“Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care” (Dino Buzzati)
Vincitori e vinti è il gioco che piace di più ai giornali del martedì successivo alle elezioni. Meloni e Schlein sono sugli scudi e Stefano Folli su Repubblica conia il “semibipolarismo”, nuovo assetto della politica italiana. La coalizione di maggioranza guadagna 4 punti e sale al 47 per cento, quella di sinistra (ancora un cantiere, ma ora con il Pd che può guidare davvero, è al 40 per cento). Meloni se ne va a rilassarsi e a preparare il G7 a Borgo Egnazia in Puglia. I fogli di destra accettano il semibipolarismo perchè è stata la premier a scegliere la segretaria del Pd come avversaria, Repubblica e Stampa incoronano Schlein leader dell’opposizione e coprono con lei la contrapposizione feroce fatta sinora al governo (e alla fine risultata inefficace, visti i risultati). Tutti gli altri perchè così possono dare meno spazio a Conte, Renzi e Calenda. Persino Travaglio non fa sconti all’avvocato pugliese, ma non ha la ricetta per rilanciare gli ex grillini. Il Foglio segnala un pericolo: Meloni andrà avanti con il premierato, e così rischia di coalizzare di nuovo la sinistra divisa.
Le analisi del martedì, in particolare Cazzullo e Polito sul Corriere, Sorgi su La Stampa, Folli su Repubblica, D’Alimonte sul Sole, Travaglio sul Fatto (e via via gli altri) proiettano i risultati italiani sulla scelta del prossimo presidente della Commissione, che vede comunque la conferma di Von der Leyen come ipotesi più probabile. Bisognerà aspettare le elezioni politiche francesi (ballottaggio il 7 luglio) per capire il nuovo assetto della Francia. In ogni caso sono tutti concordi che Meloni, unico premier europeo vincente vorrà stare nella stanza dei bottoni, e allora molto si sposta anche sul nome che proporrà come commissario italiano e magari vicepresidente esecutivo della Commissione: Repubblica lancia quello di Daniele Franco, già ministro dell’Economia del governo Draghi, certo competente ma che tuttavia non appare dotato del carisma necessario alla nuova fase dell’Europa. Il confronto non sarà facile: Juncker, ex presidente della Commissione, mette le mani avanti e dice a Repubblica che Von der Leyen non ha bisogno di Meloni. Antonio D’Amato sul Mattino attacca l’euroburocrazia, ritenendola responsabile della deriva antindustriale.
Le preferenze hanno premiato i testimonial: oltre alla premier, che oscilla prima del calcolo definitivo tra 2,2 e 2,5 milioni di preferenze (un record), ci sono Vannacci a destra, Decaro a sinistra, Tridico con i 5S. Esclusi Renzi, Calenda, Sgarbi, Santoro, Polverini e Mussolini. Fratelli d’Italia vince alla grande a Capalbio, sinora roccaforte della sinistra chic. La Lega perde le comunali di Pontida.
La presidente della Bce parla in esclusiva con i quotidiani economici europei (Handesblatt, Expansion, Les Echos e il Sole per l’Italia) e spiega che d’ora in poi sui tassi “rivaluterà la situazione di volta in volta, senza un percorso prestabilito”. Aggiunge che ha bisogno di “più dati su salari e produttività”. Positivo che invochi più investimenti, anche in Germania.
Il Sole si occupa di Transizione 5.0. Nel decreto sono previsti incentivi sino al 45 per cento per gli investimenti verdi. Poi dà spazio nei commenti ad un report di Pirelli e Tronchetti Provera sulla convivenza tra generazioni.
Il Giornale ricorda che sull’energia il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha proposto un mercato unico europeo con prezzi uguali per tutti. E sul nucleare aggiunge che la stima del commissario europeo in scadenza, Breton, è di 500 miliardi sono al 2050 per conseguire le nuove centrali e di 50 miliardi per la manutenzione di quelli esistenti. Fabrizio Di Amato, capo di Maire Tecnimont, propone di utilizzare i rifiuti nel mix dell’energia: sono il petrolio del terzo millennio, dice al Giornale.
Apple metterà ChatGpt sugli IPhone, come versione molto rafforzata di Siri, che non ha mai funzionato davvero sui contenuti.
Il Corriere intervista il ministro dell’Economia degli Emirati arabi, che si dice pronto a investire nelle piccole e medie imprese italiane che vogliono lavorare con loro.
Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. «Italia elemento di forza nelle trattative per la Ue». La premier: il risultato del Pd ci avvicina al bipolarismo, ma vedo un rischio di radicalizzazione a sinistra. Io non ho mai temuto, francamente, che potessero davvero esserci delle scosse per il governo. La consapevolezza del compito che abbiamo è molto più forte di qualsiasi interesse di bottega. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)
Come spenderà Meloni la sua vittoria alle Europee: sarà più una leader di lotta o di governo? Non è solo questa domanda a circolare tra gli osservatori, ma le numerose risposte che si danno. Non potrà che assumere una postura da statista, dicono la maggior parte delle analisi del voto. Una volta e per tutte, viste le scadenze che l’aspettano, a cominciare dal prossimo G7 che dovrà presiedere tra molte difficoltà, e dallo spazio che le apre in Europa l’affermazione del suo governo, unico a non essere stato smentito nelle urne, com’è accaduto, per citare i casi più importanti, a quelli del presidente francese Macron e del cancelliere tedesco Scholz. E che la premier intenda sottolineare il suo ruolo nelle istituzioni, s’è capito dal modo in cui ha subito parlato di alcune formazioni estremiste di destra, come Vox, a cui anche di recente è stata vicina, ma non per questo intende ammettere nel gruppo dei Conservatori europei che presiede. E con il quale, s’intuisce, intende entrare da protagonista nel gioco dei nuovi equilibri che si stabiliranno nelle istituzioni europee. Aiutando Von der Leyen per la sua riconferma al vertice della Commissione, o valutando le eventuali nuove candidature se quella dell’attuale Presidente dovesse consumarsi. (Marcello Sorgi, La Stampa)
È la maggioranza di un giorno, ma per quel giorno Giorgia Meloni voterà non solo con i popolari, ma anche con i socialisti e i liberali. Che sia pronta a sostenere Ursula von der Leyen per il bis è stata per mesi un’ipotesi più che concreta, ma adesso – dopo aver fatto crescere le percentuali di Fratelli d’Italia – è quasi una certezza. Ad ascoltare le parole e i ragionamenti dei fedelissimi della premier, ministri e capigruppo, che danno come un’ovvietà quello che fino a prima di domenica non si poteva dire, si percepisce chiaramente un che di liberatorio. Nessuna finzione, nessuna dissimulazione, nessun tatticismo per contenere l’assedio, a destra, di Marine Le Pen e di un ammaccato Matteo Salvini. Meloni ha vinto e ora può dire la verità: «Il candidato presidente della Commissione verrà indicato dal Consiglio europeo, quindi dai leader dei 27 Stati membri – ha spiegato ieri sera su Raiuno -. L’indicazione spetta al partito che ha avuto più voti, in questo caso è il Ppe. Quando quella proposta verrà formalizzata la valuteremo, perché nel negoziato ci sono diverse questioni che riguardano tutti i ruoli apicali, le deleghe dei commissari e quindi anche il commissario italiano. (Ilario Lombardo, La Stampa)
Vince nelle città, supera le Ztl sindaci e nuove leve trainano il Pd. La rimonta di una generazione giovane, che si racconta come “collettivo”. Crescita nelle aree interne, ora i dem puntano a riprendersi l’Umbria. (Giovanna Vitale, Corriere della Sera)
La tela di Meloni (già al G7) per un commissario di peso. Gli obiettivi della presidente di FdI, che farà votare il partito per il nuovo capo della Commissione. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)
Massimo Franco sul Corriere: La nebulosa di un centro in bilico tra i due fronti. Giorgia Meloni ha fatto il pieno dei voti di destra. E riemerge con una coalizione in grado di guardare con fiducia al resto della legislatura. Elly Schlein ha fatto più o meno lo stesso a sinistra, ma si ritrova con un’alleanza solo virtuale e dunque in affanno per competere. Tra questi due estremi, c’è la massa di quell’oltre 50% di elettorato che è rimasto a casa: un record negativo. E, in bilico tra uno schieramento e l’altro, si intravede una nebulosa moderata incapace di trovare un’identità e leader adeguati.
In Europa trionfano le destre anti-europeiste. In Italia i partiti più ligi a Bruxelles – FdI, Pd e FI – vanno a gonfie vele. E ci andrebbe pure il centro, sesto al 7%, se la collisione fra gli ego di Bonino, Calenda e Renzi non l’avesse spaccato in due. Invece vanno male i più eurocritici: 5Stelle e Lega. Siamo o no il Paese delle restaurazioni senza rivoluzioni? La Meloni è l’altra vincitrice: dopo quasi due anni di (mal)governo, guadagnare quasi 3 punti, pur perdendo 700 mila voti, è un miracolo. Anche lei è stata abile nell’operazione Gattopardo di stare con l’establishment fingendosi contro: intercetta i voti di protesta anti-Ue, pur essendo pappa e ciccia con Ursula von Sturmtruppen. (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)
FdI cresce al Nord. Il Sud incorona il Pd (e «punisce» il M5S). La Lega arretra nel Settentrione. I 5 Stelle quasi dimezzati nelle roccaforti meridionali. (Renato Benedetto, Corriere della Sera)
Trattative per i ruoli chiave. Von der Leyen ora ha più chance. Nominati i negoziatori: Scholz, Sánchez, Tusk e Mitsotakis. L’obiettivo: chiudere a fine mese. Il premier magiaro ha parlato di nuovo di una possibile unione tra Ecr e Id: «Così parteciperei». (Francesca Basso, Corriere della Sera)
Von der Leyen punta al bis con la stessa maggioranza. Ursula von der Leyen punta con decisione verso il bis, con il sostegno delle stesse forze parlamentari dell’attuale legislatura. Lo ha dichiarato la presidente in carica della Commissione europea, il giorno dopo la notte elettorale. Giornata in cui si tracciano i primi bilanci ma, soprattutto, si guarda alle ricadute del voto sulle prossime importanti scadenze, a cominciare appunto dal rinnovo della presidenza della Commissione Ue. I numeri, non ancora definitivi, sono sostanzialmente quelli emersi dalle proiezioni serali, con il Partito popolare che si rafforza rispetto alla precedente legislatura, ottenendo 185 seggi, i Socialisti & Democratici che passano da 139 a 137 e i liberali di Renew Europe che perdono invece oltre venti deputati, scendendo a 79. Cresce la destra sovranista o radicale, anche se la misura del successo potrà essere veramente pesata solo dopo la costituzione dei gruppi parlamentari, considerando che un centinaio di deputati non sono al momento affiliati a nessun raggruppamento (si veda l’altro articolo in pagina). (Beda Romano e Michele Pignatelli, Il Sole 24 Ore)
Parigi e Berlino accelerano sulla nomina di von der Leyen ma l’incognita sono i Verdi. La soluzione “Ursula” offre una via di uscita a Scholz e Macron dopo la sconfitta ma non senza insidie. (Claudio Tito, Repubblica)
Schlein, un successo «oltre» le correnti. E avverte gli alleati: finito il tempo dei veti. La leader: si mettano da parte le rivalità. Telefonata con Meloni. «Il centrosinistra si è rafforzato. La leadership? Contano i voti». Boccia: cala la distanza da FdI. Parlare di sanità e salario minimo ha pagato. La coalizione. La somma dei partiti dell’alleanza del 2022 è aumentata di oltre un milione di voti. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)
Paolo Rumiz su Repubblica: Le risposte che mancano alla Sinistra. Il voto europeo ha messo in luce questa debolezza, dalla Germania alla Francia e dalla Polonia all’Italia. La patria non è un concetto di destra. Tenersene alla larga ha prodotto il peggiore degli effetti.
Salvini difende il risultato. E su Bossi: no a chi tradisce. «Su di lui dovrò sentire i militanti». Poi lancia il congresso: la scelta nazionale è per il futuro. (Cesare Zapperi, Corriere della Sera) Il segretario «seccato». I suoi: spezzato un legame. Ma è difficile l’espulsione. L’uscita del fondatore. A rischiare di più è Grimoldi. (Marco Cremonesi, Corriere della Sera)
Scelto da un leghista su 4. Vannacci battitore libero, i timori dentro il partito. Le domande tra i salviniani: che cosa farebbe in caso di resa dei conti? Il vincolo che sente per la Lega attuale è sottile come la riconoscenza nei confronti del leader. (Tommaso Labate, Corriere della Sera)
Lo psicodramma 5 Stelle. Parte il pressing su Conte. Telefonata tra l’ex premier e Schlein. Spunta l’idea di cambiare nome al partito. Oggi l’incontro tra il presidente e i parlamentari. E si torna a riflettere sul via libera al terzo mandato. (Emanuele Buzzi, Corriere della Sera)
I Cinque Stelle perdono 2 milioni di voti. È il Movimento 5 stelle a pagare più di tutti l’astensionismo: oltre un terzo dei suoi elettori è rimasto a casa, segnala l’analisi dei flussi di Swg Radar, perdendo 2 milioni di voti. Per l’Istituto Cattaneo, il crollo di Giuseppe Conte (dal 15,4 al 10%) è dovuto soprattutto alla perdita di consensi nelle regioni meridionali e nelle isole, dove quasi si dimezzano. L’emorragia di preferenze del Movimento, che passa dai 4,3 milioni del 2022 a 2,3 milioni, è la più profonda in questa tornata elettorale, tuttavia soltanto Partito democratico e l’Alleanza verdi e sinistra guadagnano voti in termini assoluti. (Luca Monticelli, La Stampa)
La Russa attacca: Salis, un errore. La replica di Avs: è la democrazia. Pressing del padre della neoeletta su Tajani: va subito liberata, è minacciata dai nazisti. (Andrea Arzilli, Corriere della Sera)
Così Renzi e Calenda si sono fatti fuori l’uno contro l’altro. Il capo di Azione ai suoi: «Pronto a dimettermi». Può essere la conclusione di un percorso in cui i due si sono eliminati da soli. Da anni in Italia, in politica, si parla del centro e anche durante le elezioni europee se ne è parlato. Ormai al centro è rimasta solo Forza Italia che ha superato la Lega. Azione di Calenda (che ieri si è detto pronto a dimettersi da segretario del partito) e Stati Uniti d’Europa, di Renzi e Bonino, non sono riusciti, nessuno dei due, a raggiungere il 4% e non saranno rappresentati nel nuovo Europarlamento. Perché è successo questo? Perché Calenda e Renzi sono rimasti fuori? Forse perché in Italia non c’è sufficiente domanda di partiti di centro per cui non ci sono stati voti a sufficienza per superare lo sbarramento del 4%? Forse in Italia non ha più senso – o non ne ha più come ne aveva – parlare di un partito di centro? Basta Forza Italia per rappresentare tutti coloro – e vedremo cosa vuol dire – che desiderano votare al centro? Nel nostro Paese esiste un elettorato che desidera posizioni di centro e moderate, ma Calenda e Renzi, dividendosi, scontrandosi, per la verità più Calenda che Renzi, si sono auto-destinati al fallimento. Leggendo i programmi di Azione e di Stati Uniti d’Europa si poteva giocare a quel giochino che c’è sulla Settimana Enigmistica: «Trova le differenze». (Paolo Del Debbio, La Verità)
Crosetto: “Subito la giustizia, il premierato verrà dopo. Patto tra leader per la Ue”. Intervista al ministro della Difesa: “Ci sono mille riforme da fare. L’Autonomia non so quanto sia centrale per la Lega. Salvini? Non ho uguale stima per tutti i miei alleati. In Europa serve un accordo tra capi di governo al di là delle famiglie politiche di appartenenza. Non si può escludere l’Italia. (Tommaso Ciriaco, Repubblica)
Aldo Cazzullo sul Corriere: Il bivio italiano. Il vero snodo è tra il ritenere che i problemi dell’Italia — a cominciare dall’immigrazione e dalla sostenibilità del debito pubblico — si risolvano più facilmente facendo da soli, o collaborando con i partner europei e con le istituzioni di Bruxelles.
Antonio Polito sul Corriere: “L’ora delle scelte: cosa ci conviene. Le nostre debolezze (a partire dall’alto debito pubblico e dalle politiche migratorie) richiedono più Europa, non meno”.
Macron, il presidente spera nella coalizione anti destra: i socialisti dettano le condizioni, la strada è in salita. Subito un nuovo impegno istituzionale sui luoghi degli eccidi: «Ricordare cosa fa l’odio».
Bardella, le radici italiane, l’infanzia in banlieue, ora la star 28enne ha già pronti i manifesti per la scalata a premier. Il Rassemblement National è stato il più votato in tutte le fasce d’età e classi sociali. (Stefano Montefiori, Corriere della Sera)
L’ex consigliere di Obama, Kupchan: “L’Europa anticipa Trump. Se vince il tycoon Meloni si allineerà”. “Negli Usa si sta erodendo il contratto sociale. E l’ex presidente è pronto mettere in discussione le basi della democrazia liberale”, dice l’analista. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)
L’esultanza di Mosca contro i leader europei: “Cenere della Storia”. I falchi festeggiano, il Cremlino è prudente: “La maggioranza al governo dell’Unione resta filoucraina”. (Rosalba Castelletti, Repubblica)
Bari al ballottaggio, Leccese al 47,6%. Adesso la partita delle alleanze. Ritorno al «campo largo». Le scelte di Romito. (Francesco Strippoli, Corriere della Sera)
Cirio vince con il 56%: «Confermare un governo uscente non era scontato». Il presidente: voti anche fuori dal centrodestra. (Gabriele Guccione, Corriere della Sera)
Tarquinio, giallo sui voti. Resta il thrilling Tarquinio: l’ex direttore di Avvenire, «pacifista» anti-Ucraina, fino a sera era tagliato clamorosamente fuori a vantaggio di Alessia Morani. Poi è tornato in pista dopo ore di suspense per il blocco degli scrutini romani dovuti ad uno strano «bug» informatico. «Attenti, Tarquinio è di Sant’Egidio, che nella Roma vaticana conta assai: se fai uno sgarbo a Sant’Egidio rischi guai», ironizzava in tv da Mentana l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli. Lo «sgarbo» alla fine è stato evitato. (Laura Cesaretti, Il Giornale)
Gli altri temi del giorno
Kiev, lascia il capo della ricostruzione: «Troppi errori e inefficienze». Le dimissioni di Nayyem: un altro intoppo sulla strada dell’adesione all’Unione europea. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)
Ucraina, il capo della ricostruzione molla Zelensky e lo accusa. Poteva iniziare male, ma è andata peggio. Alla vigilia della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina si è dimesso il direttore Mustafa Nayyem dell’agenzia di Kiev che organizza il summit e guida la riedificazione del Paese. Il funzionario ha annunciato le sue dimissioni con un post su Facebook ieri pomeriggio. La scelta è arrivata dopo che il governo ha revocato il suo permesso di viaggio a Berlino dove, oggi e domani, si svolge la conferenza. Nayyem è un famoso giornalista, nato in Afghanistan e cresciuto in Ucraina. È diventato un volto noto durante le proteste di piazza Maidan e la scorsa estate era stato designato come capo dell’Agenzia di ricostruzione dell’Ucraina. Nel suo post si leggono varie motivazioni che lo hanno portato a lasciare l’incarico, sono tutte critiche verso il presidente Volodymyr Zelensky. Nayyem lamenta di essere stato “rallentato da inspiegabili ritardi burocratici” tra cui il taglio dei salari dei dipendenti dell’agenzia: un funzionario anziano guadagna 320 euro al mese. Questa situazione ha portato alla fuga di circa un quarto dei dipendenti da inizio gennaio. Il governo, inoltre, non ha approvato il pagamento della rata (150 milioni di euro) di un prestito della Banca europea d’investimento. (Cosimo Caridi, Il Fatto Quotidiano)
«La Russia vuole destabilizzarvi. Dobbiamo lavorare insieme, noi siamo la vostra prima linea». Il consigliere di Zelensky, Podolyak: è una guerra ibrida e subdola. Mosca impone il diritto dei forti, stravolge le norme del diritto così come sono state costruite alla fine della Seconda guerra mondiale. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)
Sono circa 90 i paesi (su 160 invitati) che il 15-16 giugno parteciperanno al vertice di pace per l’Ucraina ospitato dalla Svizzera, un summit che tuttavia non vedrà la presenza della Russia – che non è stata invitata, ma non avrebbe comunque partecipato poiché la conferenza si basa sulle proposte di pace del presidente ucraino Volodymyr Zelensky – ma neppure della Cina, incerte la Turchia, il Brasile e il Sud Africa, e mancheranno le repubbliche caucasiche e diversi Paesi asiatici, mentre l’India parteciperà ma ancora non è stato detto a quale livello. Il Cremlino ha liquidato il vertice come un evento di propaganda occidentale. (Carlo Marroni, Il Sole 24 Ore)
Blinken prova a sbloccare la tregua. E gli Usa incassano l’ok dell’Onu. Colloqui con Al Sisi e Netanyahu. Al Consiglio di Sicurezza passa il piano di Biden. Hamas si è detta pronta a trattare i termini del cessate il fuoco con i mediatori. (Marta Serafini, Corriere della Sera)
Il Consiglio di sicurezza Onu ha approvato ieri una bozza di risoluzione Usa a sostegno del piano di cessate il fuoco fra Israele e Hamas di Joe Biden. La Russia si è astenuta, mentre gli altri 14 membri hanno votato a favore. Il verdetto arriva al termine di una giornata di pressing diplomatico per un ok finale alla tregua, appeso al giudizio degli islamisti di Hamas e alle instabilità della stessa leadership israeliana di Netanyahu. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken si è imbarcato nel suo ottavo tour in Medio Oriente dall’inizio del conflitto, con l’obiettivo esplicito di pr0muovere l’accordo di tregua mediato da Biden. Blinken ha esortato i leader della regione a spingere Hamas verso il sì: «Il mio messaggio ai governi della regione, alla gente della regione, è: se voi volete un
cessate il fuoco, spingete Hamas a dire sì» ha dichiarato Blinken ai cronisti prima di lasciare l’Egitto, dove si era incontrato con il presidente egiziano al-Sisi. Nella serata di ieri era in programma un faccia a faccia con il premier israeliano Netanyahu e un successivo colloquio con il ministro della Difesa Yoav Gallant, prima di imbarcarsi in visite successive ai leader di Giordania e Qatar. (Il Sole 24 Ore)
Concordato fiscale, timori di flop quindici giorni in più per aderire. La scadenza slitta dal 15 al 31 ottobre Sconto sull’acconto da versare entro novembre. (Giuseppe Colombo, Repubblica)
I conti della Rai: “Italiani in crisi, calano le entrate del canone”. Non chiamatela più Tele-Meloni. La Rai – quando le cose vanno male nel Paese – rivede la sua narrazione, senza fare sconti a nessuno e senza riguardi per il governo. Basta leggere l’ultimo bilancio della televisione di Stato, quello del 2023, fresco di stampa. (Aldo Fontanarosa, Repubblica)
«Formazione e imprese, 48 milioni sul territorio». Gardini (Fondazione Cassa di Forlì): puntiamo sul settore navale. (Andrea Rinaldi, Corriere della Sera)
Apple, la rivoluzione dell’AI (con ChatGpt) sugli iPhone. Cook presenta il nuovo Siri, in platea Altman. Investimenti nei data center. (Michela Rovelli, Corriere della Sera)
Manodopera in nero e sfruttata nella fabbrica delle borse di lusso Indagine su Manifactures Dior. Il Tribunale di Milano ha commissariato la società che fa riferimento al colosso francese Lvmh. (Ilaria Carra e Sandro De Riccardis, Repubblica)
«Il maggio di Londra è il più caldo di sempre». Ma la destra accusa: «Sono dati truccati». Le critiche al Met Office: «Fa politica sul clima». (Luigi Ippolito, Corriere della Sera)
In scooter contro un cinghiale. Ancora un morto a Roma. Vittima il figlio dell’ex patron della Ferrarelle. L’incidente vicino a Formello. (Rinaldo Frignani e Giulio De Santis, Corriere della Sera)
Protesi al seno come regalo dei 18 anni. I chirurghi estetici: “Genitori smettetela, è solo una moda dettata dai social”. Emanuele Bartoletti, presidente della Società di medicina estetica: “Le ragazze vengono spesso accompagnate dalle mamme. Sono soprattutto loro a insistere. Ma a quell’età è troppo presto per l’intervento”. (Elena Dusi, Repubblica)
Il Corriere intervista Giobbe Covatta: «Per la mia Bibbia ironica un vescovo mi ha scomunicato. Ho vissuto in una portineria con lacchetti e altri 9 comici».
Repubblica intervista Jannik Sinner: “Federer, Tomba, Rossi ho studiato i più grandi per essere il numero 1. Nelle interviste da bambino dicevo che questo era il mio sogno, ma non ci pensavo davvero. Ho sempre fatto un passo alla volta. Ho faticato a vedere la finale di Parigi ma la sconfitta con Alcaraz è stata una grande lezione per me. Ora Wimbledon e i Giochi”.
Gli Anniversari
1184ac, Menelao muove guerra a Troia
1509, Enrico VIII sposa Caterina d’Aragona
1534, prima messa in Nord America
1644, Torricelli descrive il barometro
1775, Luigi XV incoronato re di Francia
1848, rivolta operaia a Praga
1903, assassinato il re di Serbia
1905, Pio X fonda l’Azione cattolica
1955, disastro a Le Mans: 84 morti
1962, tre detenuti fuggono da Alcatraz
1963, monaco buddista si suicida contro regime
1979, muore a Los Angeles John Wayne
1982, debutta al cinema ET
1982, Giovanni Paolo II in Argentina
1984, muore a Padova Enrico Berlinguer
1988, muore a Roma Giuseppe Saragat
1991, Manila: dopo 600 anni erutta il Pinatubo
1993, esce nelle sale Jurassic Park
2001, strage: condanna a morte in Usa
2002, telefono: riconosciuto il primato di Meucci
2008, Norvegia: sì al matrimonio tra lo stesso sesso
2009, influenza suina: pandemia globale
Nati oggi
1519, Cosimo I de Medici
1864, Richard Strauss
1910, Jacques Cousteau
1933, Gene Wilder
1939, Jackie Stewart
1948, Angelo Panebianco
1956, Giobbe Covatta
1959, Hugh Laurie
1964, Jean Alesi
1965, Francesco De Core
1966, Francesca Barracciu
Si festeggia San Barnaba
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