La protesta del vice presidente della Provincia di Catanzaro, Antonio Montuoro: “Il Giro di ‘tre quarti d’Italia’ nell’anno in cui il Paese aveva bisogno di sentirsi unito”
di Maria Rita Galati
“Era già successo, l’ultima volta nel 2019, e sicuramente succederà ancora. Ma nell’anno che celebra il Giro in occasione del 160 anniversario dall’Unità d’Italia, da parte dell’organizzazione di una delle manifestazioni sportive più belle e più sentite da tutto il paese ci si aspettava maggiore attenzione a quello che “la carovana rosa” ha sempre rappresentato: un simbolo di unità e riscatto e di coesione territoriale”. E’ quanto afferma Antonio Montuoro, vice presidente della Provincia di Catanzaro.
“Escludendo il Sud del Paese, diventa il giro di tre quarti d’Italia – sottolinea Montuoro -. Perché a quanto riferiscono gli organizzatori della kermesse sportiva, spesso dai comuni del Mezzogiorno, che guarda caso sono i più disastrati economicamente, molti sull’orlo del dissesto, non arrivano proposte per accogliere il Giro. Perché la corsa vive dei diritti televisivi ma anche dei contributi delle località di tappa. E una volta tanto, magari perché stiamo attraversando una pandemia che ha ucciso più della Seconda guerra mondiale, e le nostre comunità hanno bisogno anche solo di una piccola distrazione per un sorriso che dia sollievo nel percorso che punta alla rinascita, gli interessi economici potevano essere non dico sacrificati, ma almeno ridimensionati. Il Giro d’Italia – conclude Montuoro – è stato sempre qualcosa di più di una semplice gara ciclistica: oltre la passione, ha rappresentato per molti un motivo per essere orgogliosi di essere italiani. Percorrendo il Paese, dalle Alpi all’Aspromonte fino all’Etna, ha unito un intero popolo. E mai come in questa drammatica fase economica e sociale l’Italia aveva bisogno di sentirsi unita, anche solo attraverso una gara ciclistica”.