L’ex ministro lancia l’idea di attribuire ai figli solo il cognome della madre, scatenando un acceso confronto tra favorevoli e contrari
Una proposta destinata a far discutere quella avanzata da Dario Franceschini, senatore del Partito Democratico, che ha annunciato l’intenzione di presentare un disegno di legge per attribuire ai figli esclusivamente il cognome materno. L’iniziativa, che verrà sottoposta alla Commissione Giustizia del Senato, nasce dall’idea di “risarcire” simbolicamente le donne dopo secoli di predominio del cognome paterno, un fenomeno che, secondo Franceschini, ha contribuito alla disuguaglianza di genere radicata nella società.
Verso una riforma del cognome: la proposta in discussione
L’argomento dell’attribuzione del cognome ai figli è già oggetto di un dibattito parlamentare, con diversi disegni di legge all’esame della Commissione Giustizia. Tra questi, spiccano le proposte avanzate da Julia Unterberger (Autonomie), Simona Malpezzi (Pd), Alessandra Maiorino (M5S) e Ilaria Cucchi (Avs), che puntano a regolamentare la questione dopo la storica sentenza della Corte Costituzionale del 2021, che ha stabilito l’incostituzionalità dell’attribuzione automatica del solo cognome paterno.
Franceschini ha deciso di aggiungere un’ulteriore proposta al dibattito, sostenendo che, invece di creare complicazioni con il sistema del doppio cognome o con la scelta tra quello materno e paterno, la soluzione più semplice sarebbe assegnare direttamente ai figli il cognome della madre. A suo avviso, questa misura rappresenterebbe un riconoscimento per le donne, che per secoli sono rimaste in una posizione di invisibilità simbolica e sociale.
Le reazioni: tra entusiasmo e critiche
L’idea ha immediatamente suscitato reazioni contrastanti. Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia del Senato, ha mostrato scetticismo, sottolineando la necessità di trovare un equilibrio tra i diritti di entrambi i genitori, senza penalizzare nessuna delle due figure.
Dal Partito Democratico, la vicepresidente del gruppo al Senato, Anna Rossomando, ha accolto favorevolmente la proposta, evidenziando come finalmente anche un uomo abbia riconosciuto l’ingiustizia storica subita dalle donne. Ha inoltre ricordato che la battaglia per il doppio cognome è una delle priorità del Pd, un tema su cui il Parlamento è chiamato a prendere una decisione definitiva per superare la cultura patriarcale ancora dominante.
Sostegno anche da parte di Luana Zanella di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha definito l’iniziativa di Franceschini un segnale forte e simbolico, pur riconoscendo che il percorso per una sua eventuale approvazione sarà irto di difficoltà, considerando le resistenze già incontrate nella discussione sul doppio cognome.
Dall’opposizione, le critiche non si sono fatte attendere. Carlo Calenda, leader di Azione, ha liquidato la questione con una battuta sui social, sottintendendo che il Paese avrebbe problemi più urgenti di cui occuparsi. Più dura la reazione di Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle, che ha giudicato l’idea una provocazione, ritenendo inaccettabile rispondere a una discriminazione storica con un’altra discriminazione di segno opposto.
Dal centrodestra, Lavinia Mennuni di Fratelli d’Italia ha definito la proposta “fuori dalla realtà”, mentre Matteo Salvini ha attaccato frontalmente Franceschini, ironizzando sul fatto che la misura equivarrebbe a “cancellare i padri dalla faccia della terra”.
Un tema destinato a dividere
Il dibattito sull’attribuzione del cognome ai figli si conferma dunque una questione delicata e divisiva. Se la sentenza della Corte Costituzionale ha già sancito la fine dell’obbligo del solo cognome paterno, la direzione che prenderà il legislatore resta incerta.
L’ipotesi di assegnare automaticamente ai figli il cognome materno, pur avendo un forte valore simbolico, si scontra con resistenze culturali e politiche. Nel frattempo, il Parlamento continua a lavorare per individuare una soluzione condivisa, con la speranza di arrivare a una norma che garantisca equilibrio e parità di genere senza escludere nessuno dei due genitori.