Con le leggi fascistissime che seguirono venne eliminata ogni forma di dissenso, il potere si concentrò nelle sue mani e venne instaurato un sistema di controllo sociale e politico basato sulla paura e la repressione. Ebbe così inizio un’era della nostra storia, tra le più buie che l’Italia abbia attraversato, che ci ricorda quanto sia fragile la democrazia e quanto sia necessario difenderla con fermezza contro ogni forma di autoritarismo e violenza
Il 3 gennaio 1925 rappresenta un momento cruciale nella storia italiana. Quel giorno, Benito Mussolini tenne alla Camera dei Deputati un discorso che sancì l’inizio della trasformazione della sua leadership da una dittatura mascherata a un regime apertamente autoritario. Tuttavia, per comprendere appieno l’importanza di questo evento, è essenziale analizzare ciò che lo precedette e lo seguì, a partire dal 1924.
Il delitto Matteotti e la crisi del 1924
Il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, deputato socialista e accanito oppositore del fascismo, venne rapito e brutalmente assassinato da una squadra di fascisti. Pochi giorni prima, Matteotti aveva denunciato in Parlamento i brogli elettorali e le violenze che avevano caratterizzato le elezioni politiche dell’aprile precedente, nelle quali il Partito Nazionale Fascista aveva ottenuto un’ampia maggioranza. La sua denuncia fu un atto di coraggio che irritò profondamente il regime. La morte di Matteotti scatenò una crisi politica senza precedenti. L’opposizione, composta da socialisti, liberali e popolari, reagì ritirandosi dal Parlamento, un atto di protesta simbolico passato alla storia come “Secessione dell’Aventino”, sperando che il re Vittorio Emanuele III intervenisse per destituire Mussolini. Il sovrano si rifiutò invece di agire, temendo una destabilizzazione dello Stato e vedendo nel fascismo un baluardo contro il comunismo.
Nonostante l’indignazione pubblica e l’isolamento politico iniziale, Mussolini riuscì a mantenere il controllo grazie al sostegno delle élite economiche e militari, nonché alla repressione delle opposizioni. Il discorso del 3 gennaio 1925 segnò la fine della crisi, con Mussolini che si assunse la “responsabilità politica, morale e storica” del delitto Matteotti, trasformando la debolezza in forza e gettando le basi per la dittatura.
Le mattanze delle camicie nere
Nel corso del 1925, le camicie nere, le milizie paramilitari fasciste, intensificarono la campagna di intimidazione e repressione contro gli oppositori politici avviata all’indomani della marcia su Roma del 28 ottobre del 1922. Questa ondata di violenza si tradusse in vere e proprie mattanze, pestaggi, distruzione delle sedi dei partiti avversari, arresti arbitrari e, in molti casi, omicidi.
Le camicie nere agirono con il tacito sostegno del governo, creando un clima di terrore che paralizzò ogni tentativo di resistenza. Molti esponenti dell’opposizione furono costretti all’esilio o al silenzio, mentre i sindacati vennero sciolti e così altre associazioni non allineate al regime nascente, tra cui la massoneria del Grande Oriente d’Italia che fu messa al bando. Questa violenza sistematica servì non solo a eliminare gli oppositori, ma anche a consolidare il controllo sociale e politico del regime.
Le leggi fascistissime e la dittatura
Contemporaneamente Mussolini avviò una serie di riforme legislative che consolidarono il suo potere, emanando le cosiddette “leggi fascistissime”, che completarono il processo di smantellamento dello Stato liberale e trasformarono l’Italia in uno Stato totalitario.
Il primo provvedimento fu quello del 26 novembre 1925, mirante alla “Regolarizzazione delle attività delle associazioni, enti e istituti e dell’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato, dalle provincie, dai comuni e da istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle provincie e dei comuni”, restringendo il diritto di associazione, e sottoponendo le associazioni al controllo della polizia e adottava misure repressive più severe. La legge, approvata ad ampia maggioranza dai due rami del Parlamento, mise definitivamente al bando la Libera Muratoria, segnando l’inizio della fine di tutte le libertà civili.
Il 24 dicembre 1925 seguì la legge sulle attribuzioni del Capo del governo, che trasformò il Presidente del Consiglio in una figura centrale con poteri straordinari, responsabile solo davanti al re. Fu eliminato il principio di collegialità del governo, marginalizzando il Parlamento.
Il 31 dicembre di quello stesso anno venne emanata la legge sulla Stampa, che introdusse la censura preventiva e pose i mezzi di comunicazione sotto il controllo diretto del governo. La pubblicazione di giornali e periodici divenne subordinata all’approvazione del prefetto.
Il 3 aprile del 1926 con la legge sulla disciplina delle associazioni venne imposto l’inquadramento dei lavoratori nelle corporazioni fasciste.
Il 25 novembre del 1926 vennero introdotte misure repressive straordinarie: scioglimento dei partiti politici di opposizione, confino di polizia e arresto per motivi politici. Fu istituito il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, incaricato di processare i responsabili di reati politici e di atti considerati sovversivi. Questo organo fu usato per reprimere gli oppositori antifascisti. La nuova legge sulla pubblica sicurezza concesse inoltre ampi poteri alla polizia per controllare, arrestare e confinare chiunque fosse sospettato di essere un pericolo per il regime.
Questi provvedimenti permisero al fascismo di eliminare ogni forma di dissenso, concentrare il potere nelle mani di Mussolini e creare un sistema di controllo sociale e politico basato sulla paura e la repressione. Ebbe così inizio un’era della nostra storia, tra le più buie che l’Italia abbia attraversato, che ci ricorda quanto sia fragile la democrazia e quanto sia necessario difenderla con fermezza contro ogni forma di autoritarismo e violenza. La memoria di queste vicende è fondamentale per evitare che simili tragiche derive si ripetano.
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