Il capoluogo calabrese perde il Magna Grecia Film Festival e la cittadinanza si scaglia sui social contro il patron Gian Vito Casadonte, dimenticando il declino politico, economico e culturale che da tempo la affliggono
Redazione
Una Catanzaro sempre più sfiorita, si rivolta sui socialnetwork contro il patron del Magna Grecia Film Festival, Gianvito Casadonte, reo di aver deciso di lasciare dopo 11 anni il capoluogo calabrese per andare verso altri lidi. L’ironia, per la verità un po’ scontata, si manifesta attraverso l’uso di titoli che dovrebbero spiegare la natura dell’abbandono. “Per un pugno di dollari”, “Parasite”, “The wolf of Serrastreet” i titoli più gettonati. Posto che Casadonte non è un mecenate e tantomeno un samaritano, questa polemica mostra quello che forse è il lato più profondo e più preoccupante del degrado di Catanzaro.
I cittadini insorgono contro il povero Casadonte “colpevole” di voler andare dove gli offrono migliori opportunità economiche e logistiche dimostrando di non riuscire a capire cosa sia veramente questo Festival e, soprattutto, dimostrando di non accorgersi dello stato di reale abbandono sociale e culturale in cui versa un capoluogo che da decenni continua a perdere posizioni nelle varie classifiche che fotografano lo stato di salute delle nostre città.
Non ripeteremo qui le statistiche in questione per non infierire, ma dalla demografia al valore delle proprietà immobiliari il declino, che somiglia sempre di più ad un crollo, è del tutto evidente. E allora da una cittadinanza matura ti aspetteresti una vibrata protesta per come è di fatto abbandonato il Marca, o di quanto poco e mal sfruttato sia il Complesso del San Giovanni. Ti aspetteresti una richiesta di sostegno al Parco della Biodiversità, che rimane una piccola perla. Vorresti vedere spinte verso un ritorno in città dell’Università e dei giovani. Ti aspetteresti proposte, proteste e critiche all’indirizzo di una Giunta Comunale, che prometteva svolte decise per sostenere l’economia ed invece è finita per fare, senza neppure riuscirci, soltanto piccole, vergognose capriole a tutela della solita poltrona. E potremmo continuare oltre ma ci fermiamo perchè tanto ci siamo capiti.
E invece quello che emerge è livore nei confronti di un imprenditore che con inventiva ha portato in Calabria un po’ di attori felici di farsi una vacanza gratis. Il Magna Grecia Film Festival, che culturalmente e cinematograficamente non ha mai avuto alcun rilievo, in realtà è la prova di quella genuina e a tratti disperata voglia di riscatto che alligna negli animi dei catanzaresi provati dall’abbandono che li circonda. Una voglia di riscatto evidentemente mal indirizzata. Russel Crowe o Kevin Costner nella “splendida cornice” di Catanzaro Marina hanno fatto brillare d’orgoglio molti occhi perché apparsi come segni di ritrovata importanza. Un orgoglio che del resto spiega anche la grande passione per il Catanzaro calcio, finalmente ritornato in serie B e che lotta per le prime posizioni. Episodi consolatori che fanno sospirare frasi tipo: vedete? Non tutto è perduto, non tutto va male.
L’attore che in cambio di lauto cachet viene in Calabria per 24 ore o il “Catanzaro che si sta portando avanti e tutti quanti i tifosi fa contenti” cambiano veramente le sorti della vita dei cittadini del capoluogo? Hanno un reale effetto salvifico? Migliorano le sorti della cittadinanza? No, non cambiano alcunché. Zero spaccato. Sono soltanto piccole emozioni, sogni effimeri. Illusioni che durano lo spazio di una chiacchiera al bar e di un commento sui social.
Eppure le cose stanno così. In una città che assiste da anni ad un declino costante, con giovani in perenne fuga e case che hanno un valore immobiliare simile a quello del Sudan, è comprensibile che ci si infastidisca quando anche un festival, che ha vissuto di soldi pubblici, ti abbandona cambiando città perché il patron della kermesse prima di passare alla storia vuole passare alla cassa. Lo si può comprendere, anche con il rispetto che si deve a che vive queste circostanze con sofferenza. Ma va anche detto chiaro e tondo che se Catanzaro si trova in queste circostanze lo si deve soprattutto all’ignavia di un elettorato che in prevalenza ha scelto candidati di convenienza e non si sostanza o qualità. Se voti tuo cugino, il tuo vicino di casa o il tuo spicciafaccende poi non ti puoi lamentare che la città va a rotoli. Se dunque i catanzaresi continuano a indignarsi per la dipartita di un Casadone senza dare un segno di vita, o almeno di insofferenza, per come la città continua ad essere gestita, allora devono prepararsi a ballare con lupi sempre più famelici, pronti a smembrarla ancora e a prendere tutto, anche il poco che è rimasto. A cominciare dall’essere capoluogo di regione. Reggio Calabria, tanto per ricordare un dato non insignificante, ha il doppio degli abitanti di Catanzaro.
In altre parole, la rabbia su Casadone alla fine spiega che ogni territorio è lo specchio di sé stesso e che ciascuno ha quel che si merita. Catanzaro, anche in questa circostanza, dimostra infatti di non aver capito che per ritrovare una prospettiva di crescita deve pensare a cose serie come la cultura, l’economia e la politica affidandosi a persone credibili e capaci. Ma è molto difficile che ciò accada perché l’orizzonte di comparse e protagonisti non supera il pianerottolo del proprio condominio e perché l’afflato generale è un soffio d’alito più che un sentimento ispirativo.
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