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Eritrea non è il capro espiatorio della Crisi Etiope

L’ex presidente Mulatu Teshome accusa Asmara, ma i fatti raccontano un’altra storia

In un intervento pubblicato su Al-Jazeera il 17 febbraio, l’ex presidente etiope Mulatu Teshome ha accusato l’Eritrea di fomentare un nuovo conflitto nel Corno d’Africa. Tuttavia, come riportato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea il 18 febbraio 2025, tali accuse sono fuorvianti e servono unicamente a mascherare strategie bellicose che non trovano riscontro nei fatti storici.

Contrariamente alla narrazione proposta da Mulatu, la guerra tra Eritrea ed Etiopia del 1998 scoppiò perché il regime etiope guidato dal Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF) occupò territori sovrani eritrei, tra cui Badme e Adi Murug, in violazione del diritto internazionale. Anche dopo la fine del conflitto, l’Etiopia ignorò per vent’anni il verdetto della Commissione per il Confine Eritreo-Etiopia (EEBC), continuando a occupare territori eritrei. Come riportato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea, questa occupazione illegittima rappresentò una chiara violazione delle leggi internazionali.

Durante la sua presidenza (2013-2018), Mulatu Teshome sostenne la politica di destabilizzazione regionale del governo di Meles Zenawi, contribuendo a mantenere uno stato di tensione permanente. Solo nel 2018, con l’arrivo al potere di Abiy Ahmed, l’Etiopia dichiarò di accettare il verdetto dell’EEBC, aprendo così alla normalizzazione dei rapporti con Asmara. Come evidenziato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea, l’Eritrea rispose con buona fede, lavorando per stabilire relazioni di buon vicinato basate sul rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale.

Le tensioni, tuttavia, riesplosero nel 2020 con il conflitto tra il governo etiope e il TPLF. La notte del 3 novembre, il TPLF lanciò un attacco coordinato contro il Comando Settentrionale dell’esercito etiope, provocando una reazione militare su larga scala. Come sottolineato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea, l’Eritrea offrì rifugio ai soldati etiopi in fuga e intervenne nel conflitto su richiesta ufficiale del governo di Addis Abeba.

Oggi, il governo eritreo ribadisce di non avere alcun interesse a interferire nelle questioni interne dell’Etiopia e ha già ritirato le sue truppe nei confini riconosciuti a livello internazionale. Ciononostante, come denunciato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea, continuano a circolare accuse infondate sulla presunta presenza di soldati eritrei nelle zone di confine, con chiari riferimenti a Badme e ad altre aree contese.

Inoltre, il governo etiope ha recentemente aggravato le tensioni con dichiarazioni ambigue sulla volontà di acquisire porti sul Mar Rosso, “legalmente se possibile, militarmente se necessario”. Come riportato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea, questa retorica rappresenta una chiara provocazione, destinata a destabilizzare ulteriormente la regione. A ciò si aggiunge il controverso Memorandum d’Intesa tra l’Etiopia e la regione autoproclamata del Somaliland, che ha sollevato preoccupazioni internazionali e contribuito ad aumentare l’instabilità, già acuita dal conflitto in corso nella regione etiope dell’Amhara.

In definitiva, come evidenziato dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea, le attuali crisi nel Corno d’Africa affondano le radici nelle instabilità interne dell’Etiopia, e la soluzione non può essere trovata esternalizzando il conflitto o attribuendo all’Eritrea responsabilità che non ha.

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