di Maria Lombardi
Venticinque anni, la giusta distanza. Il tempo che ci vuole per spegnere definitivamente l’emotività della cronaca e accarezzare la saggezza della storia. Hammamet, 19 gennaio del 2000. Dopo sette anni di esilio, Bettino Craxi viene trovato morto nella sua stanza da letto dal cameriere che è andato a portargli il vassoio del thè alla menta. È un pomeriggio di pioggia, nella residenza tunisina dei Craxi ci sono la figlia Stefania e due persone di servizio. La moglie Anna è su un aereo diretto a Parigi per un soggiorno di qualche giorno. L’avviseranno all’atterraggio.
L’ex presidente del Consiglio e leader del Psi muore lontano dall’Italia lasciando un sogno irrealizzato, un grido di dolore, un atto di accusa. Sognava di tornare da uomo libero, nel suo Paese, <da innocente>, come ha continuato a urlare per duemila giorni dalla villa a due passi dal mare, lontana dal Palazzo che infine l’aveva umiliato e rinnegato, ma mai abbastanza distante da Roma. <Se non posso tornare a casa mia da uomo libero, preferisco rimanere qui, anche da morto>.
Venticinque anni da quel giorno di pioggia, il giusto tempo per riflettere e ritornare sulle stesse domande. Chi è stato Bettino Craxi? “L’ultimo vero politico”, sentenzia Aldo Cazzullo. E molto altro. Un capro espiatorio, un latitante per la magistrura e non solo (aveva lasciato l’Italia nel 1994 per sfuggire all’inchiesta Mani Pulite e all’arresto), un gigante della politica (due volte presidente del Consiglio, dal 1983 al 1992, per circa 17 anni segretario del Psi), l’ultimo leader della Prima Repubblica, l’uomo che rivoluzionò la politica e determinò l’ascesa di Berlusconi ma anche di Di Pietro. Le tante biografie che stanno uscendo in questi giorni riflettono sulla sua eredità e riscrivono la storia italiana.
“Craxi, l’ultimo vero politico” di Aldo Cazzullo (Rizzoli, 280 pagine, 25 euro)
Il racconto di Aldo Cazzullo, giornalista (è il vicedirettore del Corriere della Sera) e scrittore, comincia dalla fine. Lui, inviato della Stampa, atterra a Tunisi a fine ottobre del 1999. In Italia è appena arrivata la notizia del ricovero di Craxi. .<Si seppe che era all’ospedale militare di Tunisi, un palazzone alla periferia della Capitale. Le guardie all’ingresso avevano l’ordine di non fare passare i giornalisti, ma solo i familiari. Con l’inviata del Messaggero, Marida Lombardo Pijola – anche lei come Gianni purtroppo non c’è più – ci guardammo negli occhi, ci prendemmo sottobraccio e ci dicemmo che avremmo potuto essere una coppia di cugini di Craxi venuti dall’Italia a trovarlo. Marida era una giornalista bravissima, oltre che bellissima, e nessuno osò fermarla>.
Cazzullo segue gli ultimi mesi di Craxi, la malattia (l’ex premier era da tempo afflitto da una grave forma di diabete), il disperato intervento chirurgico, la morte, il funerale. E traccia un ritratto in chiaroscuro di Craxi, arricchito da aneddoti personali e foto inedite. Il giornalista e scrittore ricostruisce la storia del giovane militante, l’ascesa al potere del segretario socialista, i rapporti con i leader nazionali e internazionali del suo tempo, senza nascondere errori e responsabilità. L’ultimo vero politico, scrive Cazzullo a venticinque anni dalla scomparsa: è stato l’ultimo uomo di Stato italiano dotato di spessore e di visione, ma ha pagato un prezzo altissimo alla sua spregiudicatezza. Ingombrante financo sul piano fisico, è diventato il bersaglio grosso: da statista a «Cinghialone». Un simbolo della Prima Repubblica, che ha avuto – come ha riconosciuto il suo nemico della vita, Eugenio Scalfari – «la grandezza della fine».
“All’ombra della storia” di Stefania Craxi (Piemme, 192 pagine, 17,96 euro)
Il memoriale dolce e struggente di una figlia. <Questo volume nasce da un moto dell’animo. Racconta un pezzo della mia storia, il mio Craxi, un padre difficile e straordinario, e, vagando tra i ricordi, narra le vicende della nostra famiglia, una famiglia allargata a una piccola, grande comunità politica e di amici che per anni ha condiviso tutto>. Per la prima volta, Stefania Craxi, figlia di Bettino, senatrice di Forza Italia e presidente della commissione Affari Esteri, decide di raccontare una storia politica di cui va orgogliosa. <L’ho chiamato così – scrive – perché Bettino Craxi faceva ombra: la faceva a leader nazionali e internazionali, figuriamoci a una ragazzina innamorata di quel padre straordinario e difficilissimo che mi ha lasciato un regalo stupendo. Quello di aver sentito accanto a lui il respiro lungo della storia>.
Nelle sue memorie non c’è solo il ricordo del politico esuberante e sognatore, ostinato e tenace che era suo padre, ma il racconto di un intero Paese in trasformazione. Uomini e donne, protagonisti e comparse di un’epoca, i pochi che le sono stati vicino e i molti che si sono girati dall’altra parte nei periodi più bui.
“Il fantasta di Hammamet” di Massimo Franco (Solferino, 224 pagine, 18,90 euro)
Il libro di Franco (editorialista del Corriere della Sera) parte dal luogo dell’esilio, la villa in Tunisia sulla <collina degli sciacalli e dei serpenti> dove Craxi si era rifugiato. Per Franco è anche la metafora politica della fine della Prima Repubblica e delle sue <scorie mai del tutto smaltite>. Anche per questo, la rilettura di quei fatti diventa per l’autore l’occasione per riflettere sui rapporti tra politica e magistratura, una questione <aperta e attualissima>, che chiama in causa la questione del primato della politica e il rapporto con la magistratura, sempre attualissimo. Il libro, nato nel 1995 da decine di testimonianze dirette e da incontri riservati in quella che per i magistrati e una gran parte del Paese era la sua latitanza tunisina, e per i familiari e i socialisti il suo esilio, viene ora riproposto in una nuova edizione ampliata: un documento che racconta i legami, le ipocrisie, le trame inconfessate che hanno unito la Prima e la Seconda Repubblica e in cui si materializzano attentatori misteriosi, vassalli e nuovi pretoriani, vescovi e donne, statisti, spie e faccendieri. Tutti che ruotano attorno a quel fantasma di Hammamet di cui l’Italia <potrà liberarsi soltanto quando sarà riuscita a fare i conti con sé stessa>.
Per Franco, Craxi è il simbolo del primato <sfrontato> della politica che riconosceva come unico vincolo la democrazia parlamentare.
“Controvento” di Fabio Martini (Rubbettino, 208 pagine, 18,10 euro)
Una riedizione che ripropone documenti e testimonianze inedite: l’altra Sigonella e gli antenati di Hamas, il crollo della Prima Repubblica e le due Americhe, una con Di Pietro e una contro, i rapporti riservati con Cuccia e Draghi.
Martini vuole raccontare il “vero” Craxi, l’ultimo leader della Prima Repubblica. Una figura che parla alla politica dei nostri giorni con la sua lunga gavetta: Craxi impiegò 24 anni prima di diventare segretario del Psi, un apprendistato che lo aiuterà a guidare uno dei governi più longevi dell’Italia repubblicana. Volle la migliore élite del Paese e prese decisioni impopolari, contribuendo all’ultima stagione di crescita dell’Italia. Leader accentratore e controverso, non fu mai populista. Fabio Martini getta nuova luce su molte pagine oscurate o inedite della vicenda politica e umana di Craxi.
Esce invece il 17 gennaio un altro libro non “su” Craxi ma “di” Craxi: una raccolta di lettere del politico dal1989-1999. Un periodo in cui cadono i vincoli della Guerra Fredda e si consumano gli ultimi giorni di vita dell’ex segretario del Psi. “Bettino Craxi – Lettere di fine Repubblica” (Baldini+Castoldi, 288 pagine, 19 euro) è una raccolta di scritti curata da Andrea Spiri, dottore di ricerca in Storia politica dell’età contemporanea, che ha estrapolato un corpus epistolare inedito tra Craxi e i più grandi protagonisti della storia e della politica di fine Novecento.
Venticinque anni dopo, si torna a fare i conti con uno dei protagonisti più ingombranti, controversi e anche tragici della storia repubblicana. <A Stella e Cesare, che per portare un fiore al bisnonno dovranno attraversare il mare>, la dedica di Stefania Craxi in apertura del suo libro. Al cimitero di Hammamet dove, con Craxi, riposa una stagione politica e un pezzo importante della nostra storia.
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