La gravità di uno dei peggior casi di dossieraggio nella storia repubblicana ha spinto il Ministro dell’Interno a ordinare una verifica approfondita sugli accessi alle banche dati del ministero. Lo sgomento della Premier Giorgia Meloni
di Carlo Longo
Le notizie che trapelano sull’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Milano, in collaborazione con la Direzione Nazionale Antimafia (DNA), che ha scoperchiato un vasto sistema illecito di dossieraggio e ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana. rappresentano soltanto la punta di un iceberg, ancora tutto da scoprire e raccontare. A quanto è dato di sapere la base del sistema c’era un “gigantesco mercato di informazioni personali”, sottratte illegalmente da banche dati riservate, con il coinvolgimento di ex membri e membri attivi delle forze dell’ordine, tecnici informatici e hacker. Queste informazioni, prelevate da database strategici per la sicurezza nazionale come lo Sdi (Sistema di Indagine Integrato), il sistema Serpico e il sistema valutario della Banca d’Italia, venivano poi rivendute a clienti del mondo dell’imprenditoria, della politica e delle professioni. Ma come dicevamo siamo solo all’inizio di una inchiesta che appare ancora più grave di quella che sembra. Non ha caso le massime istituzioni del Paese hanno reagito con durezza. La gravità del caso ha infatti spinto il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a ordinare una verifica approfondita sugli accessi alle banche dati del ministero, mentre la premier Giorgia Meloni ha espresso il proprio sgomento per il presunto utilizzo di sistemi di dossieraggio a scopo di ricatto politico, sottolineando che si tratta di una minaccia seria allo Stato di diritto. Ma vediamo di ricostruire quelli che per ora sono i punti noti dell’inchiesta.
L’inchiesta e i primi arresti
L’indagine, partita nel pomeriggio del 25 ottobre, ha portato i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Varese a eseguire sei misure cautelari per associazione a delinquere. Tra i coinvolti figurano Carmine Gallo, ex poliziotto e amministratore delegato di Equalize, società di investigazione privata, e personaggi di rilievo come il presidente di Fondazione Fiera Enrico Pazzali e Leonardo Maria Del Vecchio, figlio dell’imprenditore fondatore di Luxottica. Le accuse comprendono l’accesso abusivo a sistemi informatici e la violazione della privacy, con perquisizioni e sequestri che hanno coinvolto diverse società, inclusa la Equalize stessa.
Un sistema capillare di dossier a fini estorsivi
Le intercettazioni hanno rivelato un’operatività estesa e inquietante: i membri della rete si vantavano di poter “tenere in mano il Paese”, con dossier spesso creati su commissione per fini estorsivi o per influenzare decisioni politiche e aziendali. Tra le intercettazioni emerge il coinvolgimento di grandi nomi dell’imprenditoria e della politica, tra cui l’ex premier Matteo Renzi e il Presidente del Senato Ignazio La Russa, nonché rapporti illeciti con figure di spicco della criminalità organizzata e dei servizi segreti, anche esteri.
Intrusioni in banche dati e profitti milionari
Le indagini mostrano come dal 2022 il gruppo fosse riuscito ad accedere autonomamente a banche dati protette grazie all’abilità informatica di Nunzio Calamucci. I guadagni illeciti generati dalle attività di dossieraggio si aggirerebbero intorno ai tre milioni di euro, con Equalize come epicentro della rete criminale. Le informazioni raccolte venivano talvolta mascherate da notizie giornalistiche per accrescere il valore dei report, venduti a clienti desiderosi di accedere a dati riservati.
La risposta delle istituzioni
La gravità del caso ha spinto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a ordinare una verifica sugli accessi alle banche dati del ministero, mentre la premier Giorgia Meloni ha espresso il proprio sgomento per il presunto utilizzo di sistemi di dossieraggio a scopo di ricatto politico, sottolineando che si tratta di una minaccia seria allo Stato di diritto.
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