Presso la sede di Associated Medias di Roma, si è tenuta una tavola rotonda alla quale hanno partecipato il consigliere Lorenzo Ortona, Coordinatore Vicario della Struttura di Missione per il Piano Mattei, l’ex vice ministro degli Affari Esteri Mario Giro e Giorgio Traietti, di Itare, confrontandosi, in un dialogo improntato al pragmatismo, con una serie di ambasciatori africani e di imprese presenti nel continente giovane
“Things to Do in 2025″ . Round table il 4 febbraio nella sede di Associated Medias con addetti ai lavori, analisti, rappresentanti istituzionali e diplomatici sul futuro del Piano Mattei per l’Africa. Il progetto coraggioso e rivoluzionario introduce un’idea nuova di “cooperazione alla pari, non predatoria” e si fonda sulle grandi potenzialità del continente e sul ruolo che è destinato a giocare nei prossimi decenni, fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni e varato il 29 gennaio di un anno fa nel corso di un vertice internazionale ospitato in Senato.
A introdurre i lavori l’ambasciatore Francesco M. Talò dell’International Strategic Network insieme al padrone di casa, il direttore ed editore di AMPA, Guido Talarico. Al tavolo l’ambasciatore Lorenzo Ortona, Coordinatore Vicario della Struttura di Missione per il Piano Mattei, che ha fatto il punto sullo stato di avanzamento del progetto e sui prossimi passi da compiere; l’ex vice ministro degli Affari Esteri Mario Giro, autore del primo volume dedicato interamente al programma che l’Italia ha messo in campo per e con l’Africa, e alle opportunità per il settore commerciale di rafforzare i legami con i mercati africani anche e soprattutto alla luce dei nuovi scenari geopolitici; Giorgio Traietti, Head of Marketing and Business Development at Itare.
New Entry
Il Piano sta prendendo forma, è quello che emerso dagli interventi, e sta suscitando sempre più interesse tra i partner africani per il suo approccio completamente inedito. E in questa seconda fase, appena iniziata, come ha sottolineato il consigliere Ortona, vedrà l’ampliarsi del numero dei paesi aderenti. Nel 2025 alla Tunisia, all’ Algeria, al Marocco, all’Egitto, all’Etiopia, alla Costa d’Avorio, al Kenya, alla Repubblica del Congo-Brazzaville e al Mozambico, andranno ad aggiungersi Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal, importanti new entry che controllano regioni strategiche del continente. E non è la sola novità.
Più spazio all’Europa
La premier sta facendo pressing per ottenere un maggiore e concreto coinvolgimento di Unione Europea e dei paesi del G7 nel progetto e per aumentare i finanziamenti. Il Piano, originariamente strutturato su un orizzonte quinquennale, e dotato di un budget complessivo di 5,5 miliardi di euro (3 mld provenienti dal Fondo italiano per il Clima e i restanti 2,5 dalle risorse per la Cooperazione e lo sviluppo), si avvarrà di una serie di strumenti ad hoc già approntati dal governo, che ha creato una vera e propria nuova architettura finanziaria per sostenerlo. A tenere le fila, a rapportarsi con i soggetti pubblici e privati per metterli in grado di fare sistema, ad assicurare il coordinamento e l’attuazione del Piano due organismi chiave: la Cabina di regia e la Struttura di Missione, istituiti presso la Presidenza del Consiglio. Il primo presieduto dalla stessa premier e costituito dal ministro e il viceministro degli Esteri, dal viceministro del Made in Italy, da quello all’Ambiente e la Sicurezza energetica, dal presidente della Conferenza delle Regioni, dal Direttore Dell’Ice, dal direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, da un rappresentante di Cdp, della Sace e della Simest. Ma anche da esponenti del mondo dell’impresa e della società civile: Acea, Snam, Fincantieri, Eni, Fondazione Med-Or, Leonardo, Fs, Enel, Terna, Banca d’Italia, Cna, Cia, Aoi, Ance, Cnsu, Confagricoltura, Coldiretti, Confartigianato, Anci, Cini, Comunità di Sant’Egidio, Confapi, Confcommercio, Confindustria, Conflavoro, Copari, Cui, Fnts, Link 2007 e la San Giovanni Bosco. Il secondo invece guidata da un coordinatore scelto tra i diplomatici, è organizzata in quattro uffici, che ha il compito di assistere la Presidente del Consiglio e la Cabina di regia, gestire il segretariato della Cabina, e redigere rapporti annuali.
Una architettura finanziaria ad hoc
Grazie a questa macchina organizzativa, ha potuto così in pochi mesi vedere la luce (il varo è stato a luglio) la piattaforma di investimenti Graf, attraverso la quale Cassa Depositi e Prestiti ha firmato lo scorso 5 dicembre con la Banca Africana di Sviluppo (AfDB) un accordo per mobilitare fino a 400 milioni di euro nei settori della sicurezza alimentare, crescita delle piccole e medie imprese locali e infrastrutture sostenibili; e per attrarre attraverso fondi di private equity e venture capital ulteriori 350 milioni di euro, per un totale, dunque, di 750 milioni di euro, aprendo inoltre nuovi uffici di rappresentanza a Nairobi e Abidjan per le realtà italiane interessate a investire nel continente. É stato poi stato creato anche un Fondo Speciale Multilaterale, che ha già registrato l’adesione di un importante donatore straniero, gli Emirati Arabi, con 22,9 milioni di euro. Sace, il gruppo assicurativo-finanziario direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha siglato un mese fa un’intesa con l’African Development Bank Group, per promuovere gli investimenti nel continente. E ha inoltre garantito il primo finanziamento da 100 milioni di euro alla banca multilaterale di sviluppo Trade Development Bank (TDB) per favorire la crescita sostenibile e l’integrazione regionale africana, aumentando le opportunità di export per le imprese italiane. C’è poi Leonardo, azienda che è coinvolta in prima linea nel Piano Mattei con il progetto “smart agricolture” che riguarda per il momento Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Costa d’Avorio, Mozambico, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya, con focus sulla tutela della biodiversità e dello sviluppo sostenibile, che nei giorni scorsi si è recata, con una delegazione, guidata dal presidente Stefano Pontecorvo, in missione in Costa d’Avorio per illustrare e mettere a disposizione del governo di Abidjan le tecnologie dell’azienda italiana nel piano di collaborazione previsto, in diversi settori da quello agricolo, alla cyber sicurezza, dalla digitalizzazione alla sanità.
Italia nel Corridoio Lobito
Il 12 novembre scorso, il governo ha intanto inviato alle Camere la prima relazione annuale sul Piano, che è poi passata all’esame delle Commissioni parlamentari competenti. Nel testo di 35 pagine sono enucleati i 21 progetti, quattro dei quali regionali e trasnazionali. Tra questi ultimi il Corridoio di Lobito, un’infrastruttura strategica, di grande importanza, come è stato sottolineato nel corso dell’ International Breakfast, nella quale sono in campo anche gli Stati Uniti, che prevede la ristrutturazione e ricostruzione di una arteria ferroviaria lunga circa 1.600 chilometri per collegare la località di Kalumbila, nello Zambia settentrionale, alla costa angolana, passando attraverso il sud della Repubblica del Congo. Un progetto, che ha un costo previsto di circa 1 miliardo di dollari, e che ha come obiettivo primario migliorare il trasporto dei minerali della cosiddetta Copper Belt africana (Congo Meridionale, Zambia Settentrionale) verso i porti atlantici dell’Africa meridionale e incentivare gli investimenti stranieri nel settore estrattivo e della raffinazione. Una mossa anche finalizzata a contrastare la presenza cinese nel continente e a bloccare il progetto di Pechino di riesumare la Tazara (Tanzania Zambia Railway e assumere il controllo del porto di Dar As Salam.
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