La nota del 23 luglio

“Se la politica non riesce ad essere un punto alto di mediazione nell’interesse generale, le istituzioni saltano e prevale chi ha più forza economica o più forza di pressione” (Sergio Mattarella, auguri al Presidente che compie gli anni)

Tanti giornali nel mondo si occupano di Kamala Harris, candidata ufficiale alla Casa Bianca, ma il tifo di quelli italiani supera tutti, anche quelli americani schierati con i Democratici. Fanno eccezione il Giornale, che prova a sottolineare “bugie, errori e ombre” dell’attuale vicepresidente, e il Fatto (che fa notare che la scelta è dipesa “dall’assenza di meglio”). Entrambe le posizioni appaiono posture pregiudiziali, anche se Harris ha avuto in poche ore 150 milioni di finanziamenti dall’elettorato dem e non dalle grandi aziende. Intanto Obama continua a tacere ed è l’unico dei big dem che non si è espresso a favore.

Meno male che Domenico Quirico su La Stampa fa notare che il mondo resterà comunque (e purtroppo) diviso in due blocchi a prescindere da chi vince a Whashington e che Putin, purtroppo, non più sicurissimo della vittoria di Trump, “massacrerà l’Ucraina”. Panebianco sul Corriere si interroga su cosa farà l’Europa senza l’ombrello americano se vince il tycoon.

Le cose italo-italiane. Antonio Polito sul Corriere vede un forte indebolimento di Giorgia Meloni e del suo governo a causa delle scelte europee, dello scontro continuo tra Tajani e Salvini e di un certo rafforzamento del centro sinistra, che potrebbe vincere anche le elezioni regionali in Emilia-Romagna, in Umbria e (se si terranno) in Liguria. Sembra quasi che il quotidiano diretto da Fontana si sia pentito delle due pagine di intervista concesse alla premier qualche giorno fa, e oggi nella vignetta di Giannelli la dipinge persino con i capelli pettinati alla Trump, visto che i Conservatori europei stanno cercando di organizzare un evento con il candidato repubblicano in Italia o in Croazia. Folli su Repubblica le chiede il “colpo d’ala”. Franco sul Corriere nota che le divisioni tra i vice sono un grosso problema.

Il Foglio è diventato molto critico verso il governo, probabilmente in sintonia con la freddezza della famiglia Berlusconi: infatti Cerasa dice di sentire Marina cosa pensa di Trump e di ricordarsi che Silvio Berlusconi era l’opposto del magnate americano.

Il Pnrr è il fronte d’attacco del Foglio: “aveva fatto molto meglio Draghi” visto che nel 2024 il governo ha speso appena 9 miliardi. E la controprova è che i giornali non amici del governo come Repubblica sottolineano la spesa insufficiente, mentre gli altri titolano sul fatto che è stato impegnato l’85 per cento dei fondi. Sempre il quotidiano diretto da Cerasa fa sapere che quando Fitto va in Europa sarà l’attuale sottosegretario Fazzolari a sostituirlo alla gestione del Pnrr e della Coesione, perchè è l’unico di cui Meloni si fidi ciecamente, più di Mantovano.

Camillo Venesio su La Stampa attacca “lo tsunami di regole che paralizza la Ue”.

Zaia potrebbe passare dalla Regione Veneto a guidare il Comune di Venezia. Lo scrive il Fatto sottolineando le pesanti accuse che pendono sul capo di Brugnaro.

Salvini per fare un altro dispetto rompe sulla legge per la concorrenza con la scusa delle autostrade, legge che va approvata entro l’anno poichè è tra le condizioni per avere i fondi Pnrr.

Schlein pensa a dare a Gentiloni, per tenerlo occupato, la guida della Fondazione Pd.

Domani continua ad attaccare Angelucci: usa i giornali come clava per i nemici (come se De Benedetti li usasse e li avesse usati per accarezzare).

Fabio Ciciliano, medico in forza alla Polizia e commissario per Caivano, è il nuovo capo della Protezione civile. Contrario il Pd.

Continua la fuga dei giovani medici, troppo stress e stipendi bassi. Lo documenta il Sole.

Giovedì il primo incontro ufficiale tra la nuova gestione di Confindustria e i sindacati.

Il Sole apre sulla nascita del portale Transizione 5.0 per le imprese e poi sottolinea in prima pagina che la Cina ha tagliato i tassi di cinque punti base per favorire la ripresa, misura poi ritenuta insufficiente in un commento all’interno.

I costruttori di auto francesi si confrontano sull’Italia: De Meo, ad di Renault, dice al Corriere che è pronto ad investire da noi; Tavares, capo di Stellantis, firma un articolo sul Sole per dire che la transizione in atto “non è esente da impatti” visto che Von der Leyen ha confermato il Green Deal. Poi accenna alle importazioni cinesi e infine, capolavoro di ipocrisia, si augura di “continuare a dimostrare l’impegno per l’Italia con responsabilità, professionalità e passione”.

Fabrizio Palenzona indagato sulla gestione della Fondazione Crt per aver promesso un posto nel Cda della Banca di Asti. Lo ha fatto sapere lui stesso, mettendosi a disposizione dei giudici.

Il Messaggero fa sapere che c’è il via libera al riscatto dei contributi pensionistici per 5 anni.

De Vizia è il nuovo presidente di Confindustria Campania per il prossimo biennio.

Il Corriere intervista Luca Josi: 70 quaderni di appunti sulla frequentazione con Craxi (quando non era più potente come prima) e l’amicizia con Mina. E poi fa lo stesso con Carlo Magri, l’imprenditore che cine dirigente sportivo ha fatto crescere a livelli mai raggiunti la pallavolo in Italia.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Harris «celebra» Biden. I dem la blindano: con lei. Prima uscita da candidata in pectore: «Joe senza eguali. So come comportarmi con i truffatori alla Trump». Pelosi scioglie i dubbi e schiera tutti i big. Lattesa di Obama «Ma si unirà a loro». Axelrod: «I giochi sono fatti, adesso è tutto chiaro». (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Effetto “ragazzaccia” dal partito a Hollywood tutti pazzi per Harris. Raccolta fondi record per Kamala: 81 milioni in un giorno La popstar Charli XCX la incorona candidata dei giovani. (Anna Lombardi, Repubblica)

Sono bastate poche ore perché tutto cambiasse. Domenica mattina Joe Biden era ancora un vecchio politico cognitivamente compromesso; domenica sera era un grande statista. Domenica mattina Kamala Harris era ancora il vice presidente meno popolare dopo Dan Quayle e Aaron Burr (battuta che è girata molto ai tempi in cui il suo consenso era fermo al 38%); domenica sera era la speranza del partito democratico, per alcuni già Madame President. Non c’è dubbio che la decisione di Biden di non ricandidarsi abbia avuto l’effetto di un reset totale, una nuova realtà in cui l’entusiasmo per la candidatura di Kamala Harris è palpabile. Un’eccitazione che come prima cosa ha contagiato il mondo delle celebrity e quello dei social network. A oggi sono già tantissimi i divi che hanno abbracciato a piene mani l’idea di Kamala presidente. Qualche nome: John Legend, Cardi B, Barbra Streisand, Robert de Niro, Jamie Lee Curtis, Bette Midler. (Simona Siri, La Stampa)

Le bugie sui genitori, il flop sui migranti e i silenzi su Biden. Quando, quattro anni fa, Joe Biden e i suoi scelsero Kamala Harris come vice presidente non lo fecero certo perché era brava. Nelle primarie del 2020 l’ex procuratrice californiana si era dimostrata tanto arrogante e antipatica quanto confusa e presuntuosa. Ma soprattutto non era riuscita a conquistarsi un solo delegato. Nell’ottica dem aveva però altre qualità. Prime fra tutte l’essere donna e avere la pelle scura. Due doni di natura che nella visione politicamente corretta della sinistra Usa rappresentavano una sorta di beatificazione politica. Anche perché grazie a quei doni Kamala compensava l’indelebile peccato originale del vecchio Joe ovvero la pelle bianca, il credo cattolico e una carriera politica iniziata mezzo secolo prima. Se poi ci aggiungiamo l’infondata presunzione di esser nata e cresciuta in povertà il quadretto era perfetto. Non che la Harris non ci abbia provato. Ma la pretesa è miseramente caduta quando si è scoperto che – oltre a essere figlia di una ricercatrice universitaria indiana e di un famoso economista afro-giamaicano – era anche cresciuta in uno dei migliori quartieri di San Francisco. (Gian Micalessin, Il Giornale)

A caccia di una squadra con consiglieri e strateghi. Ecco i nomi per il vice. In lizza i governatori di Kentucky e North Carolina, oltre al senatore Kelly (ex astronauta). (Massimo Gaggi, Corriere della Sera)

«Da moderata anti crimine a progressista. Ma ora decida il vero profilo». Il politologo Mounk: può vincere. La ricetta. Deve puntare in modo deciso sul centro politico americano, deve dimostrare di avere il coraggio di fare infuriare l’ala liberal, per esempio sull’immigrazione. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

House of Dems: 30 anni di storia del partito si intrecciano nei destini di Harris e Biden. I Clinton, gli Obama, Nancy Pelosi e Chuck Schumer. I protagonisti di un grande romanzo corale intorno al ritiro di Joe Biden e la corsa di Kamala Harris. (Gabriele Romagnoli, Repubblica)

L’agenda di Joe, tra rabbia e rischi. Il primo «test» è con Netanyahu. Potrebbe forzare i tempi per un accordo su Gaza. I nemici devono sapere che America e Israele saranno alleati sempre Benjamin Netanyahu. (Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera)

Paolo Garimberti su Repubblica: Elezioni Usa, l’incognita Kamala Harris. L’investitura da parte di Joe Biden della propria vice presenta, secondo la maggioranza degli analisti, più criticità che opportunità.

Larry Sabato: “Senza Biden come nemico, ora Trump è spacciato”.  Il  politologo  a  capo  del  Center  for  Politics dell’Università della Virginia, autore di numerosi saggi e acuto osservatore della politica americana, è ottimista: “I democratici ora possono davvero farcela”. (Anna Lombardi, Repubblica)

Salvini esulta e lancia Donald, FdI e FI “costretti” a tifare dem. Giorgia Meloni sperava che archiviata la campagna elettorale per le Europee, finisse il clima da guerriglia (qualcuno dice persino da Papeete) dentro la maggioranza. Non c’entra tanto la tenuta del governo, dal momento in cui nessuno azzarda l’ipotesi che l’esecutivo possa cadere sul bis di Ursula von der Leyen o sulle “piccole” divergenze interne (ieri, per dire, in Cdm è saltato all’ultimo il ddl Concorrenza). Ma la premier farebbe volentieri a meno del logoramento quotidiano al quale la sottopongono gli alleati e che promette di trovare altro terreno fertile da qui al 5 novembre, data delle elezioni americane. L’esultanza di Salvini (“finalmente”) e i colpi bassi della Lega, che arriva a parlare di Biden come di un “presidente umiliato”, lasciano intendere che da qui a novembre il Carroccio non perderà occasione per un sostegno pubblico al tycoon, col vicepremier che sogna persino un incontro di persona nelle prossime settimane. Il cortocircuito nel governo nasce dal fatto che, in teoria, una maggioranza di centrodestra non dovrebbe avere remore nel sostenere un candidato repubblicano contro quello democratico, ma in questo caso appoggiare Trump significherebbe per FdI e FI rimangiarsi buona parte di quella fermezza che ha contraddistinto l’Italia su uno dei dossier più delicati della politica internazionale, ovvero la guerra in Ucraina. (Lorenzo Giarelli, Il Fatto Quotidiano)

Nato, l’Italia vuole rifarsi sull’inviato al Sud Meloni a muso duro contro Stoltenberg. «Abbiamo proposto i nomi di tre funzionari civili, italiani, della Nato» conferma al Giornale, il ministro egli Esteri Antono Tajani, che ieri è tornato sullo sgarbo del segretario generale uscente dell’Alleanza, Jens Stoltenberg. Il rappresentante della Nato ha nominato come inviato speciale per il fianco Sud, che interessa al nostro paese, uno dei suoi vice, già oberato da incarichi, lo spagnolo Javier Colomina. «Una scelta che riguarda un inviato personale del segretario  generale    ha  dichiarato Tajani  a  margine  del Consiglio Affari Esteri europeo a Bruxelles – Mi auguro che la scelta del prossimo segretario generale sia più equilibrata e più rispettosa anche delle richieste italiane». Da Roma sono stati proposti tre nomi di funzionari civili della Nato bocciati da Stoltenberg, ma che verranno riproposti al suo successore, già designato per ottobre, l’ex premier olandese Mark Rutte, che ha un buon rapporto con Giorgia Meloni. (Fausto Biloslavo, Il Giornale)

Massimo Franco sul Corriere: La tensione nel governo può bloccare le riforme. Prima delle Europee ogni leader del centrodestra presentava la «sua» riforma come complementare alle altre. Ma ora lo scenario è diverso.

Sullo svuotacarceri Forza Italia tenta il blitz. La premier teme strappi. Finora Giorgia Meloni si è limitata a osservare da lontano, senza mai intervenire, i litigi sempre più velenosi tra i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Le tensioni, deflagrate dopo il voto a Ursula von der Leyen, hanno però iniziato a riversarsi sui provvedimenti in cantiere: emendamenti non condivisi, sgambetti, provocazioni, veti incrociati. Ci sono ancora un buon numero di leggi e decreti da approvare prima della pausa estiva e «se continua così – avverte un ministro di fede meloniana – c’è il rischio di inciampare e non farcela». La premier ha quindi chiesto agli alleati di abbassare i toni e da entrambi ha ricevuto rassicurazioni: «Nessun problema per la tenuta della maggioranza», fa sapere Tajani da Bruxelles. Anche Salvini si dice sicuro della stabilità del centrodestra: «In Europa abbiamo posizioni diverse, ma il governo lavora tanto e bene, e lavorerà fino all’autunno del 2027». Il livello dello scontro pubblico, dunque, ieri è calato di intensità. Nelle Aule di Camera e Senato, invece, i problemi sono appena iniziati. Forza Italia, complice lo sprono di Pier Silvio Berlusconi, ha deciso di far sentire la propria voce all’interno del governo e di archiviare quell’approccio collaborativo con Fratelli d’Italia che era stato portato al suo estremo. Sul tema dell’affollamento delle carceri, così come sul disegno di legge per il nuovo codice della strada, il partito di Tajani ha già disseminato trappole lungo il percorso. (Federico Capurso, La Stampa)

«Italia prima in Europa, già spesi 51,4 miliardi». Meloni rilancia sul Pnrr. E Fitto dribbla il toto commissario: concentrato sulle scadenze. Dopo la quinta rata sono 113,5 i miliardi erogati. La sesta ne vale altri 8,5. (Claudia Voltattorni, Corriere della Sera)

I sorrisi con Costa (dopo il voto contrario). E la premier insiste per ruoli chiave nella Ue. Le frizioni con Salvini sui ritocchi alle tariffe. A Palazzo Chigi. La leader taciturna durante il Cdm. E tra Salvini e Tajani nessun chiarimento. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Csm, Mattarella vede Pinelli Cresce il pressing su Natoli “Inaccettabile che lei resti”. Colloquio di 40 minuti Irritazione del Quirinale Esposto di Taormina contro il Consiglio. (Giuliano Foschini, Repubblica)

Dalla Padania alla battaglia di Lepanto. La «metamorfosi» di Pontida. Salvini fissa il raduno per il 6 ottobre, con un richiamo allo scontro cristiani-musulmani del 1571. (Cesare Zapperi, Corriere della Sera)

Nordio: molte anomalie nel caso Toti. Genova, il ministro: ha il diritto di restare in carica. Il governatore ricorre in Cassazione: Riesame, toni da Medioevo. (Giuseppe Guastella, Corriere della Sera)

La Russa: da Tatarella lezione per far superare il fascismo alla destra. Difesa, Napolitano mi stupì. Il presidente del Senato ricorda: nel ’90 proposi a Pinuccio di portare fiori dove morì il Duce, lui si infuriò e io capii. Quando ho conosciuto il dolore degli ebrei sono cambiato. Verso Napolitano ero un po’ prevenuto, veniva dal Pci: «Chissà come tratta le Forze Armate». E invece fu il migliore. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

Metà degli italiani si sente “ceto medio”. La politica si contende il centro della società. Solo l’1 per cento degli intervistati si colloca in una fascia “alta” della società, l’8 per cento in quella “medio-alta” e il 28% in quella medio-bassa. Operai, casalinghe, studenti e disoccupati si percepiscono “marginali” con implicazioni sul reddito. Tra i poli la Destra sembra più attrattiva. (Ilvo Diamanti, Repubblica)

Così il governo mette le mani sulla lirica. Il ministro Sangiuliano ha pronta la riforma dei teatri d’opera: più potere ai consiglieri dell’esecutivo e meno ai sovrintendenti È l’ennesimo atto della costruzione dell’egemonia culturale sovranista. (Giovanna Vitale, Repubblica)

La Cina taglia i tassi per l’economia reale. Fosse la Bce o la Fed ci sarebbe da brindare, ma è la Banca centrale cinese a sforbiciare di 10 punti base il prime rate e i pronti contro termine a sette giorni dopo aver iniettato appena una settimana fa 93 miliardi di liquidità nel sistema interbancario e non è detto che tanta clemenza made in China serva a spingere il Pil e l’economia reale oltre quel debole 4,7% di crescita registrato nel secondo trimestre. C’è attesa anche per il maxi- collocamento di bond a un anno in arrivo domani, ma l’economia resta fragile, perfino il Terzo Plenum appena concluso sembra averne preso atto. Solo Hong Kong ha reagito positivamente a un taglio inatteso guadagnando l’1% circa, mentre Shanghai ha ceduto lo 0,7 per cento all’annuncio che i prestiti a un anno (Lpr) alla clientela privilegiata sono stati limati di 10 punti base al 3,35% mentre quelli a cinque anni sono stati portati al 3,85% (-0,1%). (Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore)

Gli altri temi del giorno

Gaza, morti 2 ostaggi israeliani. «A Khan Younis 70 vittime». Ancora 116 prigionieri nelle mani di Hamas. Si aggrava il bilancio dell’attacco a Sud. (Marta Serafini, Corriere della Sera)

Israele, altra strage a Gaza: 70 morti. Mentre l’esercito israeliano ordinava l’evacuazione dell’area umanitaria di al- Mawasi, nella parte costiera a sud di Gaza, motivandola con la necessità di lanciare un’operazione contro Hamas, un raid dell’Idf su Khan Younis ha ucciso 70 palestinesi, secondo le autorità della Striscia. I soldati e i tank israeliani sono entrati nella parte est della città. Il bollettino delle vittime provocate dal conflitto scoppiato a Gaza dopo il 7 ottobre ha superato le 39 mila unità. (Il Fatto Quotidiano)

In Ucraina la Russia sembra in stallo e Zelensky e i suoi fingono di credere che il sostegno occidentale possa ribaltare la situazione e portare a una vittoria militare a lungo invocata, ma mai seriamente ricercata perché palesemente onirica. In realtà Kiev appare rassegnata all’idea di dover perdere territori, faccia, credibilità e autonomia. Non solo teme una svolta con l’eventuale presidenza Trump, ma è al suo interno che la situazione è diventata insostenibile. Esauriti i combattenti e le strutture produttive l’Ucraina sta in piedi con le elemosine, umilianti e insufficienti per mantenere lo Stato, ma più che laute per ingrassare gli oligarchi. Ora cominciano a scarseggiare anche gli obiettivi da battere e la Russia si sta organizzando per colpire quelli nuovi che affluiranno dai Paesi Nato: cioè noi, felici e ignari di essere in guerra. (Fabio Mini, Il Fatto Quotidiano)

La Cina non commenta l’annuncio del ritiro di Joe Biden dalla corsa per la Casa Bianca, ma ne studia attentamente le conseguenze. Provando a cogliere qualche opportunità. La prima è sul piano interno. Come già accaduto per l’assedio a Capitol Hill o per l’attentato a Donald Trump, anche il ritiro di Biden entra nella lista degli episodi che, nella prospettiva cinese, confermano la decadenza del sistema democratico liberale. Forse non a caso trova parecchio risalto sui siti l’intervista alla Abc di Frank Biden, fratello di Joe, che critica «i collaboratori di lunga data» che ne avrebbero forzato il ritiro. Accuse utili a paventare una sorta di “complotto” del Partito Democratico, dunque la presunta inaffidabilità della politica americana. Rimandando più o meno implicitamente a stabilità e sicurezza del modello cinese. Sui social, l’argomento è più che virale. Tra le migliaia e migliaia di commenti, c’è chi elogia Biden per un gesto “responsabile” e “altruista” e chi critica l’assenza di alternative credibili. In tanti invece ne approfittano per schernire la campagna elettorale statunitense, che secondo un utente di Weibo – social cinese – «sembra una soap opera di bassa qualità». (Lorenzo Lamperti, La Stampa)

Olimpiadi e la grande paura: ecco le imponenti misure di sicurezza messe in campo. Un numero di agenti mai visto, collaborazione con altri Paesi e intenso lavoro di intelligence. (Giuliano Foschini e Anais Ginori, Repubblica)

Case, automobili, gioielli e mucche. L’oro alle Olimpiadi vale più della gloria. L’Italia è uno dei Paesi più generosi: 180 mila euro ai vincitori contro i 35 mila degli Usa. Il Kazakhstan offre un trilocale, la Polonia un bilocale, Taiwan un vitalizio da 3700 euro al mese. (Alessandra Retico, Repubblica)

Zurich punta su Finecobank? La Borsa ora ci scommette. La public company sale fino al 7%, ma il gruppo svizzero: non siamo interessati. (Andrea Rinaldi, Corriere della Sera)

Scarpa, i fondatori aprono il capitale. «Obiettivo crescere». Entra la holding Nuo. Parisotto: i valori restano. (Andrea Rinaldi, Corriere della Sera)

Ryanair tracolla in Borsa (-17%): ricavi deboli, profitti dimezzati. Crollo degli utili e delle tariffe oltre le aspettative degli analisti e della stessa compagnia nel trimestre terminato a giugno. Tariffe «materialmente» più basse rispetto alla scorsa estate quando le previsioni indicavano un andamento stabile e moderatamente in rialzo. Che cosa è successo dal momento che lo stesso ceo di Ryanair, Michael O’Leary, solo tre mesi fa prevedeva incrementi dei prezzi dei biglietti almeno del 5 per cento? Invece la compagnia ha accusato un calo del 15% con un impatto pesante sugli utili (-46%) e sulla Borsa: il titolo ieri è arrivato a perdere il 17% trascinando al ribasso i titoli delle altre compagnie aeree europee. «Ho cercato una spiegazione – ha detto O’Leary durante la conference call con gli analisti dopo la pubblicazione dei risultati – L’ho trovata nella debole propensione alla spesa dei consumatori, diventati più parsimoniosi». (Mara Monti, Il Sole 24 Ore)

«Mia figlia uccisa due volte Il Covid non è un’attenuante». Agrigento, il padre di Lorena sulla Cassazione: giustizia malata, non si annulli l’ergastolo. (Felice Cavallaro, Corriere della Sera)

Gli Anniversari

1798, Napoleone conquista Alessandria d’Egitto
1829, brevettata la prima macchine per scrivere Usa
1929, Mussolini impone a Bolzano l’uso dell’italiano
1952, Abdel Nasser depone in Egitto il re Farouk I
1957, muore Giuseppe Tomasi di Lampedusa
1967, si sposa Terence Hill
1975, Benigno Zaccagnini è eletto segretario della Dc
1976, evacuazione per l’incidente di Seveso
1986, il principe Andrea sposa a Londra Sarah Ferguson
1993, muore suicida Raul Gardini
1994, la navicella spaziale Columbia rientra sulla terra
2000, muore a Londra Sandro Paternostro
2005, tre autobombe esplodono a Sharm El Sheikh: 90 morti
2011, muore a Londra Amy Winehouse

Nati oggi

1401, Francesco Sforza
1866, Francesco Cilea
1908, Elio Vittorini
1940, Tommaso Padoa Schioppa
1941, Sergio Mattarella
1945, Massimo Boldi
1946, Edoardo Bennato
1973, Monica Lewinsky
1982, Giuseppe Provenzano

Si festeggia Santa Brigida

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