Affitti brevi, arriva il Cin: ne risulta privo il 35% delle strutture

Chi affitta senza il codice identificativo rischia una sanzione pecuniaria che va da 800 a 8.000 euro. Inoltre, la mancata esposizione del Cin fuori dalla struttura o sugli annunci online può costare tra i 500 e i 5.000 euro, a seconda della grandezza dell’immobile

cinManca poco più di un mese al termine fissato per l’adeguamento alla normativa sul Codice Identificativo Nazionale (Cin), obbligatorio per tutte le strutture ricettive e gli immobili destinati agli affitti brevi. Dal primo gennaio 2025, i proprietari di case affittate per periodi inferiori ai 29 giorni dovranno essere in regola. Tuttavia, nonostante la Banca dati strutture ricettive sia operativa da tre mesi, oltre il 35% delle strutture non ha ancora ottenuto il Cin, risultando quindi fuorilegge.

Secondo i dati pubblicati dal Ministero del Turismo, su 543.158 attività registrate, ben 194.378 non si sono ancora conformate alle regole.

Cin, le regioni in ritardo e quelle più virtuose

Tra le regioni italiane, il Friuli-Venezia Giulia detiene il primato negativo: più del 60% delle strutture non ha ancora richiesto il Cin. Seguono le Marche con il 45%, la Liguria al 44%, l’Abruzzo al 42% e la Puglia al 40%. Anche regioni come Umbria, Veneto, Sicilia e Calabria presentano tassi di inadempienza superiori al 30%.

Di contro, la Basilicata emerge come la regione più virtuosa, con oltre l’85% degli immobili già in regola. Seguono il Trentino-Alto Adige, la Valle d’Aosta e la Campania, dove circa il 75% dei proprietari ha completato il processo di registrazione.

Airbnb e le sanzioni per i non conformi

A partire dal primo gennaio 2025, piattaforme come Airbnb hanno annunciato che rimuoveranno dagli elenchi gli annunci privi del Cin. Questo rappresenta solo una delle conseguenze per chi non si adegua: il decreto prevede multe salate e altre penalità. Chi affitta senza il codice identificativo rischia una sanzione pecuniaria che va da 800 a 8.000 euro. Inoltre, la mancata esposizione del Cin fuori dalla struttura o sugli annunci online può costare tra i 500 e i 5.000 euro, a seconda della grandezza dell’immobile.

Le sanzioni non finiscono qui: per chi non rispetta i requisiti di sicurezza, come dotarsi di estintori e rilevatori di fumo, le multe possono variare da 600 a 6.000 euro. Infine, chi opera senza presentare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (Scia) rischia di incorrere in ulteriori ammende, che vanno da 2.000 a 10.000 euro.

La burocrazia rallenta l’adeguamento

Secondo Marco Celani, presidente dell’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi, molte strutture rischiano di non riuscire a mettersi in regola entro i termini stabiliti. Celani attribuisce gran parte del problema alla complessità della burocrazia, che ha rallentato il processo in diverse regioni. Per i proprietari già in possesso di un Codice Identificativo Regionale, l’adeguamento al Cin è stato relativamente semplice, ma per chi non disponeva di una base di partenza, il percorso è stato molto più complicato.

Inoltre, resta irrisolto il problema dei proprietari con più immobili: mentre il codice regionale è unico per tutte le strutture, il Cin deve essere ottenuto per ogni singola proprietà, creando ulteriori complicazioni.

Mancanza di informazione e criticità future

Un altro ostacolo significativo è rappresentato dalla scarsa informazione. Secondo un sondaggio condotto da Facile.it, un proprietario su tre non era a conoscenza delle nuove normative.

A poche settimane dall’entrata in vigore del decreto, il rischio è che una fetta consistente del mercato degli affitti brevi resti inadempiente, esponendosi a sanzioni pesanti e alla rimozione degli annunci dalle piattaforme online. Sullo sfondo rimangono le questioni legate all’overtourism e alla regolamentazione del settore, che continuano ad alimentare il dibattito in Italia e in Europa.

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