La nota del 13 luglio

“Noi italiani siamo il cuore d’Europa, ed il cuore non sarà mai nè il braccio nè la testa: ecco la nostra grandezza e la nostra miseria” (Leo Longanesi)

E’ il solito copione paesano: dissociarsi dall’interno della maggioranza di governo fa più effetto che farlo da fuori, e così la Lega di Salvini dice subito no alle armi all’Ucraina e rovina a Meloni il vertice Nato. E’ l’apertura di Corriere e Stampa, proprio mentre il Giornale legge le decisioni prese a New York come le basi per l’esercito europeo: 800 mila soldati Nato e 200 mila mezzi militari in Germania in chiave anti russa. Repubblica apre sull’assedio a Biden, niente di nuovo rispetto agli ultimi giorni ma la morsa finanziatori-Obama-Nancy Pelosi e governatori dem si sta stringendo contro l’attuale presidente. Sembra che l’unico suo tifoso in America sia rimasto Trump. In Italia invece lo difende Giuliano Ferrara sul Foglio: ha fatto bene il suo lavoro e la vecchiaia non è un difetto.

Giovedì prossimo si chiudono i giochi in Europa, si vota la nuova Commissione e il bis di Ursula Von der Leyen: i Verdi vogliono un patto scritto, Meloni non può tirarsi fuori se vuole un commissario, e lo vuole con deleghe di qualche rilievo. Dunque l’astensione potrebbe non bastare, deve votare a favore con i suoi 24 europarlamentari e mettere in conto una nuova divaricazione con la Lega di Salvini che sta con i Patrioti di Orban e vita contro Ursula, ma torna tutto a suo merito. Imbarazzo nel Pd se anche la premier votasse a favore della nuova maggioranza, invece potrebbero vederlo come gesto di responsabilità nazionale. Il Manifesto mette Salvini e Meloni in prima pagina con il titolo “Crisi di identitari”. La Verità riassume così le condizioni dei Verdi per votare Von der Leyen: “lobby, Ong, altre tasse e divieti”.

Nel Pd in 4 si contendono la presidenza della Commissione Ambiente, e la favorita sembra essere Camilla Laureti, amica personale di Elly Shlein (gli altri tre sono Alessandra Moretti, Irene Tinagli e Brando Benifei). Antonio Decaro sarà per metà legislatura presidente della Commissione affari regionali. Pina Picierno, sempre Pd, verrà confermata vicepresidente del Parlamento europeo, ed è sinora la carica più importante a Strasburgo per una rappresentante dell’Italia.

I Centri Studi di Confindustria e Bankitalia fotografano la congiuntura: industria debole ma il Pil dell’anno dovrebbe avvicinarsi allo 0,9 per cento.

Il Sole si occupa in apertura delle banche Usa: hanno avuto utili sopra le attese “ma i tassi alti aprono le prime crepe”.

Il Messaggero sottolinea in prima pagina che salgono gli acquisti esteri di BTp, 42 miliardi di acquisti nel primo trimestre. La notizia rileva poichè è importante che il debito pubblico resti, almeno per una buona parte, in mani italiane.

Romano Prodi sul Messaggero ed Elsa Fornero su La Stampa affrontano il tema dei salari bassi. Queste le conclusioni dell’ex presidente della Commissione europea: “Non quindi bonus o sussidi, ma una mobilitazione nazionale di lungo periodo per spingere la società e il sistema produttivo italiano verso quella maggiore efficienza necessaria per invertire la drammatica perdita del potere d’acquisto dei nostri salari. Si sarebbe potuto dare inizio al cambiamento di rotta indirizzando verso questa direzione una quota rilevante delle risorse del Pnrr. La realtà politica e sociale del paese ci sta invece spingendo ancora una volta verso una disordinata risposta alle mille pur legittime richieste. Dobbiamo invece essere consapevoli che solo una radicale inversione di rotta, che vada ben oltre le contrattazioni salariali, potrà, dopo anni di severo impegno, garantire un salario almeno decente alle nuove generazioni. La via che stiamo percorrendo può portare solo ad un’ulteriore nostra emarginazione”. Nessun accenno al welfare e di fatto nessuna ricetta concreta per l’immediato futuro. Prodi non ne scrive, ma la sua analisi valorizza l’unica iniziativa di welfare attualmente sul tavolo che può integrare i salari, cioè il piano casa di Emanuele Orsini, presidente di Confindustria.

La Lega, con i suoi presidenti di regione, si dissocia anche dal provvedimento del ministro Schillaci per abbattere le liste d’attesa, non vogliono gli ispettori statali nelle Asl. Purtroppo, la sanità affidata alle regioni ha anche questo effetto. Se ne occupa La Stampa, che poi documenta che mancano 83 mila medici e 80 mila infermieri, mentre il 56 per cento dei medici ha più di 55 anni.

Giovanni Toti ci ripensa, scrive una lunga lettera al suo avvocato e potrebbe dimettersi da presidente della regione “per il bene della Liguria”. Chissà se sta prevalendo la costrizione ai domiciliari rispetto alla battaglia di principio contro i pm, oppure se la sua difesa abbia ritenuto questa la via migliore rispetto a quanto ha in mano la Procura. In ogni caso, il dubbio resterà.

De Pascale, sindaco di Ravenna, comincia a muoversi come candidato Pd alla successione di Bonaccini alla presidenza dell’Emilia Rimagna, e oggi si registrano due sue interviste (al Foglio e al Resto del Carlino). A Firenze la sindaca Fusaro ha presentato una squadra quasi tutta femminile.

Polo Cirino Pomicino viene intervistato da Cazzullo e Labate sul Corriere e dice che Andreotti era bravo come statista e non come politico. Sinora tutti avevano pensato il contrario.

Libero, nella batteria dei giornali schierati a destra da Angelucci, si è ritagliato il compito di attaccare la sinistra, e oggi tira fuori il caso di un italiano accusato di traffico di stupefacenti in Egitto: l’ex presidente della Camera, Boldrini, dice che aveva pochissima coca per uso personale, mentre il giornale diretto da Mario Sechi sostiene che aveva in pancia 60 ovuli.

L’Europa dice sì al prestito statale di 320 milioni per l’ex Ilva.

Lufthansa in rosso per 426 milioni nel primo semestre 2024, la coincidenza non appare un buon viatico per l’alleanza con Ita, ma i tedeschi hanno le spalle larghe e la nostra compagnia l’hanno presa a prezzi di saldo, e pagabile in 7 anni.

Djokovic vince facile con Musetti e va in finale a Wimbledon. Oggi la finale femminile con Jasmine Paolini che sulle ali dell’entusiasmo potrebbe farcela.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Biden tenta il rilancio. Ma i donatori frenano. Congelati 90 milioni. Il presidente tra grinta e gaffe torna agli eventi elettorali. Sono pieno di impegni: per me ogni giornata inizia alle sette e finisce a mezzanotte, invece sarebbe intelligente rallentare un po. Nessuno dei miei alleati europei mi ha detto di non correre. Quello che mi hanno ripetuto è che devo vincere e che Trump sarebbe un disastro. Devo finire il mio lavoro: io sono il più qualificato per fare il presidente, ho battuto Trump una volta e lo batterò di nuovo. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Politici, guru, star e imprenditori il comitato “per non farlo eleggere”. Benché Biden abbia dato solo marginali accenni a cedere il passo a Kamala Harris («l’ho scelta perché ritengo possa fare la presidente») lo staff elettorale ha iniziato a fare sondaggi a campione sull’opzione Harris al vertice del ticket presidenziale, un segnale che l’ipotesi di cambiare cavallo in corsa non è tramontata e che resta fondamentale tenersi pronti nel caso Biden decidesse il passo indietro. Non c’è un coordinamento, nessuna mano invisibile a guidare i fili, e ognuno usa i mezzi che ha a disposizione, dai contatti con i deputati e quello con i donatori ai semplici post su X. Ma quanto ha rivelato Axios è che i big sono tutti a «un passo» da Obama o a Clinton. Tuttavia Biden ha incassato il completo sostegno dei sindacati riuniti nella Afl-Clo. Barack Obama non vuole macchiarsi e nemmeno finire con l’accusa di essere il “cospiratore in chief” ma la Cnn ha riferito di colloqui in settimana con Nancy Pelosi in cui i due avrebbero espresso le loro preoccupazioni per la candidatura di Biden. E la sua amicizia con Clooney tanto da non osteggiare la pubblicazione sul New York Times dell’editoriale anti-Biden è un segnale del coinvolgimento dell’ex presidente. (Alberto Simoni, La Stampa)

Congelati altri 90 milioni E Biden: «Volete Kamala?». L’appuntamento del presidente con i giornalisti non è iniziato sotto i migliori auspici, visto che poco prima di entrare nella sala ha fatto l’ennesima gaffe presentando il leader ucraino Volodymyr Zelensky sul palco del vertice Nato come «Putin».

Anche se si è ripreso subito dall’errore, le sue parole hanno fatto il giro dei media Usa. E pochi minuti dopo è arrivato un nuovo svarione, quando ha detto «vice presidente Trump», parlando di Kamala Harris. «Bravo Joe, ottimo lavoro!», ha commentato sarcastico il tycoon sul suo social Truth. (Valeria Robecco, Il Giornale)

Assedio a Biden di Obama e Pelosi “La sua corsa volge al termine”. In una telefonata i due big del partito avrebbero convenuto che con il presidente in campo le elezioni saranno perse. Il politologo Naim: “Anche il capo dei senatori dem Schumer pronto a scaricarlo. La sostituta sarà Whitmer”. (Pa.Mas. – Mas.Ba., Repubblica)

Bill Schneider: “Obama può far ritirare Biden altrimenti Trump vincerà”. L’intervista al politologo. “Il presidente cerca di guadagnare tempo, per rendere impossibile la sua sostituzione. L’unica speranza è che il tycoon riveli il suo vero volto”. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)

Massimo Giannini su Repubblica: La crisi dell’impero americano. Pesano gli appelli delle star di Hollywood, da George Clooney a Michael Douglas. E le telefonate di Nancy Pelosi.

L’interesse personale e il bene dell’America. Quel «regalo» di Joe all’arcinemico Donald. Ora i repubblicani ribalteranno le accuse al loro capo. La ritrosia del presidente a ritirarsi dalla gara è uno scenario ideale per Trump. Più i democratici aspettano, peggio sarà per l’eventuale candidato subentrante. (Federico Rampini, Corriere della Sera)

Trump alla carica travestito da moderato. Ma alla Convention Gop di Milwaukee regnerà l’incertezza. Da lunedì la kermesse che incoronerà il tycoon candidato repubblicano. E l’ex presidente accantonerà i toni estremisti per ottenere il cruciale voto centrista. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)

Missili a Zelensky, la Lega contro FdI. Nuovo fronte sulla base Usa a Vicenza. Meloni: fiera degli aiuti. Crippa: un errore. Crosetto: i razzi americani? Non utilizzabili. «Noi con gli aggrediti». Ma per gli uomini di Salvini così «si alimenta il conflitto». Il ministro della Difesa: il sì italiano alla batteria di missili V-Shorad è solo per lo stoccaggio. (Claudio Bozza, Corriere della Sera)

“Meloni sia garante di Orbán”. Ma il pressing di Washington adesso imbarazza la premier. La premier al bivio dopo il vertice Nato: più difficile il ruolo di pontiere con i leader sovranisti. (Tommaso Ciriaco, Repubblica)

I razzi a lungo raggio per l’Europa. In Europa arriveranno anche armi ipersoniche che gli Usa stanno ancora sviluppando. Washington ha lasciato nel 2019 il patto sulle armi nucleari in protesta contro Mosca. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)

7,5 miliardi per i caccia. E missili Usa a Vicenza. Ventiquattro caccia Eurofighter Typhoon al costo di 7 miliardi e mezzo; promessa dell’aumento delle spese militari e per finire lo schieramento sul suolo italiano degli euromissili per la “deterrenza” alla Russia. L’Italia uscita dal vertice Nato di Washington è ancora più belligerante di quando ci è entrata una settimana fa. “Parliamo di un investimento sull’arco di undici anni che costerà una media di 680 milioni l’anno”, spiega Lomuti ricordando che questa somma “si aggiunge agli 8 miliardi per centinaia di carri armati” portando così a “33 miliardi l’onere pluriennale dei programmi militari che Crosetto ha fatto arrivare al Parlamento da inizio legislatura, di cui quasi 22 miliardi sono nuovi armamenti”. L’atto del governo sui Typhoon arriverà la prossima settimana in terza commissione al Senato. Mentre a Washington il ministro Crosetto ha siglato già l’accordo con gli omologhi di Francia, Germania e Polonia per la produzione di un nuovo missile a lunga gittata. E – notizia di ieri – gli Usa hanno fatto sapere che, tra i Paesi rinforzati come Berlino, per la deterrenza da Mosca” c’è anche l’Italia: – a quanto si apprende – si tratta di una batteria di missili a cortissimo raggio V-Shorad (Very Short range air defense) data in supporto alla brigata americana di base a Vicenza, impiegata “a supporto dell’eventuale proiezione delle forze Usa” e non schierata sul territorio nazionale italiano. (Alessia Grossi, Il Fatto Quotidiano)

Razzi Usa a lungo raggio. Poi 800mila uomini e 200mila mezzi Nato. Mentre monta la tensione tra Nato e Russia, il Paese che dell’Alleanza atlantica è il perno logistico in Europa si prepara a un conflitto tra l’Occidente e Mosca. Il 2029 è la data per la possibile apertura delle ostilità, secondo le previsioni del ministero della Difesa tedesco, dove da mesi sono in corso le simulazioni della risposta della Nato a un attacco russo. Non si tratta di Kriegsspiele, i «giochi di guerra» della tradizione prussiana. Al dicastero è stato, infatti, elaborato il Piano operativo (Oplan) per la difesa della Germania, il primo dalla fine della Guerra fredda. Con l’aggressività della Russia, che ha invaso l’Ucraina e combatte una guerra ibrida contro l’Occidente, il tempo ha fatto marcia indietro tornando a un passato solo apparentemente remoto. È stato lo stesso ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, a riconoscere questa situazione, nel commentare l’accordo tra i governi di Washington e Berlino per il dispiegamento di missili a lunga gittata degli Stati Uniti in Germania dal 2026, raggiunto al vertice Nato di Washington. «È deterrenza, niente di più e niente di meno. Una misura puramente precauzionale, così come la conosciamo dai tempi della Guerra fredda», ha dichiarato Pistorius. (Matteo Basile, Il Giornale)

Massimo Cacciari su La Stampa: “L’Europa ci dica se crede che l’escalation sia l’unica strada”. Crescono contraddizioni e divisioni all’interno dei governi di Paesi chiave dell’Unione e tutto questo indebolisce ulteriormente la possibilità di esprimere una linea autonoma di politica internazionale. L’Unione assiste alla escalation, e cioè alla propria stessa decadenza in termini anche materiali, commerciali e economici. In attesa di ciò che avverrà nel Paese leader, sempre più leader dell’Occidente? Ma non è chiara la confusione che domina in entrambi i fronti che si contengono la presidenza USA e che quindi mai come oggi sarebbe necessario un vero alleato e non un obbediente vassallo, capace di porre con realismo alcune questioni strategiche e di cercare insieme risposte altrettanto realistiche? Come si ritiene strategicamente risolvibile il confronto tra i grandi spazi imperiali? Ammettiamo si sia abbastanza lucidi da evitare il suicidio globale – che cosa comporta il protrarre una guerra caldo-fredda, sempre sull’orlo di quel suicidio, pensando che una simile “competizione” finirà col rovinare il più debole? Scommettiamo pure che alla fine questo sia la Russia, una tale prospettiva comporta comunque, inevitabilmente, il formarsi di un’economia sempre più di guerra. Ben oltre il 2% del PIL in armamenti, già previsto da noi.

Il doppio registro della leader: la difesa dell’Ucraina, ma evitando strappi. La prudenza anche in vista delle elezioni Usa. Il timore è che Kiev possa trasformarsi nell’Afghanistan d’Europa. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

Sulle armi e la spesa militare l’assedio leghista si sta intensificando  e  Meloni  deve  trovare  come  liberarsene.

«Dipende da cosa si invia», spiega, perché «se l’Italia non avesse mandato i sistemi che sono fiera di aver mandato, non è che quei missili non sarebbero partiti lo stesso. Semplicemente avrebbero colpito più gente». I morti del raid dei russi contro l’ospedale pediatrico e oncologico di Kiev sono la prova principale, agli occhi di Meloni, del fatto che Putin condisca la sua offerta di pace solo di menzogne. La presidente del Consiglio fa un bilancio rapido del vertice Nato, prima di prendere l’aereo che la riporta a Roma. Negli Stati Uniti sono le sette di sera, l’una di notte in Italia. All’hotel St.Regis di Washington impediscono alla delegazione di Palazzo Chigi di organizzare il punto stampa all’ingresso. «Ci sono anche altri ospiti» risponde la security dell’albergo. E così il mucchione viene spostato in un angolo della hall. Meloni è perfettamente preparata sulle domande che sa essere più problematiche. Minimizza, per quanto può, su Salvini, minimizza su Orban, evita di esporsi troppo su Ursula von der Leyen, su Trump e sullo stato di salute del presidente americano Joe Biden. (Ilario Lombardo, La Stampa)

Sul volo di ritorno dal vertice Nato di Washington le girano le dichiarazioni che provengono da Roma. Se le aspettava, Giorgia Meloni. Ma non di questa portata. Sono violente, un affronto diretto proprio mentre la premier sta tornando da un vertice internazionale dove ha riaffermato con i propri partner l’atlantismo dell’Italia e soprattutto portato in dote, in fila: il nono decreto armi con la difesa anti-aerea Samp-T e i missili Shadow, l’aumento della spesa militare per il 2024 e i nuovi assetti Nato che l’Italia ospiterà a Vicenza. Inoltre la Casa Bianca ha parlato anche di altri supporti bellici in Germania e in Italia non identificati. (Giacomo Salvini, Il Fatto Quotidiano)

Federico Fubini sul Corriere: La lunga partita dei conti. L’Italia sta per inviare a Bruxelles il piano di rientro per deficit e debito pubblico. Poi dovrà sottostare alle regole della Ue.

Il rush finale di von der Leyen. Resta lo spettro dei franchi tiratori. Gli ultimi faccia a faccia per conquistare il bis. Il Ppe: abbiamo i numeri. I Verdi: dubitiamo. (Francesca Basso, Corriere della Sera)

Meloni si tiene la porta aperta. L’ultima chiamata con Ursula sarà a 24 ore dal voto in Aula. La premier attenderà anche il discorso della candidata presidente. L’obiettivo gravita su 4 deleghe: Concorrenza, Mercato interno, Affari economici e Bilancio. (Marco Galluzzo, Corriere della Sera)

Se Meloni, anche dopo l’incontro di martedì con Von der Leyen, dovesse constatare che le offerte per l’Italia non corrispondono alle aspirazioni – in particolare se dovesse rivelarsi irrealizzabile l’ipotesi di ottenere una vicepresidenza esecutiva della Commissione, oltre che un commissario importante – , non potrebbe confermare nell’ aula dell’Europarlamento l’astensione che ha già espresso nei due vertici che hanno preceduto l’apertura dei lavori. Per una ragione molto semplice: il regolamento dell’Eurocamera equipara l’astensione al voto contrario. Trovare insomma un modo per esprimere un “ni” alla riconferma di VdL in pratica non sarà così facile per i deputati di Fratelli d’Italia (Marcello Sorgi, La Stampa)

Il partito di Salvini è infatti schieratissimo sul «no» al bis della Presidente uscente della Commissione come il resto del gruppo dei Patrioti, a partire dal Rassemblement national di Marine Le P e n e d e l f o n d a t o r e d e l l a n u o v a f o r m a z i o n e dell’Europarlamento, Viktor Orban. Le trasferte del premier ungherese a Mosca, Pechino e giovedì in Florida da Donald Trump segnalano che le distanze sono destinate ad allargarsi ancora. Sul fronte opposto Forza Italia, che fa parte del Ppe e quindi sostiene von der Leyen pur “auspicando” la collaborazione con i Conservatori e quindi con Meloni. A Washington la premier ha ricordato che «la partecipazione e la composizione dei gruppi europei non impedisce affatto che ci siano ottimi rapporti e che ci siano forme di collaborazione, come in Italia dove i tre partiti che compongono la maggioranza, pur stando insieme praticamente da 30 anni, sono sempre stati in gruppi divisi». È vero. Ma fino alla scorsa legislatura era un altro mondo, un’altra Europa. Non c’era una guerra alle porte del Continente e la rottura del rapporto con la Russia e la necessità di aumentare la spesa per la la difesa. E il presidente del Consiglio italiano in ogni caso si è sempre schierato a sostegno del presidente della Commissione indicato dal Consiglio europeo. Meloni sarebbe la prima a non farlo. (Barbara Fiammeri, Il Sole 24 Ore)

Bruxelles, le mosse di Elly. Decaro agli Affari regionali. La staffetta per Bonaccini. Il timore del Pd di ritrovarsi con Fratelli d’Italia. Zingaretti in pole come capodelegazione. Il rebus della Commissione Ambiente, 4 i nomi in lista. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)

Il fascicolo Vannacci sul tavolo dei Patrioti. Lunedì a Strasburgo incontro sul caso. Il gruppo nega spaccature. Il Carroccio difende il generale. Il capodelegazione di Rn Garraud: il suo nome comunicato solo all’ultimo. Vannacci ha fiducia: non credo Rn possa esprimere veti, ma ci capiremo benissimo. (Francesca Basso, Corriere della Sera)

«Malpensa-Berlusconi», i Comuni pensano al ricorso. La sinistra lancia la protesta. La carta del Tar. La sottosegretaria Savino (FI): giusto onorare l’ex premier. (C. Bal., Corriere della Sera)

I dubbi di Marina su Tajani. E lui tace sull’aeroporto. “Per noi è impossibile tagliare i legami con la famiglia Berlusconi ed è la famiglia che non vuole tagliare i legami con noi nel rispetto dei ruoli. Ho sentito Marina Berlusconi che vi porta un saluto e ho sorriso quando nei giorni scorsi qualcuno parlava di una frattura tra noi”. Lunedì scorso, il vicepremier e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha aperto così il suo discorso al consiglio nazionale azzurro convocato per fare l’analisi del voto europeo. Una strana dichiarazione che ha colpito molti dei parlamentari, dirigenti e ministri presenti: una excusatio non petita, è stata l’interpretazione che è andata per la maggiore. I rapporti tra il leader di Forza Italia e la primogenita di Silvio Berlusconi, infatti, non sono più buoni. Da qualche mese, al netto della cordialità, infatti ci sono veleni reciproci e sospetti. Marina Berlusconi rileva che Tajani non si coordina più con la famiglia del fondatore e soprattutto che abbia una linea politica troppo piegata su quella del premier Giorgia Meloni, con cui i rapporti sono gelidi almeno dall’approvazione della tassa sugli extraprofitti bancari. Dall’altra parte, il vicepremier vede con sospetto qualsiasi uscita pubblica di Marina: dopo l’ultima – l’intervista al Corriere della Sera in cui chiedeva maggior coraggio sui diritti civili e prendeva le distanze dall’estrema destra – gli uomini di Tajani spiegavano che le frasi “non sono state concordate” e che “così si fa male al partito”. (Giacomo Salvini, Il Fatto Quotidiano)

Toti: restare più un peso che un onore. Ho capito bene le accuse dei pm. La lettera: non sono d’accordo, ma non ripeterei quelle azioni. Chiesto l’incontro con Salvini. Sano di mente. Per tranquillizzare i giudici. Immaginate che una persona sana di mente possa ripetere le stesse azioni per cui è ai domiciliari? Vedo come una liberazione poter ridare la parola  agli  elettori.  Con  gli  amici  del  mio  movimento parleremo di futuro e delle scelte. (Giuseppe Guastella, Corriere della Sera)

Sindaca, vice, mezza giunta e city manager, così Firenze diventa la città delle donne. La sindaca Funaro nomina al suo fianco l’ex segretaria della Cgil Galgani e sceglie una squadra prevalentemente al femminile. Comprese la direttrice generale e la portavoce. Tra gli assessori anche un pronipote di Gramsci. I complimenti di Schlein. (Alessandro Di Maria e Ernesto Ferrara, Repubblica)

Gli altri temi del giorno

La Ragioneria sconfessa “il Pnrr dei record” di Meloni. Finora spesi la metà dei soldi. Dei 102,5 miliardi incassati, l’Italia ha speso appena 49,5. Ecco perché Giorgetti ha suonato la sveglia. Sarebbe stato più razionale prevedere tempi più normali per il Pnrr. Non ho paura ad affermarlo nelle sedi europee. Un affanno da 650 milioni in media al mese. Meno di 4 miliardi spesi, tra gennaio e giugno. Altro che Pnrr dei record, come ama definirlo Giorgia Meloni: il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha le ganasce ai piedi. (Giuseppe Colombo, Repubblica)

Bankitalia: tassi alti, freno ai prestiti. L’Authority: inflazione contenuta, Pil allo 0,6%. L’allarme di Confindustria sulla crescita. (Enrico Marro, Corriere della Sera)

«Il piano di Engineering: entro il 2026 l’energia al 100% da rinnovabili». L’ad Ibarra: i target di business coincidono con quelli Esg. (Diana Cavalcoli, Corriere della Sera)

Battaglia tra Ue e Musk: «Il suo X viola le regole» Lui: vogliono la censura. La legge sui servizi digitali. Possibile multa fino al 6% delle vendite. Inganna gli utenti sulla spunta blu e non rispetta la trasparenza in materia di pubblicità. (Valentina Iorio, Corriere della Sera)

Fondazione biotech di Enea un miliardo bloccato da 3 anni. Nato da una idea del governo Conte 1 e affidato all’ex ministro Tria dovrebbe investire in startup Ma nonostante la dotazione, il ministero delle Imprese non ha mai dato il via libera ad alcuna spesa. (Diego Longhin, Repubblica)

La famiglia Ferragamo sbarca a Montalcino nella tenuta Pinino. Dopo Il Borro, nuova acquisizione nel mondo del vino. (Luciano Ferraro, Corriere della Sera)

Autobianchi e Innocenti l’assist del governo per la cessione ai cinesi. Il ministero delle Imprese ha depositato domanda per usare i marchi non più adoperati per cederli a chi aprirà fabbriche in Italia. (Diego Longhin, Repubblica)

Gaza , l’allarme per i seimila dispersi. “Le famiglie chiamano dopo ogni raid”. Sotto il tappeto di sabbia e macerie dei 360 chilometri quadrati di Gaza sono sepolti il dolore e una recondita speranza per il destino di migliaia di palestinesi che risultano dispersi. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha denunciato ieri l’incognita sospesa sul destino di 6.400 persone. Mancano all’appello delle loro famiglie. Oppure sono famiglie intere, di cui nessuno ha più notizie. La popolazione locale ritiene che molti siano intrappolati sotto le macerie, o che abbiano ricevuto sepoltura senza poter essere identificati. Alcuni potrebbero essere detenuti da Israele nelle sue carceri. La portavoce del CICR, Sarah Davies, ha detto al Guardian che i nuovi casi di persone disperse sono stati 1.100 solo ad aprile. E che tra le 500 e le 2.500 chiamate che l’organizzazione internazionale riceve ogni settimana, «la maggior parte sono richieste per familiari scomparsi». Dopo ogni operazione militare israeliana si registrano picchi di segnalazioni perché «purtroppo – ha spiegato Davies – in situazioni così caotiche, di panico, con le comunicazioni interrotte, nel buio o tra le esplosioni è facile che le persone debbano fuggire, disperdersi e separarsi» (Fabiana Magrì, La Stampa)

L’ombra della moglie di Xi Jinping sulle nomine dei generali cinesi. Epurati due ministri della Difesa, l’ex cantante in uniforme Peng «esaminerebbe» gli ufficiali. (Guido Santevecchi, Corriere della Sera)

Il Corriere intervista Monsignor Sergio Pagano: «Mai censurato carte delicate. Il bunker non basta più». Archivio vaticano, il prefetto lascia dopo 27 anni: «Stiamo cercando nuovi spazi. Dico no all’intelligenza artificiale». Dopo il Concilio Vaticano II si è creato disordine nella disciplina, nei seminari e negli atenei pontifici. In dottrina c’è una crisi sempre più profonda. (Massimo Franco, Corriere della Sera)

Milano, grandine come palline da golf Nel Comasco case invase dal fango. Maltempo in tutto il Nord. Esonda il lago di Como, frane in Veneto. Al Sud caldo record. (Anna Campaniello e Andrea Camurani, Corriere della Sera)

I pestaggi in branco e i raid xenofobi. Ultrà estremisti di destra, 7 arresti. Verona, le botte ai tifosi marocchini e albanesi. Il gip: «Incapaci di controllare i loro impulsi». (Andrea Priante, Corriere della Sera)

Il vocabolario nuovo delle persone disabili: “Basta giri di parole, siamo vivi e schietti”. “Meglio dire ciechi che non vedenti”. (Luigi Gaetani, Repubblica)

Perché Elena Ferrante è l’amica geniale del mondo. Per il New York Times il primo volume della tetralogia della scrittrice che non ha mai rivelato la sua identità, è il libro del secolo. Superando Franzen e Bolaño, tra quelli usciti dal 2000. L’ostinazione di due bambine a non essere ignoranti e succubi come le loro madri. Questo romanzo è ciò che si può definire opera-mondo. Nessuno è così popolare. (Francesco Piccolo, Repubblica)

Gli Anniversari

1814, V. Emanuele I fonda il corpo dei Carabinieri
1859, esce a Firenze il primo numero della Nazione
1862, Italia: monopolio statale per la vendita di tabacco
1878, la Serbia completamente indipendente
1900, rivolta dei Boxer in Cina
1908, prima volta delle donne ai Giochi olimpici moderni
1909, scoperta dell’oro a Cochrane (Ontario)
1914, Bergamo: uccide 7 persone e fa perdere le sue tracce
1917, terza apparizione della Madonna a Fatima
1923, inaugurata la scritta Hollywood
1930, in Uruguay il primo campionato mondiale di calcio
1936, inizio della guerra civile in Spagna
1943, la Royal Air Force bombarda Torino: 792 morti
1954, muore a Città del Messico Frida Kahlo
1964, In ginocchio da te: Gianni Morandi si fa conoscere
1977, black out di 25 ore a New York
1978, Henry Ford II licenzia Lee Iacocca
1979, le Br uccidono a Roma l’alto ufficiale Antonio Varisco
1985, Bubka primo al mondo a superare i 6 metri con l’asta
1985, Live Aid: concerto evento in varie città del mondo
2001, scelta la Cina per le Olimpiadi del 2008
2003, vince 66 mln al Superenalotto spendendo 1 euro
2004, arrestato a Tokyo lo scacchista Bobby Fiscer
2004, conflitto d’interessi: approvata in Italia la legge
2006, scoppia la seconda guerra in Libano
2010, l’Estonia decide che adotterà l’euro
2016, Theresa May succede a David Cameron

Nati oggi

1540, Francis Drake
1922, Dino Verde e Tino Buazzelli
1928, Tommaso Buscetta
1931, Brando Giordani
1933, Piero Manzoni
1942, Harrison Ford
1943, Carlo Tavecchio
1944, Erno Rubik
1950, Maurizio Sacconi e Piergiorgio Odifreddi
1968, Roberto Cota
1971 Fabio Vaccarono
1971, Luca Bizzarri
1974, Jarno Trulli

Si festeggia Sant’Errico

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