Una maschera color del cielo di Bassem Khandaqji, il romanzo scritto da un prigioniero palestinese

Il libro ha ottenuto l’International Prize for Arabic Fiction, il riconoscimento più prestigioso per la letteratura in lingua araba. Il romanzo tocca temi profondi come il valore dell’archeologia per un popolo espropriato

La letteratura palestinese contemporanea è viva e dinamica, e per una volta arriva fino a noi in tempi relativamente brevi. Grazie alla casa editrice E/O e alla traduzione di Barbara Teresi, è disponibile nelle librerie italiane il romanzo Una maschera color del cielo di Bassem Khandaqji. Questo libro ha ottenuto l’International Prize for Arabic Fiction, il riconoscimento più prestigioso per la letteratura in lingua araba, accompagnato da un premio di 50.000 dollari destinato a facilitarne la traduzione in inglese. Tuttavia, questa vittoria ha generato polemiche in Israele, dato che l’autore non è solo uno scrittore, ma un prigioniero palestinese, condannato a tre ergastoli nel 2005 per il suo coinvolgimento nell’attentato al Carmel Market di Tel Aviv del 1° novembre 2004.

Il processo e le accuse contro Bassem Khandaqji

Bassem Khandaqji, nato a Nablus nel 1983, è incarcerato da 20 anni nelle prigioni israeliane. Secondo le forze armate israeliane, all’epoca dell’attacco, Khandaqji era uno studente universitario e avrebbe aiutato il giovane attentatore suicida a entrare a Tel Aviv utilizzando un tesserino da giornalista. Tuttavia, organizzazioni come il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite denunciano che il processo nei suoi confronti sia stato irregolare, evidenziando come Bassem sia stato arrestato senza mandato, torturato e costretto a confessare senza l’assistenza di un avvocato. Il suo caso è rappresentativo della dura repressione politica in atto durante la Seconda Intifada, un periodo in cui la lotta per la sopravvivenza del popolo palestinese era una realtà quotidiana per giovani come lui.

La resistenza di Bassem attraverso la scrittura

Nonostante le condizioni durissime della prigionia, Bassem Khandaqji continua a scrivere e a pubblicare opere letterarie, tra cui romanzi, poesie e articoli che denunciano le violazioni dei diritti umani nei territori occupati. In Una maschera color del cielo, la forza del suo spirito emerge chiaramente attraverso il personaggio principale, Nur, un palestinese nato in un campo profughi vicino a Ramallah. Nur è un ricercatore di storia e archeologia, ma anche un lavoratore costretto a ottenere permessi dal governo israeliano per svolgere lavori umili all’interno dell’entità sionista. Il personaggio vive un conflitto interiore costante sul suo ruolo in una società plasmata dall’occupazione israeliana.

L’archeologia come strumento politico

Il romanzo tocca temi profondi come il valore dell’archeologia per un popolo espropriato. Nur, influenzato dalle riflessioni del suo amico Murad, anch’egli detenuto a vita, si chiede quale sia il significato dell’archeologia per chi vive in un campo profughi. Attraverso il suo lavoro, Nur scopre come la narrazione storica israeliana si basi su un uso politico dell’archeologia per legittimare l’occupazione del territorio. Nel libro, l’esempio della tomba di Sansone, che in realtà copre i resti della cittadina palestinese di Saraa, illustra come i nomi e i siti archeologici siano stati trasformati per cancellare la memoria palestinese e giustificare l’insediamento israeliano.

La “maschera” di Nur: una doppia identità

La svolta narrativa del romanzo arriva quando Nur sfrutta il suo aspetto fisico per assumere una nuova identità. I suoi lineamenti – occhi azzurri, pelle chiara e capelli biondo scuro – gli permettono di passare per un ashkenazita, un ebreo europeo. La giacca di pelle trovata in un negozio di seconda mano, con una carta d’identità israeliana al suo interno, diventa la chiave per infiltrarsi negli ambienti israeliani, permettendogli di vivere tra coloro che lo opprimono e di studiare da vicino la loro mentalità. Il suo obiettivo diventa comprendere e affrontare il sistema che lo esclude e lo espropria, cercando di padroneggiare il linguaggio e i diritti inventati dall’occupante per confrontarsi con esso.

Le difficoltà di pubblicare dall’interno di una prigione israeliana

Il processo di scrittura e pubblicazione del libro è avvenuto in condizioni estremamente difficili. Come racconta la traduttrice Barbara Teresi, Bassem è stato messo in isolamento quando si è saputo che poteva vincere il premio letterario. Il romanzo è stato ritirato dal fratello Youssef e dall’editrice libanese Rana Idriss, e pubblicato in Libano nel 2023. Khandaqji ha iniziato a scrivere il romanzo tra il maggio e il novembre del 2021, utilizzando stratagemmi per far uscire i suoi scritti dal carcere, nascondendo le parole tra le righe, scrivendo con tratti leggeri e grafie minuscole per evitare la censura.

La voce di Bassem oltre le sbarre

In un periodo in cui le tensioni tra Israele e Libano sono in aumento, Gaza è distrutta e la Cisgiordania è teatro di violenze quotidiane, la voce di Bassem Khandaqji emerge come un simbolo di resistenza. Con Una maschera color del cielo, l’autore ci ricorda che la lotta per la Palestina e la sua identità è ancora viva. La sua narrazione, così come quella degli altri prigionieri politici palestinesi, non si limita a descrivere un conflitto, ma cerca di tenere accesa la speranza per un futuro in cui la Palestina e la sua storia possano finalmente essere riconosciute e rispettate.

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