Anche l’Europa ha deciso di intervenire prontamente. La Commissione europea, in collaborazione con il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), segue da vicino la situazione e ha inviato esperti sul campo in Congo
Mentre si attendono i risultati delle analisi sui campioni raccolti in Congo per identificare la malattia che ha già causato 79 morti e 376 contagiati in meno di due mesi, l’Italia ha deciso di intensificare i controlli. Il Ministero della Salute ha istituito una task force sulle malattie infettive, coordinata dalla direttrice Mara Campitiello, responsabile del Dipartimento per la prevenzione e le emergenze sanitarie. Il gruppo di esperti, che include rappresentanti di Aifa e Iss, monitorerà l’evoluzione della situazione e fornirà indicazioni tempestive alle Regioni in caso di sviluppi significativi.
Il coordinamento europeo e l’azione sul campo
Anche l’Europa ha deciso di intervenire prontamente. La Commissione europea, in collaborazione con il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), segue da vicino la situazione e ha inviato esperti sul campo in Congo. Secondo una portavoce della Commissione, non sono stati segnalati casi in Europa, ma si sta preparando una riunione del comitato per la sicurezza sanitaria per definire eventuali risposte coordinate.
Ipotesi sulle cause della malattia in Congo: dal Mycoplasma alla febbre emorragica
La comunità scientifica internazionale sta lavorando per identificare la natura della malattia, formulando diverse ipotesi. Paul Hunter, professore di Medicina presso l’Università di East Anglia, suggerisce che l’anemia associata alla malattia potrebbe essere legata a una polmonite da Mycoplasma pneumoniae, un batterio che causa infezioni respiratorie di varia gravità, dalle semplici faringiti a forme più severe. Tuttavia, Hunter sottolinea che è troppo presto per trarre conclusioni definitive.
Altre ipotesi si concentrano su possibili febbri emorragiche, come spiegato dall’infettivologo Matteo Bassetti. Secondo lui, la sintomatologia potrebbe essere compatibile con infezioni virali già note, come l’Ebola o la febbre emorragica di Congo-Crimea, ma non si esclude la possibilità che il responsabile sia un nuovo virus ancora da identificare.
Il Congo è il contesto ideale per lo spillover
La regione del Congo, caratterizzata dalla presenza della foresta equatoriale e di una vasta gamma di specie animali, rappresenta un ambiente particolarmente favorevole al fenomeno del salto di specie, o spillover. Questo processo naturale permette ai patogeni animali di adattarsi all’uomo, provocando infezioni nuove e potenzialmente pericolose. Secondo Carlo Perno, esperto di microbiologia presso l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, è possibile che la malattia si trasmetta per via respiratoria, ma senza dati clinici ed epidemiologici più completi, ogni ipotesi resta incerta.
Perno ha inoltre evidenziato che, in una zona dove solo il 3-4% della popolazione può accedere alle cure ospedaliere, i casi reali potrebbero essere molto più numerosi di quelli ufficialmente riportati. Se così fosse, il tasso di mortalità attualmente stimato potrebbe risultare sovrastimato.
Un fenomeno da non sottovalutare
La necessità di indagini approfondite è urgente. Gli esperti del Science Media Centre britannico hanno ricordato che, nonostante molte epidemie emergenti si rivelino causate da patogeni già noti con conseguenze limitate, è essenziale indagare rapidamente per implementare misure di controllo efficaci. Per Jake Dunning, ricercatore del Pandemic Sciences Institute, le cause potrebbero essere sia infettive che non infettive, ma è indispensabile ottenere maggiori informazioni per valutarne l’impatto.
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