I personaggi dell’anno 2023 di Associated Medias. Narges Mohammadi, il coraggio della libertá

Si chiama Narges Mohammadi, ha 51 anni, è madre di due gemelli,  Ali e Kian, che non ha potuto vedere crescere. E’ entrata e uscita dal carcere durante tutta la sua vita, ma non ha mai smesso neanche per un istante di combattere la sua battaglia per la libertá. La libertá di essere se stessa, non solo come donna ma come persona, di esprimere la propria opinione, le proprie idee, in un regime oscurantista, dove la violazione dei diritti umani è all’ordine del giorno, dove si viene arrestati se si critica l’operato del governo, dove viene praticata la tortura e dove esiste la pena di morte anche per l’adulterio e l’omosessualitá. E’ senz’altro lei per noi di Associated Medias la donna dell’anno 2023, un anno che è stato difficile e denso di ombre.

La sua è una storia che ha riacceso ancora una volta i riflettori su un Iran affetto da cieco bigottismo religioso. Ma non è solo questo. E’ una storia emblematica che scavalca i confini del regno oscuro degli Ayatollah. Una storia di resilienza. Narges Mohammadi è una combattente ed è diventata un’icona, un simbolo universale per tutte le donne e per tutti gli uomini del mondo. In questo spirito si è meritata lo scorso ottobre il Nobel per la pace. Narges Mohammadi ci ricorda, e in ció  il suo  è un caso esemplare, che é a persone come lei, indomite e coraggiose, disposte a lottare mettendo in gioco la propria vita, che oggi le democrazie del mondo devono essere grate e riconoscenti per essere quel che sono. Narges Mohammadi ci ricorda che è a persone come lei che in Occidente dobbiamo tutti guardare ogni giorno, rammentando il sangue versato da quanti prima di noi si sono battuti per quei diritti che oggi riteniamo scontati.

Dobbiamo a persone come lei, persone che non temettero di perdere la vita e di essere perseguitati, se oggi godiamo di libertá e dignitá, principi garantiti in Italia anche per iscritto dalla nostra bellissima Costituzione, una Carta che “è un testamento di centomila morti”, come ricordó in una celebre lezione agli studenti milanesi nel 1955 il grande giurista Piero Calamandrei. Centomila uomini e donne caduti sulle montagne, imprigionati nelle carceri, impiccati… una Carta di cui dobbiamo essere orgogliosi e fieri e che dobbiamo difendere con i denti e con le unghie.

E’ questo il messaggio sulle note sommesse di Bella Ciao cantata in farsi dietro le sbarre che arriva da Narges Mohammedi, la cui vicenda personale non va confinata in una realtá che percepiamo lontana ed estranea. Perché  è una vicenda che ci appartiene, è scritta nel nostro Dna, e deve risuonare come un monito all’Occidente, in particolare a questa nostra Europa che sta diventando sempre piú apatica, indifferente, barbarica, storicamente smemorata, subdolamente razzista, dove la politica appare sempre piú avulsa dai bisogni della gente, dove i solchi sociali e culturali si stanno approfondendo, la paritá tra uomini e donne è retorica e non riesce a tradursi in realtá e il fenomeno del femminicidio ne è solo la punta dell’iceberg,  e dove  i diritti che si credevano acquisiti traballano e si erodono e opacizzano giorno dopo giorno.  “Attenzione la tirannia non si impone solo politicamente. Usa ogni possibile mezzo per istituzionalizzare la discriminazione di genere, di orientamento sessuale, di religione e etnia, di orientamento ideologico…”, sono le sue parole. Narges Mohammedi è nata a Zanjan, capoluogo dell’omonima regione nordoccidentale dell’Iran, il 21 aprile 1972, laureata in ingegneria è presidente presidente del Centro dei Difensori dei Diritti Umani che sostiene la campagna contro la pena di morte, è stata arrestata 13 volte e condannata 5 volte per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate.