Cpi, Meloni: “Noi con Trump”

In uno scenario di tensioni internazionali, la premier italiana sceglie di schierarsi con Trump, rompendo con le principali cancellerie europee

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Nel delicato contesto politico internazionale, l’Italia ha deciso di prendere una posizione netta a fianco degli Stati Uniti, rompendo con il tradizionale equilibrio diplomatico tra Washington e Bruxelles. La premier Giorgia Meloni ha inviato un messaggio chiaro alla diplomazia italiana prima del cruciale confronto presso le Nazioni Unite, sottolineando la necessità di schierarsi apertamente con Donald Trump. Questa scelta segna una rottura significativa con Francia e Germania, storici alleati europei.

La decisione, maturata anche grazie al contributo del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, rappresenta un allontanamento dalle posizioni dell’Unione Europea in merito alla Corte Penale Internazionale (CPI), istituzione che ha sempre trovato il sostegno delle principali cancellerie del continente.

La questione Almasri e l’allineamento con Trump sulla CPI

L’arresto del torturatore libico Almasri ha giocato un ruolo chiave nel favorire la svolta di Palazzo Chigi. Senza questo episodio, l’Italia difficilmente si sarebbe dissociata dal documento proposto dagli europei presso le Nazioni Unite. L’inchiesta della Procura di Roma ha però inasprito le tensioni, alimentando il sospetto che dietro l’operazione ci fossero manovre orchestrate da Parigi e Berlino.

Giorgia Meloni ha così deciso di allinearsi apertamente con la Casa Bianca, che negli ultimi mesi ha adottato una linea fortemente critica nei confronti della CPI. La possibilità di incontrare Elon Musk durante il prossimo vertice sull’intelligenza artificiale a Parigi rappresenta un ulteriore tassello nella strategia diplomatica della premier, che punta a rafforzare il patto con l’amministrazione americana.

Tensioni sotterranee e il ruolo di Mantovano

Lo scenario politico interno si è fatto incandescente. Oltre ai duelli pubblici, emergono scontri sotterranei che coinvolgono la diplomazia e i servizi segreti italiani. Alfredo Mantovano, sottosegretario con delega ai servizi, ha recentemente espresso preoccupazione per la crescente esposizione mediatica dell’intelligence. Durante un’audizione al Copasir, ha invitato a riportare la discussione su toni più pacati, denunciando un clima ostile che rischia di minare la stabilità delle istituzioni.

Parallelamente, il caso Paragon ha gettato benzina sul fuoco. L’intrusione di uno spyware nelle dinamiche governative ha scatenato una battaglia tra la Procura di Roma e i servizi segreti, alimentando polemiche interne. Mantovano ha difeso l’operato degli apparati con un comunicato ufficiale, ma le tensioni restano alte.

Malumori interni e la caccia al “traditore”

L’atmosfera di nervosismo si riflette anche nei rapporti interni alla maggioranza. Matteo Salvini, pur impegnato all’estero, ha commentato lo scandalo Paragon come il sintomo di una guerra tra i servizi, salvo poi correggere le sue dichiarazioni sotto pressione. Ma ciò che preoccupa maggiormente Giorgia Meloni è il sospetto di fughe di notizie all’interno del suo stesso partito.

La premier ha convocato un team di avvocati per valutare eventuali azioni legali e ha dato mandato ai suoi collaboratori di individuare i responsabili delle indiscrezioni circolate su WhatsApp. La ricerca di un “traditore” ha acceso il dibattito interno, coinvolgendo figure di primo piano come Francesco Lollobrigida. La situazione resta in evoluzione, lasciando irrisolti molti interrogativi.

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