La nota del 21 luglio

“Dietro ogni donna che si prepara c’è un gatto che la ammira come nessun uomo può fare” (Carl Jung)

Le prime pagine di questa bella domenica d’estate archiviano in fretta l’errore dell’aggiornamento del programma Microsoft che ha bloccato 8,5 milioni di computer, mentre negli aeroporti il caos si attenua ma continua per smaltire gli 8 mila voli (numeri doppio rispetto a quello di cui si diceva ieri) rimasti a terra. E tutti i giornali vanno in ordine sparso, anche se il tema principale resta quello del posizionamento europeo di Giorgia Meloni. E’ lite aperta tra Salvini e Tajani. Da Crosetto a Molinari (direttore di Repubblica) molti leggono la scelta di non votare von der Leyen in chiave di avvicinamento a Trump. Cirielli andrà agli Affari europei se Fitto (che intanto, secondo il Messaggero, sistema gli ultimi dossier italiani) va a Bruxelles.

La Stampa apre con una intervista al ministro della Difesa e uomo forte di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto: lui ha un fatto personale con Stoltenberg, segretario generale della Nato uscente, che non ha rispettato i patti e ha dato alla Spagna l’inviato per i paesi del Mediterraneo. Poi giudica “campate in aria” le polemiche sul voto di Strasburgo poichè sono meccanismi molto diversi da quelli italiani ed è convinto che nulla è cambiato nei rapporti con Von der Leyen. Infine fa notare che con Trump “cambierà tutto”, a cominciare dalla guerra in Ucraina e dalla necessità che l’Europa si difenda da sola, con tutto quello che questo comporta nei conti pubblici di ciascun paese.

Intanto la Commissione Sviluppo regionale del Parlamento europeo cui puntava il piddino Decaro è andata ai rumeni, e Schlein sta cercando di ottenere per l’ex sindaco di Bari la presidenza della Commissione Ambiente, facendo fuori tutte le parlamentari donne che ci avevano fatto un pensiero, da Tinagli a Corrado.

Il Giornale fa i conti dei costi del Green Deal (tremila euro a contribuente) e intervista Letizia Moratti, la quale si impegna a “vigilare”.

In ogni caso le polemiche (e quella tra Salvini e Tajani, “hai votato con i comunisti”, è davvero provinciale e dà quasi l’idea di un governo balneare tenuto insieme per ora solo dalla premier) finiranno solo quando vedremo quale portafoglio verrà assegnato all’Italia, se davvero Fitto avrà la gestione dei fondi del Pnrr e della coesione. Ma ci vorrà un mese prima che comincino le “interviste” ai candidati commissari.

Fabbrini sul Sole boccia la decisione della premier di votare contro Von der Leyen, decisione presa “per rafforzarsi nella competizione elettorale con la destra nazionalista di Salvini, anche se ciò ha condotto all’indebolimento dell’Italia nel nuovo equilibrio politico europeo. Il partito prima dello Stato”. Fabbrini è meno negativo sul Green Deal: “è vero che lo ha confermato ma ha aggiunto che “si può conciliare la protezione del clima con un’economia prospera”, e ha fatto capire che ci saranno investimenti importanti per aiutare le imprese. Ma anche qui Meloni ha messo, secondo Fabbrini, “l’ideologia prima degli interessi”. E conclude: “diventare un paese marginale e di retroguardia non corrisponde al nostro interesse nazionale”.

Tutta politica, e ancora più dura di quella di Fabbrini, è l’analisi di Rino Formica su Domani. Vale la pena metterne degli stralci: “Si è creato un problema di rovesciamento democratico sostanziale. La maggioranza di governo non è in sintonia con i legami sovranazionali europei, a differenza dell’opposizione, e dunque deve sostenere una linea politica contraria a quella europea. Dal canto suo, l’opposizione è minoranza parlamentare quindi non è in condizione di rovesciare per vie naturali, cioè democratiche, il governo delle destre. Al momento ha due armi: una è nelle mani di Ursula von der Leyen, che è stata eletta su un programma e che può, anzi deve, chiedere l’adeguamento dei programmi nazionali armonizzandoli con il programma approvato al Parlamento europeo per i prossimi cinque anni futuri. È una necessità: perché investe non solo i problemi dell’economia, della società, dello sviluppo, ma anche quelli della difesa e della sicurezza. Le forze politiche dell’opposizione hanno nelle mani un’arma fondamentale: il referendum che potrebbe essere celebrato contro l’autonomia differenziata, cioè la creazione di microstati, nel momento in cui si chiede il superamento degli stati nazionali, che progettano un’Italietta divisa e suddivisa, un vero disastro per l’Italia. Sul piano internazionale gli esperti di problemi di difesa si stanno occupando del fatto che le guerre locali stanno per trasformarsi in grandi conflitti. L’Europa dovrà affrontare questa nuova fase mondiale di una guerra per grandi aree costruendo la sua unità politica, con un processo di riorganizzazione del suo sistema di difesa e della sua presenza in uno scontro che potrebbe essere non solo economico e sociale, ma anche militare. Di fronte a questa enormità di problemi, la presidente italiana non riesce a incidere, visto che si trova a ricevere i consigli di quelli di Colle Oppio o quelli del tradizionale trasformismo della destra. In altre parole ci troviamo a fronteggiare i grandi problemi di mutamento internazionale con una sconfortante penuria mentale. Oggi siamo senza ombrello, perché ci è stata tolta la possibilità dell’aiuto altrui. O facciamo con la nostra intelligenza e le nostre mani, o ci troveremo in un’Europa che si salverà comunque, ma senza di noi”.

Repubblica apre enfatizzando l’inizio da parte delle sinistre della raccolta firme contro l’autonomia differenziata (e sull’Europa continua a prevedere che non avremo sconti su Pnrr, debito e deleghe nella nuova Commissione). Ma sull’autonomia ci sono visioni totalmente diverse con il Corriere, dove Pagnoncelli non è certo che si raggiungerà il quorum mentre a Repubblica ritengono che basteranno i voti del Sud per raggiungerlo. Entrambi i quotidiani comunque sono dell’idea che l’autonomia verrà bocciata.

Il Fatto apre sul “gruppo Brugnaro che si è preso tutta Venezia”. Avanza anche il paragone tra le due città di Toti e Brugnaro unite dallo stesso mantra: nessun confine tra pubblico e privato. A Venezia ieri manifestazione silenziosa contro il sindaco. Chi lo ha conosciuto prima che vincesse le elezioni ricorda che diversi anni fa già pagava in nero i cestisti della sua squadra di basket.

Bonaccini dice al Corriere che va bene Renzi che vuol lavorare insieme al Pd: “ho apprezzato le sue parole”.

Il Tempo ripropone l’alleanza Grillo/Raggi/Di Battista contro Conte, ma finora l’avvocato pugliese ha mantenuto le posizioni.

Landini, oltre a occuparsi del referendum sull’autonomia differenziata dopo aver depositato le firme per quello sul Jobs Act si mette a capo di “infermieri e pazienti” per cavalcare la protesta contro il Servizio sanitario nazionale. Lo scrive Repubblica.

Marina Calderone, ministra del Lavoro, presenterà martedì alle parti sociali il provvedimento che prevede la “patente a punti” per imprese per ridurre gli infortuni sul lavoro. Difende la misura in una intervista a La Stampa.

A scuola si ferma l’ascensore sociale. La laurea si tramanda dai genitori ai figli. Se la famiglia è poco istruita aumenta il rischio di lasciare gli studi. All’università il rapporto peggiora. Lo si legge su Repubblica.

Il Sole apre sulle assunzioni del Pnrr, precisando che non si tratta dei tecnici che servono ma di contratti generici.

Piantedosi dice al Messaggero, che ne fa il suo titolo principale, che gli accordi con Libia e Tunisia hanno evitato 8 mila partenze di migranti.

Andrea Orcel spiega al Messaggero la riorganizzazione di Unicredit, la prima da 14 anni, dice.

Israele attacca lo Yemen, base degli Houthi che impediscono i passaggi marittimi del Mar Rosso. Ci sono anche mezzi inglesi e americani nell’offensiva.

Biden prova ancora a resistere. Bisignani sul Tempo scrive che come papa Wojtyla è prigioniero del suo staff, che approfitta dei momenti down per imporgli decisioni che in quelli di lucidità non avrebbe preso.

Il Sole dedica un ritratto a Giovanni Malagò, presidente del Coni.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Ue, la Lega contro Tajani: imbarazzante votare col Pd. Duro scontro tra alleati. Il partito di Salvini: schieramento per le «poltrone». La reazione di Forza Italia. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Meloni rivendica le scelte Ue. Scontro tra la Lega e Tajani. Riparte dall’attribuzione delle deleghe, ma con lo sguardo indirizzato anche ai delicati dossier dei conti pubblici e del Pnrr, la partita di Giorgia Meloni con Bruxelles dopo la scelta di non appoggiare la conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue. Voto Ue che ha scatenato un durissimo scontro tra Lega e Forza Italia nella maggioranza. Già domani, nella stessa giornata in cui sono convocati il Cdm e la cabina di regia sul Pnrr, la premier nell’incontrare a palazzo Chigi il presidente del consiglio europeo, il socialista portoghese Antonio Luis Santos Costa, insisterà sulla necessità che venga riconosciuto il peso e il ruolo dell’Italia. In un’intervista al Corriere della sera Meloni ha ribadito che la priorità del suo governo sono le deleghe di carattere economico, come “bilancio”, industria, competitività e coesione. Ma Meloni ha anche difeso la decisione di non fare parte della maggioranza, che comprende anche il Ppe in cui è collocata Fi. (Il Sole 24 Ore)

«Sono attacchi puerili. Noi influenti, loro no. La scelta di FdI? Diversa». Il leader azzurro: i figli di Berlusconi lieti che FI vada avanti. Dentro a Forza Italia non sta succedendo nulla. Pier Silvio dice quello che dico io. (Paola Di Caro, Corriere della Sera)

No a Ursula, sì a Trump, l’Italia nel mirino dell’Ue. Nessuno sconto a Meloni su Pnrr, conti e deleghe. Si complicano per il governo i principali dossier europei. Le istituzioni non saranno vendicative ma su deficit e Piano non faranno deroghe. (Claudio Tito, Repubblica)

Meloni tratta sulla Commissione: caccia ai fondi di coesione e Pnrr. Adesso sì che è più chiaro l’obiettivo che ha in mente Giorgia Meloni in Europa. Nelle trattative con Ursula von der Leyen la presidente del Consiglio punta a una precisa poltrona per l’Italia, che è il risultato di un’analisi di costi e benefici, di opportunità, e di realismo, visto che nelle geometrie politiche e geografiche, vanno considerati anche i rapporti di forza e la peculiarità delle richieste degli altri Paesi. Senza dimenticare i potenziali effetti collaterali del no di Fratelli d’Italia nell’Aula di Strasburgo. Meloni è convinta che il voto contrario al bis di Ursula non abbia compromesso le chance italiane di avere una delega di peso nella futura Commissione europea. La carica che è in cima alle possibilità sondate dalla premier è quella che unirebbe i poteri di gestione sui fondi di coesione e sul Next Generation Eu (lo strumento che nella sua declinazione italiana è chiamato Piano di ripresa e di resilienza). Nel primo caso sono 400 miliardi – che andranno a rinnovarsi – e nel secondo 750 miliardi di euro, che invece vanno considerati fino a esaurimento dei vari piani nazionali. Il totale supera i mille miliardi di euro. Una responsabilità non indifferente per chi si troverà a maneggiare la distribuzione di tutte queste risorse.

Maurizio Molinari su Repubblica: Meloni, quel no a Ursula guarda a Trump. Schierarsi contro le maggiori nazioni europee significa giocare d’azzardo con l’interesse nazionale.

Il crash ha lasciato a terra 8 mila voli. Trasporti e banche, prove di ripartenza. Microsoft: colpiti 8,5 milioni di dispositivi. La Bbc: il più grande evento informatico di sempre. (Leonard Berberi, Corriere della Sera)

«È stato peggio del Millennium Bug. Per noi fondamentale intervenire subito». Ciardi (Agenzia cybersicurezza): uno tsunami. (Fabrizio Caccia, Corriere della Sera)

Succederà di nuovo. Bisogna imparare a gestire meglio i rischi. Crowdstrike lavora con oltre metà delle 500 aziende più importanti del mondo: per questo si è scatenato il domino. Ogni elemento di software poggia su strati di altri software, difficili da governare. (Paolo Ottolina, Corriere della Sera)

Concita De Gregorio su Repubblica: Tilt informatico, l’estate del nostro collasso. Qualcosa deve dirci il fatto che il guasto di una multinazionale ci privi della capacità di comunicare, di viaggiare, di fare un bonifico urgente. Che ci fermi, totalmente. Davvero siamo rassegnati a questo? Davvero non siamo più capaci di far niente da soli?

Crash digitale, tempi lunghi per la normalità Allerta hacker. Ci vorranno giorni. Forse settimane, affinché tutto torni come prima. Ma il paziente è fuori pericolo. I parametri vitali non sono compromessi.

Ecco, se ci fosse un bollettino medico, reciterebbe più o meno così quello relativo allo stato di salute del mondo digitale dopo il crash che il 19 luglio ha bloccato milioni di computer in tutto il mondo. Un millennium bug con 24 anni di ritardo che ha causato disservizi dall’Australia alle Americhe, colpendo numerosissimi settori, lasciando a terra, secondo la Bbc, 6.855 voli, bloccando l’operatività delle banche, le trasmissioni di alcuni notiziari e gli interventi chirurgici in alcuni ospedali. Un autentico disastro informatico, generato da un file piccolissimo, chiamato “C-00000291*.sys”, e sepolto in un aggiornamento di sicurezza prodotto dalla società texana CrowdStrike per i computer Windows. Un file finito inspiegabilmente lì, frutto di chissà quale mancanza di controllo, che è diventato responsabile della più grande interruzione informatica del mondo (circa 8,5 milioni di Pc coinvolti, secondo Microsoft). (Biagio Simonetta, Il Sole 24 Ore)

Ferruccio de Bortoli sul Corriere: Le Big Tech sono più potenti degli Stati. C’è uno squilibrio tra il potere economico e le istituzioni democratiche.

Schlein e l’«assist» di Renzi: un’ampia convergenza è possibile. Il no di Calenda: accordo di autoconservazione. Via alla raccolta firme contro il ddl Calderoli. «Siamo testardamente unitari, ancora di più dopo i risultati di Comunali ed Europee». L’opposizione in piazza per il referendum. E Conte fa il volontario al banchetto M5S. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)

I cellulari protetti di Brugnaro. «Incontro al ministero per i terreni». Venezia, i pm: una società del Comune procurò i telefoni non infiltrabili. «E c’era una talpa». (Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera)

Il Pnrr non cambia la Pa: poche assunzioni fra i tecnici. Sarà l’abitudine, la necessità o la difficoltà di attuare davvero strategie nuove. O sarà più verosimilmente un insieme di questi fattori. Fatto sta che i primi carotaggi sulla pubblica amministrazione italiana alle prese con le regole ormai consolidate del Pnrr indicano con una certa nettezza che il cambio di pelle chiesto dal rilancio degli investimenti dopo anni di magra non sta avvenendo. E che il «rafforzamento amministrativo» pensato per dotare gli uffici pubblici delle nuove competenze tecniche e manageriali indispensabili per gestire il piano europeo e le transizioni digitali e ambientali inevitabili anche dopo il 2026 non sta funzionando. Il turn over negli uffici c’è, ed è parecchio alimentato dall’ondata di pensionamenti dei tanti over 60 arrivati all’età dell’uscita; ma la Pa sembra decisa ad affrontare i compiti nuovi con le competenze vecchie, una scelta che apparirebbe quanto meno bizzarra in qualsiasi altra organizzazione. (Manuela Perrone e Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore)

Stangata Green Deal. Un salasso annuale da quasi 3mila euro per ogni contribuente. Il secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea inizia con un’ingombrante ombra verde. Ingombrante soprattutto considerando i costi associati al Green Deal europeo, ossia la strategia dell’Unione Europea volta a pervenire alla «neutralità climatica» entro il 2050. Il piano si presenta come un’impresa colossale, i cui costi andranno ben oltre le stime iniziali del 2019 che parlavano di circa 1.000 miliardi di euro all’anno per i prossimi 30 anni. Le previsioni più recenti indicano cifre d e c i s a m e n t e p i ù e l e v a t e . B r u x e l l e s s t i m a c h e l’implementazione del Green Deal necessiterà di investimenti annui dell’ordine di circa 1.285 miliardi all’anno, pari all’8% del Pil europeo. Le risorse da mettere in campo saliranno a 1.500-1.600 miliardi annui tra il 2031 ed il 2050. Un rapporto dell’Institut Rousseau, think tank francese, indica un conto salato di circa 40mila miliardi di euro da qui alla metà del secolo per decarbonizzare l’economia europea, una somma pari al 10% dell’intero Pil del blocco e pari a 1.520 miliardi ogni anno. (Titta Ferraro, Il Giornale)

Sos pesca, nel 2024 già consumato l’equivalente dell’intero Mediterraneo. Il Wwf calcola che i paesi dell’Ue hanno esaurito a luglio tutte le risorse ittiche locali, ma il sistema delle quote è inefficace La denuncia degli armatori siciliani: “Tunisia, Turchia e altri pescano senza regole, serve un tavolo con i governi confinanti”. (Gioacchino Amato, Repubblica)

«Ita, missione compiuta. Ai tedeschi un vettore sano». L’obiettivo: «Con Lufthansa puntiamo a un Ebit di 300 milioni». (Leonard Berberi, Corriere della Sera)

Da Google a Nvidia, i gruppi dell’Intelligenza artificiale bussano alla porta di Essilux. Dopo la mossa di Meta, l’interesse di big tech per gli occhiali smart. Zuckerberg potrebbe rilevare il 5% di Essillux: investimento di oltre 4,5 miliardi. (Francesco Bertolino, Corriere della Sera)

Gli altri temi del giorno

L’Idf conferma il raid sulla città yemenita di Hodeida: “Colpito il porto dove arrivano le armi dall’Iran per gli Houti”. L’azione dell’esercito israeliano, che aveva avvertito gli Stati Uniti, è stata una risposta “agli attacchi condotti contro Israele nei mesi recenti”. Ci sarebbero almeno 80 feriti. Netanyahu: “Ci difenderemo a ogni costo”. (Francesca Caferri, Repubblica)

Israele bombarda gli Houthi in Yemen e fa strage a Gaza. L’enorme incendio divampato in seguito agli attacchi aerei israeliani contro gli impianti petroliferi del porto yemenita di Hodeidah è l’immagine plastica della escalation che, a questo punto, coinvolge direttamente anche il fronte meridionale dell’asse della “resistenza”costituito da Iran-Hezbollah libanesi e Houthi, i ribelli sciiti che dal 2015 controllano buona parte dello Yemen, compresa la capitale San’a. Le bombe scaricate dagli F-35 che hanno colpito la cruciale città portuale, dove arrivano gli aiuti umanitari ma anche i droni armati e missili iraniani, sono la prima ritorsione ufficiale dello stato ebraico al lancio di droni effettuato dalla milizia ribelle sciita Houthi contro Tel Aviv due giorni fa. “Gli attacchi israeliani non fermeranno le operazioni militari a sostegno del popolo palestinese”, ha detto Mohammed al-Bukhaiti, membro dell’ufficio politico Houthi, avvertendo che aumenteranno fino alla fine della guerra a Gaza. (Roberta Zunini, Il Fatto Quotidiano)

Biden prende ancora tempo e rilancia la campagna elettorale. Non si ritirerà prima del discorso di Netanyahu. Intanto riparte da Texas e Georgia. La first lady si prepara a partire per la Francia: guiderà la delegazione Usa alle Olimpiadi. I consiglieri in privato dicono che «è finita» ma in pubblico sostengono il contrario. (Massimo Gaggi, Corriere della Sera)

Fort Biden, il team del presidente si arrocca ma crescono le pressioni per un suo ritiro. A Rehoboth, dove il presidente cura i sintomi del Covid, l’idea ha fatto breccia nella scorza di combattente del presidente, ma sino a ieri prevaleva ancora la determinazione di proseguire. Anche perché, notavano alcune fonti al New York Times, più aumentano le richieste, più Biden si irrigidisce. Il presidente si sente scaricato, tradito dai suoi storici alleati. Ritiene Nancy Pelosi, ex Speaker della Camera, nella cricca dei congiurati anche se considera Barack Obama il «sussurratore» in capo. La deputata di San Francisco ha una lunga vicinanza con Biden, hanno servito a Capitol insieme per oltre due decenni ed è stata lei ad aiutare al presidente a forgiare e portare in porto l’agenda legislativa che ha segnato i primi due anni del mandato. Le voci di un ritiro sono sempre più forti dentro lo staff, ma il cerchio ristretto di consiglieri è compatto attorno a Biden. Tanto che il capo della campagna O’Malley-Dillon ha tenuto venerdì sera un briefing con lo staff per motivarlo. Ha detto di non guardare troppo le tv via cavo che danno uno scenario che non corrisponde – parole sue – alla realtà sul terreno. Il New York Times ha riferito che Biden comunque non farà nessun passo indietro nel weekend. (Alberto Simoni, La Stampa)

L’operazione Kamala Harris. Aspirazioni, virtù e debolezze della candidata «ineluttabile» che il partito non ha digerito Ma che ora potrebbe diventare la prima donna alla Casa Bianca. (Massimo Gaggi, Corriere della Sera)

Trump, primo comizio dopo gli spari. «Non sono un pericolo, vinceremo». L’ex presidente fra i sostenitori al chiuso e con controlli rafforzati. La telefonata con Zelensky. Invitato da Zelensky, il tycoon dice che il suo ritorno alla Casa Bianca non aiuterebbe Mosca. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Trump-Zelensky: “Ci vedremo per fare la pace”. “Come prossimo presidente porterò la pace nel mondo”. Su Truth, Donald Trump, dopo aver avuto “una conversazione molto buona con il presidente dell’Ucraina”, ha promesso di nuovo che metterà “fine alla guerra che è costata molte vite umane e devastato famiglie innocenti” in Ucraina. Ma il tycoon con la benda bianca sull’orecchio non spiega mai come (tra passati elogi a Putin e critiche mai risparmiate agli alleati Nato). È Zelensky su X a confermare un prossimo faccia a faccia con Trump per determinare “i passi da compiere verso una pace giusta e duratura”. Non si sa quando si svolgerà l’incontro tra i due, “ora è troppo presto per parlarne” ha riferito il portavoce Serhiy Nikiforov, ma, ha aggiunto, “Trump ha invitato a non credere alla fake news secondo cui la sua vittoria potrebbe essere vantaggiosa per la Russia”. (Michela Iaccarino, Il Fatto Quotidiano)

I dolorosi viaggi della memoria nei kibbutz del 7 ottobre. A Kfar Aza e a Reim il ricordo della strage. «Ci volevano eliminare tutti». (Marta Serafini, Corriere della Sera)

Da atleta paralimpico ad astronauta «Test superati, lo Spazio mi aspetta». John McFall giudicato idoneo dall’Agenzia Europea: «Ma dovrò portarmi molte protesi». (Michele Farina, Corriere della Sera)

Pasolini, i Servizi e il depistaggio dell’unico colpevole. A novembre respinta anche l’ultima richiesta di riaprire le indagini: la verità di comodo e le amnesie. (Giovanni Bianconi, Corriere della Sera)

La lite con i pugliesi e la frase sui soldi. L’estate da show di Flavio Briatore. Il web lo critica. Ma lui: «Io sono un genio». (Giovanna Cavalli, Corriere della Sera)

Il Corriere intervista Sergio Rubini: «Ho avuto troppe fidanzate, ho ferito e fatto grandi casini. Depardieu? Volgare come Mozart, ma credo sia innocente».

Repubblica intervista Paola Cortellesi: “Ho smesso di censurarmi. E a mia figlia insegno a non sentirsi sbagliata”. Incontro con l’attrice sul set della terza stagione della serie Sky ‘Petra’, regia di Maria Sole Tognazzi. Il successo, la famiglia, il “fenomeno” ‘C’è ancora domani’. E i progetti. “Sto scrivendo il nuovo film. Non mi chieda di cosa parla: sarà un’altra sorpresa”.

Gli Anniversari

365, maremoto ad Alessandria d’Egitto: 50mila morti
369, terremoto a Benevento
1542, Paolo III fonda il Santo Offizio
1774, fine della guerra russo-turca
1798, Napoleone vince la battaglia delle Piramidi
1831, il Belgio indipendente dall’Olanda
1832, la Grecia indipendente dalla Turchia
1858, Cavour e Napoleone III s’incontrano a Plombières
1873, Jesse James: prima rapina al treno nel West
1921, la Mongolia proclama l’indipendenza dalla Cina
1927, ciclismo: Binda vince il primo campionato del mondo
1940, Estonia Lettonia e Lituania annesse all’Urss
1954, il Vietnam diviso in Nord e Sud
1969, Neil Armstrong posa il primo piede sulla Luna
1970, Egitto: completata la diga Assuan sul Nilo
1976, l’Ira uccide l’ambasciatore britannico
1976, nube di Seveso: allarme a Milano
1979, Palermo: ucciso il capo della Mobile Boris Giuliano
1985, Playgirl: Mario Cuomo tra gli uomini più sexy in Usa
1990, The Wall: concerto evento a Berlino
1994, Tony Blair a capo dei laburisti inglesi
2001, muore a Genova Carlo Bo
2002, WorldCom fa richiesta di amministrazione controllata
2007, settimo e ultimo libro su Harry Potter
2008, arrestato a Belgrado Radovan Karadzic
2011, si chiude il progetto Space Shuttle della Nasa
2017, terremoto nella notte tra Grecia e Turchia

Nati oggi

1515, Filippo Neri
1899, Ernst Hemingway
1924, Morando Morandini
1935, Pietro Larizza
1939, Andrea Vaccaro
1946, Domingo Cavallo
1948, Beppe Grillo e Cat Stevens
1951, Robin Williams
1953, Daniela Goggi
1960, Sebastiano Somma

Si festeggia San Daniele

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