In Francia s’aggira lo spettro della patrimoniale e in Italia…

Quello che si prefigge il premier Barnier è  di “portare il deficit al 5% (del Pil) nel 2025” e “sotto la soglia del 3% nel 2029”. In Italia si chiederà uno sforzo alle imprese più grandi che operano in determinati settori in cui l’utile ha beneficiato in qualche modo di condizioni favorevoli esterne affinché contribuiscano con modalità sulle quali è in corso un confronto

La patrimoniale non è più un’esclusiva della sinistra. Ormai è stata sdoganata anche dalla destra. Ci ha pensato a farlo in Francia il neo premier Michel Barnier, esponente del partito Les Républicains, che nel discorso tenuto davanti all’Assemblea Nazionale per illustrare il suo programma di governo ha annunciato la nuova tassa che riguarderà i più ricchi, spiegando che il debito pubblico francese è “una spada di Damocle” sul paese, che è sull’orlo del precipizio e che  per mettere a posto i conti, c’è bisogno di “un contributo dei francesi più fortunati”. Uno sforzo, che ha definito, “ limitato nel tempo”. Un contributo riguarderà anche “le grandi aziende che realizzano profitti significativi”. Quello che si prefigge  Barnier è  di “portare il deficit al 5% (del Pil) nel 2025” e “sotto la soglia del 3% nel 2029”. Il premier ha specificato che “due terzi” dello sforzo per la manovra 2025 arriveranno comunque dai tagli alla spesa.

E anche l’Italia di Giorgia Meloni si accinge ad una svolta sul fronte fiscale. Almeno stando alle parole del il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che, in un’intervista per il forum ‘Future of Finance: Italy Economic Outlook 2024’ organizzato da Bloomberg, ha detto: “ Non esistono contributi volontari delle aziende, quello che esiste è la stella polare che è l’articolo 53 della Costituzione, secondo cui ciascuno è chiamato a contribuire in base alla propria capacità. Stiamo per approvare una legge di bilancio che chiederà sacrifici a tutti”. “Non è corretto parlare di extraprofitti”, ha precisato,  ma di “andare a tassare i profitti a chi li ha fatti: è uno sforzo che tutto il sistema paese deve fare”. “Siamo impegnati in un percorso particolarmente esigente di rientro – ha notato ancora -. Rientreremo sotto il 3%” in termini deficit “nel 2026, mentre altri come la Francia lo faranno nel 2029”.  Una dichiarazione che ha avuto un effetto immediato sulla Borsa di Milano e che è stata seguita da una precisazione del Ministero in cui si chiarisce che “si chiederà uno sforzo alle imprese più grandi che operano in determinati settori in cui l’utile ha beneficiato in qualche modo di condizioni favorevoli esterne affinché contribuiscano con modalità sulle quali è in corso un confronto”; che “non è allo studio nessuna nuova tassazione per gli individui mentre le aziende più piccole sono già interessate al Concordato biennale preventivo” e che altre “eventuali interpretazioni delle parole del ministro Giorgetti sono da considerarsi forzature”.

 

 

 

 

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