di Gautier Talarico
In rete, sui quotidiani on line, sui social non si placano le interazioni tra gli utenti su una polemica innescata da una frase di Antonio Cassano, il campione di Bari Vecchia, nel cuore di Roma e Sampdoria e Alessandro Renica, difensore del Napoli di Maradona, il libero colonna portante del Napoli degli scudetti e dei trofei con il vizio del gol, 17 quelli messi a segno durante il suo periodo partenopeo, tanti per un difensore.
Ed effettivamente più si va a spulciare il curriculum e i trofei vinti da Renica e più risulta evidente anche per chi la memoria può perderla o non ha vissuto quegli anni, che non siamo proprio in presenza di un giocatore “scarso” o di uno “scappato di casa”, come appellato da Cassano durante un suo intervento in un podcast con Fede.
Per chi poi ha qualche anno in più di Cassano e forse anche più memoria sulla storia del calcio negli anni 80′, Renica è considerato un giocatore che ha fatto parte della nazionale italiana e che molto probabilmente, dopo Scirea e Baresi, è stato il miglior libero che il calcio italiano abbia espresso. Sempre titolare con i gemelli del gol Vialli e Mancini alla Sampdoria come prima ancora lo troviamo sempre un campo con Paolo Rossi al Vicenza quando esordisce nel calcio che conta giovanissimo e dal giorno dopo per l’allenatore del Vicenza diventa il libero titolare e insostituibile.
Gli anni delle vittorie arrivano quando accetta di trasferirsi dalla Sampdoria per andare a giocare nel Napoli di Maradona ma anche di Garella, Ferrara, Bagni, De Napoli Francesco Romano, Bruno Giordano, Andrea Carnevale solo per citarne alcuni del Napoli del primo scudetto nel 1986. Nel secondo definito decente arrivano Careca, Zola, Alemao, Crippa, Francini e Massimo Mauro, tutti giocatori italiani e stranieri per la maggior parte convocati e colonne anche nelle rispettive nazionali. Ora la polemica sugli appellativi di “scarsi” e “scappati di casa” finirà probabilmente in un aula di tribunale perché a far passare Cassano, Renica proprio come quando era in campo, non ci sta.
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