La nota del 22 luglio

“Gli Stati Uniti fanno sempre la cosa giusta dopo aver esaurito tutte le alternative” (Winston Churchill)

Biden si arrende è il verbo più gettonato nei titoli dei nostri giornali. Alla fine dopo un mese di resistenza rinuncia alla ricandidatura a favore della sua vice Kamala Harris, ma ovviamente resta alla Casa Bianca sino alla fine del suo mandato, nonostante Belpietro su La Verità scriva che se non è in grado di ricandidarsi non lo è nemmeno per continuare a guidare gli Stati Uniti per altri sei mesi. Due punti soltanto dividono ora Trump e la vicepresidente sostenuta dai Clinton e meno dagli Obama. Il Corriere dedica ben 13 pagine all’annuncio, gli altri alcune in meno: vero è che stiamo parlando delle elezioni che decidono la guida del Paese più importante del mondo, ma forse siamo un pò provinciali visto che si dilatano temi (la successione, i finanziamenti, cosa dice il rivale Trump e così via) che possono stare in pochi articoli, magari di maggiore qualità. Molinari, direttore di Repubblica, scrive che si tratta di “un momento drammatico” della storia americana, e magari Trump penserà che era peggio se lui fosse stato colpito dal proiettile sparatogli verso la testa e finito a sfiorargli l’orecchio. Giuliano Ferrara preferirebbe Michelle Obama come candidata, è sicuro che vincerebbe. Così è se vi pare.

Le questioni italiane invece girano sempre intorno alle solite cose. Repubblica, dopo aver seminato zizzania sul rapporto tra la famiglia Berlusconi e Forza Italia ora scrive del “gelo” che c’è tra Marina, Piersilvio e Giorgia Meloni. Sul Giornale è invece Vittorio Feltri che attacca anche con toni volgari il ministro degli Esteri Tajani, segno che davvero i figli di Berlusconi vogliono cambiare Forza Italia.

La premier intanto chiede a Tajani e Salvini di smettere di litigare, ma è tempo perso.

Incredibile proposta di legge della Lega, e questa è una novità: multe sino a 5 mila euro per chi negli atti pubblici scrive sindaca o avvocata.

Sulla Rai palazzo Chigi, secondo La Stampa, ora pensa di abolire il Direttore generale e lasciare solo l’ad. Che dovrebbe essere sempre Giampaolo Rossi, in attesa della staffetta con Roberto Sergio.

Un giornalista de La Stampa, Andrea Joly, stava riprendendo la festa in strada a Torino di una sigla di estrema destra e viene aggredito dai militanti di CasaPound. Meloni è costretta a dissociarsi, non avendo altro da fare. E si può capire quanto simili episodi le nuocciono.

Lucrezia Reichlin e Francesco Drago firmano un lunghissimo articolo che parte dalla prima pagina contro l’autonomia differenziata: “la legge fa male al Nord e al Sud è rischia di gettare il Paese in un caos amministrativo di cui veramente non abbiamo bisogno. Non è mai troppo tardi per rimettere tutto in discussione”.

L’unica presidenza di commissione a Strasburgo che va agli europarlamentari italiani è l’Ambiente per Decaro del Pd. Tridico (M5S) avrà una sottocommissione alle tasse. Il Ppe ne prende sette, cinque vanno a S&D, tre a Ecr, tre ai liberali e due ai Verdi. Lo scrive il Giornale.

Il segretario della Uil, attacca su La Stampa il ministro Calderoni, chiede a Meloni un tavolo a palazzo Chigi sugli infortuni sul lavoro e vuole che venga introdotto il reato di omicidio sul lavoro.

Landini parla con il Corriere, come al solito dice che non si occupa di politica, poi parla del campo largo per metà dell’intervista e utilizza i quattro milioni di firme del referendum sul Jobs Act per legittimare il suo ruolo a sinistra.

Domani si occupa degli Angelucci: hanno off shore il controllo del loro impero.

Gentiloni disoccupato preoccupa il Pd, secondo il Giornale.

Aponte (Msc) scarica Spinelli (“era lui che faceva pressioni”) e difende Toti.

Il Fatto si occupa degli stipendi più alti nell’energia e nelle banche, da Descalzi a Orcel.

Piastri con la Mc Laren vince il Gran Premio d’Ungheria, Leclerc quarto, Sainz sesto.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. La corsa di Joe Biden verso la riconferma alla Casa Bianca si è chiusa alle 13,45 (ora americana) di una domenica che già dalle pagine della cronaca passa alla storia. A 107 giorni dalle elezioni di novembre e 25 giorni dopo il disastroso dibattito in tv contro Trump, il presidente getta la spugna e apre la strada – con un endorsement ufficiale – alle ambizioni della sua vice Kamala Harris che ha già annunciato che «cercherà la nomination per battere Trump». Le pressioni di amici, alleati e l’impietoso stato dei sondaggi che lo vedevano soccombere contro il candidato repubblicano alla fine hanno prevalso sull’orgoglio e la convinzione di potere essere l’unico a tenere testa al tycoon. Come nel 2020. Ma quattro anni sono un’eternità, e all’81enne presidente, recluso con il Covid nella casa delle vacanze di Rehoboth, Delaware, non è restato che prenderne atto. Negli ultimi cento anni solo Lyndon Johnson nel 1968 si era ritirato. Ma la stagione delle primarie era ancora aperta. Invece Biden le ha vinte, ha quasi la totalità dei delegati (3936) e la Convention che avrebbe sancito la nomination ufficiale è fissata per il 19 agosto a Chicago. (La Stampa)

Joe Biden getta la spugna. Sotto assedio dal partito, in parziale isolamento per la convalescenza da Covid, l81enne presidente degli Stati Uniti si ritira dalla sua seconda corsa per la Casa Bianca, dando il suo pieno sostegno alla sua vice Kamala Harris. La decisione, che ha un ultimo simile precedente soltanto in Lyndon B. Johnson nel 1968, lascia aperte molte domande sul futuro di una delle elezioni più imprevedibili della storia. Chiesta da molti leader ma anche dagli elettori del partito democratico, la scelta di Biden è arrivata nel pomeriggio di ieri in messaggi postati su X dopo che ore prima lo stesso presidente aveva detto di essere convinto di poter vincere il 5 novembre. Lappoggio a Kamala Harris, che non tutti nel partito sostengono, arriva in un secondo messaggio pochi minuti dopo, insieme a un appello allunità del partito: La mia prima vera decisione come candidato del partito nel 2020 era stata di scegliere Kamala Harris come mia vice presidente. Ed è stata la migliore decisione che ho preso. Oggi voglio offrire il mio pieno appoggio e sostegno a Kamala a essere la candidata del nostro partito questanno. Democratici – è ora di unirci e battere Trump”. A pesare sulla decisione sicuramente sofferta del presidente è stata londata crescente di appelli a passare il testimone”. Dopo la disastrosa performance di Biden nel dibattito televisivo del 27 giugno contro Trump. (Antonello Ciancio, Il Fatto Quotidiano)

Così Biden ha deciso di ritirarsi: il ruolo della moglie Jill, il pressing di Pelosi. «Lo staff avvisato pochi minuti prima». La discrezione di Obama, la postura pubblica di Pelosi («Quando lei dice che sei morto, sei morto»). Il consigliere Donilon ha spiegato al presidente i dati: poi la decisione, maturata nelle ultime 48 ore. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Massimo Gaggi sul Corriere: Perché quella di Biden era una scelta ormai inevitabile. La tenacia di Biden, divenuta ostinazione, si è scontrata con le improvvise rigidità dettate dalla sua età avanzata. E alla fine il presidente si è arreso all’evidenza.

Walter Veltroni sul Corriere: L’America, un Paese spaccato: ma da oggi cambia tutto. L’esito delle elezioni, che oggi apparirebbe scontato a favore di Trump, può essere rimesso in gioco. Perché l’America è spaccata in due: e il messaggio di Trump è talmente estremo che non potrà facilmente convincere i moderati. Spetterà ai democratici farlo.

Le vie di Kamala, i rischi. Così ora i democratici tentano l’ultimo assalto. È la candidata più ovvia, ma è impopolare. I benefici di una vera gara. (Federico Rampini, Corriere della Sera)

Prime bordate contro Kamala. Trump: è pazza e corrotta. All’attacco anche Vance. I repubblicani: a questo punto Biden lasci la Casa Bianca. «Dice che non sono fedele a questo Paese Kamala, io ho servito nei Marines. E tu?». (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Kamala Harris candidata col sigillo dei finanziatori. La partita si gioca sul vice. Tutti vogliono sapere chi prenderà il posto di Joe Biden come candidato democratico alla Casa Bianca, con una sostituzione in corsa che ha tutto il sapore dell’emergenza, in un clima simile a quello del 1968 quando Lyndon Johnson annunciò a sorpresa che non avrebbe corso per un secondo mandato. Rispondere è complicato, perché il rimescolamento di carte nel partito del presidente in carica è totale. C’è una questione politica (chi è la figura adatta per vincere le elezioni contro Donald Trump?) ma anche una economica (che destinazione avranno gli ingenti fondi fin qui raccolti per sostenere il ticket Biden-Harris?), senza dimenticare l’infernale groviglio delle procedure da seguire: Joe Biden non sta rinunciando al suo incarico presidenziale (se lo facesse allora sì che il suo posto verrebbe preso in automatico dalla sua attuale vice), ma «solo» alla sua ricandidatura per il prossimo mandato quadriennale, e siccome non è un monarca la sua successione non è soggetta ad automatismi. Nella lettera con cui il presidente ha annunciato la sua rinuncia vengono fatti complimenti rituali a Kamala Harris, ma senza un esplicito «endorsement». (Roberto Fabbri, Il Giornale)

L’accusa di Mosca agli Usa: “Hanno nascosto la sua salute”. La prudenza della Russia: “È presto per capire”. Ma ora vede più vicino il compromesso in Ucraina. (Rosalba Castelletti, Repubblica)

Dall’Europa gratitudine e cautela. La Russia: ora partita meno facile. Caute le prime reazioni che vengono dalla maggior parte delle capitali mondiali, visto che quasi nessuno vuole oggi schierarsi apertamente in una competizione che sarà certamente incerta. Tanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani che il suo collega della Difesa Guido Crosetto preferiscono ricordare la «grande amicizia che lega da sempre Italia e Stati Uniti», quale che sia l’inquilino della Casa Bianca. «Non tocca a noi infilarci nella campagna elettorale degli Stati Uniti — sostiene Tajani —. Chiunque sarà il prossimo presidente americano, lavoreremo bene con lui». (Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera)

Il tycoon in vantaggio anche nella raccolta fondi: 100 milioni in più in 3 mesi. Avanza nei sondaggi e pure nella raccolta fondi, sorpassando il presidente Joe Biden. A conferma di una posizione di forza sempre più solida in vista delle presidenziali di novembre, Donald Trump ha annullato quello che fino a pochi mesi fare era l’enorme vantaggio del presidente in carica dal punto di vista dei fondi elettorali. Secondo un’nalisi comparata dei dati riportata dal Financial Times, i gruppi di raccolta fondi allineati con il candidato repubblicano hanno raccolto 431.2 milioni di dollari, 98.9 milioni in più di quelli pro-Biden che hanno raccolto 332.4 milioni di dollari. (Il Giornale)

Militanti di Casapound menano un cronista. “Cosa stai filmando?”. E parte l’aggressione. Andrea Joly è un giornalista de La Stampa che sabato sera stava passando davanti all’“Asso di bastoni”, un circolo di Torino frequentato dall’estrema destra e, in quel momento, da un gruppo di militanti di Casa Pound. L’organizzazione stava festeggiando il 16esimo anniversario del circolo, per strada si inneggiava al Duce, c’erano fumogeni e fuochi d’artificio. E Joly, da cronista, ha voluto documentare la situazione filmandola con il proprio telefonino. A quel punto è stato avvicinato da un gruppo di militanti che hanno iniziato a pestarlo. Ha provato ad allontanarsi ma prima di riuscirci è stato colpito, anche a terra, con calci e pugni. (Mario Franchi, Il Fatto Quotidiano)

Nel giro di poche ore gli agenti della Digos della polizia hanno identificato due presunti autori dell’aggressione avvenuta sabato sera ai danni del giornalista de La Stampa Andrea Joly in via Cellini, all’esterno del circolo Asso di Bastoni. Si tratterebbe di due militanti torinesi di vecchia data di CasaPound. Sarebbero i primi due soggetti che hanno intimato a muso duro al giornalista perché stesse filmando e se “era uno dei loro”.(Gianni Giacomino, La Stampa)

Ezio Mauro su Repubblica: Aggressione a Joly, Meloni e il nodo non sciolto. Il pestaggio del cronista della “Stampa” da parte di CasaPound riapre il dossier eterno dell’eredità fascista, che la premier non ha mai saputo chiudere. Perché non ha voluto farlo.

Crociata contro sindaca e avvocata. Il ddl della Lega: multe fino a 5 mila euro. Il senatore della Lega, Manfredi Potenti, ce l’ha con la declinazione al femminile di alcuni mestieri. Non ne può più di leggere negli atti pubblici “avvocatessa”, “rettrice”, “questora” o “sindaca”. Ha quindi proposto di vietarlo per legge, e per chi non si dovesse adeguare, ha previsto anche delle multe da mille a cinquemila euro. Idea che non raccoglie grande entusiasmo. Le opposizioni insultano e deridono Potenti, gli alleati di Fratelli d’Italia fanno finta di non aver sentito, mentre da Forza Italia – ormai in rotta con la Lega, tanto da aprire un nuovo ennesimo fronte di scontro sul nuovo Codice della Strada salviniano – derubricano il tutto a «una perdita di tempo». Potenti non viene difeso neppure dal suo partito. «Non è un’idea condivisa», taglia corto un big leghista.

«È una proposta a titolo personale», fanno sapere poi dal quartier generale del Carroccio. (Federico Capurso, La Stampa)

Lega-FI, la tensione si sposta in Aula. FdI: stop o sarà una questione politica. Nuovo caso sul Codice della strada voluto da Salvini. Gasparri: pronti a dire la nostra. Il Pd all’attacco: «Così si indebolisce il ruolo dell’Italia in Europa e si mettono a rischio delicati dossier». (Paola Di Caro, Corriere della Sera)

«Noi ininfluenti? A Tajani chiedo quanto contino loro visto che l’Ue alla fine si è spostata a sinistra». Molinari (Lega): smettiamo di punzecchiarci. Il mio no a von der Leyen non cambia nulla: ho agito da leader europeo, non da capo partito. (Cesare Zapperi, Corriere della Sera)

L’irritazione della premier per la bagarre tra i vice. L’idea di un ultimatum. Il timore che lo scontro continui bloccando decreti importanti. Tra ministri e dirigenti la lettura è che Meloni sia «furibonda» in particolare con Salvini. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Pochi concorsi e servizi svuotati nel pubblico l’Autonomia c’è già In molte amministrazioni manca un terzo di organico. E i contratti a tempo sono cresciuti del 31% in tre anni Il Sud paga un prezzo più alto in termini di risorse: un divario che con la legge Calderoli è destinato ad aumentare. (Repubblica)

Gli altri temi del giorno

Nonostante i bombardamenti aerei israeliani che due giorni fa hanno mandato a fuoco il cruciale porto yemenita di Hodeidah, da cui entrano le armi inviate dall’Iran ai ribelli sciiti al controllo di una larga parte del paese arabo, gli Houthi hanno lanciato nuovi attacchi contro il territorio israeliano. E promettono di aumentarli così come quelli ai danni delle imbarcazioni di paesi alleati dello stato ebraico in navigazione nel Mar Rosso. Gli Houthi stanno dunque sfruttando al massimo le conseguenze del loro clamoroso e inedito attacco mortale di venerdì contro Tel Aviv e non sembrano temere nuovi raid aerei. “La risposta all’aggressione israeliana contro il nostro Paese sarà enorme”, minaccia il portavoce militare degli Houthi, Yahya Saree. I segnali indicano che la spirale delle ritorsioni si sta allargando: oltre ai missili di Hezbollah sul nord di Israele, sono stati lanciati droni anche dalle milizie sciite filo iraniane dell’Iraq. Il cosiddetto asse della Resistenza si sta dunque compattando attorno ad Hamas. (Roberta Zunini, Il Fatto Quotidiano)

Il soccorso di una Ong sembra una «consegna». Ecco la prova video. Nel video integrale si vedono tre natanti libici, non della Guardia costiera di Tripoli, ma collusi con una milizia di Zawiya e dei trafficanti che ronzano attorno ad un barcone in mezzo al mare pieno di migranti. Il filmato è girato da personale dell’Aita Mari, una delle navi delle Ong del mare, che vogliono sostituirsi agli Stati per portare più gente possibile in Europa. A 29 secondi dall’inizio si vede chiaramente un libico in maglietta verde a bordo di un fuoribordo militare con la bandiera nazionale e dell’antiterrorismo, che fa segno ripetutamente con la mano agli «umanitari» di avvicinarsi per portarsi via i migranti. Non solo: su un altro scafo, dipinto di nero, ci sono i trafficanti di esseri umani. Più che soccorso sembra una «consegna» o almeno una «scorta» da parte di miliziani, spacciati per Guardia costiera, ai trafficanti e al barcone dei migranti trovato nel buio pesto della notte davanti alla Tripolitania. (Fausto Biloslavo, Il Giornale)

Patto con il Fisco, slalom tra le cause di decadenza per 4,6 milioni di imprese. C’è un vero e proprio dedalo di situazioni di esclusione e di decadenza dal concordato preventivo, il “patto” con il Fisco. Che, anche per una scrittura incerta delle varie disposizioni, rischia di scoraggiare l’adesione da parte dei 4,6 milioni di potenziali interessati: 2,7 milioni di contribuenti che compilano gli Isa e 1,9 milioni di titolari di partita Iva in regime forfettario. È un dato di fatto che il concordato – per come è ideato ora – non convince, tant’è che sono allo studio varie modifiche per renderlo più “appetibile”. In questo lavoro di restyling andrebbero, però, prese in considerazione anche le ipotesi di esclusione e di decadenza. (Dario Deotto e Luigi Lovecchio, Il Sole 24 Ore)

Contenzioso, boom di ricorsi in primo grado: +35% in sei mesi. L’alert rimbalza lungo le 103 Corti tributarie di primo grado. Il 2024 rischia di chiudere i conti con una nuova impennata di ricorsi, con effetti destinati a mettere un freno all’obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) di tagliare il contenzioso della Cassazione, un’emergenza da più di un decennio. Stime definite «pessimistiche» dagli stessi ambienti ministeriali, parlano di una previsione di 200mila nuove liti rispetto alle 138.377 del 2023. Ma anche a voler essere meno tragici, i dati di questo primo semestre dell’anno non prospettano scenari incoraggianti: tra gennaio e giugno le nuove cause di prima istanza sono state 109.727, mentre nello stesso periodo dell’anno scorso sono state 81.564. Un aumento del 34,53% che sembra avere almeno due responsabili,

l’abrogazione della mediazione e la definizione agevolata, e una vittima, i contribuenti. Il cocktail delle due misure, varate con l’obiettivo di smaltire e velocizzare il processo tributario, sta producendo effetti indiretti e non previsti. (Ivan Cimmarusti, Il Sole 24 Ore)

Il culto green trasforma le aziende in soviet. A Milano una ventina di imprese ha stretto un patto col Comune per instaurare i dogmi verdi anche a lavoro: auto condivise per ridurre le emissioni, meno parcheggi e a pagamento, proibito pure il fumo durante le pause. Un incubo per i dipendenti. Niente auto privata, bensì macchinata condivisa con i colleghi di lavoro. Niente bottigliette agli eventi aziendali, ma acqua del rubinetto. Niente bicchieri di carta alla macchinetta del caffè: ciascuno si deve portare il suo personale da casa. Ah, e niente sigarette negli ambienti comuni esterni, giusto per aggiungere una gradevole nota di moralismo salutista al regolamento già di per sé sovietizzante. Già, perché le norme appena elencate non riguardano fabbriche della Germania Est o della Romania dei tempi che furono: sono quelle che verranno adottate a partire dal 2025 dalle aziende che hanno aderito alla Alleanza per l’aria e il clima del Comune di Milano. L’operazione coinvolge una ventina di aziende come Biotitan Nanotechnology, Capgemini Italia, Carbotermo, Carrefour Italia, Cariplo Factory, Deloitte Italy, Edison, Havas, InVento Innovation Lab, Legacoop Lombardia, Liquigas, L’Oréal Italia, Maire, Sky Italia e altre. Tutte queste realtà si sono volontariamente prestate alla sperimentazione di una sorta di «regime green». (Francesco Borgonovo, La Verità)

In terza media alunni stranieri in ritardo di due anni in italiano. Più attenzione all’italiano tra i banchi. La prevede il decreto Sport-Scuola, che ha ottenuto nei giorni scorsi l’ok della Camera e che è ora al Senato in attesa della conversione in legge prevista entro il 30 luglio. Tra le varie disposizioni urgenti per l’avvio del nuovo anno scolastico contenute al suo interno spicca il potenziamento, in due tempi, del sostegno agli alunni stranieri, a cominciare da quelli neoarrivati in Italia. Un tema che è tornato d’attualità con la pubblicazione del rapporto Invalsi 2024, da cui è emerso ancora una volta il peso sugli apprendimenti del cosiddetto “background migratorio”. Al termine del primo ciclo d’istruzione, cioè in terza media, gli stranieri di prima generazione vantano un gap di quasi due anni di scuola rispetto ai loro compagni di classe italiani, che scende a un anno per le seconde generazioni. (Eugenio Bruno Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore)

L’ha strangolata sì, ma era stressato, angosciato, «psicologicamente frastornato». L’ha strangolata perché in quel tempo atroce del Covid, marzo 2020, quando i vaccini erano ancora una chimera e c’era chi interrogava la cabala per sapere se la razza umana si sarebbe estinta, la paura di essere stato contagiato lo avrebbe sopraffatto. Il Covid sarebbe quindi un’attenuante. Così la prima sezione della Cassazione si è espressa sul femminicidio di Lorena Quaranta, la studentessa di Medicina di 27 anni uccisa il 31 marzo 2020 dal fidanzato infermiere Antonio De Pace in una villetta di Furci Siculo, un paesino del Messinese, annullando con rinvio la sua condanna all’ergastolo e rimettendo il suo destino nelle mani della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria che dovrà fare un nuovo processo. (Laura Anello, La Stampa)

Coronavirus, infezioni in aumento «Mascherine per i medici di famiglia». L’indicazione dell’associazione di categoria. Le aziende sanitarie: no agli obblighi. Rezza: impatto modesto. (Margherita De Bac, Corriere della Sera)

Stessa spiaggia ma non stesso mare, l’Adriatico ribolle e tocca i 30 gradi. Temperature come ai Tropici e con il poco ossigeno torna l’incubo mucillagini. Colpa del caldo ma anche dei fiumi inquinati dai fertilizzanti. Così si fa il bagno come nella vasca di casa. (Elena Dusi, Repubblica)

Il Corriere intervista Schwazer dopo l’addio: «Dall’atletica non mi ritiro. Il mio futuro? Allenare». Il marciatore: «Pronto a servire anche altri sport, l’ultima gara per mia figlia Ida. Ai Giochi guarderò il ciclismo». Lo stesso quotidiano intervista Antonio De Matteis, l’erede di Kiton e presidente di Pitti: «Vivo all’hotel Savoia da 37 anni, negli abiti del Duca di Windsor segreti hot. Armani? L’ho visto pulire i tavoli. Nella moda c’è chi fa troppi profitti».

Gli Anniversari

776ac, al via i primi giochi olimpici
1298, Edoardo I sconfigge gli scozzesi di Wallace
1894, Parigi-Rouen: prima gara automobilistica della storia
1898, Lenin sposa Nadezda Krupskaja
1916, bomba in Market Street a San Francisco: 10 morti
1927, fondata l’Associazione sportiva Roma
1933, prima donna di colore protagonista nella lirica in Usa
1933, primo volo in solitaria intorno al globo
1940, l’Inghilterra risponde a Hitler: Non smetteremo di combattere…
1942, inizia la deportazione degli ebrei nel ghetto di Varsavia
1943, le forze alleate liberano Palermo
1944, strage del Duomo di San Miniato: 55 morti
1946, attentato al King David Hotel di Gerusalemme: 90 morti
1963, primo album dei Beatles negli States
1968, muore a Cervia Giovanni Guareschi
1969, schiamazzi: arrestata a Detroit Aretha Franklin
1970, attentato alla Freccia del Sud a Gioia Tauro: 6 morti
1977, Cina: Deng Xiaoping torna al potere
1981, attentato al Papa: ergastolo per Alì Agca
1991, arrestato il serial killer Jeffrey Dahmer nel Wisconsin
1992, Medellin: evade il boss Pablo Escobar
1997, Fosse Ardeatine: 15 anni a Erich Priebke
1998, Dino Zoff commissario tecnico della nazionale
1999, quinto matrimonio per Martin Scorsese
1999, debutta Messenger di Microsoft
2001, muore a Milano Indro Montanelli
2003, corto circuito: incendio sulla Torre Eiffel
2003, uccisi i figli di Saddam Hussein
2004, Torri Gemelle: assolti Clinton e Bush sulla sicurezza
2005, salto con l’asta: è russa la prima donna a superare 5 metri
2007, Turchia: vittoriosa la Akp di Erdogan
2011, attentati terroristici a Oslo: 8 morti
2013, nasce il royal baby George Windsor
2017, muore a Napoli Annamaria Palermo

Nati oggi

356ac, Alessandro Magno
1822, Gregor Mendel
1882, Edward Hopper
1913, Francesco Gorni Kramer
1930, Ferruccio Amendola
1955, Filippo Ceccarelli e Willem Dafoe
1958, Nicola Grattieri
1976, Nina Moric

Si festeggia Santa Maria Maddalena

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