Miano è riuscito a violare i server del Ministero della Giustizia e quelli degli uffici giudiziari di tutta Italia, oltre a sistemi appartenenti a realtà sensibili come Tim, Telespazio e la Guardia di Finanza
Carmelo Miano, un giovane hacker di 24 anni originario di Gela, è al centro di un caso che ha scosso l’intero sistema di sicurezza informatica del Paese. Dall’appartamento romano in via delle Sette Chiese, nel quartiere Garbatella, Miano è riuscito a violare i server del Ministero della Giustizia e quelli degli uffici giudiziari di tutta Italia, oltre a sistemi appartenenti a realtà sensibili come Tim, Telespazio e la Guardia di Finanza. Il suo obiettivo non era solo l’accesso illecito a dati riservati, ma anche la protezione di un tesoro in criptovalute, frutto di attività illecite sui black market del dark web.
L’errore fatale: traccia su un sito pornografico
A tradire l’abile hacker è stata una traccia lasciata mentre navigava su un sito pornografico. Gli investigatori della polizia postale, partendo dal suo indirizzo IP, sono riusciti a risalire alla sua identità e localizzarlo a Roma. Nonostante le sue numerose precauzioni, Miano non è riuscito a nascondersi completamente, portando alla sua cattura dopo più di un anno di indagini.
Accesso a informazioni riservate
Miano utilizzava cinque identità coperte per accedere a fascicoli giudiziari e informazioni protette da segreto investigativo. Le sue capacità informatiche gli hanno consentito di mettere le mani su dati cruciali di indagini in corso, mettendo a rischio la sicurezza del sistema giudiziario. Come ha dichiarato il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri: “Era un mago dell’informatica. Ci ha fatto girare la testa per più di un anno”. Di fronte alla sua capacità di violare anche le comunicazioni dei magistrati, le autorità hanno dovuto tornare ai metodi tradizionali di trasmissione delle informazioni, evitando l’uso di e-mail e messaggi digitali.
Lavoro nella cyber security e accesso ai database
Nonostante la sua giovane età e la mancanza di una laurea, Miano era stato assunto da NTTData, una grande azienda internazionale specializzata in cyber security, grazie alle sue straordinarie abilità. L’azienda ha preso immediatamente provvedimenti dopo l’arresto, sottolineando che il giovane hacker non aveva mai utilizzato i loro sistemi per le sue attività illegali. Tuttavia, Miano era riuscito a violare i database di Tim, accedendo a informazioni riservate su milioni di utenti italiani, mettendo così a rischio la sicurezza dei dati personali di quasi metà della popolazione del Paese.
Il passato di Miano e i legami con i black market
Il passato criminale di Carmelo Miano non era una novità per le forze dell’ordine. Già nel 2021, il giovane era stato perquisito dal nucleo speciale della Guardia di Finanza, che lo aveva descritto come una persona con una forte attitudine all’hacking e con risentimento verso chi lo stava indagando. L’indagine della procura di Gela riguardava il coinvolgimento di Miano in black market legati al traffico di droga, attraverso i quali lui e i suoi associati erano riusciti a incassare 5 milioni di euro in criptovalute. Questi guadagni illeciti erano frutto di tecniche avanzate di mixing delle criptovalute e dell’uso di prestanome per l’apertura di conti bancari.
Famiglia coinvolta nelle indagini
L’indagine non si è fermata a Miano, ma ha coinvolto anche i suoi familiari. Sia la madre che il padre del giovane hacker risultano infatti tra gli indagati per il presunto coinvolgimento nelle operazioni finanziarie legate alle attività criminali del figlio, rendendo la vicenda ancora più intricata.
Un caso che scuote il sistema di sicurezza nazionale
L’arresto di Carmelo Miano e la scoperta delle sue operazioni illecite rappresentano una grave minaccia per la sicurezza informatica e giudiziaria italiana. Il caso evidenzia quanto sia importante rafforzare i controlli e le difese contro le incursioni informatiche, specialmente quando riguardano dati così sensibili come quelli relativi a fascicoli investigativi e utenti privati.
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