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ADDIO AD ANDREA PURGATORI, TRA GLI ULTIMI MAESTRI DI GIORNALISMO

La notizia della morte di Andrea Purgatori è stato uno choc iper tanti colleghi che lo hanno conosciuto ma anche per chi lo seguiva prima sulle colonne del Corriere della Sera e poi su La7. Era un vero maestro nel ricostruire i fatti, nell’andare al fondo delle cose, nel saper leggere tra le pieghe degli eventi. E il vuoto che lascia nel giornalismo italiano, in particolare quello di inchiesta, è grande, soprattutto perché Andrea apparteneva a quella generazione, l’ultima purtroppo, che ha avuto la fortuna di formarsi e imparare il mestiere per strada…parlando con la gente, andando nelle questure, negli ospedali, negli obitori. Una generazione ormai in via di estinzione, finita la quale, per buona pace di chi è felice che le redazioni si siano finalmente svuotate, c’è solo Chat Gpt.

L’ho incontrato, quando ero alla all’Adnkronos, e mi occupavo di esteri in giro per il mondo. Lo ricordo in Libano, dopo la guerra, in una Beirut che era un enorme cratere di macerie. Era un tipo schivo e gentile, che dava l’idea di non perdere mai la calma. E per alcuni di noi, poco piú giovani, era giá un modello da seguire. I suoi scoop su Ustica avevano giá fatto scuola…E anche il suo modo raccontare, semplice, limpido, senza retorica. Da allora non ho piú avuto modo di incontrarlo se non di sfuggita a margine di di dibattiti pubblici. L’ultima volta, era il 2019, ad un meeting organizzato dal Grande Oriente d’Italia. Era stato invitato a una tavola rotonda insieme a Umberto Croppi e allo storico dell’arte Gianfranco Maraniello. Parló del mestiere di giornalista. “Quello che io ho sempre cercato di fare -disse- è di conservare la memoria e di provare a raccontare il passato per capire anche cosa succede oggi. E’ una fatica, ma sono molto contento”. E lui la storia la sapeva raccontare in maniera davvero avvincente…Ho rivisto recentemente “Liberate il duce”, una puntata lunghissima di Atlantide sul 25 luglio del 1943 e sulla cattura di Mussolini e non mi sono annoiata nemmeno per un istante. Una sorta di post new journalism il suo un po’ alla Tom Wolfe e Truman Capote, per intenderci, tra romanzo- reportage o romanzo- veritá che si poneva l’obiettivo di accompagnare il lettore sul luogo dei fatti… Uno stile, che se vogliamo essere severi, ha anche dei limiti, limiti che personalmente ho riscontrato per esempio sul modo in cui Purgatori ha ricostruito alcuni casi, come quello di Emanuela Orlandi o di Messina Denaro, che, devo dire, mi hanno lasciato la sensazione di una certa incompletezza, come se su quelle vicende si fosse ripromesso di tornarci su…insomma non avesse esaurito il giro di fonti. Peccato, ci mancherá.