La nota del 11 marzo

Sette punti di differenza tra Marsilio e D’Amico, tra destra e sinistra in Abruzzo: 53,5 per cento contro 46,5. Non è uno scarto da poco, eppure per settimane siamo stati tutti inchiodati al testa a testa se non al racconto della vittoria della sinistra con l’effetto Sardegna e il pellegrinaggio di Alessandra Todde tra i monti dell’Aquila e il mare di Pescara invece di occuparsi subito dei problemi della sua isola. Come mai nessuno ha eccepito nulla, nessuno nel giornalismo, nella politica o tra gli stessi sondaggisti si è avvicinato alla realtà? Al netto della propaganda (la sinistra aveva tutto l’interesse a mostrarsi vincente, alla destra qualche dubbio sulla propria tenuta era venuto), c’è da dire che la “narrazione” a senso unico dei giornali vicini alla sinistra, Repubblica in testa, ha prevalso su quella più prudente dei giornali vicini alla destra. Peccato che quasi nessun quotidiano avesse mandato un inviato nella regione non a raccontare cosa facevano i due schieramenti ma a cercare di capire come sarebbe andata sentendo il polso della popolazione. Vero è che pochi si sbilanciano, eppure uno scarto così alto si poteva avvertire. Ma con il digitale non si consumano le suole delle scarpe sul territorio, basta dare un’occhiata ai siti web, e così ci ritroviamo l’ennesimo abbaglio, l’ennesima occasione perduta del giornalismo schierato.

E quando gli elettori hanno confermato Marsilio, l’uomo che aprì le porte della sezione Colle Oppio del Msi ad una giovanissima Giorgia Meloni, non solo il “campo largo” della sinistra si è subito ristretto (e Conte e Schlein sono rimasti a Roma evitando di andare a condividere la sconfitta dopo due settimane trascorse ininterrottamente in Abruzzo), ma sono volati gli stracci anche tra i commentatori: Marcello Sorgi su La Stampa attacca senza nominarlo Massimo Giannini, ex direttore del giornale torinese, che sulla “cugina” Repubblica aveva pomposamente definito qualche giorno fa la regione “l’Ohio d’Italia”, attribuendole facoltà divinatrici sui destini politici nazionali alle Europee sulla scorta dello Stato- laboratorio degli Usa. “Che Dio lo perdoni”, scrive Sorgi.

Se la sinistra resta dov’era, la Stampa fa finta di niente e si occupa con meno astio di Meloni, raccontando che ora ha in mente una “campagna d’Italia” in tutte le città sullo stile di quella abruzzese, cioè con l’elmetto. Il Corriere invece si chiede con Verderami se la premier debba continuare con la mobilitazione permanente oppure privilegiare l’azione di governo: sarebbe meglio la seconda, ma “la sua squadra stretta l’aiuta poco mentre il rendimento dei ministri non è all’altezza”. Cerasa elenca sul Foglio le dieci cose di governo che ora lei dovrebbe fare. La cosa giusta, aggiungiamo noi, sarebbe quella di far parlare le buone pratiche di governo e contemporaneamente abbassare la tensione dello scontro politico interno, cosa che giova solo agli avversari. I quotidiani di destra fanno trapelare la soddisfazione per lo scampato pericolo (“Il vento non cambia” e “La spallata se la sognano” sono i titoli di Giornale e Libero). Il Fatto, cui va riconosciuto di non aver dato eccessivo credito nei giorni scorsi alla vittoria della sinistra forse perchè non c’era un candidato contiano, resta sobrio e fa un titolo di cronaca.

L’Ucraina risponde giustamente male alle parole di Bergoglio, che sono ovviamente state molto gradite al Cremlino, che ha fatto sapere che il Pontefice cattolico parla all’Occidente e non solo a Kjiv. Caracciolo su Repubblica e Quirico su La Stampa, con gradazioni diverse, sono d’accordo con il Papa. Stefanini sul quotidiano torinese non è d’accordo e scrive che “l’invito a senso unico a Zelensky compromette l’autorità morale della Chiesa”.

La Verità fa sapere che i magistrati di Perugia, tutti aderenti alle correnti di sinistra dell’Anm, se ne dicono di cotte e di crude tra di loro come dimostrano le intercettazioni di un’inchiesta per corruzione. Crosetto fa sapere di conoscere i mandanti del dossieraggio, ma vuole che emergano dal lavoro della magistratura.

Il Messaggero informa che ci sarà un bonus di 850 europee gli anziani fragili con patologie gravi.

Il livello del canale di Panama scende a causa della locale siccità e passano meno cargo, un altro problema dei commerci internazionali. Lo scrive Mario Platero su Affari e Finanza di Repubblica.

Secondo Domani, Sangiuliano riesce a piazzare Ortombruna (amico di Casellati) come sovrintendente alla Scala: il ministro avrebbe trovato l’accordo del sindaco di Milano Sala e del di lui suocero Giovanni Bazoli.

Repubblica con Manacorda dimentica i tentativi abortiti di killeraggio ai danni di Emanuele Orsini, se la prende con i saggi che sovrintendono alla corsa per la presidenza di Confindustria e scrive poi che c’è “il pericolo che le elezioni siano monopolizzate dai professionisti della vita associativa”. Non dice che tali professionisti sono tutti riuniti intorno alla candidatura di Garrone che il quotidiano sostiene o ha sostenuto sinora.

Alessandro Penati su Domani descrive a tinte fosche lo stato del capitalismo italiano che “sembra fermo ma si ritira”. E l’uso della golden power su Prelios “è il modo migliore per scoraggiare gli investitori internazionali”. Emma Marcegaglia in una lunga intervista su La Stampa gli dà ragione chiedendo allo Stato di ripulire Ilva per poi darla ai privati. De Bortoli sull’Economia del Corriere si appella al capitalismo familiare.

Giuliano Ferrara sul Foglio segnala preoccupato la scomparsa della vita notturna come un altro segnale di crisi delle democrazie.

Paolo Benanti e Sebastiano Maffettone sul Corriere: Le prospettive digitali della democrazia. Dubbi sul funzionamento della democrazia ci sono sempre stati. Platone pensava che fosse un regime in cui comandavano gli ignoranti, cui contrapponeva il governo dei filosofi (con ogni probabilità, un rimedio peggiore del male). John Stuart Mill e Tocqueville ritenevano che la democrazia promuovesse una tirannia della maggioranza. E potremmo continuare a lungo con le critiche del passato. Mai però come in questi ultimi anni i dubbi sul fascino e la convenienza dei regimi democratici sono stati vivaci. Progetto  «Polis»: una  tecnologia open  source il  cui scopo primario è quello di promuovere la conversazione tra milioni di utenti-cittadini-elettori.

Oppnheimer fa il pieno di statuette agli Oscar. Io Capitano di Garrone resta al palo. Premiati Robert Downey jr. e Cillian Murphy ed Emma Stone. Il film di Christopher Nolan ha vinto 7 Oscar. Billie Eilish (con la spilletta per il cessate il fuoco) da brividi conquista una standing ovation.

Pecco Bagnaia vince il primo MotoGP della stagione. La Juve pareggia con l’Atalanta e viene scavalcata al terzo posto dal Milan. L’allenatore del Lecce perde la testa e cerca di dare una testata ad un giocatore del Verona, la società ovviamente si dissocia dal gesto antisportivo. Olivier Bearman, diciottenne terzo pilota della Ferrari, viene conteso dalle piccole scuderie di Formula Uno per la prossima stagione.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. La vittoria di Marsilio nella sfida d’Abruzzo. E il centrodestra stacca il «campo largo». I dati reali in linea con le proiezioni: il governatore avanti di 7-8 punti. Fratelli d’Italia primo partito nella regione, seguito da Pd e Forza Italia. Il duello era annunciato sul filo, poi i dati hanno dato il quadro di un risultato netto. (Paolo Foschi, Corriere della Sera) Meloni tira un sospiro di sollievo. Le ricadute a sinistra. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

L’Abruzzo a Marsilio. La destra e l’astensione fermano D’Amico. Le proiezioni danno la vittoria al governatore uscente Le liste: bene Forza Italia, oltre il 13%, tiene la Lega (8,4%) Fdi vicina al 25%, il Pd è sopra il 18. Il M5S non sfonda: 7,1%. Il presidente attorno alle due di notte festeggia il bis “Il testa a testa c’era solo nei loro sogni”. Delusione per il campo largo unito dall’ex rettore. (Concetto Vecchio, Repubblica)

Finisce la corsa di Luciano D’Amico: il prof «pacato» che aveva unito il «campo largo» in Abruzzo. L’ex rettore sperava in un’affluenza più alta. Ma il dato, partito in crescita, poi è diminuito. Il rammarico al comitato. Tra i sostenitori qualcuno sperava nel «miracolo»: se ci fosse stato il voto disgiunto… (Marco Cremonesi, Corriere della Sera)

La vittoria di Meloni e Marsilio in Abruzzo chiude – per il momento – qualsiasi tentativo di ricavare dal voto delle regionali un segnale di crisi degli equilibri nazionali e il sogno di un’alternativa già a portata di mano. C’è ancora, come alle politiche di un anno e mezzo fa, un elettorato “con l’elmetto”, per usare la frase della presidente del consiglio nel suo ormai famoso comizio di Pescara. Un popolo di destra che ama essere chiamato alle urne ogni volta come alla battaglia finale; e quando viene convocato, si presenta compatto e vince. Perfino in una regione tradizionalmente moderata – si potrebbe dire, ma oggi non si usa più, democristiana – come l’Abruzzo. (Marcello Sorgi, La Stampa)

La festa di Marsilio, il governatore rieletto in Abruzzo. «Noi sottovalutati, la verità ha vinto sulla menzogna». Nella notte il discorso del governatore di FdI. «Qui e in Italia il campo largo non ha futuro». (Virginia Piccolillo, Corriere della Sera)

Caccia al voto casa per casa. Bus di FI da Napoli per i fuorisede. La corsa delle due coalizioni per portare gli elettori ai seggi. L’idea del forzista Martusciello: un pullman dalla Campania con soste nei seggi da Pescasseroli a Roccaraso. I dem mobilitano nei piccoli comuni e sui social rilanciando gli sconti sui treni. (Lorenzo De Cicco, Repubblica)

Massimo Franco sul Corriere. Il messaggio ai leader dopo il voto in Abruzzo, elezione «nazionalizzata». Dopo l’affermazione del «cartello» Pd-M5S in Sardegna, sembrava che contraddizioni e errori fossero franati nel campo di una destra traumatizzata. Ma stavolta il trauma mette a nudo divergenze profonde tra il partito di Schlein e quello di Conte.

Francesco Bei su Repubblica: La lezione dell’Abruzzo. Fino a un mese fa la contea da cui i Fratelli d’Italia erano partiti era data per persa senza appello. Ora anche se il risultato è negativo qualcosa si muove.

Dalla speranza alla delusione. Schlein: ma restiamo uniti. La leader si sente nella notte con Conte. Il crollo dei consensi al Movimento. La campagna intensa della coalizione. Per la segretaria anche otto tappe in un giorno. Dall‘esito delle elezioni dipendono anche le scelte degli avversari interni. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)

E il Molise ora pensa al ricongiungimento. È appena partita la raccolta firme per tornare in Abruzzo. La regione si era staccata nel 1963 dopo lunghe battaglie: 60 Anni più tardi è un territorio spopolato e pieno di debiti. (Milena Gabanelli e Francesco Tortora, Corriere della Sera)

Bonaccini lancia la corsa dei riformisti alle Europee “La nostra gente vuole unità”. L’evento a Milano col sindaco Sala che annuncia: “Continuerò a fare politica” Gentiloni: “Il Ppe chiuda ai sovranisti”. (Matteo Pucciarelli, Repubblica)

«Von der Leyen non va rieletta» Poi Renzi attacca Forza Italia. Il leader di Iv: sono dei grigi burocrati. Pascale lo incorona: unico erede di Berlusconi. (Giorgio Bernardini, Corriere della Sera)

«Striano riveli i suoi mandanti» Crosetto: «Porterò altri elementi». Le dichiarazioni al Giornale di Pasquale Striano, il tenente della Finanza al centro del presunto dossieraggio contro politici e vip, scuotono la politica. «Risponderò davanti a un giudice, poi vedrai che succederà, ho fatto il mio lavoro con dignità e professionalità assoluta e con i miei metodi, non quelli dei burocrati», dice l’ufficiale rompendo il silenzio.

«Parli e dimostri chi gli ha dato gli ordini che ha eseguito» replica il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri, che mette nel mirino una Antimafia vicina a sinistra e grillini, accusando l’allora procuratore capo (oggi senatore M5s) Federico Cafiero de Raho. «Striano ha agito sfruttando coperture, connivenze, complicità e soprattutto sotto l’impulso di   mandanti,   ad   oggi   occulti»,   lamenta Tommaso   Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. (Felice Manti, Il Giornale)

Crisi e imprese: in Piemonte e Marche perse 54mila aziende. Il tessuto produttivo di un’intera provincia italiana, grande quanto tutta Reggio Emilia. È questa l’entità – in tutto 54mila imprese – della perdita rilevata sommando i numeri delle aziende scomparse in Piemonte e nelle Marche tra il 2013 e il 2023. I territori delle due regioni, con la sola eccezione di Torino e Novara, sono tra i venti più colpiti dallo “spopolamento imprenditoriale” nell’ultimo decennio. A dirlo sono i dati di Infocamere forniti al Sole 24 Ore del Lunedì sullo stock di attività iscritte al Registro delle imprese al 31 dicembre 2023 rispetto a quante ne risultavano un decennio prima.Nella loro evoluzione i numeri, analizzati per settore e per provincia, scattano la fotografia di come è cambiato il tessuto imprenditoriale italiano dagli anni subito dopo la crisi finanziaria scatenata dal collasso del sistema subprime fino al post pandemia, con i primi effetti del caro-prezzi sulla tenuta delle attività produttive. (Marta Casadei e Michela Finizio, Il Sole 24 Ore)

Stipendi, la crescita lenta non tiene il passo dell’inflazione. Nel 2023, secondo la fotografia dell’Osservatorio JobPricing, i salari sono saliti appena dell’1,8%, quasi 4 punti sotto la dinamica dei prezzi. Lo stipendio medio annuo lordo è di 30.838 euro. (Raffaele Ricciardi, Repubblica)

Tim prova a convincere Piazza Affari.   Il cda blinda il piano e il management. Tim conferma il piano industriale “Free to run” per il periodo 2024-2026 ed è pronta a fornire ulteriori informazioni al mercato entro l’apertura delle contrattazioni di Piazza Affari. Il consiglio d’amministrazione straordinario di ieri mattina, chiamato dall’ad Pietro Labriola per fare luce sul crollo (-23,7%) in Borsa di giovedì scorso, ha delineato la strategia di Tim. Non ci sarà un cambiamento di rotta. La conferma arriva anche dalla decisione di respingere le dimissioni del direttore finanziario, Adrian Calaza, giunte dopo i dubbi degli analisti sul piano che porterà il gruppo tlc nel futuro. Ora si attenderà la risposta degli investitori nella prima seduta di negoziazioni dopo una settimana in cui il titolo ha registrato marcati volumi di scambi. (Sandra Riccio, La Stampa)

Il Bitcoin da record fa minare a più non posso: è corsa ai supercomputer. E i consumi d’energia volano. Investito oltre 1 miliardo in potenza di calcolo. Ma in vista dell’halving, il dimezzamento della ricompensa per chi “conia” nuove monete, gli esperti si aspettano una nuova selezione naturale. (Raffaele Ricciardi, Repubblica)

Gli altri temi del giorno

Zelensky dopo le parole del Papa: nessuna resa, la Chiesa è al fronte. Da Varsavia a Kiev, no alle parole di Francesco. Nel 2022 Biden pronto all’atomica russa. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)

«Dal Pontefice invito a fare passi per la pace. Ha a cuore gli ucraini». Riccardi: «Non ha parlato di arrendersi». (Fabrizio Caccia, Corriere della Sera)

L’Ucraina replica al Papa. “Mai la bandiera bianca la nostra è solo gialla e blu”. L’invito di Papa Francesco ad avere «il coraggio della bandiera bianca» e «negoziare» ha sollevato aspre polemiche a Kiev. Il Vaticano ha spiegato che il pontefice non chiede all’Ucraina di arrendersi, che ha usato l’immagine della “bandiera bianca” perché era contenuta nella domanda dell’intervistatore e che con essa intendeva indicare «la cessazione delle ostilità, la tregua raggiunta col coraggio del negoziato». Ma in Ucraina le autorità al momento non sembrano avere nessuna intenzione di negoziare con chi ha invaso il Paese. (Giuseppe Agliastro, La Stampa)

Ci voleva Bergoglio per rompere il tabù La vittoria non è l’unica strada per la pace. Occorreva che qualcuno prendesse la parola per i morti, per quelli già spazzati via e per quelli che verranno… Ancora un paio di anni e vinceremo! Un niente! Bisognava che qualcuno dicesse quello che i politici e i generali non hanno il coraggio di dire: che è l’esaurimento degli uomini nelle trincee e negli assalti e non delle munizioni o dei droni a decidere la vittoria e la sconfitta. In questa matematica inumana la Russia è in vantaggio, vincerà. Mentre Putin continuerà a attingere al suo immenso materiale di vite sacrificabili, largheggiando senza rimorsi, come è nello stile, sotto qualsiasi segno ed epoca, di un dispotismo abituato alla cieca obbedienza, Kiev è quasi alla fine, una generazione è stata spazzata via o ha cercato la salvezza fuggendo. Alcuni generali hanno cercato di dirlo a Zelenzky ma sono stati licenziati o allontanati: perché Zelenzky come Putin è ormai prigioniero della logica della vittoria totale che gli abbiamo garantito. (Domenico Quirico, La Stampa)

Le osservazioni del pontefice a proposito della guerra che viene combattuta in Ucraina da oltre due anni sono assolutamente inoppugnabili, razionali e di buonsenso. Esse arrivano dopo l’uscita disastrosa e irresponsabile del presidente Macron che qualche settimana fa ha profilato la possibilità dell’invio di truppe europee in Ucraina per combattere contro la Russia. Dichiarazioni che non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco e a cui purtroppo sono seguite venerdì scorso quelle del segretario del Consiglio di sicurezza e difesa ucraina, Danilov, il quale sostiene che l’Occidente prossimamente potrebbe aiutare l’Ucraina non soltanto garantendo le armi ma anche mandando truppe. Sarebbe un errore fatale. Le conseguenze sarebbero terribili per tutti noi. Papa Francesco è intervenuto in questa situazione incandescente e ha invitato, in sostanza, l’Ucraina a mettere i piedi per terra. (Vittorio Feltri, Il Giornale)

L’analisi di Bergoglio è inattaccabile, l’Ucraina sta perdendo e continuare il conflitto farà crescere le vittime. E dato che i loro soldati scarseggiano, ecco il punto: cari oltranzisti, manderete i nostri a morire per Kiev? Il portavoce vaticano ha provato a metterci una pezza, dicendo che il Pontefice non ha parlato di resa e di bandiera bianca, ma ha solo risposto alle domande del giornalista della tv svizzera. Tuttavia, per quanto l’ordine Oltretevere sia di minimizzare, anzi silenziare, le parole di Bergoglio sono inequivocabili. Papa Francesco non ha detto soltanto che per porre fine alla guerra in Ucraina serve negoziare, cercando qualche Paese che faccia da mediatore. Ha anche aggiunto che quando «vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre il coraggio di negoziare». «Hai vergogna?», si è chiesto, «ma con quante morti finirà?». Ora, si può cercare di mascherare fin che si vuole il ragionamento del Pontefice, ma non si può negare che il discorso partisse da due punti difficilmente confutabili. Il primo è che per quanto non si voglia riconoscere la realtà dei fatti, Kiev sta perdendo la guerra. Il secondo è la conseguenza logica del precedente: prolungare il conflitto significa accettare altre decine se non centinaia di migliaia di vittime, purtroppo senza neppure la giustificazione di aver respinto il nemico e di aver salvato l’integrità del Paese.(Maurizio Belpietro, La Verità)

Ezio Mauro su Repubblica: Le due guerre di Biden e del Papa. Le due diverse letture della crisi hanno preso corpo davanti a noi a poche ore di distanza l’una dall’altra, impersonate da Papa Francesco e da Joe Biden.

Lucio Caracciolo su Repubblica: Una certa idea dell’Italia. I costi del conflitto ucraino che gli americani non vogliono né possono sostenere vanno ripartiti fra gli alleati.

Gaza, Biden contro Netanyahu «Così non fa il bene di Israele». Critiche per le vittime civili. Ma il premier: si sbaglia, il Paese è con me. Inizia il Ramadan. (Davide Frattini, Corriere della Sera)

È salpata la nave Usa. Il porto galleggiante pronto fra due mesi. I genieri al lavoro su un molo di 500 metri per gli aiuti Timori per l’assenza di un golfo o azioni destabilizzanti. (Guido Olimpio, Corriere della Sera)

Washington continua a manifestare irritazione per la sordità del governo israeliano agli appelli alla tregua. In un’intervista alla rete Msnbc, Joe Biden ha affermato che il premier Benjamin Netanyahu “sta facendo più male che bene a Israele” e che “non può permettere che altri 30.000 palestinesi muoiano come conseguenza della caccia ad Hamas”. Ma il presidente Usa non mette in discussione il sostegno militare a Tel Aviv. Se da un lato afferma che l’invasione di Rafah sarebbe una “linea rossa” da non superare, dall’altro garantisce che “non c’è una linea rossa in base alla quale taglierò tutte le armi”. (Riccardo Antonucci, Il Fatto Quotidiano)

«Il presidente è irritato ma la sua politica punta a salvare lo Stato ebraico». Michael Walzer: i dem sostengono il sionismo liberale. Israele sta combattendo questa guerra mentre ha il peggiore governo della sua storia. Biden lo ha capito da tempo e ha cercato in vari modi di porre riparo. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

L’aumento delle demolizioni a Gerusalemme Est coincide con l’espansione degli insediamenti israeliani, anche qui a Silwan, quartiere in cui vivono circa 60 mila palestinesi, particolarmente ambito dai coloni che, secondo la legge israeliana, se in grado di dimostrare che le loro famiglie vivevano a Gerusalemme Est prima della fondazione dello Stato di Israele nel 1948, possono richiedere la restituzione delle loro proprietà, anche se le famiglie palestinesi abitano lì da decenni. Alcune organizzazioni dell’estrema destra sionista che sostengono i coloni stanno anche portando avanti a Silwan un progetto per costruire strutture archeologiche, turistico- religiose. Due giorni fa, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha detto che la violenza dei coloni rischia di minare ogni possibilità di creare uno Stato palestinese: «Le violazioni legate agli insediamenti hanno raggiunto dei livelli scioccanti, e rischiano di eliminare ogni possibilità pratica di creare uno stato palestinese». La dichiarazione accompagnava un rapporto di 16 pagine sulla crescita delle unità abitative illegali israeliane basato sul monitoraggio delle Nazioni Unite e ha documentato 24.300 nuove unità abitative israeliane nella Cisgiordania occupata durante un periodo di un anno fino alla fine di ottobre, il numero più alto dall’inizio del monitoraggio nel 2017. (Francesca Mannocchi, La Stampa)

Voto in Portogallo, è testa a testa. L’estrema destra quadruplica i seggi. Il leader dei conservatori chiede l’incarico e conferma il no ai populisti di Chega! Governo difficile. (Andrea Nicastro, Corriere della Sera)

Sorridente (e seduta) fra i figli. La foto di Kate diventa un giallo. I dubbi dei media: «È ritoccata». Lo scatto di William, diffuso e poi ritirato dalle agenzie di stampa. Operata il 16 gennaio, è stata dimessa dopo 13 giorni: niente impegni fino a Pasqua. (Luigi Ippolito, Corriere della Sera)

Neve e forti piogge. Una vittima in Liguria e 3 morti in Francia. Imperia, 44enne travolto e ucciso da una slavina. Piemonte e Val d’Aosta, strade chiuse ed evacuazioni. (Alfio Sciacca, Corriere della Sera)

Michela Marzano su Repubblica: Le influencer d’oro. Dopo il caso Ferragni, ecco Giulia Ottorini star di Onlyfans e Tiktok.

Lo psicologo Lancini: “Censurare è inutile i ragazzi si sognano influencer perché noi adulti li mitizziamo”. “Non meravigliamoci: basti pensare che lo scorso anno la regina di Sanremo è stata Chiara Ferragni”. (Maria Novella De Luca, Repubblica)

Repubblica intervista Luisa Ranieri, l’attrice parla della serie di Rai 1 in cui interpreta la vicequestore di Bari “Piace perché è libera, non è madre né moglie e guida una schiera di donne in cerca di emancipazione”.

Sul Corriere, Teresa Ciabatti racconta Sandra Milo e Walter Veltroni intervista gli Equipe 84 «Volevamo fregare il mondo». Maurizio Vandelli, gli inizi al bar di Modena, gli scherzi, i successi con Battisti e Guccini «Ora sono rimasto solo, resiste la musica».

Gli Anniversari

222, Alessandro Severo imperatore di Roma
1161, Palermo: liberato re Guglielmo I
1702, primo numero del The Daily Courant
1810, Napoleone sposa Maria Luisa D’Austria
1818, Mary Shelley pubblica Frankenstein
1851, alla Fenice debutta il Rigoletto
1888, Grande Bufera: 400 morti in Usa
1908, muore a Bordighera Edmondo De Amicis
1917, Baghdad sotto il controllo Anglo Indiano
1941, Roosevelt: aiuti militari agli alleati
1949, l’Italia approva l’ingresso nel Patto Atlantico
1955, muore a Londra Alexander Fleming
1966, Indonesia: Suharto spodesta Sukarno
1973, incidente stradale per Leopoldo e Giovanni Pirelli
1975, colpo di Stato in Portogallo
1978, terroristi palestinesi uccidono 34 israeliani
1979, liberato dal sequestro il capo delle cooperative case
1985, Gorbaciov designato successore di Cernenko
1990, la Lituania indipendente dall’Urss
1990, Pinochet lascia la presidenza del Cile
1993, Janet Reno prima Attorney General donna in Usa
1997, a McCartney l’Ordine dell’Impero Britannico
1999, prima società indiana quotata a Wall Street
2002, fasci di luce al posto delle Torri Gemelle
2003, L’Aia: nasce la Corte Internazionale di Giustizia
2004, Al Qaeda attacca la Spagna
2011, Fukushima: terremoto con fuoriuscite radioattive
2012, gli svizzeri votano No all’aumento delle ferie

Nati oggi

1544, Torquato Tasso
1847, Sidney Sonnino
1904, Zino Davidoff
1921, Astor Piazzolla
1924, Franco Basaglia
1931, Rupert Murdoch
1935, Sandra Milo
1936, Antonin Scalia
1941, Cochi Ponzoni
1952, Pasquale Cascella
1953, Carole André
1985, Nicole Minetti

Si festeggiano i Santi Costantino e Benedetto

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