Israele: la drammatica e snervante attesa di una nazione sotto assedio. L’attacco questione di ore

Il ministro degli Esteri  Antonio Tajani ha esortato “le parti interessate” a “desistere da qualsiasi iniziativa che possa ostacolare il percorso del dialogo e della moderazione e favorire una nuova escalation”

Ore di drammatica attesa in Israele dove si aspetta da un momento all’altro la rappresaglia dell’Iran, ampiamente e ripetutamente annunciata come l’azione di vendetta per l’uccisione del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh avvenuta a Teheran. Varie fonti internazionali sostengono che l’offensiva possa essere lanciata già lunedì, secondo indiscrezioni rivelate da Axios.

Poche ore fa, il portavoce delle forze di difesa israeliane, Daniel Hagari, ha confermato che “l’allerta è altissima”, ma ha spiegato che al momento non vi sono cambiamenti nelle disposizioni di sicurezza per la popolazione. Sempre in serata, il premier Benyamin Netanyahu ha riunito i vertici militari e di intelligence al ministero della Difesa a Tel Aviv. Intanto, in Medio Oriente è arrivato il capo del Comando Centrale americano (Centcom) Michael Kurilla, che dovrebbe visitare, oltre a Israele, anche la Giordania e diversi Paesi del Golfo. Sebbene la visita fosse programmata, sembra evidente che la sua presenza sia legata ai preparativi per gestire la risposta iraniana alla grave offesa inflitta poche ore dopo l’insediamento del nuovo presidente.

Dietro le quinte, ferve il lavoro delle diplomazie occidentali e degli alleati arabi per contenere gli attesi raid della Repubblica islamica ed evitare che la regione precipiti in un conflitto più esteso dagli esiti imprevedibili. Oggi, il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, ha raggiunto Teheran per incontrare l’omologo Ali Bagheri Kani, dopo una telefonata nel fine settimana. Sebbene Safadi abbia dichiarato che la Giordania “non permetterà a nessuno di trasformare il Paese in un campo di battaglia”, non si può dimenticare che Amman ha già svolto un ruolo cruciale a favore di Israele tra il 13 e il 14 aprile, contribuendo a intercettare il massiccio bombardamento di centinaia di missili e droni che l’Iran lanciò quella notte contro lo Stato ebraico.

Dal Kuwait, il quotidiano Al-Jarida ha rivelato che una delegazione americana si è recata in Turchia e poi nella città iraniana di Karaj per un incontro segreto mediato dall’Oman con alti funzionari iraniani. L’obiettivo era trasmettere un messaggio da parte di Joe Biden: “Calma e avvertimento”, seguito dal disappunto del presidente per la continua escalation di Benyamin Netanyahu. A Teheran è stato chiesto di non “cadere nella trappola” di un attacco su vasta scala, che nei fatti rafforzerebbe solo il potere internazionale di Netanyahu.

Anche il G7 si è mosso, con i ministri degli Esteri convocati in videoconferenza da Antonio Tajani (l’Italia detiene la presidenza di turno), che hanno esortato “le parti interessate” a “desistere da qualsiasi iniziativa che possa ostacolare il percorso del dialogo e della moderazione e favorire una nuova escalation”. Di fronte a tanto sforzo diplomatico, Teheran ha risposto negativamente. Secondo il Wall Street Journal, la teocrazia iraniana avrebbe respinto gli appelli dei diplomatici arabi, affermando che non importa se la sua risposta a Israele porterà a una guerra. Questa volta, la Guida suprema Ali Khamenei sarebbe intenzionata a far pagare cara al “nemico sionista” l’offesa inflitta agli ayatollah.

Nonostante le dichiarazioni di Netanyahu, che ha avvertito che “la mano lunga del suo Paese colpirà ovunque”, Israele si trova in una situazione di alta tensione. La popolazione è terrorizzata, prigioniera di un’attesa irreale, senza informazioni certe neppure da parte del governo. Al momento, non è chiaro se ci si debba aspettare attacchi multipli da Hezbollah, jihad irachena e siriana, Houthi dello Yemen, o se l’Iran e l’intero ‘asse della resistenza’ agiscano separatamente.

Che sia effettivamente lunedì o, come ritengono altri analisti, intorno al 13 agosto, quando gli ebrei commemorano la distruzione del Tempio, i timori sono amplificati dalle armi a disposizione degli ayatollah, compresi i missili balistici Iskander recentemente forniti da Mosca e sistemi avanzati di guerra elettronica. L’attesa continua, ma Israele si dichiara pronto a un attacco con razzi e droni della durata di più giorni: “Cercheranno solo di logorarci”, ha detto un funzionario israeliano alla NBC.

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