Il terremoto Trump lascia l’Europa più sola, la sua azione rompe equilibri e ridisegna la politica estera globale

Trump e Netanyahu

La nuova realpolitik di Trump allontana gli Usa dall’Europa e ridisegna gli obiettivi della politica estera globale della prima potenza militare al mondo. Ecco come cambieranno le cose

di Guido Talarico

La politica estera di Donald Trump ha segnato – come sottolineato da molti analisti – una netta rottura con le tradizioni americane, puntando su una visione chiara e intransigente racchiusa nello slogan ‘”America First”. Un principio che non solo rimarca il primato degli interessi americani, ma suggerisce anche un approccio molto pratico alle alleanze internazionali, trattando ogni rapporto come una proposta di valore in termini di costi e benefici. In realtà questo approccio non è del tutto nuovo. John Locke, un filosofo che influenzò fortemente lo spirito dei padri fondatori, ad esempio sosteneva che i cittadini stipulano tra loro un “contratto sociale” in cui sacrificano una piccola parte della loro libertà naturale a un governo la cui protezione li rende più liberi di vivere le loro vite rispetto a quanto sarebbe altrimenti possibile. Nuovo o meno che sia il suo approccio, sta di fatto che Trump a concittadini ed alleati ha imposto una svolta epocale. Ma quali sono le implicazioni di questa visione e come si riflettono sulla sua politica nei confronti dell’Europa e della NATO? Vediamo.

La visione di Trump sulla NATO

La nuova Commissione Europea

Trump ha sempre considerato la NATO come una struttura che dovrebbe rispecchiare il contributo economico e militare di ogni membro. Durante la sua presidenza, ha messo in discussione la rilevanza di proteggere i membri dell’alleanza che non investivano adeguatamente nella difesa. Secondo Trump, il principio di solidarietà dovrebbe essere reciproco, e chi non paga il giusto prezzo potrebbe non essere più tutelato dagli Stati Uniti. In questo senso, la sua politica estera si basa su un pragmatismo che valuta l’efficacia delle alleanze attraverso il denaro e gli sforzi reciproci.

La richiesta di maggiore impegno da parte degli alleati europei

Con l’arrivo di Trump al potere, gli Stati Uniti hanno imposto nuove richieste ai partner europei, chiedendo loro di aumentare le spese per la difesa. In particolare, Hegseth, il nuovo segretario della Difesa, ha affermato che gli Stati Uniti avrebbero dato priorità alla loro sicurezza interna e alla crescente rivalità con la Cina, piuttosto che alla protezione dell’Europa. Le nazioni europee sono così costrette a prendere decisioni difficili, tra il mantenimento delle politiche di welfare e l’investimento nelle forze armate.

La solitudine strategica degli Stati Uniti

Con l’approccio di Trump, gli Stati Uniti si distaccano progressivamente dalle alleanze storiche, concentrandosi sulla sicurezza nazionale e sul controllo delle proprie frontiere. L’idea di un conflitto tra Stati Uniti ed Europa appare ormai remota, poiché Trump vede l’America come una nazione che deve pensare prima di tutto a se stessa, proteggendosi da minacce esterne. L’alleanza con la Russia non è più vista come un tabù, ma come una possibilità di dialogo per garantire un equilibrio geopolitico.

La politica estera di Trump nei confronti degli alleati

Trump non ha mai nascosto il suo disprezzo per la politica estera multilaterale, criticando frequentemente alleati storici come Canada e Messico. Ha spesso lodato Putin e Xi Jinping, considerandoli leader forti con cui l’America dovrebbe interagire, dando meno peso alle alleanze tradizionali e privilegiando il realismo politico. Il suo scopo non è garantire la sicurezza dell’Europa, ma proteggere gli interessi americani, anche a costo di allontanarsi da alleati europei che non condividono questa visione.

Il futuro dell’Ucraina e le implicazioni per l’Europa e il Medioriente

Putin e Trump

Trump ha sempre fatto intendere che l’impegno degli Stati Uniti in Ucraina sarebbe stato radicalmente diverso. Ha suggerito che, pur continuando il supporto, la sua amministrazione puntasse a negoziare un accordo che escludesse l’Ucraina dalle trattative internazionali. Ciò potrebbe significare la fine della speranza dell’Ucraina di entrare nella NATO, ma anche un rafforzamento dei legami tra gli Stati Uniti e la Russia, che potrebbe portare a un accordo che favorirebbe Putin. La recente e lunga telefonata con il Presidente Russo conferma questa interpretazione dei fatti.  La partita nel Medioriente è poi, se possibile, ancora più dirompente. Con al sua sortita sulla trasformazione di Gaza in una Riviera turistica sul Mediterraneo a gestione Usa ha fatto, per così dire, sobbalzare i palestinesi, parte di Israele e anche molti dei sui alleati arabi. Sauditi in testa. Difficile ad oggi capire quale sia la mediazione che ne deriverà.

La nuova realpolitik di Trump

Tuttavia nel complesso le politiche di Trump sono chiaramente un ritorno alla “realpolitik”, una visione che privilegia la difesa degli interessi nazionali su qualsiasi ideologia o struttura internazionale. In questo nuovo ordine mondiale, le relazioni tra le grandi potenze sostituiscono le istituzioni multilaterali come la NATO. Trump sembra essere infatti sempre più convinto che le alleanze tradizionali, soprattutto quelle con l’Europa, siano ormai obsolete in un contesto di rivalità con la Cina e di minacce emergenti in Asia. Quanto il neo presidente ha fatto in queste prime settimane di governo riportano alla memoria un altro Presidente, Thomas Jefferson, quando spiegava che “L’albero della libertà di tanto in tanto va innaffiato col sangue dei patrioti e dei tiranni. È il suo concime naturale“. Forse, e per fortuna, di sangue non ne vedremo tanto ma certo di tensioni e contrasti Donald ne sta provocando tanti.

La visione geopolitica di Trump alla fine segna già e senza dubbi un capitolo nuovo e decisamente importante nella storia della politica estera degli Stati Uniti. Un capitolo caratterizzato da una crescente indifferenza nei confronti della sicurezza europea e da un approccio pragmatista, venato da una certa aggressività e incentrato sugli interessi americani. Sebbene il futuro delle relazioni transatlantiche sembri essere in bilico e ancora tutto da scrivere, appare evidente che la sua politica di fatto sta ridefinendo il ruolo degli Stati Uniti nel mondo. Un ruolo difficile che non sempre hanno saputo interpretare. La loro vocazione a fare gli sceriffi fa tornare in mente Javier Bardem nel film “Questo non è un paese per vecchi” quando vestendo i panni di quel folle sanguinario Anton Chigurh dice: “Ti voglio fare una domanda: qual é l’ultima volta che hai perso a testa e croce“?

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