“Che cos’è che dunque le hai chiesto? Che sorridesse un’altra volta” (Cesare Pavese)
Giorgia Meloni alla fine non ha molta scelta: o vota apertamente si a Ursula Von der Leyen nonostante lei abbia i Verdi in maggioranza che bloccano cambi di rotta sul Green Deal, oppure fa confluire i suoi voti senza appoggio ufficiale. L’opinione prevalente sui giornali vorrebbe che i 24 voti di Fratelli d’Italia venissero schierati a favore della maggioranza. Poichè l’accordo con i Verdi rende superflua la libertà di voto dei Conservatori, Meloni deciderà “affidandosi anche all’istinto” (lo scrive la sua amica Flavia Perina su La Stampa), dopo una telefonata con la presidente designata della Commissione e anche diversi sms nella notte.
Il Corriere dedica un ritratto benevolente a Fitto. Cerasa sul Foglio invita la premier a saltare il fosso e rendersi conto che non può stare con Orban, Le Pen, Salvini e Vox. Lei sente Salvini e gli chiede di non attaccarla sulle scelte europee. Antonella Sberna, l’esponente di Fratelli d’Italia eletta ieri vicepresidente a Strasburgo, dice al Corriere “siamo una destra di governo, eurorealista”, e la cosa potrebbe preludere ad un si a Von der Leyen.
Chi invece divaga è Mario Sechi, direttore di Libero ed ex portavoce di Meloni a palazzo Chigi per poche settimane: “a Bruxelles si discute di nomine, va in scena il dejà vu della maggioranza Ursula, siamo all’eterno ritorno dell’uguale mentre nessuno si chiede cosa stia accadendo sull’intelligenza artificiale e come l’Ue pensi di proteggere (e di incoraggiare a fare impresa) i suoi cittadini di fronte a questa guerra di titani. A Bruxelles tutto questo non esiste, siamo condannati all’irrilevanza”. Tutto vero, ma intanto l’Ue decide e Roma e le altri capitali europee sono capoluoghi di provincia rispetto alle decisioni prese dalla Commissione. Di Maio sul Foglio invita a dire si a Ursula. Secondo Domani, Meloni “fa il gioco delle tre carte”.
Von der Leyen, secondo le previsioni, parlerà del Green Deal in modo “giusto ma pragmatico”, mentre un player come Stellantis sostiene che sul Green Deal “non si può tornare indietro”: lo dice Uwe Hochgerschurz, direttore operativo europeo del colosso francese che ha assorbito la Fiat e non è un bel segnale. Chi vuole può seguire lo streaming del discorso di Von der Leyen che sta per cominciare, il voto è alle 13.
Pd (a parte qualche defezione) e Fratelli d’Italia nel primo voto del Parlamento europeo hanno avuto la stessa posizione sulle armi all’Ucraina in grado di colpire la Russia. Il Fatto si scandalizza e ci fa la sua prima pagina.
Va alla grande per Trump la convention repubblicana, con il partito allineato. Emerge Lara, nuora dell’ex presidente: è lei che sinora ha raccolto 280 milioni di dollari di finanziamenti. Il povero Biden intanto si prende anche il Covid.
Prima intervista da presidente di Confindustria per Emanuele Orsini, al Corriere: solido ripasso dei temi di politica economica che più interessano le imprese, volutamente nessun accenno all’Europa in attesa del voto di oggi.
L’amministratore delegato di Mediaset dice che Forza Italia ha bisogno di una nuova spinta e di facce nuove per attrarre i moderati. Tajani la prende male, chiede (e sembra ottenere) chiarimenti. In grande imbarazzo il Giornale che non può che mettere molto bene in prima pagina la posizione di un suo azionista (al 30 per cento) ma poi scrive che da Mediaset “filtra” che il ministro degli Esteri non è in discussione. Pier Silvio attacca poi Salvini sull’idea di dare più canone alla Rai e sulle modalità.dell’intestazione dell’aeroporto di Malpensa al padre.
Renzi e Schlein abbracciati alla partita del cuore tra politici e cantanti tenia martedì sera all’Aquila e mandata in onda ieri sera sulla Rai: tutti si sbizzarriscono a capire se oltre al calcio insieme c’è qualcosa di più, e tutti pensano che ci sarà.
Nordio si legge l’ordinanza del Tribunale del Riesame che ha lasciato Giovanni Toti ai domiciliari e dice di non averci capito nulla. Travaglio ovviamente scrive che è ubriaco come al solito.
Il Sole apre sullo “spread su misura” per i mutui casa, a seconda del profilo di chi compra e delle caratteristiche della casa, meglio se “verde”.
Essilux si compra per un miliardo e trecento milioni Supreme, marchio di moda Usa amato dai giovani. Poi fa sapere che Londra ha un piano per costruire 1,5 milioni di case.
Giorgetti conferma la conferma dei tagli al cuneo fiscale nella legge di bilancio. Allarme invece sulla spesa pensionistica, il cui andamento non è totalmente sotto controllo. Prorogata sino a dicembre la decontribuzione al Sud, estesa anche ai contratti a termine.
Le cliniche romane di Ciarrapico potrebbero essere acquisite dall’Humanitas di Rocca.
Chiesto il rinvio a giudizio di Andrea Agnelli, ex presidente della Juve, “per aver gonfiato prezzi e trattative di mercato”.
Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Il giorno di von der Leyen. Il negoziato senza soste. Stamattina programma e discorso, poi il dibattito e il voto dell’Aula. L’incognita dei franchi tiratori. I verdi orientati al sì, ma saranno decisive le parole sul Green deal. Left chiede il rinvio della seduta. La maggioranza con Ppe, Pse e liberali ha 401 voti: il rischio di 40-50 defezioni. (Francesca Basso, Corriere della Sera)
Ursula alla prova d’Aula, l’ultimo assist ai Verdi contro i franchi tiratori. Oggi il voto per la presidenza del Parlamento europeo: von der Leyen teme il mancato sostegno di una parte del Partito popolare. Apertura agli ambientalisti. L’incognita Conservatori. (Claudio Tito, Repubblica)
Contratti top secret sui vaccini: la Corte boccia Ursula, però la votano lo stesso. Ursula von der Leyen affronta oggi il voto parlamentare con buone chance di ottenere un secondo mandato alla guida della Commissione Ue. Franchi tiratori in dissenso con i gruppi di appartenenza possono essere dietro l’angolo, specie nei Verdi e nelle destre che cinque anni fa non avevano votato per lei. Anche per questo von der Leyen cerca il sostegno di Fratelli d’Italia. Non dovrebbero spostare molti voti le due sentenze del Tribunale dell’Unione europea che ieri hanno censurato almeno parzialmente la Commissione per il segreto sulle clausole principali dei contratti firmati con le aziende produttrici dei vaccini che contribuirono a farci uscire dall’incubo del Covid 19. Come si ricorderà l’Ue pagò in anticipo almeno 2,7 miliardi di euro, prima ancora che i vaccini fossero sviluppati e approvati (il conto arriverà poi ad impegni per 71 miliardi), ma i contratti furono pubblicati pieni di omissis su prezzi, obblighi dei produttori e molto altro ancora. (Alessandro Mantovani, Il Fatto Quotidiano)
Il Tribunale Ue: irregolarità sui vaccini Covid. Alla vigilia del voto di fiducia sulla presidente-designata della Commissione europea qui a Strasburgo, il Tribunale dell’Unione europea ha rimproverato ieri all’esecutivo comunitario di non aver garantito sufficiente trasparenza ai contratti di acquisto di vaccini durante la recente pandemia. L’attesa sentenza giunge mentre alcune scelte spesso accentratrici e avvolte nel silenzio di Ursula von der Leyen fanno temere franchi-tiratori nella votazione di oggi. (Beda Romano, Il Sole 24 Ore)
«Io eletta vice di Metsola. Siamo destra di governo, considerati seri e credibili». Sberna (FdI): qui gruppi diversi, in Italia resteremo uniti. Sul voto per la presidenza conteranno gli impegni e il peso nella Commissione. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)
Meloni e l’avviso (al telefono): Ursula, non aprire troppo alle istanze di socialisti e verdi. L’intesa ancora non c’è e manca la garanzia di una vicepresidenza esecutiva. L’idea che se saltasse von der Leyen l’asse si sposterebbe più a sinistra. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)
Il primo voto Ue su Ucraina e Orbán divide maggioranza e opposizione. FdI e FI per gli aiuti, Lega no. Pd (con dissensi) e M5S lontani. Ungheria, meloniani contro. (Francesca Basso, Corriere della Sera)
Pd e Fdi uniti per la guerra. Il primo voto in Europa dice sì ai missili su Mosca. Il Parlamento europeo “sostiene fermamente l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo”. La prima risoluzione votata a Strasburgo, prima ancora del voto sulla candidata, Ursula von der Leyen, come presidente della Commissione europea, contiene un salto di qualità nel sostegno militare a Kiev da parte dell’Europa, che contempla sostanzialmente la possibilità di portare la guerra in territorio russo con armi europee. Una posizione rispetto alla quale l’Italia in blocco s’era detta contraria. Ma ieri, nel voto finale al testo che ribadisce il sostegno politico e non solo militare all’Ucraina, dicono sì sia il Pd, con l’astensione degli indipendenti Marco Tarquinio e Cecilia Strada, sia Fratelli d’Italia, oltre a Forza Italia. Mentre sul no vanno la Lega, i gruppi di Left, M5S e Avs e i Verdi che votano in dissenso dal gruppo. La prima votazione della nuova legislatura europea fa registrare una serie di segnali. Il primo è in chiave europea: il testo è voluto dal Ppe, per marcare la maggioranza di von der Leyen proprio intorno al sostegno a Kiev, con i grandi gruppi, Socialisti e Democratici in primis, che avallano (Wanda Marra, Il Fatto Quotidiano)
L’Eurocamera boccia Orban. Il primo atto politico del nuovo Parlamento europeo è una risoluzione per ribadire il pieno sostegno all’Ucraina «per tutto il tempo necessario e in qualsiasi forma necessaria», ma anche per condannare le ultime mosse del premier ungherese Viktor Orban. Un testo che prova a definire una linea comune sulla politica estera che è stato appoggiato da una larga maggioranza (495 voti a favore su 679) formata dai tre gruppi della coalizione «tradizionale» (socialisti, popolari e liberali), ma anche dai verdi e dai conservatori. Contrari i Patrioti, i sovranisti e la sinistra: tra i 137 «no» ci sono dunque gli eurodeputati della Lega, quelli del Movimento 5 Stelle e quelli di Sinistra Italiana. Ma anche gli italiani di Europa Verde (compreso l’indipendente Leoluca Orlando, ma non Ignazio Marino, che era assente) e i «pacifisti» del Pd, Cecilia Strada e Marco Tarquinio.(Marco Bresolin, La Stampa)
Massimo Franco sul Corriere: Un’ambiguità trasversale che indebolisce la credibilità. Partiti italiani in ordine sparso a Strasburgo nelle prime votazioni sull’Ucraina. L’immagine di un Paese in bilico sulla politica estera.
Giuseppe Sarcina sul Corriere: Ora Zelensky può sorprendere i suoi nemici. Il leader deve giocare una nuova carta per la pace. Il punto più delicato resta quello di definire i confini dell’Ucraina. E forse proprio qui servirebbe una proposta inedita.
Da baby governatore in Puglia a mister Pnrr (legato a Giorgia). La carriera del «giovane» Fitto. Verso l’incarico di commissario. Una storia tra Dc, Forza Italia e FdI. Nel 2008 insieme nel governo Berlusconi, 10 anni dopo l’ingresso nel partito di Meloni. (Roberto Gressi, Corriere della Sera)
Malpensa, l’affondo di Pier Silvio. E attacca la Lega sul canone Rai. Il figlio di Berlusconi: l’intitolazione? Non mi sono piaciuti tempi e modi. E a Sala: pensi a Milano. (Renato Franco, Corriere della Sera)
Berlusconi jr. sfida FI. “Riconquisti i moderati” Lite con la Lega sulla Rai. Alla presentazione dei palinsesti Mediaset, Piersilvio parla di politica: “È nel mio dna, l’ho ereditata da mio padre, ma ora sarebbe un suicidio”. I messaggi al segretario Tajani, che spiega: “C’è sintonia”. L’ad del biscione vuole un “partito di sfida” e non “di resistenza”: “C’è una grande opportunità”. (Antonio Fraschilla, Repubblica)
Adesso tutti diranno che non ha senso attribuire a Piersilvio o Marina Berlusconi intenzioni di scendere in campo ogni volta che parlano in pubblico o rilasciano interviste. Oppure che uno che con leggerezza dichiara di vivere in Liguria (in un castello) o una che passa gran parte del suo tempo in una villa in Provenza non cambierebbero le loro qualità di vita per gettarsi in politica, cioè in uno dei lavori più stressanti, più costosi e non sempre soddisfacenti che ci siano. E magari è così. Ma dopo l’ultima uscita della sorella, critica con il centrodestra in materia di diritti civili e in particolare sull’aborto, quella del secondogenito di casa del Cavaliere sembra costruita con tale attenzione che qualche dubbio lo fa venire. (Marcello Sorgi, La Stampa)
Francesco Bei su Repubblica: Pier Silvio Berlusconi e i moderati in cerca d’autore. La provocazione arriva alla vigilia del voto del Parlamento europeo su Ursula von der Leyen. E qui i riflettori si spostano su Giorgia Meloni.
Consulta, la destra vuole più spazio e Nordio a sorpresa vede Barbera. Colloquio “riservato” tra il presidente e il ministro in corsa per un posto da giudice. (Gabriella Cerami, Repubblica)
Inchiesta di Genova, oggi in piazza Schlein e Conte. L’attacco di Nordio: «L’ordinanza su Toti? Non ci ho capito nulla». Spinelli resta agli arresti. (Giuseppe Guastella, Corriere della Sera)
Nordio: ho capito Hegel ma non l’ordinanza sui domiciliari a Toti. Non c’è solo il giurista Sabino Cassese a criticare la scelta degli arresti domiciliari per il governatore (sospeso) della Liguria Giovanni Toti. Sul caso interviene anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il quale durante il question time alla Camera dichiara: «Posso dire che ho letto con grande attenzione l’ordinanza del tribunale delle libertà di Genova e che di recente ho anche riletto con grande attenzione la fenomenologia dello spirito di Hegel e sono riuscito a capirla. Ho letto quest’ordinanza e non ho capito nulla». (Grazia Longo, La Stampa)
Frontiere, gestione pagata dei flussi: la Libia alza la posta con Ue e Italia. Il ministro dell’Interno del governo di unità nazionale libico (Gnu), Emad Trabelsi, lo aveva messo in chiaro alcuni giorni fa: Tripoli non ha intenzione di «pagare il prezzo» dei flussi migratori dall’Africa subsahariana all’Europa. Un avvertimento che suona, ora, come una prova di forza verso Bruxelles e un tentativo di legittimazione interno in un Paese spaccato fra il Gnu sotto l’egida Onu e una porzione del Paese controllata – di fatto – dal maresciallo di campo Khalifa Haftar. Il Trans-Mediterranean Migration Forum, il vertice di ieri a Tripoli, ha offerto una doppia leva di rafforzamento al Gnu e al suo primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, trasformando le criticità dei flussi migratori in uno strumento di pressione politica e ritorno economico. (Alberto Magnani, Il Sole 24 Ore)
Manovra, cuneo sì e pensioni no. E sulle spese militari Giorgetti chiede lo sconto alla Ue. Il ministro punta a far scomputare l’aumento delle spese militari chiesto dalla Nato in deroga al Patto di stabilità. (Giuseppe Colombo, Corriere della Sera)
Giorgetti riaccende l’allarme pensioni. Il ministro: «Nessun sistema regge con questa demografia. Resta il taglio del cuneo». Giorgetti, tuttavia, ha puntualizzato che «dovremmo cominciare a parlare molto più spesso di quello che è il trend demografico del Paese: nessun sistema pensionistico è sostenibile in un quadro demografico come quello attuale». L’invecchiamento progressivo della popolazione, anch’esso, non è un problema esclusivamente italiano ma, proprio in virtù della procedura di deficit eccessivo, per l’Italia rappresenta un’emergenza. (Gian Maria De Francesco, Il Giornale)
Prestiti, tassi alle stelle. E per far fronte alle rate si cede lo stipendio. L’Italia ha i tassi sul credito al consumo più salati d’Europa: oltre il 10,5% l’anno medio. Il costo annuale effettivo globale (Taeg) è al 10,66%, la media nell’Unione è 8,69%. Il ricorso alle banche per gli acquisti diffuso tra la Generazione. (Andrea Greco, Repubblica)
Infermieri ultima chiamata. Stressati e sottopagati, nel mondo ne mancano 6 milioni. Bisogna investire prima che sia tardi. La pandemia ha dimostrato che sono il perno della salute pubblica. E il loro contributo alla ricerca è imprescindibile. (Giuseppe Remuzzi, Corriere della Sera)
Essilux, doppia mossa: compra il marchio Supreme e la med- tech Heidelberg. Milleri e du Saillant: percorso di innovazione e crescita. (Daniela Polizzi, Corriere della Sera)
Armani e Dior, faro Antitrust sulle vendite e sul lavoro. Le maison: fornitori non etici? Contro i nostri valori. Collaboriamo con la giustizia. (Marco Sabella, Corriere della Sera)
Gli altri temi del giorno
La nuova minaccia di Medvedev. “Non so se Kiev arriverà al 2034”. Il numero due del Consiglio di sicurezza russo si è scagliato contro il possibile ingresso dell’Ucraina nella Nato tuonando che «in sostanza» sarebbe «una dichiarazione di guerra» alla Russia, «anche se differita». Poi ha rincarato la dose prendendo di mira le parole del segretario generale dell’alleanza, Jens Stoltenberg, che a inizio mese ha detto di sperare che Kiev possa entrare nella Nato entro il 2034: «Per quella data, nessuno degli attuali leader della Nato sarà al proprio posto» ed «è abbastanza possibile che anche» l’Ucraina «non esisterà più», sono state le parole minacciose dell’ex presidente russo. Le dichiarazioni di Medvedev arrivano da un’intervista alla testata aif.ru ripresa dalla Tass e dalla Reuters: un colloquio nel quale il fedele alleato di Putin è tornato a ricorrere a toni aggressivi. Ma ha anche puntato il dito contro i Paesi occidentali. «Finché saremo in grado di prevenire una catastrofe globale, cercheremo di farlo. Purtroppo, i nostri attuali nemici non condividono le nostre aspirazioni e non possiamo contare sulla loro saggezza, volontà e sulle loro aspirazioni alla pace», ha dichiarato, aggiungendo subito che «questo significa che tutto è possibile». (Giuseppe Agliastro, La Stampa)
I Baltici accelerano: a febbraio fuori dalla rete elettrica russa. I Baltici accelerano il percorso di affrancamento da Mosca con l’annuncio che, già a febbraio dell’anno prossimo, si staccheranno dalla rete elettrica russa e bielorussa, retaggio del sistema unificato di epoca sovietica e considerato sempre più un rischio con il perdurare della guerra ucraina. Le repubbliche baltiche non acquistano più elettricità dalla Russia già da tempo ma sono ancora fisicamente collegate a una rete in cui la frequenza elettrica è controllata da Mosca, in base al cosiddetto accordo BRELL (acronimo dell’anello energetico che collega Bielorussia, Russia, Estonia, Lettonia e Lituania), siglato nel 2001. Il piano di distacco dalla rete non è una novità: nel 2019 Estonia, Lettonia, Lituania avevano concordato con la Commissione europea di coordinarsi con la Polonia per collegarsi alla rete elettrica europea entro la fine del 2025. (Michele Pignatelli, Il Sole 24 Ore)
Vance corteggia «i dimenticati». Leali e pentiti, il partito è di Trump. L‘esordio del numero due. Assenti i Bush e i Cheney, gli ex nemici lodano il tycoon: inarrestabile. (V. Ma., Corriere della Sera)
Muro con il Messico e via dall’Ucraina. Vance detta la politica estera di Trump. L’intervento di Vance ha chiuso la giornata (titolo “Make America Strong Again”) dedicata alla sicurezza, all’energia e alla declinazione di questo in politica estera dove i capisaldi del trumpismo sono linea dura contro la Cina soprattutto sul fronte economico, militarizzazione del confine con il Messico, disimpegno dall’Ucraina e politiche commerciali protezioniste anche nei confronti dell’Europa. In un’intervista a Bloomberg Business Week, lo stesso Trump ha avvertito gli europei che il disavanzo è ampio e che «quando tornerà alla Casa Bianca finirà il lavoro iniziato» fra il 2016 e il 2020. E una frase su Taiwan, «gli Usa sono la loro compagnia assicurativa, devono pagarci», ha gettato un po’ di apprensione sui mercati. (La Stampa)
Trump alla guerra dei dazi: “Europa, riprenderò da dove ho lasciato”. E il vice Vance è freddo su Kiev. L’ex presidente spiega a “Bloomberg Businessweek” di voler tornare allo scontro. Sugli aiuti all’Ucraina il numero due prescelto ancora più isolazionista. Neanche Haley osa contraddire. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)
«Donald dopo gli spari è cambiato. Gli attacchi a Kamala Harris? Non si sa chi sarà il loro candidato». Il consigliere Jason Miller: questo Paese è una polveriera, serve calma. Il presidente è incoraggiato dall’appoggio che sta ricevendo. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)
Che cos’è il Project 2025, il «programma» con cui la destra di Trump vuole «rifare gli Usa»: migranti, giustizia, sicurezza, cambiamenti climatici. I pilastri della «rivoluzione» ultraconservatrice: funzionari scelti in base alla fedeltà, giustizia, Fbi alle dipendenze dirette del presidente, esercito per espellere i migranti, fine delle politiche per il contrasto dei cambiamenti climatici. (Massimo Gaggi, Corriere della Sera)
Nuove tensioni su Biden (che ha preso il Covid). Due dem su tre per il ritiro. Lui: lascio solo se lo dirà un medico. Schiff (California): deve passare il testimone. (M. Ga., Corriere della Sera)
Per Biden la tregua è finita. «Adesso passi il testimone». «Basta con queste caz…e!». Joe Biden ha ammorbidito i toni nei confronti di Donald Trump, ma non usa mezze parole coi tanti congressmen del suo partito che hanno ripreso a lanciargli appelli affinché si faccia da parte, spaventati dalla possibilità di essere travolti a novembre insieme all’anziano leader. Stavolta, è toccato al deputato Jason Crow del Colorado incorrere nell’ira del Capo, secondo il resoconto di una telefonata tra i due. È una delle conseguenze politiche dell’attentato a Donald Trump, che ha consegnato ai Repubblicani un partito definitivamente unito dietro al tycoon, privando i Democratici dell’ arma retorica della demonizzazione dell’avversario e esponendo ancora di più le debolezze di Biden. (Marco Liconti, Il Giornale)
Alla Convention repubblicana scende in campo Lara Trump. Alla nuora di Donald la missione di attirare il voto delle donne. Con parole misurate ha cercato di proiettare un’immagine rassicurante del suocero colpito dal processo per i soldi alla pornostar Stormy Daniels. (Gianni Riotta, Corriere della Sera)
Il discorso «laburista» del re. Carlo presenta Starmer (e la sua riforma dei Lord). Primo programma scritto da un premier progressista da 15 anni. (Luigi Ippolito, Corriere della Sera)
“Siamo aperti al negoziato. Ma se non ci ascoltano, combatteremo”. Jimmy Chérizier, alias Barbecue, è il più noto leader delle gang haitiane che da mesi tengono a ferro e fuoco il Paese. In questa intervista esclusiva con Repubblica spiega cosa vuole: “Una volta al tavolo dei negoziati, comunicheremo le nostre condizioni”. (Fabio Bucciarelli, Repubblica)
Choc nella Francia cattolica. L’Abbé Pierre accusato di molestie. Sette donne contro il più famoso e amato prete dei poveri, scomparso nel 2007. (Stefano Montefiori, Corriere della Sera)
Fugatti: «Uccidere l’orsa che ha ferito il turista». Il ricorso degli animalisti. Trento, firmata l’ordinanza. Brambilla: solo un pretesto. (Silvia Morosi, Corriere della Sera)
Il Corriere intervista ex magistrato e scrittore di successo, Gianrico Carofiglio: «L’invidia mi ha afflitto a lungo, ci ho lavorato ma non sparisce. Le mancate vittorie allo Strega? Altri fanno lobby meglio di me».
‘Banana Republic’, l’intervista ritrovata: Gino Castaldo con Dalla e De Gregori alle prove del tour che riaprì le porte alla musica dopo gli anni di piombo. (Gino Castaldo, Repubblica)
Gli Anniversari
1374, muore ad Arquà Francesco Petrarca
1553, Mary sul trono d’Inghilterra
1848, NY: Convenzione sui diritti delle donne
1870, la Francia dichiara guerra alla Prussia
1900, inaugurata la metro di Parigi
1903, Garin primo vincitore del Tour de France
1939, sutura in fibra di vetro: prima volta in chirurgia
1943, primo bombardamento degli Alleati su Roma
1946, Marilyn Monroe: primo provino per il cinema
1954, Elvis Presley debutta con il primo singolo
1966, si sposano Frank Sinatra e Mia Farrow
1966, mondiali di calcio: la Corea del Nord batte l’Italia
1975, inaugurato Gardaland a Castelnuovo del Garda
1978, muore in Sardegna Marcello Marchesi
1980, Olimpiadi a Mosca senza gli Usa
1985, slavina di Val di Stava: 268 morti
1992, assassinato Paolo Borsellino con 5 agenti
1994, bomba sventra aereo panamense
1996, Mohammed Alì tedoforo alle Olimpiadi di Atlanta
1997, l’Ira ripristina il cessate il fuoco
2001, Ciad: scoperto teschio di specie sconosciuta
2004, diffamazione: domiciliari a Lino Jannuzzi
2007, Collina designatore di arbitri
2007, prima presidente donna in India
2010, manoscritti di Kafka cercati in banche svizzere
2011, l’Iran annuncia la sua corsa al nucleare
Nati oggi
1814, Samuel Colt
1834, Edgar Degas
1924, Libero Grassi
1932, Mario Condorelli
1939, Pietro Lunardi e Antonio Girfatti
1945, Gianni Petrucci
1946, Ilie Nastase
1949, Enzo Paolo Turchi
1956, Veronica Lario
1966, Lucrezia Lante della Rovere
Si festeggia Sant’Arsenio
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