di Massimo Cellini
Il tennis è un gioco centenario che si basa sul rimpallo: cioè sulla capacità di ribattere colpo su colpo all’avversario spingendolo all’errore. E’ un gioco di tensione, concentrazione, attenzione, sforzo fisico e grande determinazione. E’ uno sport seguitissimo, forse proprio per queste ragioni. Uno sport che appassiona e che oggi in Italia, dopo anni di declino, è tornato ad entusiasmare le folle grazie ad un manipolo di nuove leve di talento. E’ un gioco dove ad ogni mossa, ad ogni colpo il giocatore cerca di controbattere, colpendo il lato debole dell’avversario. I nostri politici hanno adottato questo meraviglioso gioco portandolo nel palazzi del potere. Ma la nostra vita, in tutta la drammaticità del momento, non può essere legata alle sorti di un palleggio tra avversari politici. La nostra vita, a cominciare da quella politica, dovrebbe essere sentimento di comunanza, di vicinanza, di attenzione al futuro, di capacità di prendere decisioni, anche sbagliate ma di prenderle.
A cosa serve rimpallarsi proposte e responsabilità, in un momento simile, in un gioco che si da principio appare sterile e dannoso? Perché il Governo, persino al suo interno, non riesce a trovare una visione o almeno una sintesi delle idee di futuro e continua a palleggiarsi responsabilità restando sempre alla ricerca di un modello di riferimento efficace? Cosa dovrebbe fare una opposizione responsabile? La risposta a queste domande retoriche è nota: per il bene del paese occorrerebbe che le parti in causa, dopo approfonditi studi, trovassero la migliore strada possibile per garantire al paese una pronta uscita dalla crisi e un futuro migliore e che tale strada poi venisse intrapresa e sostenuta da tutti. Invece no.
Ogni giorno assistiamo ad un continuo rimpallo politico dove ognuno cerca di rimandare il problema nel campo avversario, con ognuno naturalmente sempre pronto a giurare che la responsabilità è dell’altro. Nessuno, dico nessuno, alza mai la mano per dire cosa ha sbagliato o apprezzare l’intuizione dell’avversario. Basta guardare l’indegno palleggio tra enti locali, regionali e nazionali dove la palla della responsabilità vola velocissima senza mai fermarsi. Basta guardare le mille dichiarazioni e rassicurazioni e poi, quando le cose vanno male, vedere arrivare ancor più veloci le smentite e scarico di responsabilità. Basta guardare le accuse dell’opposizione senza che esse mai indichino una seria soluzione percorribile. Le palle volano ad una velocità impressionante mentre tante vite finiscono. La vita del nostro paese, mai come oggi, è una partita difficilissima da giocare. Continuando così è evidente che a perderla saremo tutti noi.
Negli sport si vince o si perde tutti assieme ed è nei momenti più drammatici che si vede il vero spirito di gruppo, il vero di spirito di una nazione, il vero senso dell’unità e della necessità di stare uniti. Qui invece nessuno vuole perdere il proprio potere, la propria rendita di posizione. E quindi si va avanti con il tennis, con i professionisti della politica che non vogliono accettare che il tempo per questo gioco è scaduto, che bisogna cambiare e farlo tutti assieme. Dovrebbe essere il momento della solidarietà, delle scelte unitarie, della strada comune per l’interesse superiore. I richiami del Presidente Sergio Mattarella, in tal senso, molteplici, tal volta accorati, non sembrano essere serviti. Governo e opposizioni rimangono inchiodati alla propria pochezza, all’incapacità di guidare con efficacia il paese fuori dalla pandemia, fuori dalla crisi.
La debolezza della politica non è solo un problema italiano, negli Stati Uniti d’America, tanto per fare un esempio, lo scontro tra Trump e Biden ha dimostrato come anche nel paese considerato patria della democrazia le cose non funzionino. E anche in Europa ci sono vari esempi che comprovano la fragilità dei nostri sistemi democratici. Il problema per l’Italia è il punto di partenza. Il nostro debito pubblico è tra i più alti in assoluto dei paesi sviluppati. Un fardello che dopo il nuovo debito assunto per il Covid può diventare micidiale. Per uscirne ci vorrebbe una nazione capace di produrre un solo potente sforzo liberatorio. Lo capiscono e lo dicono tutti, ma il risultato non arriva. John McEnroe una volta disse “ho tre sfumature di umore: arrabbiato, più arrabbiato, arrabbiatissimo”. Per gli italiani è forse giunto il tempo di ispirarsi al mitico John.
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