Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato il provvedimento, permettendo così all’ingegnere iraniano di lasciare il carcere
Il governo italiano ha deciso di non attendere l’esito dei procedimenti giudiziari a Milano e ha optato per la scarcerazione immediata di Mohammad Najafabadi Abedini, cittadino iraniano detenuto nel carcere di Opera su richiesta degli Stati Uniti. La scelta è stata presa per scongiurare rischi nelle relazioni con l’Iran e per onorare gli accordi raggiunti in occasione della liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato il provvedimento, permettendo così all’ingegnere iraniano di lasciare il carcere. Nel pomeriggio, Abedini ha fatto ritorno a Teheran.
Le reazioni e il ruolo della diplomazia
L’avvocato difensore di Abedini ha accolto con entusiasmo la decisione: “La scarcerazione del mio cliente è una notizia che ci ha felicemente sorpresi. Ora è un uomo libero, finalmente può tornare a sperare”.
Anche il ministero degli Esteri iraniano ha espresso soddisfazione per la risoluzione del caso, con il portavoce Esmail Baghaei che ha sottolineato la collaborazione tra le parti coinvolte.
La scarcerazione, inizialmente considerata un’opzione remota per evitare tensioni con gli Stati Uniti, è stata successivamente rivalutata grazie all’intervento della premier italiana. Quest’ultima ha dialogato direttamente con i presidenti Joe Biden e Donald Trump, spiegando le ragioni che rendevano necessaria questa scelta.
Il comunicato del ministero della Giustizia
Il ministero della Giustizia ha spiegato la decisione con una nota ufficiale, precisando che il ministro Nordio aveva presentato alla Corte d’Appello di Milano la richiesta di revoca della detenzione per Abedini.
Arrestato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti, Abedini era accusato di aver esportato materiali tecnologici statunitensi in Iran e di aver collaborato con le Guardie rivoluzionarie, considerate dagli Stati Uniti un’organizzazione terroristica. Tuttavia, il suo caso si è intrecciato con quello della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata a Teheran pochi giorni dopo e liberata il 8 gennaio.
Le motivazioni legali
Secondo quanto dichiarato nella nota ministeriale, la decisione si basa sul trattato di estradizione tra Italia e Stati Uniti. Per essere estradabile, infatti, un reato deve essere punibile da entrambe le legislazioni nazionali, ma questa condizione non risulta soddisfatta nel caso di Abedini.
La prima accusa, relativa all’associazione a delinquere per violare l’Ieepa (legge statunitense sulle esportazioni), non trova riscontro nell’ordinamento italiano. Per le altre due accuse, ossia il supporto a un’organizzazione terroristica con conseguente morte e la fornitura di materiali a scopi terroristici, mancano prove sufficienti. L’unico dato emerso riguarda l’attività imprenditoriale di Abedini, che ha prodotto e commercializzato strumenti tecnologici utilizzabili sia in ambito civile che militare, senza prove definitive di impieghi esclusivamente bellici.
Un caso chiuso, ma non senza implicazioni
La scarcerazione di Abedini segna la conclusione di un caso complesso, che ha intrecciato aspetti legali, diplomatici e politici. Se da un lato si è evitata una crisi con l’Iran, dall’altro la decisione potrebbe aprire un dibattito sulla gestione dei rapporti tra Italia, Stati Uniti e altri Paesi in casi simili.
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