di americani, secondo alcune fonti, 44,87 secondo i dati diffusi dall’Election Lab dell’Università della Florida, che ha precisato che metà del totale ha votato per corrispondenza e l’altra metà si è recata nei seggi e che, in base all’affiliazione al partito, ha espresso già la propria preferenza  un numero maggiore di democratici, 8,79 milioni, rispetto ai repubblicani, 7,95 milioni contro 5,3 milioni di elettori non affiliate a nessuno dei due schieramenti.

Il Collegio elettorale

Per capire come funzionano le elezioni negli Stati Uniti e come gli elettori scelgono il loro prossimo leader, bisogna capire che cos’è il Collegio elettorale. A differenza dei membri del Congresso, che vengono scelti direttamente dagli elettori, il presidente degli Stati Uniti non viene eletto tramite voto nazionale diretto. Quando gli americani esprimono la loro preferenza, selezionano in realtà una lista di ” Elettori” del loro stato che si impegnano a votare per specifici candidati alla presidenza e alla vicepresidenza, in base ai voti espressi nello stato per ciascun candidato. Una volta che i voti sono stati contati e certificati, questi elettori, detti Grandi Elettori, esprimono formalmente il loro voto.

Quanti voti elettorali servono per vincere

Per vincere le elezioni presidenziali negli Stati Uniti servono 270 voti elettorali, ovvero la maggioranza dei 538 voti dei Grandi Elettori. Un sistema questo che può creare risultati sorprendenti: un candidato può vincere il voto popolare in tutto il paese ma perdere il Collegio elettorale, cosa che è accaduta cinque volte nella storia degli Stati Uniti. L’esempio più recente è stato nel 2016, quando Trump ha vinto la presidenza su Hillary Clinton nonostante fosse in svantaggio di quasi tre milioni di voti a livello nazionale.

Lo “scenario del 1824”

Puo’ anche verificarsi quello che viene definito lo “scenario del 1824” anno in cui nessuno dei candidati in corso ottenne un numero di voti elettorali dei Grandi Elettori sufficiente per vincere le elezioni. Questo può accadere in due modi: o nel caso in cui più di due candidati ottengano voti elettorali e nessuno raggiunga il 50%, o nel caso in cui i due candidati principali conseguano ciascuno esattamente la metà del plenum dei voti elettorali, che è attualmente 538. Se i due contendenti ottengono 269 voti ciascuno, significa che nessuno dei due ha raggiunto il “numero magico”; pertanto occorre procedere in un altro modo. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza dei voti elettorali, presidente e vicepresidente vengono scelti in base ai dettami del XII emendamento. Il presidente è scelto dalla Camera dei Rappresentanti fra i tre candidati che hanno ricevuto più voti, ma in questa votazione si vota per Stati: i rappresentanti di uno stesso Stato dispongono, collettivamente, di un solo voto. Un secondo ballottaggio per la scelta del vicepresidente si tiene al Senato, con un voto per ogni senatore. Nelle elezioni del 1824 ben quattro candidati ricevettero voti nel collegio elettorale: Andrew Jackson ricevette la maggioranza relativa dei voti elettorali espressi, ma non quella assoluta, e la Camera dei Rappresentanti scelse il suo sfidante John Quincy Adams in un ballottaggio a tre con anche William Harris Crawford. Il 1824 rappresenta l’unico esempio di applicazione del XII emendamento per le elezioni presidenziali. In tutte le altre elezioni presidenziali, vi è sempre stato un candidato che ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti elettorali espressi.

. Harris guida la corsa con un leggero vantaggio,+0,9%,  secondo Realclearpolitics a livello nazionale. Nei cosiddetti swing states, che sono ritenuti tradizionalmente decisivi per il risultato finale, Trump è avanti di due punti in  Pennsylvania: 49% a 47% (Quinnipiac); in  Michigan con il 49% contro il 48% (Atlas Intel); in Georgia con 51% contro 48% (Atlas Intel); in Arizona 51% contro il  47% (Atlas Intel). In  Wisconsin c’è  parità assoluta tra i due contendenti 49% a 49% (Atlas Intel) E nel solo stato del North Carolina Harris supera Trump con Il 49% contro il  48% (Atlas Intel).

Diritto al voto

Ma come si vota nel paese più potente del mondo? Va intanto premesso che il diritto a recarsi alle urne non è uguale per tutti alla stessa maniera in tutti gli stati della federazione. Chi ha alle spalle condanne penali è soggetto in alcuni casi a pesanti restrizioni  se non proprio al divieto permanente di recarsi alle urne. Alla luce di ciò si stima pertanto che siano 230 milioni gli aventi diritto, anche se ad essersi iscritti regolarmente ai seggi sono meno della metà, ossia 160 milioni, dei quali non tutti voteranno.

Repubblicani e democratici e non solo….

La politica statunitense è dominata sostanzialmente da due partiti: i democratici, in larga parte di centro-sinistra e liberali, e i repubblicani, di destra e conservatori; ciascun partito esprime il proprio candidato attraverso una sorta di primarie o caucus che si tengono in ogni stato e  che culminano con l’accettazione della nomination da parte del vincitore durante la convention nazionale dei due schieramenti. Per i repubblicani è fin dall’inizio stabilmente in gara l’ex presidente Donald Trump. I democratici invece hanno cambiato in corsa il loro candidato. In un primo momento a scendere in campo era stato l’attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden, che in luglio, dopo un disastroso faccia a faccia in tv con il suo avversario, ha mollato e lasciato il campo libero alla sua numero due Kamala Harris. In ticket peer la vicepresidenza con Trump e Harris, rispettivamente il senatore repubblicano dell’Ohio JD Vance e il governatore democratico del Minnesota Tim Waltz. Gli elettori esprimono quindi il loro voto per presidente e vicepresidente che confluisce nel Collegio elettorale.

I Grandi Elettori

Dal 1845 le elezioni americane si sono tenute il primo martedì di novembre. Comunque in molti stati gli elettori hanno la possibilità di scegliere il proprio candidato in anticipo, con l’Alabama che ha dato il via alle votazioni per posta già l’11 settembre. A esprimere la propria preferenza anzitempo sarebbero stati già oltre 52 milioni di americani, secondo alcune fonti, 44,87 secondo i dati diffusi dall’Election Lab dell’Università della Florida, che ha precisato che metà del totale ha votato per corrispondenza e l’altra metà si è recata nei seggi e che, in base all’affiliazione al partito, ha espresso già la propria preferenza  un numero maggiore di democratici, 8,79 milioni, rispetto ai repubblicani, 7,95 milioni contro 5,3 milioni di elettori non affiliate a nessuno dei due schieramenti.

Il Collegio elettorale

Per capire come funzionano le elezioni negli Stati Uniti e come gli elettori scelgono il loro prossimo leader, bisogna capire che cos’è il Collegio elettorale. A differenza dei membri del Congresso, che vengono scelti direttamente dagli elettori, il presidente degli Stati Uniti non viene eletto tramite voto nazionale diretto. Quando gli americani esprimono la loro preferenza, selezionano in realtà una lista di ” Elettori” del loro stato che si impegnano a votare per specifici candidati alla presidenza e alla vicepresidenza, in base ai voti espressi nello stato per ciascun candidato. Una volta che i voti sono stati contati e certificati, questi elettori, detti Grandi Elettori, esprimono formalmente il loro voto.

Quanti voti elettorali servono per vincere

Per vincere le elezioni presidenziali negli Stati Uniti servono 270 voti elettorali, ovvero la maggioranza dei 538 voti dei Grandi Elettori. Un sistema questo che può creare risultati sorprendenti: un candidato può vincere il voto popolare in tutto il paese ma perdere il Collegio elettorale, cosa che è accaduta cinque volte nella storia degli Stati Uniti. L’esempio più recente è stato nel 2016, quando Trump ha vinto la presidenza su Hillary Clinton nonostante fosse in svantaggio di quasi tre milioni di voti a livello nazionale.

Lo “scenario del 1824”

Puo’ anche verificarsi quello che viene definito lo “scenario del 1824” anno in cui nessuno dei candidati in corso ottenne un numero di voti elettorali dei Grandi Elettori sufficiente per vincere le elezioni. Questo può accadere in due modi: o nel caso in cui più di due candidati ottengano voti elettorali e nessuno raggiunga il 50%, o nel caso in cui i due candidati principali conseguano ciascuno esattamente la metà del plenum dei voti elettorali, che è attualmente 538. Se i due contendenti ottengono 269 voti ciascuno, significa che nessuno dei due ha raggiunto il “numero magico”; pertanto occorre procedere in un altro modo. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza dei voti elettorali, presidente e vicepresidente vengono scelti in base ai dettami del XII emendamento. Il presidente è scelto dalla Camera dei Rappresentanti fra i tre candidati che hanno ricevuto più voti, ma in questa votazione si vota per Stati: i rappresentanti di uno stesso Stato dispongono, collettivamente, di un solo voto. Un secondo ballottaggio per la scelta del vicepresidente si tiene al Senato, con un voto per ogni senatore. Nelle elezioni del 1824 ben quattro candidati ricevettero voti nel collegio elettorale: Andrew Jackson ricevette la maggioranza relativa dei voti elettorali espressi, ma non quella assoluta, e la Camera dei Rappresentanti scelse il suo sfidante John Quincy Adams in un ballottaggio a tre con anche William Harris Crawford. Il 1824 rappresenta l’unico esempio di applicazione del XII emendamento per le elezioni presidenziali. In tutte le altre elezioni presidenziali, vi è sempre stato un candidato che ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti elettorali espressi.

 

 

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