Una eventualità concreta che si inserisce in un contesto di crescente tensione internazionale. Secondo fonti governative, il Ministero dell’Economia starebbe già analizzando l’impatto economico di questa decisione
Washington ordina, Roma esegue. Non solo l’Italia ha risposto con il più totale silenzio alla decisione americana di imporre dazi sulle nostre merci ( e noi siamo il secondo paese in Europa per export negli Stati Uniti dopo la Germania), ma starebbe valutando la possibilità di incrementare le proprie spese militari fino al 2,5% del Pil, oltre la soglia già alta del 2%, in linea con le richieste della Nato e in particolare del presidente americano Donald Trump e tutto ciò mentra la nostra industria è ferma.
Una eventualità concreta che si inserisce in un contesto di crescente tensione internazionale. Secondo fonti governative, il Ministero dell’Economia starebbe già analizzando l’impatto economico di questa decisione. L’adesione dell’Italia a questo nuovo impegno militare rappresenta comunque una scelta politica delicata, che richiederà il via libera del Consiglio europeo. Se l’approvazione dovesse arrivare, le spese per la difesa potrebbero essere temporaneamente escluse dalle rigide regole del Patto di Stabilità, consentendo al Paese di investire fino a 20 miliardi di euro senza compromettere i parametri europei sul deficit.
Ma poi? Poi l’Italia dovrà comunque tornare a rispettare le normative fiscali europee entro pochi anni. E che vantaggio trarremo da questa decisione? Meloni forse pensa, primeggiando nella corte di Trump, di consolidare il ruolo dell’Italia all’interno dell’Alleanza Atlantica e di rafforzare la propria leadership? Se così faccia attenzione. Il Regno Unito con il nuovo premier Keir Starmer sta riprendendo il controllo in Europa al di là della Ue e ha dato la sua disponibilità ad assumere il coordinemanto dell’assistenza militare all’Ucraina, nei confronti della quale il nostro paese sta mostrando di avere un atteggiamento schizofrenico. Se Londra riuscisse nel suo intento l’Italia, in futuro, potrebbe trovarsi a dover fare riferimento a Downing Street piuttosto che a Washington per le strategie militari europee.
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