La nota del 16 maggio

“La povertà non è privazione, è isolamento” (Malcom Gradwell)

L’attentato ad un premier europeo, oltretutto amico di Putin e imitatore di Orban, non è cosa di tutti i giorni e non può che prendersi tutte le prime pagine. E il dato comune dei commenti è la preoccupazione rispetto alla debolezza dell’Europa. Ecco cosa scrivono Claudio Tito su Repubblica, Paolo Lepri sul Corriere e Stefano Stefanini su La Stampa: “L’Europa è sconvolta ma soprattutto è preoccupata. Per l’ombra di Mosca e Pechino che si stende sull’Ue. Perché le conseguenze dell’attentato al premier slovacco possono essere imprevedibili. Perché la situazione che si potrà determinare a meno di un mese dalle elezioni europee può diventare pericolosa. Perché, appunto, può essere strumentalizzata dalla propaganda russa e cinese. Un attacco a un leader politico e di governo non si verificava da decenni e fa alzare la tensione nel Vecchio Continente a un livello mai raggiunto negli ultimi anni. Non è un caso che, subito dopo la notizia del grave ferimento, i servizi segreti di tutta l’Unione si siano messi in azione per coadiuvare i colleghi slovacchi. E al monitoraggio sta partecipando informalmente anche la Nato. Al di là delle indagini per capire chi o cosa   abbiamosso   l’attentatore   –   sul   quale   comunque   stanno emergendo dubbi e sospetti – l’allarme si sta concentrando su come Putin e Xi sfrutteranno il ferimento di Fico in termini di propaganda facendo schizzare in alto la pressione e provocando un ulteriore salto nella qualità e nella quantità della disinformazione”, annota Tito.

Secondo Lepri, “questo attentato, che si aggiunge a varie aggressioni avvenute nei giorni scorsi in Germania, è un impressionante segnale di allarme che non deve essere ignorato. Il pericolo della destabilizzazione è reale. La violenza politica esiste, può attraversare i confini e svilupparsi in una comunità di nazioni che pensavamo sicura da minacce interne, costruita nella pace. Si tratta ora di fare in modo che la casa comune rinforzi le sue fondamenta e sconfigga chi la vuole distruggere, da qualsiasi parte provenga. L’eco degli spari slovacchi — diretti a un premier che ha preso posizioni lontane dalla linea dell’Ue sulle armi all’Ucraina e la Russia — si sovrappone alle note dell’inno europeo risuonate durante le manifestazioni in Georgia contro la scandalosa legge varata per mettere il bavaglio alla democrazia con il pretesto delle «influenze straniere». Non tutti però sono stati attenti. L’Unione sta reagendo con mancanza di incisività a una mossa che mette a rischio il cammino di una nazione candidata. La lentezza è stata sempre una caratteristica dell’Unione europea. Nel passato è stata lo strumento per concretizzare, passo dopo passo, progetti che a prima vista sembravano irrealizzabili. Ora è diverso. Non si può aspettare. L’Ucraina sta combattendo per la libertà di tutti, va sostenuta nella maniera più efficace possibile. Deve arrivare senza ritardi il via libera definitivo all’accordo di principio sui beni russi congelati che potrebbe permettere di destinare al governo di Kiev tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro per finanziare il sostegno militare e la ricostruzione.

Quello che sta accadendo sul fronte del conflitto impone poi che i fondi vengano consegnati al più presto. Evitando le solite attese. Come dovrebbe essere affrettata, prima che inizi a luglio la presidenza di turno ungherese, l’approvazione del nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca sul divieto del trasferimento del gas naturale liquido.Questi sono solo alcuni esempi di un appoggio che non può diminuire. Anzi deve compiere un salto di qualità. Il prolungarsi della guerra alimenta le tensioni, crea un clima in cui fioriscono gesti efferati, tentativi di destabilizzazione, manovre oscure. La pace va perseguita con forza. Tanto in Ucraina quanto dentro l’Europa. È in gioco, come dice il presidente francese Emmanuel Macron, la sua stessa esistenza”.

Ed ecco Stefanini su La Stampa: “L’attentato contro Robert Fico è allarmante per l’intera Europa. Forse è stato un atto di violenza puramente locale, senza propaggini geopolitiche o di sicurezza. Ma non c’è niente di locale nel malessere di un intero pezzo di Europa. La Georgia si gioca la prospettiva europea con una legge illiberale; la Bulgaria l’ingresso nell’euro per fragilità politiche interne; la Macedonia del Nord l’avvio dei negoziati con Bruxelles per l’adesione all’Ue pur di ritrattare la componente “Nord” del nome frutto di un faticosissimo compromesso con la Grecia; Serbia e Kosovo hanno abbandonato qualsiasi parvenza di dialogo costruttivo sotto l’egida di Bruxelles, che era uno dei (pochi) fiori all’occhiello della politica estera europea. Cosa non sta funzionando nell’Europa centrorientale? Tre cose: la forza di gravità dell’Unione europea si è smorzata; le pulsioni nazionaliste e tensioni regionali sono rispuntate; la pressione russa per riacquistare influenza e contrastare l’ancoraggio all’Europa e all’Occidente si è fatta fortissima. Adesso si è fatta guerra aperta. Mai sottovalutare i colpi di coda di un impero in liquidazione. È evidentemente l’Ucraina a farne le spese per prima. Ma il colpo che Mosca sta dando in Georgia è altrettanto determinante, perseguito tramite i buoni uffici dell’oligarca locale, Bidzina Ivanishvili, che manovra il partito al governo, “Sogno Georgiano”, per tagliare le gambe ai sogni euroatlantici dei giovani goergiani che in questi giorni scendono in piazza sventolando la bandiera dell’Ue. Quasi senza ricorrere alle armi, tranne la piccola invasione del 2008, in Georgia la Russia ha realizzato il “regime change” che insegue col sangue in Ucraina. A Tbilisi ci è riuscita grazie alle divisioni interne favorito un misto di corruzione e disinformazione. L’Europa centrorientale è purtroppo in marcia indietro. Dagli anni Novanta aveva intrapreso un processo di assestamento democratico e consolidamento dello Stato di diritto – la democrazia non si improvvisa solo andando a votare, le istituzioni vanno costruite, i poteri tenuti separati – richiedono consenso interno e stabilità esterna. Il primo si è incrinato anche per effetto della fatale attrazione autocratica, fuori e dentro l’Ue, vedi Serbia di Aleksandr Vucic, vedi l’Ungheria di Viktor Orbán, entrambi riusciti a blindare democraticamente, via urne, il loro potere non democratico. Entrambi hanno avuto un buon maestro a Mosca. La seconda è venuta totalmente a mancare”.

Se non ci fosse stato l’attentato è più che certo che i giornali d’opposizione avrebbero dilatato i dati Istat sulla povertà assoluta che riguarda ben 5,7 milioni di italiani, un dato elevato che accentua anche le disuguaglianze tra Nord e Sud e che, unito ai bassi salari, spiega molto del malessere italiano, mentre i vincoli alla spesa pubblica e il livello di deficit e debito impediscono politiche sociali più efficaci. Nel rapporto c’è anche che due milioni di laureati hanno un inquadramento professionale che non richiede il titolo conseguito.

Intanto i quotidiani più vicini alla destra sono occupati a spiegare che Ilaria Salis è stata mandata ai domiciliari a Budapest grazie all’azione del governo e della nostra ambasciata e non per via del clamore che il padre e i Verdi hanno fatto sulla candidatura. Sallusti sul Giornale, scherzando ma non troppo, scrive che ora Orban deve intervenire per far liberare Toti.

A proposito dell’indagine ligure, Spinelli fa sapere di aver dato 40 mila euro al governatore, evidentemente non per contributi elettorali.

Il Superbonus va al voto di fiducia con Forza Italia che mantiene la posizione contraria alla retroattività. Federica Brancaccio e il Fatto si trovano d’accordo che il problema ora è costituito dalle banche che non prendono più i crediti.

Stellantis riduce sempre di più la produzione in Italia e il milione di auto promesso è solo un miraggio (lo scrive il Sole, facendosi coraggio). Le Poste hanno una buona trimestrale. Azzone conferma Gorno Tempini alla presidenza di Cdp come rappresentante delle Fondazioni. Pichetto Fratin sul Giornale torna a perorare il nucleare poichè le imprese pagano il doppio della media Ue l’energia elettrica che acquistiamo dalla Francia. E intanto il Mef studia come trasferire alle auto elettriche il sistema delle accise sulla benzina, in modo da non perdere gettito.

La politica rischia di perdere il duello tv tra Meloni e Schlein, in realtà non una gran perdita per i cittadini visto che le due signore parlano tutti i giorni e a tutte le ore, ma i giornali pensano di poter perdere chissà cosa. Per la prima pagina del Fatto lo scontro è già saltato, poichè in Commissione di vigilanza Rai dovrebbero essere d’accordo cinque partiti su otto, e non lo sono. La cosa ovviamente fa contento Conte, che rosicava per non essere lui al posto di Schlein. E alla fine verrà presa bene dalla premier e dalla segretaria del Pd, che così evitano di logorarsi. Comunque, è un sistema in cui i partiti da una parte occupano la tv pubblica tutti i giorni e dall’altra si bloccano da soli.

Il Giornale torna sulla sanità, documentando i problemi dei malati di tumore e delle relative liste d’attesa, e intervista Francesco De Lorenzo, uno dei ministri della sanità della Prima Repubblica. Il Messaggero dedica alla sanità l’inserto Molto Salute, con un commento molto allarmato di Francesco Cognetti.

La Juve vince la Coppa Italia contro un’Atalanta necessariamente stanca per la corsa europea e Allegri salva la stagione anche se è destinato ad andare via.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Un urlo e gli spari tra la gente. Attentato al premier slovacco. Fico in pericolo di vita, ferito da uno scrittore 71enne. «Risultato di un clima d’odio». (A. Mu., Corriere della Sera)

Slovacchia shock colpi di pistola sul premier Fico. Operato d’urgenza, è in condizioni molto gravi. Per il governo l’attacco ha “ragioni politiche”. (Anna Lombardi, Repubblica)

Populista e divisivo, il leader filorusso che ha resistito a scandali e sconfitte. Si dimise dopo l’uccisione del reporter Kuciak. Lo scorso settembre ha vinto la sfida per il suo quarto mandato con toni filorussi e xenofobi. (Alessandra Muglia, Corriere della Sera)

L’assalitore, un poeta e attivista non-violento ma con il porto d’armi. L’opposizione: «Non era un nostro militante». Mio padre non ha mai votato Fico, ma non parlava di attentati. Deve avere avuto un cortocircuito. L’assalitore non era un nostro tesserato e neppure militante di Slovacchia Progressista. (Irene Soave, Corriere della Sera)

Lo scrittore 71enne con la pistola killer contro il bavaglio ai giudici.

«Ho proposto alla morte di lottare, e lei…ha pianto». Inizia così una delle poesie del 71enne Juraj Cintula, fondatore del club letterario slovacco Duha, che ieri ad una manifestazione di piazza ad Handlova ha sparato cinque colpi di pistola al premier Robert Fico, ferendolo gravemente. Si era avvicinato al primo ministro tra gli altri della folla, urlandogli contro, secondo alcuni testimoni, «Robert, vieni qui!». Quando Fico si è fatto avanti per stringergli la mano, Cintula ha tirato fuori l’arma e a distanza molto ravvicinata l’ha colpito in plurime parti del corpo. Camicia stazzonata, jeans, un signore distinto che non destava sospetti. Ha messo in atto un piano che non aveva nulla di sofisticato: solo la sicurezza di potersi accostare al premier nella calca. Nessuno si era accorto che portasse con sé una pistola. (Letizia Tortello, La Stampa)

Choc e condanne dai leader globali. «Un attacco alla democrazia». La solidarietà di Biden e la vicinanza di Putin. Mattarella: «Un atto di inaudita gravità». (Monica Ricci Sargentini, Corriere della Sera)

Salis agli arresti domiciliari. Dopo 15 mesi lascia il carcere. Cauzione di 40 mila euro e braccialetto elettronico. Poi un appartamento a Budapest. Soddisfatto il governo Si apre la strada alla richiesta di applicare la stessa misura in Italia. La scelta dei magistrati d’appello, dopo il no a fine marzo da parte del giudice di primo grado. (Federico Berni, Corriere della Sera)

«Siamo felicissimi. Ma nel governo c’è stato un grande immobilismo». Il padre: finché è lì non sono sereno. «Dopo la candidatura le già deboli attività diplomatiche si sono affievolite». (Gio. Bia., Corriere della Sera)

La decisione ribaltata sotto il peso crescente del caso politico dopo la candidatura. Il lavoro diplomatico «sommerso» tra Roma e Budapest. (Giovanni Bianconi, Corriere della Sera)

«Tensioni elettorali, la priorità resta la sicurezza dei conti». Ciriani: il premierato? In futuro potrà servire a governi di sinistra. (Virginia Piccolillo, Corriere della Sera)

Dimissioni, il governatore al bivio. Il pressing per essere interrogato. L’Antimafia chiama i pm. Il Pd: nel 2010 fummo finanziati da Spinelli, poi più nulla. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)

Toti studia le carte per scagionarsi. «Tutte donazioni, non tangenti». Una certezza: l’ipotesi di dimissioni «non è un tema» finché Toti non parlerà con i pm. Il governatore è convinto di poter spiegare che i 74mila euro arrivati ai suoi comitati elettorali da Aldo Spinelli, l’imprenditore della logistica a cui è stata prorogata per 30 anni la concessione del Terminal Rinfuse del porto di Genova, non erano mazzette ma donazioni legittime, tutte tracciate in modo trasparente. E che gli atti contestati come favori all’imprenditore, il presunto do ut des della corruzione, sarebbero invece stati fatti sempre nell’«interesse pubblico» e di tutti gli attori economici. Lo dimostrerebbero atti amministrativi decisi nell’interesse di tutti, «non solo di chi ha fatto versamenti ai comitati, ma anche di chi non ha mai finanziato con un euro» l’attività politica del governatore, chiarisce il legale. Provvedimenti insomma slegati dai bonifici ricevuti. Toti potrebbe rivendicare, come già ribadito dal difensore, di avere svolto «l’attività politica alla luce del sole», che i finanziamenti «sono stati fatti secondo la legge» e che «non ci sono stati vantaggi personali». (Lodovica Bulian, Il Giornale)

«Giovanni deciderà presto. La Liguria non può restare un anno così». Scajola: i finanziamenti del Pnrr non sono rimandabili. Escludo una mia candidatura, ma se davvero si andrà al voto anticipato farò di tutto perché non vinca una sinistra massimalista. (Marco Imarisio, Corriere della Sera)

Le ammissioni di Spinelli sui soldi a Toti. “Si è mosso per noi, gli ho dato 40 mila”. Il verbale dell’imprenditore arrestato: “Quei bonifici perché si era interessato al rinnovo della concessione” E il governatore (anche lui tra gli invitati a una cena a Monte Carlo) rispose: “Grazie di tutto Aldino”. (Giuseppe Filetto e Marco Lignana, Repubblica)

«L’ho finanziato, ma Toti millantava, anche lui a Montecarlo senza pagare nulla». Il verbale di Spinelli: nel Principato incontrò Briatore. (Giuseppe Guastella, Corriere della Sera)

Porto, ferrovie, strade. La corsa ai 10 miliardi del cantiere Liguria. Dopo la tragedia del ponte di Genova l’avvio delle grandi opere: pioggia di soldi pubblici Il ruolo di Webuild. I timori che gli appalti possano scatenare appetiti e speculazioni. (Massimo Minella, Repubblica)

Ronzulli: “Basta ipocrisia, tutti i partiti rivogliono i finanziamenti pubblici. Fu un errore nutrire l’antipolitica”. Intervista alla forzista vicepresidente del Senato: “La bestia populista non è mai sazia. Ora si apra una riflessione. E tanti sono pentiti anche del taglio dei parlamentari”. (Giovanna Casadio, Repubblica)

Meloni-Schlein in tv, i paletti Agcom: sì se gli altri partiti accetteranno. La condizione dell’Authority per il via libera a Vespa: la maggioranza delle liste deve aderire ad altri confronti. Per la consigliera Giomi è «un precedente rischioso per la libertà d’espressione». (Antonella Baccaro, Corriere della Sera)

Gli altri temi del giorno

Istat, povertà ai massimi degli ultimi 10 anni, cresce anche tra chi lavora. Il Pd: “Serve il salario minimo, Meloni non si volti dall’altra parte”. Il Rapporto Annuale 2024 dell’Istat. Nel 2023 recuperato il livello di Pil 2007, ma solo per il Nord. Dietro la crescita dell’occupazione, 4,2 milioni di potenziali lavoratori “inutilizzati” e sono soprattutto donne e giovani, residenti nel Mezzogiorno. Il potere d’acquisto dei salari lordi è crollato del 4,5% negli ultimi 10 anni. (Rosaria Amato, Repubblica)

Istat, due giovani su tre vivono con i genitori. Ma non sono bamboccioni. Under 34, disoccupazione alta e cattiva qualità del lavoro scoraggiano la ricerca dell’autonomia. A loro sono riservati la metà dei contratti a tempo determinato e buona parte dei part- time involontari. (Rosaria Amato, Repubblica).

Linda Laura Sabbadini su Repubblica: Istat, le diseguaglianze dimenticate. Il tasso di occupazione femminile è il più basso d’Europa. E la situazione del Mezzogiorno appare critica. Una politica seria di coesione sociale e territoriale è quanto mai urgente.

Pnrr, tagli per 46mila cantieri: il 58% al Sud. Lo stato dell’arte, la revisione e gli impatti. Ruota attorno a tre numeri il bilancio dell’Ance sullo stato di attuazione del Pnrr al 31 dicembre 2023. Il dossier, elaborato dal Centro studi dei costruttori, parte come logico dagli ultimi dati ufficiali sulla spesa: 45,6 miliardi utilizzati fino alla fine dello scorso anno che corrispondono al 24% delle risorse europee del Piano. «Le costruzioni si confermano il settore più dinamico – recita il dossier – con una spesa pari a 26,7 miliardi e avanzamento più che doppio rispetto alle altre misure del Pnrr». I costruttori hanno fatto anche i conti della rimodulazione: la revisione di dicembre 2023 è costata 7 miliardi di risorse destinate a interventi di interesse per il settore, il totale delle operazioni di riduzione totale e parziale, rifinanziamenti, nuovi investimenti e RepowerEu. Infine le note più dolenti: Ance stima che il 45% dei finanziamenti totali o parziali, colpirà le regioni del Mezzogiorno. (Il Sole 24 Ore)

Fiducia sul Superbonus, oggi il voto dell’Aula. L’assenza di Forza Italia. Il ministero del Tesoro studia un’accisa per le auto elettriche. (Marco Cremonesi, Corriere della Sera)

Superbonus, sono le banche il vero problema di Giorgetti. Finito lo psicodramma a favor di telecamera e taccuino nel centrodestra, il decreto Superbonus s’avvia a diventare legge entro il mese nella formulazione disegnata in due tempi dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: il governo ha deciso di porre sul testo la questione di fiducia, che sarà votata stamattina. D’altra parte il decreto scade il 28 maggio e la Camera ancora non l’ha visto: certo, più che vederlo non potrà fare, ma questa è un’altra faccenda. Mentre i berlusconiani fanno finta di festeggiare il rinvio di un anno della sugar tax, 140 milioni investiti volentieri da tutta la maggioranza, al Tesoro devono guardarsi dal vero nemico che si sono fatti in questi giorni: il mondo bancario italiano. Ieri il consiglio dell’Abi ha emesso una nota critica sulle misure del governo, in cui dice in sostanza che gli istituti smetteranno di acquistare crediti fiscali “con riflessi negativi per le imprese che non riuscissero a cedere tali crediti”. (Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano)

Abi: «Ora diventa impossibile compensare». Si fermano gli acquisti dei bonus edilizi da parte delle banche, ma anche da parte del mondo delle assicurazioni. L’emendamento approvato in Senato produce questo effetto immediato, perchè va a colpire la voce di compensazione considerata più sicura e meno volatile: quella che riguarda i dipendenti e i contributi previdenziali e assicurativi versati per loro. Lo stop a questo tipo di compensazioni decorre dal primo gennaio 2025, ma, come fatto notare dal comunicato dell’Abi di ieri, ha effetti retroattivi perchè interessa i crediti acquistati negli anni scorsi. L’impossibilità di utilizzare una delle voci di compensazione, come quella sui contributi, potrebbe rendere all’istituto di credito o alla compagnia assicurativa impossibile compensare tutto l’ammontare dei crediti, perchè la pianificazione che avevano fatto non è più sostenibile, determinando una perdita da contabilizzare in bilancio. (Il Sole 24 Ore)

Rimpiazzare il gettito dai carburanti. Il dilemma del fisco sull’auto elettrica. Le parole del ministro Giorgetti all’Automotive Dealer Day aprono la discussione. (Repubblica)

Wall Street ai massimi storici con la spinta dell’inflazione. Non è stato certo il dato della svolta, il game changer che molti si attendevano (o temevano) sui mercati quello dell’inflazione negli Stati Uniti diffuso ieri. La decelerazione di un decimo al 3,4% dell’indice dei prezzi al consumo in aprile, pur rimanendo nell’ambito delle previsioni degli analisti, sembra tuttavia aver esercitato un effetto rassicurante sugli investitori e non ha interrotto la marcia record di Wall Street, così come quella di gran parte degli indici di Borsa globali. (Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore)

Poste, i ricavi salgono a 3 miliardi «Consegnati 71 milioni di pacchi». Il ceo Del Fante: boom della logistica. Dal nuovo accordo con Cdp almeno 1,6 miliardi. Approvata la nuova convenzione triennale per la raccolta postale per conto di Cdp. (Andrea Ducci, Corriere della Sera)

Stellantis, lento addio all’Italia Il milione di auto è un miraggio. «U n milione di veicoli prodotti in Italia entro il 2030.» La fonte e la data della dichiarazione? Carlos Tavares, Ceo di Stellantis, lo scorso gennaio in occasione della presentazione dei conti 2023. Nonostante l’ottimismo del manager portoghese, la realtà è decisamente diversa e il futuro è tutt’altro che roseo. Perché lo scorso anno la produzione in Italia di Stellantis si è fermata a 521.842 auto (su un volume complessivo di 752.122 veicoli aggiungendo i commerciali) su un totale di 541 mila vetture prodotte in patria. Non va meglio nel 2024, secondo i dati preliminari Anfia, con la produzione domestica delle autovetture in calo del 31,3% nel mese di marzo e del 21,1% nel trimestre.Tradotto? Senza Stellantis si può dire addio alla produzione di grandi volumi, lasciando una delle più importanti industrie manifatturiere appannaggio di aziende di nicchia come Ferrari e Lamborghini o rebranding come Dr con vetture cinesi personalizzate in Molise. Proprio dalla Cina poteva arrivare un aumento di volumi di produzione, grazie ai modelli Leapmotor commercializzati grazie alla joint venture tra il costruttore asiatico e Stellantis. (Simonluca Pini e Mario Cianflone, Il Sole 24 Ore)

Eni, collocamento lampo Ceduta una quota del 2,8%. Lo Stato incassa 1,4 miliardi. Ok dall’assemblea dei soci a un nuovo riacquisto di azioni. (Fausta Chiesa, Corriere della Sera)

Ci si può innamorare di una IA? Sundar Pichai, Ceo di Google: “Prepariamoci anche a questo”. Il Ceo di Google e Alphabet ha parlato di vantaggi e limiti dell’intelligenza artificiale il giorno dopo Google I/O, la conferenza dedicata agli sviluppatori che si svolge ogni anno a Mountain View, nella Silicon Valley. Pichai ha risposto alle nostre domande sulla connessione sempre più profonda che in futuro potrebbe stabilirsi tra uomo e macchina. (Pier Luigi Pisa, Repubblica)

Ancora bombe russe su Kharkiv. Washington sblocca altri 2 miliardi. La Casa Bianca: preoccupazione. Polemiche sull’esibizione con la chitarra di Blinken a Kiev. (F. Bat., Corriere della Sera)

L’Ucraina sotto le bombe Putin incoraggia i soldati: “Avanti su tutto il fronte”. Sul resto del territorio le truppe ucraine lottano per contenere i russi sul confine, con città e villaggi sotto il fuoco, anche se per il momento sono pochi quelli occupati. Ieri i militari ucraini hanno dovuto ritirarsi da diverse zone, a seguito della continua pressione delle forze russe. Lo stesso Putin ha affermato trionfante che «le nostre truppe migliorano le posizioni ogni giorno». Un portavoce dell’esercito ha detto che la decisione di spostare le truppe dal settore nord-orientale della regione, Lukyantsi e Vovchansk, in «posizioni più vantaggiose», è stata presa per «preservare la vita dei militari ed evitare perdite». Il ministero della Difesa russa rivendica la cattura di due villaggi, Hlyboke e Lukiantsi, a nord della città di Kharkiv, vicino al confine. Ma ieri sera il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sosteneva che l’esercito ucraino è riuscito parzialmente a stabilizzare la situazione nella regione di Kharkiv. Precedentemente anche il think tank Usa ISW osservava che nelle ultime 24 ore l’avanzata russa si è rallentata, indicando come cause probabili le pesanti perdite dei russi e le nuove tattiche militari – agire in piccoli gruppi d’assalto. (Julia Kalashnik, La Stampa)

La   macchina   della   logistica   americana   era   allertata   da   mesi, munizioni e sistemi di difesa missilistica erano custoditi nei depositi in Europa. Ma non per tutte le armi la consegna sarà spedita e per questo l’avanzata russa sul fronte di Kharkiv desta preoccupazione. Sono due gli elementi che vengono sottolineati negli ambienti della sicurezza nazionale: il primo è legato al fatto che i russi hanno intensificato gli attacchi con i missili e che la percentuale di vettori che buca le indebolite difese ucraine è aumentata. Lunedì Sullivan e il capo del Pentagono Lloyd Austin hanno avuto un colloquio molto tecnico con le controparti ucraine, hanno parlato per 90 minuti di armi e di situazione sul terreno. Sullivan ha spiegato che un conto è portare Howitzer da 155mm e munizioni varie sul campo di battaglia; un altro sistemi d’arma come Patriot o Nasams. Costi e logistica    sono           differenti.      Ma              gli     stanziamenti       avverranno con regolarità, «non su base settimanale», ha precisato Sullivan, ma sicuramente «con la giusta intensità». E ha confermato arriveranno altre batterie di Patriot e «sistemi per la difesa anti-aerea in possesso degli alleati». Ci sono fondamentalmente due modi per consegnare le armi: il primo è il PDA (Presidential drawdown authority, ovvero la capacità di attingere direttamente agli arsenali del Pentagono); l’altro è l’USAI (Ukraine Security Assistance Initiative, sono i soldi che l’America usa per le commesse militari e l’addestramento). Il PDA ha una disponibilità di 7,8 miliardi, l’USAI 14. (Alberto Simoni, La Stampa)

Armi Usa a Israele per evitare la rottura «Ma invadere Rafah non eliminerà Hamas». Sì all’invio di munizioni per i tank. Trattativa con i sauditi. «Se Israele attacca Rafah, Biden apparirà debole, per non essere riuscito a evitarlo». (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Israele avanza nel Sud della Striscia ma il governo si spacca sul dopoguerra. Gallant chiede che Netanyahu escluda l’ipotesi di un controllo duraturo su Gaza. Il premier: “Non la ridaremo a Fatah”. (Francesca Caferri, Repubblica)

Il direttore della Nasa: “Torneremo sulla Luna per battere la Cina. Poi ci aspetta Marte”. Bill Nelson, capo dell’agenzia spaziale americana: “Dobbiamo evitare che loro arrivino prima e dicano: è nostro, state alla larga”. (Elena Dusi, Repubblica)

L’intervento sulla proposta di legge. Io, figlia di cacciatori dico che con questa riforma la biodiversità è a rischio. Un errore eliminare la chiusura della stagione venatoria e usare gli uccelli vivi come richiamo. Ricadute negative per specie ed ecosistemi. Il Parlamento sta discutendo una proposta di legge (Bruzzone e altri A.C. 1548) di modifica della normativa nazionale sulla caccia. (Susanna Tamaro, Corriere della Sera)

«Giulia seguita con una app-spia. Il delitto pianificato 4 giorni prima». Cecchettin, chiuse le indagini. L’atto che potrebbe incastrare Turetta: rischia l’ergastolo. (Giovanni Viafora e Roberta Polese, Corriere della Sera)

Esondano il Seveso e il Lambro. Evacuati e soccorsi in gommone. Pioggia record su Milano, l’acqua fuoriesce dai tombini. Botta e risposta Sala-opposizione. (Gianni Santucci, Corriere della Sera)

Milano allagata in allerta arancione. Evacuati asili e scuole a Monza. Lambro e Seveso esondati. Traffico in tilt. Luca Bernardo (Fi): «Manutenzione assente». (Matteo Lorenzi, La Verità)

Gli Anniversari

1532, Tommaso Moro si dimette da Lord Cancelliere
1568, Maria Stuarda fugge della Scozia
1770, Maria Antonietta sposa il futuro Luigi XVI
1792, Venezia: inaugurato il Teatro la Fenice
1911, scoperti a Jersey resti di Neanderthal
1920, Benedetto XV canonizza Giovanna D’Arco
1929, Hollywood: prima degli Academy Awards
1943, termina la rivolta nel Ghetto di Varsavia
1944, Auschwitz: Sinti e Rom si ribellano ai nazisti
1948, Weizmann primo presidente d’Israele
1960, LA: primo laser funzionante
1974, arrestato a Milano il latitante Luciano Liggio
1975, giapponese la prima donna sull’Everest
1990, muore a Beverly Hills Sammy Davis Jr
1994, linfoma: Jacqueline Kennedy ricoverata a NY
2003, attacchi terroristici a Casablanca
2004, voto e candidatura alle donne in Kuwait
2005, Kabul: rapita Clementina Cantoni
2006, a Romano Prodi l’incarico di governo
2006, la Apple presenta il MacBook
2012, Pechino: pronta la China Central Television

Nati oggi

1903, Ugo la Malfa
1905, Henry Fonda
1914, Antonio Guarino
1915, Mario Monicelli
1939, Mario Mori – Pascal Salin – Mariotto Segni
1940, Pietro Mezzaroma
1945, Massimo Moratti
1946, Giovanni Mottola
1951, Claudio Baglioni
1953, Pierce Brosnan
1957, Giovanni Negri
1960, Francesca Archibugi e Rosario Fiorello
1966, Giovanni Soldini e Giovanni Guzzetta
1974, Laura Pausini
1977, Dolcenera

Si festeggiano i Santi Ubaldo, Simone Stock e Margherita di Cortona

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati