La nota del 18 marzo

“Giuseppe Conte e Matteo Salvini se la sognano un’operazione elettorale speciale come quella di Putin” (Spinoza.it)

 Vladimir Putin non ha bisogno dei dati definitivi per sapere che ha vinto le elezioni, ha quasi il 90 per cento dei voti, gli oppositori hanno votato soprattutto all’estero (Julia Navalny all’ambasciata di Berlino ha scritto il nome del marito Alexei sulla scheda) e in patria la polizia ha dovuto arrestare appena 74 manifestanti. L’affluenza media è stata del 75 per cento con punte vicine al totale nelle regioni annesse del Donbass, dove i seggi erano presidiati dai soldati con le armi spianate. “Perchè milioni di russi, da più di vent’anni, si sottopongono con limitate eccezioni a questa servitù volontaria?” si chiede Domenico Quirico su La Stampa. E si risponde così: “La paura, l’apparato repressivo e la mistificazione propagandistica non spiegano tutto. I russi hanno combattuto rivoluzione e guerra civile, resistito alla mostruosa pianificazione staliniana, resistito a Stalingrado e marciato fino a Berlino sgretolando la più oliata e mostruosa dittatura del Novecento, hanno superato la stagnazione brezneviana e la “democrazia” criminale di Eltsin. Nessun Kgb basterebbe a salvare il Palazzo dalla loro ira. Allora? Certo pesa l’abitudine all’assolutismo, a una implacabile potenza. In fondo il dispotismo russo, da Caterina a Putin compreso, ha affascinato Voltaire e imitatori fino a ieri, “l’eccezione russa”, fascino e repulsione, Mecca ideologica e poi scudo al monopolio americano, il limes mentale dell’Europa, la punta estrema del suo immaginario. Si può aggiungere lo strascico di un Potere putiniano che tra favori, maneggi, complicità nella usura di un capitalismo nazionalistico-mafioso, moltiplica gli obbedienti boiari per interesse e necessità. E poi funziona l’odio per l’Occidente, la psicologia della fortezza assediata, la volontà di rivincita, un nazionalismo estremista e un imperialismo senza complessi. Siamo noi occidentali che dobbiamo passarlo, l’imperialismo, nel brodino dell’ipocrisia e delle giuste cause. In questo piano la guerra per Putin era un passaggio essenziale. La generazione russa che coincide con il suo avvento al potere, lo avrebbe, se fosse cresciuta nella pace, consegnato a un passato di rovine, esigendo di far parte di quel Terzo Occidente verso cui si sono levate utopistiche speranze. È la guerra che stanno combattendo e combatteranno che li rinchiude nella prigionia della servitù volontaria. Le trincee, la scoperta della morte, la lotta inumana contro il Nemico, indicato nei traditori di Kiev e nell’Occidente subdolo, creano consenso e devozione per il Capo. I reduci, come è accaduto nel 1918 non esigono democrazie, credono nelle tirannidi”.

Anna Zafesova, sempre su La Stampa, prevede che alle prossime elezioni del 2030, Putin potrà avere anche il 100 per cento dei voti, se necessario. Enrico Franceschini nel fondo di Repubblica dà più valore di quanto ne abbiano effettivamente avuto alle file a mezzogiorno davanti ai seggi chiamate dagli eredi di Navalny. Marco Imarisio sul Corriere scrive che accanto a Putin, che non ha nemmeno pubblicato un programma elettorale, “si sta facendo largo una generazione ancora più fedele e spregiudicata di quella precedente”. Macioce sul Giornale fa sapere che “Putin ci sta dicendo che l’Onu è una scatola vuota, l’America un impero smarrito e la pace un arcobaleno”. Chissà se Silvio Berlusconi, se fosse stato ancora tra noi, si sarebbe congratulato con Putin anche stavolta, come in quelle precedenti.

La coppia Giorgia Meloni e Ursula Von der Leyen porta 7,4 miliardi di finanziamenti Ue ad Al Sisi (poco meno di un decimo a fondo perduto), evitandogli il cappio del Fondo monetario e ricevendo in cambio assicurazioni sui migranti. Silenzio concordato sui diritti civili e su Regeni, per il quale ci si “affida alla magistratura”. Comunque, si tratta di una strada pressochè obbligata, dove la premier riesce a infilare anche il suo piano Mattei. Schlein grida allo scandalo, ma avrebbe fatto lo stesso se fosse stata al governo. Il Messaggero riserva all’accordo il suo titolo principale. La Stampa titola: “Meloni archivia Regeni”. Ilvo Diamanti su Repubblica rende noto che, comunque, ora lo straniero “fa meno paura agli italiani”.

In Italia Pd ed ex grillini sono riusciti a trovare un candidato per la Basilicata, è Piero Marrese, presidente della provincia di Matera, e all’argomento sono dedicate diverse paginate da ciascun quotidiano. Il Fatto definisce l’accordo “campo stretto”, perchè “i centrini Renzi e Calenda corrono a destra”. Intanto non si parla più di cosa fanno gli eletti Todde e Marsilio in Sardegna e in Abruzzo, poichè è più noioso per i giornali andare a controllare dopo le elezioni cosa fanno gli eletti, se nella sanità locale cambia qualcosa oppure no, e così via. E poi si chiedono perchè i giornali non vendono più.

Continua a dipanarsi lo scandalo degli accessi abusivi alle banche dati: La Verità fa sapere che gli spioni si erano interessati anche alla Juve ai tempi della SuperLega europea; il Giornale è certo che il Vaticano chiamò Striano per saperne di più su Mincione, Tirabassi e Torzi ai tempi del processo a Becciu. Ma le notizie che si susseguono sembrano diventate tranquilla routine, in fondo Striano regolava gli accessi anche sui fatti di cronaca. Laudati, il vice dell’Antimafia cui rispondeva Striano dice a Repubblica che comunque anche lui era autorizzato. E allora persino il redivivo Antonio Di Pietro sul Tempo dice che De Raho, capo dell’Antimafia all’epoca dei fatti,  “deve chiarire”.

Domani elenca le fatiche dei portavoce dei ministri della destra, sempre pronti alle gaffe. E poi si dedica al “circoletto magico” di Conte.

Marco Fortis spiega sul Foglio, facendo la sintesi di un documento da lui stesso preparato per il G7, perchè l’Italia sta andando meglio in economia degli altri paesi europei. Tutto vero, non si va indietro come sempre perchè gli altri fanno peggio ma siamo totalmente nelle mani della congiuntura internazionale che dipende poi da come va la guerra in Ucraina e da cosa succede nel Mar Rosso alle navi mercantili.

Maurizio Belpietro si preoccupa su La Verità che i candidati alla presidenza di Confindustria si perdano nei “soliti riti” e nei programmi più o meno uguali (di cui scrive anche Querzè sul Corriere). Ma non spiega che da una parte c’è il candidato della conservazione dell’irrilevanza attuale, Garrone, non a caso sostenuto dai soliti noti (Marcegaglia in testa) che condizionano l’associazione da un quindicennio, mentre dall’altra c’è un imprenditore, Orsini, che è espressione di una nuova classe dirigente interna che non vuole più tutele interessate.

Gabanelli sul Corriere spiega i maxi utili delle banche solo con i mutui che costano sempre di più mentre gli interessi sui conti correnti restano pressochè fermi.

Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, si prende il merito di aver evitato la follia Ue sulle case green e annuncia su La Stampa “sgravi per chi dovrà fare i lavori”. Un mini Superbonus?

Il Napoli strappa il pareggio all’Inter, il Milan passa a Verona. La Juventus non vince con il Genoa in casa e Allegri sbrocca con ingiornalisti. Grave malore di Barone, Dg della Fiorentina, e la partita con l’Atalanta viene rinviata. Brignone vince ancora.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Il Cremlino annuncia il plebiscito «A Putin l’88%, più che mai». Il presidente cita per la prima volta Navalny: ero pronto a liberarlo. Washington: elezioni né libere né oneste. (Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera)

Vladimir Putin ha vinto le sue elezioni a senso unico. I primi risultati ufficiali lo danno addirittura all’87,34% col 50% dei voti scrutinati. Una cifra da record frutto di una propaganda dilagante e di elezioni senza sfidanti, ma anche poco trasparenti e con denunce di irregolarità che possono ovviamente aver gonfiato i numeri fino a quanto desiderato dal regime. (Giuseppe Agliastro, La Stampa)

Putin, plebiscito alle elezioni: “Ora siamo più forti che mai”. Il leader confermato con l’87% dei voti. “Un conflitto con la Nato ci avvicinerebbe a una guerra mondiale”, dice dopo la vittoria. La protesta dell’altra Russia in fila ai seggi alle 12. (Rosalba Castelletti, Repubblica)

«Ho perso ogni speranza. Il mio Paese si merita il leader partorito dal Kgb». La scrittrice Ulitskaya messa all’indice: il suo potere è vendicativo. La Russia è la mia patria, il russo la mia lingua, ma è poco probabile che un giorno io possa tornare. (Luigi Ippolito, Corriere della Sera)

L’attesa tenace di Yulia, sei ore tra la sua gente «Ho votato Aleksei. Un giorno vinceremo». In fila a Berlino, che è ormai la patria della dissidenza. I selfie e gli abbracci, in mano un mazzo di rose. Poi l’invito di Aleksei a non arrendersi mai. (Mara Gergolet, Corriere della Sera)

Cosa (non) cambierà alla corte dello Zar. L’annuncio di un «tempo degli eroi», il ruolo dei militari. Una generazione ancora più spregiudicata verso il potere. Putin ha promesso di mettere i veterani del conflitto ucraino nei posti di comando. (Marco Imarisio, Corriere della Sera)

Netanyahu e le pressioni Usa: «Non si parla così a un alleato». Il premier: voto anticipato vuol dire perdere la guerra. Mattarella: i conflitti vanno fermati. Per Meloni Gaza è «in cima alle nostre preoccupazioni, vogliamo una tregua». (Andrea Nicastro, Corriere della Sera)

Firmata l’intesa tra Ue e Egitto. Meloni e Schlein, scontro su Regeni. Ad Al Sisi 7,4 miliardi per fermare gli sbarchi. La premier: Ursula può contare su di noi. Per Palazzo Chigi è il primo atto concreto del Piano Mattei per l’Africa. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Patto anti-migranti. Insieme alla premier, a incontrare il presidente Abdel Fattah al Sisi, una delegazione formata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dal presidente di Cipro, Nikos Christodoulidis, e dai Primi Ministri di Belgio, Alexander De Croo, Grecia, Kyriakos Mitsotakis, e Austria Karl Nehammer. I rappresentanti europei hanno messo sul piatto del leader egiziano i 7,4 miliardi del piano di aiuti in tre anni (2024-2027) divisi per aree di intervento: 5 miliardi di prestiti agevolati; 1,8 miliardi di investimenti aggiuntivi; 600 milioni di sovvenzioni. Di questi, 200 milioni sono destinati al delicato capitolo delle migrazioni e del controllo delle frontiere marittime e terrestri. In un Paese, l’Egitto, considerato strategico come terra di transito per tanti migranti subsahariani, che una volta superato il confine con la Libia prendono la via del mare. «Aspiriamo a lavorare insieme più di prima per aiutare gli Stati di origine e quelli di transito» attraverso «investimenti e assistenza per prevenire l’immigrazione illegale e per aiutare questi Stati a fronteggiare i trafficanti di migranti» ha detto Meloni. (Eleonora Camilli, La Stampa)

Dall’intesa spariscono i diritti umani e la premier dimentica il caso Regeni. Durante il bilaterale con il presidente egiziano Al Sisi avete affrontato il caso dell’omicidio di Giulio Regeni? Giorgia Meloni era preparata al fatto che, al Cairo, questa sarebbe stata la prima domanda. E risponde: «Ne parliamo sostanzialmente sempre di questa questione. Come sapete c’è un processo in Italia. Siamo andati avanti a fare quello che dobbiamo fare e il lavoro che stiamo facendo non cambia la nostra posizione sulla materia. È importante per noi e per me che quel procedimento giudiziario che c’è vada avanti. Continueremo a tentare di ottenere qualcosa di più sul fronte della verità e della giustizia». C’è una strategia precisa che pone il regime dell’ex generale in cima agli interessi italiani, perché il governo considera l’Egitto un Paese sull’orlo di un precipizio economico, circondato dalle guerre e pieno zeppo di migranti e rifugiati che in caso di default si dirigerebbero verso l’Italia e l’Europa. Un Paese troppo importante nell’area del Mediterraneo, ora ancora di più perché al centro della mediazione per un cessate il fuoco a Gaza, e cruciale per i traffici compromessi dai ribelli Houthi nel Mar Rosso. Meloni è in buona compagnia. Con lei a perseguire questa strategia, come a Tunisi la scorsa estate, c’è Von der Leyen. E poi altri quattro leader. Soltanto la presidente della Commissione europea fa un rapido accenno all’importanza dei diritti politici e umani. L’Ue consegnerà 7, 4 miliardi di euro all’Egitto senza vincolare gli aiuti al rispetto di quei diritti. Solo un blando controllo, che viene di fatto reso superfluo dal finale della dichiarazione congiunta: «Abbiamo riconosciuto gli sforzi fatti dall’Egitto sui diritti umani». (Ilario Lombardo, La Stampa)

Egitto, 7,4 miliardi da Ue e Meloni per salvare Al-Sisi. Arrivano in Egitto 7,4 miliardi di euro da qui al 2027 per salvare le disastrate casse dello Stato nordafricano, ma soprattutto per trattenersi i migranti. A staccare l’assegno al presidente Abdel Fattah Al-Sisi è stata ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che in visita al Cairo insieme alla premier Giorgia Meloni e ad altri quattro leader europei (Belgio, Grecia, Cipro e Austria), ha firmato la dichiarazione congiunta che pone le basi per un partenariato strategico tra l’Ue e l’Egitto. Il memorandum è relativo a sei ambiti principali tra cui l’immigrazione, la sicurezza e l’economia, ma dettagli e condizioni – è stato spiegato – saranno definiti in seguito.(Patrizia De Rubertis, Il Fatto Quotidiano)

Stefano Cappellini su Repubblica: Atlantista e sovranista, Meloni double face. L’intermittenza di princìpi pare un difetto strutturale della nostra destra di governo. Dentro i confini nazionali ma talvolta anche fuori. Come testimonia la passerella al Cairo.

In fuga dalla Striscia senza papà Sami “Ma torneremo a casa per costruire la pace”. Bisan e Ruba al Ajrami, figlie del collaboratore di Repubblica a Gaza, sono finalmente al Cairo. Dove le abbiamo incontrate. (Anna Lombardi, Repubblica)

La scrittrice Anne Applebaum: “Trump sostiene Putin perché vuole minare la democrazia americana”. “Non è stata un’elezione, ma una farsa”, dice l’analista commentando il voto in Russia. “L’unica cosa positiva è che si tratta di una dimostrazione di quanto sia potente l’idea delle democrazia, al punto che pure i russi devono fingere di averla”. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)

Trump evoca il bagno di sangue se non sarà rieletto a novembre: «Alcuni migranti sono animali». I comizi dell’ex presidente sempre più sgangherati. Ma piacciono ai suoi fan. (Massimo Gaggi, Corriere della Sera)

Basilicata, Pd e M5S ci riprovano. È Marrese il nuovo nome in campo. Dopo il ritiro del primario. Calenda: «Schlein non ci risponde più al telefono». (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)

Tridico: “Troppi bulli al centro che non vogliono il patto Pd-5S”. Intervista all’ex presidente dell’Inps: “Con i dem si deve partire dai temi: voto a 16 anni e riscatto gratis della laurea”. (Antonio Fraschilla, Repubblica)

«Ora serve un colpo di reni e la responsabilità di tutti. In particolare dei 5 Stelle». Nardella: bisogna smettere la politica dei veti, fa male a tutti. In Sardegna abbiamo detto sì a Todde, perché valida, pur avendo noi il doppio dei voti. (Alessandra Arachi, Corriere della Sera)

Paolo Mieli sul Corriere: Lezioni dai campi lucani. Candidati e formule per il voto in Basilicata. Ma più che «nuovi contadini» servirebbe un’intesa tra i coltivatori che ci sono.

Il patron del Papeete: ladri nella mia masseria, volevano uccidermi. Il leghista Casanova: hanno tentato di investirmi. (Luca Pernice, Corriere della Sera)

Piazza Affari al meglio dal maggio 2008, Wall Street ai massimi storici. Rialzi senza freni. Il crac di Lehman Brothers è un ricordo lontano, così come la pandemia e le due guerre in corso. Stesso dicasi per la deglobalizzazione parziale in atto e tutte le incertezze,  ricordate   ieri   anche   dal   ministro dell’ Economia Giancarlo Giorgetti, che aleggiano sull’economia globale. Le Borse corrono, si entusiasmano, trovano nuovi stimoli. Prima la sanità, poi i Bitcoin, ora l’intelligenza artificiale e le banche, nel caso dell’Italia. Ma l’Eldorado, avvertono gli analisti, preoccupa. «Quando abbiamo valutazioni così elevate, è legittimo pensare che ci sia una bolla», avvertono gli esperti di Wells Fargo. Ipotesi rilanciata anche da fondi hedge, come Citadel, che invitano alla «massima prudenza» nei prossimi mesi. (Fabrizio Goria, La Stampa)

Spread ai livelli dell’era Draghi, eppure Meloni non può esultare. L’Osservatorio conti pubblici: siamo il Paese dell’Eurozona con il differenziale più alto. Uno spread così basso, 126 punti venerdì, non si vedeva dal governo Draghi, iniziato a 100 e finito a 250 in quell’estate 2022 che ha aperto poi la strada all’esecutivo delle destre. Per la premier Meloni si tratta di un riconoscimento: «Siamo una nazione virtuosa». Potremmo arrivare a 110, ipotizza il ministro dell’Economia Giorgetti. «Pochi potevano immaginarlo fino a qualche mese fa», dice al Financial Times. (Valentina Conte, Repubblica)

Gli altri temi del giorno

Gli Usa bloccano la minimum tax. Le pratiche elusive delle multinazionali deprivano, su scala globale, gli erari dei Paesi di un gettito equivalente al 10% di quello complessivo dell’imposta sul reddito delle società. Mille miliardi di dollari spostati nei paradisi fiscali solo nel 2022, pari al 35% di tutti gli utili contabilizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese in cui hanno sede. Risorse che potrebbero essere spese per sostenere le famiglie di fronte allo choc inflazionistico legato alle tensioni internazionali e liberare risorse per finanziare la transizione energetica. Il timore del ministro nasce dal fatto che l’entrata in vigore di una misura che permetterebbe anche al nostro Paese di tassare parte dei profitti delle multinazionali digitali richieda l’approvazione di un trattato fiscale internazionale da parte dei due terzi del Senato americano. Durante il meeting del G20 a San Paolo, in Brasile, lo scorso febbraio alcuni governi del G7 hanno inutilmente messo pressione a Janet Yellen perché nel comunicato finale si sottolineasse l’importanza di far entrare in vigore questa misura nei prossimi mesi. Ma se è anche grazie alle capacità negoziali di Yellen che un accordo su questa misura è stato raggiunto nel 2021 tra i paesi del G20, anche la segretaria del Tesoro Usa deve ora fare i conti con la politica nazionale, dove un accordo tra democratici e repubblicani per far passare questa misura al Senato è difficile, quasi impossibile prima delle presidenziali di novembre. (Tommaso Faccio, Il Fatto Quotidiano)

Imprenditori stranieri in Italia: crescita del 27,3% in 10 anni. Cresce l’imprenditoria straniera in Italia. Le persone fisiche nate all’estero che hanno il ruolo di amministratori, soci o titolari di imprese attive in Italia sono 775.559 (dato al 31 dicembre 2023). Erano poco più di 609mila nel 2013: la crescita è stata dunque del 27,3% in dieci anni. La maggior parte degli imprenditori stranieri in Italia sono nati in Romania, Cina e Marocco. Nel 2023 si registra anzi il sorpasso della Romania (78.258) rispetto alla Cina (78.114) come primo Paese d’origine. Queste due nazionalità, insieme, rappresentano oltre il 20% degli imprenditori immigrati in Italia. (Bianca Lucia Mazzei e Valentina Melis, Il Sole 24 Ore

Intervista a Pier Silvio Berlusconi: «Tv, sfide difficili ma noi assumiamo La politica? Non si può improvvisare». «La Germania in perdita, ora bisogna cambiare rotta». Alcune scelte non ci hanno premiato? Sugli ascolti ragioniamo a medio lungo termine. Il mondo dell’offerta dei contenuti è diventato super competitivo. Piano per mille ingressi. (Daniele Manca, Corriere della Sera)

Stm, Urso evita lo scontro su Chery: “Ma i chip sono strategici, produrremo di più in Italia”. Il ministro delle imprese e del made in Italy schiva le polemiche: “Prevarrà la collaborazione”. Sull’auto: “Incentivi devo portare ad aumento della produzione nazionale. Annuncio del secondo produttore a metà del prossimo anno”. (Filippo Santelli, Repubblica)

Stellantis stacca la spina all’elettrico. Delusa dal flop della 500 green, l’azienda con sede olandese sta pensando di riportare nello stabilimento di Mirafiori la produzione della storica vettura Fiat a motore termico. Il green a tutti i costi non piace ma soprattutto non vende, anche se incentivato. Lo dimostra la marcia indietro di Stellantis che, secondo un’anticipazione del sito Torinocronaca.it, è pronta a staccare la spina alla nuova 500e per mettere su strada la cara vecchia Fiat 500 a motore. Sono i numeri a guidare la scelta: la 500e non si vende. Prodotta nello storico stabilimento di Mirafiori, la 500 elettrica non va. (Sarina Biraghi, La Verità)

Kate Middleton, il biografo reale: “Intervento serissimo, è stata molto male”. Lo storico Tom Bower: “Non posso parlare, ma la principessa sarà fuori mesi, più che settimane”. Impazzano complottismi e speculazioni online. Ma gli amici di Catherine e William rivelano al Sunday Times: “Presto racconteranno tutta la verità in pubblico”. (Antonello Guerrera, Repubblica)

Ezio Mauro su Repubblica: In nome del popolo europeo. Il libro di Claudio Tito. Nel suo nuovo saggio l’autore analizza come pandemia e crisi economica abbiano spinto la Ue nella direzione di una maggiore integrazione. Per costruire un vero soggetto politico sovranazionale.

Vade retro uomini le donne che avanzano nella stanza dei bottoni. Bergoglio le ha scelte per gestire settori chiave della Santa sede E ora l’ultimo passo, già previsto sulla carta: la guida di un dicastero. Jo Bailey Wells, anglicana, ha tenuto una lezione al Papa e al suo C9. (Iacopo Scaramuzzi, Repubblica)

Il Vaticano chiamò Striano per dare la caccia a Becciu. Tre lettere firmate semplicemente «Francesco», su carta intestata con lo stemma papale: portano le date del 2 luglio, del 5 luglio 2019 e del 2 febbraio 2020. Sono le lettere con cui Bergoglio dà il via libera con pieni poteri ai «promotori di giustizia vaticani» perché diano la caccia con ogni mezzo agli affari di Giovanni Becciu, cardinale, e al giro di potere che lo circondava. É un incarico di portata straordinaria, che autorizza i pm di San Pietro a utilizzare fonti, consulenti, banche dati in modo praticamente illimitato.(Luca Fazzo, Il Giornale)

La morte del poliziotto eroe: «Lo ferirono in un attentato. Noi figli in divisa per lui». Napoli, la famiglia di Nicola Barbato: «Sono stati anni duri, ma ci ha insegnato a non mollare e non dare nulla per scontato». (Fabio Postiglione, Corriere della Sera)

Tito Boeri e Roberto Perotti su Repubblica: La cultura della prevaricazione. L’ episodio di squadrismo di cui è stato vittima il direttore di Repubblica a Napoli ha provocato reazioni prevedibili. La nostra interpretazione, vissuta dall’interno dell’università, è un po’ diversa. I violenti, facinorosi ed esagitati sono certamente una minoranza, ma troppe volte agiscono nell’indifferenza, troppe volte le loro condanne sono ambigue, si portano appresso un asterisco, dei sottili distinguo.

Sul Corriere Margherita Hack raccontata da Giovanni Caprara: il primo direttore nascondeva i suoi risultati e le danneggiavano l’auto intervista. E intervista Mario Lavezzi e Ilaria Capponi: un paradosso quelle frasi, stavo parlando dei problemi delle modelle. «Platinette si è scusata, Mariotto no. Il loro è stato body shaming in tv».

Gli Anniversari

37, il Senato di Roma proclama Caligola imperatore
731, elezione di Papa Gregorio III
1229, Federico II s’incorona re di Gerusalemme
1314, al rogo l’ultimo gran maestro dei Templari
1584, Russia: Fedor I succede al padre Ivan il Terribile
1662, a Parigi primo esempio di trasporto pubblico
1793, nasce la Repubblica di Magonza
1812, firmata a Cadice la Costituzione spagnola
1848, prima delle cinque giornate di Milano
1850, nasce a Buffalo la American Express
1871, nasce la Comune di Parigi
1922, Gandhi condannato a 6 anni di carcere
1925, incendio al Madame Tussauds di Londra
1931, in vendita il primo rasoio elettrico
1937, esplosione per gas: 300 bimbi morti a scuola in Texas
1939, Frank Sinistra debutta in sala d’incisione
1940, Mussolini e Hitler s’incontrano al Brennero
1944, ultima eruzione del Vesuvio
1945, 1.250 bombardieri Usa attaccano Berlino
1953, Ian Fleming completa la stesura del primo 007
1959, Vietnam: al via i bombardamenti Usa
1962, l’Algeria indipendente dalla Francia
1964, inaugurato il tunnel del Gran San Bernardo
1965, primo essere umano a navigare nello spazio
1978, Night Fever dei Bee Gees primo nelle vendite
1979, fallimento Banca Franklin: Sindona incriminato a NY
1981, prima puntata di Quark
1986, delitto Ambrosoli: Sindona condannato all’ergastolo
1989, rinvenuta mummia di oltre 4mila anni fa
1990, Germania est: prime elezioni democratiche dal ‘32
1992, in commercio Windows 3.1
1993, si sposa a NY Eddy Murphy
2004, Zapatero annuncia il ritiro dall’Iraq
2006, Riccardo Ruggiero sorpreso a guidare a 311 Km/h
2011, muore a Napoli Enzo Cannavale
2015, Tunisi: 22 morti per l’attacco terroristico al Bardo
2018, Putin viene eletto per la quarta volta presidente della Russia

Nati oggi

1893, Costante Girardengo
1903, Galeazzo Ciano
1927, Franco Piga
1931, Aristide Gunnella
1935, Guido Vergani
1936, Frederik de Klerk
1942, Vincenzo Visco
1945, Bobby Solo
1947, Walter Tobagi
1956, Ingemar Stenmark
1960, Fiorella Pierobon
1962, Massimo Giletti
1968, Francesco Boccia

Si festeggia San Cirillo 

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