Il gruppo promuoveva contenuti radicali online e spingeva i propri membri verso un ulteriore passo: lasciare l’Italia per unirsi alle milizie jihadiste. Centrale sarebbe il ruolo di una giovane bolognese di origine pakistana, ritenuta la figura chiave del gruppo.
Cinque giovani italiani di origine straniera, tra i 20 e i 30 anni, sono stati arrestati questa mattina nelle città di Bologna, Milano, Udine e Perugia. L’operazione, condotta dal Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri su richiesta della Procura di Bologna – Dipartimento Antiterrorismo, è parte di un’inchiesta che ha smascherato una presunta cellula terroristica legata alla propaganda jihadista.
Secondo le indagini, il gruppo promuoveva contenuti radicali online e spingeva i propri membri verso un ulteriore passo: lasciare l’Italia per unirsi alle milizie jihadiste. Centrale sarebbe il ruolo di una giovane bolognese di origine pakistana, ritenuta la figura chiave . Uno degli indagati è riuscito a fuggire e si ritiene sia già partito per il Corno d’Africa per combattere al fianco di milizie terroristiche, sfuggendo così all’arresto.
“Da’wa Italia”: un gruppo jihadista in crescita
Quattro dei giovani arrestati sono accusati di aver fondato un’associazione terroristica d’ispirazione salafita-jihadista, denominata “Da’wa Italia”. Il gruppo si avvaleva della rete per diffondere materiale propagandistico finalizzato al reclutamento e alla radicalizzazione di nuovi membri. Tra gli indagati figura anche il fratello della presunta leader, che avrebbe subito un processo di radicalizzazione proprio sotto la sua guida.
Un giovane del gruppo sarebbe già partito per unirsi alle milizie jihadiste attive nel Corno d’Africa prima che venissero emessi i provvedimenti cautelari. Per il fratello della leader, gli inquirenti ipotizzano un addestramento finalizzato a un futuro arruolamento in organizzazioni terroristiche.
Il richiamo della radicalizzazione
L’inchiesta, iniziata nel settembre 2023, ha monitorato ambienti radicali e social media per identificare i membri della cellula. La rete si è dimostrata uno strumento potente per avvicinare giovani, in particolare di seconda generazione o in cerca di identità, alla retorica jihadista.
La figura centrale dell’indagine è una giovane donna di origine pakistana residente a Bologna, che avrebbe reclutato anche una ragazza di origine algerina residente a Spoleto per formare il gruppo “Da’wa” – termine arabo che significa “chiamata”. Insieme, avrebbero propagandato una visione estremista dell’Islam e radicalizzato nuovi membri, incluso il fratello della leader.
Altri membri del gruppo includono un giovane di origine marocchina cresciuto a Milano, che si ritiene si sia unito alle milizie jihadiste nel Corno d’Africa, e un giovane di origine turca residente tra Gorizia e Udine.
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