La nota del 23 marzo

“A qualcuno l’esame di coscienza non basta, ci vorrebbe la tesi”
(Carl Gustav Jung)

Sino a poco fa erano 62 i morti e circa 150 i feriti dell’attacco portato nella serata di ieri da cinque terroristi alla sala concerto di Krasnogorsk alla periferia di Mosca e l’incendio provocato dalle bombe stava per essere domato. L’attacco è stato rivendicato dall’Isis, Stati Uniti e Inghilterra avevano avvertito Mosca di possibili attentati. L’Ucraina si chiama fuori e dice che non fa la guerra ai civili. Markov, ex consigliere del Cremlino precisa su La Stampa che la Russia ha ottimi rapporti con tutti gli stati musulmani e non crede affatto che la strage sia opera dell’Isis. Putin minaccia vendetta (intanto ha appena distrutto le centrali elettriche ucraine) e può utilizzare l’attacco ricevuto in casa in alzare il livello della guerra in qualsiasi direzione. L’Europa nel frattempo nulla ha deciso e, diciamolo pure, qualsiasi cosa avesse deciso sarebbe stata contrastata dalle proprie opposizioni interne, visto che fra qualche mese si vota per il Parlamento europeo e le elezioni qualche valore, a differenza della Russia, ancora ce l’hanno.

Tutti i giornali non possono che utilizzare tutta la propria prima pagina per cercare di rincorrere le immagini televisive che in questi casi sono molto più efficaci. Il Fatto fa notare maliziosamente nel proprio titolo che l’attentato era stato annunciato da americani ed inglesi. Il Manifesto, con riferimento al luogo dell’attacco e agli scenari che si delineano, titola “Teatro di guerra”.

Riportiamo alcuni passaggi del fondo del Corriere firmato da Marco Imarisio, uno dei cronisti più attenti su quello che succede a Mosca e dintorni, e dell’articolo di Domenico Quirico, il più apocalittico eppur veritiero, degli (ex) inviati di guerra. Ecco la ricostruzione di Imarisio: “Lo scorso 7 marzo, l’ambasciata americana a Mosca invitò i propri concittadini a lasciare il Paese, e nel caso non potessero farlo, a stare lontani dai grandi assembramenti di folla, come i concerti. Le intelligence straniere avevano intuito che qualcosa di molto brutto poteva accadere. Ma la distanza che divide la Russia dal mondo occidentale si misura anche con un evento terribile come questo. Poco dopo la sua rielezione, Vladimir Putin aveva irriso l’allarme lanciato dagli Usa, definendolo come «un ricatto» e un tentativo dell’Occidente di «intimidire e destabilizzare la nostra società». Il muro della diffidenza e dei sospetti reciproci non è mai stato così alto. Inutile immaginare chi si celi dietro questo attentato. Se confermata, la rivendicazione dell’Isis sembra quasi il male minore. A questo siamo ridotti. Perché da due anni per la Russia esiste ormai il perfetto capro espiatorio di ogni nefandezza. Non a caso l’Ucraina è stata veloce nel dire che non c’entra nulla. Kiev ha in effetti ben poco da guadagnare da una simile strage. La simpatia e l’appoggio del mondo intero non si guadagnano certo ammazzando vittime innocenti. Per Putin, si tratta di un duro colpo alla propria immagine. La sua recente campagna elettorale si era basata sulla sicurezza. Io sono l’unica persona che vi può proteggere: è sempre stato questo il suo principale messaggio alla popolazione. Il presidente russo edificò la propria ascesa sulle macerie dei palazzi distrutti dagli attentati alla dinamite che nel settembre del 1999 uccisero 293 persone. Era stato nominato da poco primo ministro. Quelle bombe, della cui paternità si discute ancora oggi, furono ufficialmente attribuite ai ribelli daghestani e ceceni. «Andremo ad ammazzare i terroristi anche al cesso» disse il futuro presidente. Quella frase fece impennare la popolarità di un personaggio politico all’epoca sconosciuto alla maggioranza dei russi, e formò la sua immagine di «uomo forte» alla quale fu fedele anche nei quattro drammatici giorni dell’ottobre 2002, durante il sequestro collettivo al teatro Dubrovka di Mosca. I media russi, a quel tempo ancora liberi di avere una opinione propria, chiedevano una soluzione non cruenta della vicenda. Putin non li ascoltò. Non poteva tradire l’immagine di leader spietato con i nemici che aveva offerto alla sua gente. I 41 guerriglieri del comando ceceno vennero uccisi. Morirono però anche 130 ostaggi, la maggioranza dei quali avvelenati dai gas usati dalle Forze speciali durante l’irruzione. Purtroppo per lei, la Russia ha una recente tradizione di attentati sul proprio territorio. Anche in tempo di pace. I più recenti sono sempre stati opera di islamisti radicali. Il 29 marzo del 2010, a Mosca esplosero due bombe in altrettante stazioni della metropolitana. Morirono 39 persone. Il 21 agosto dello stesso anno, i servizi russi uccisero in Daghestan, l’organizzatore dei due attentati, Magomedali Vagabov. Il 24 gennaio 2011, all’aeroporto Domodedovo un terrorista dell’Inguscezia si fece

esplodere facendo 38 vittime. L’atto venne rivendicato dalla sedicente repubblica islamica dell’Ichkeria (Cecenia e Inguscezia), in risposta alle «persecuzioni dei musulmani in tutto il mondo». A ogni azione terroristica, è sempre seguita una reazione violenta da parte del Cremlino. Ma è come se l’eterna maledizione del Caucaso riportasse Putin alla casella di partenza della sua storia personale. Forse la guerra non avrà l’ulteriore espansione che il mondo intero teme. Ma non perderà certo di intensità, allontanando ancora di più ogni remota ipotesi di negoziato. Quando è in ambasce, il presidente russo conosce un solo modo per uscirne, e per rinsaldare la sua aura da zar invincibile. Sangue chiama sempre sangue”.

Ed ecco cosa scrive Quirico: “Il cammino verso la Guerra (da scrivere ormai al maiuscolo viste le dimensioni che prenderà) è eternamente vincolato al pensiero sequenziale: ovvero al terrificante schema secondo cui una dichiarazione insensata o un episodio nefasto succede a un altro sostituendosi ad esso, per poi, come su una catena di montaggio, far posto a quello successivo. Fra gli indaffarati sobillatori di questa discesa agli inferi ci sono politici, agenti dei media, economisti, trafficanti e finanzieri, manager e imbonitori del tubo catodico, disinvolti pubblicitari del guerra è bello. Sono stati istituiti a tal scopo, a Occidente e a Oriente, reparti addetti specificamente alla sobillazione. Minoranze politiche dalle vedute assai limitate, acquattate nei due fronti opposti, da mesi si ostinano con successo a commerciare con l’odio, anteprima necessaria per seguire ideologie anacronistiche. Menti incorreggibili, autocratiche ma purtroppo anche democratiche, per giustificare la propria esistenza e il potere, stanno radunando milioni di uomini attorno a vessilli dalla parvenze medievali. Ci invitano da ogni pulpito a concentrare tutte le nostre forze nell’opera di distruzione. Si procede così, a piccoli passi ma sempre più rapidamente in tutte le direzioni, in un processo che nessuno osa controllare e tanto meno mettere in discussione. Gli avventisti dell’armiamoci e vinceremo!, indifferenti di fronte a tutte le catastrofi del ventesimo e ventunesimo secolo, si lasciano andare senza ritegno ai loro deliri bellicisti. L’isterico ottimismo non conosce limiti: neppure, pare, quello a cui si faceva finora ingenuo affidamento, dell’autoconservazione. Il disordine del mondo è ridotto a uno schema binario, pare che ci siano solo due opzioni: o noi o loro! Putin, che in questo modo pensiamo di intimidire e disarmare, esulta: è esattamente questa eclissi della ragione che voleva, in un mondo a spicchi diviso da Cortine impenetrabili, eternizzerà il suo ottantacinque per cento. L’odio è il suo liquido amniotico, ne conosce ogni segreto. Davvero questa guerra è ordine contro disordine? O invece analogia, omologia, specularità, contiguità, simmetria… Imperialismo contro imperialismo, mercanti di cannoni contro mercanti di cannoni, un atroce problema di concorrenza?”

Prendiamo invece dal fondo dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta sul Giornale quel che di buono (poco) è venuto fuori dal Consiglio europeo, mentre Travaglio sul Fatto li definisce “pazzi di spazzare” solo perchè si occupano di cosa fare rispetto alla guerra di Putin: “qualche concreto passo in avanti è stato fatto, aumenteranno le risorse per sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia, ma non è,stato deciso nulla sulle modalità. A mancare, però, è stata una visione comune sulla strada da intraprendere per aumentare la capacità di difesa comune europea: se i leader hanno trovato un accordo di massima sul rafforzamento del ruolo della Banca Europea degli Investimenti nella concessione di prestiti e garanzie alle aziende europee attive nel settore della Difesa, non sono invece   riusciti   a   convergere   sul   tema   dell’emissione   di «eurobond» per finanziare armamenti da inviare all’Ucraina.

Se Italia, Francia, Polonia e Estonia erano tra i principali sostenitori di questa iniziativa, il veto di Paesi più «frugali» come Germania e Paesi Bassi è stato decisivo nell’ostacolare l’accordo. Si è dunque optato per calciare la palla in avanti, prendendo una soluzione interlocutoria che demanda alla Commissione il compito di «esplorare le opzioni per mobilitare fondi comuni e di stilare un rapporto entro giugno».

La seconda notizia che si guadagna con difficoltà lo spazio sulle prime pagine è il tumore che ha colpito Kate Middleton, futura regina d’Inghilterra. Lo racconta lei stesso in un video. Il marito William deve far fronte alle incombenze che spettano alla monarchia inglese visto che anche il padre, Re Carlo, è alle prese con lo stesso male. Kate si è detta fiduciosa sulla propria guarigione.

Il Sole si porta avanti verso l’estate e apre sugli sprechi dell’acqua e le misure anti siccità che non sono state attivate. Per le case green ospita un rapporto del Cresme che ipotizza 320 miliardi di costi per adeguarle alle nuove norme Ue. E poi ospita una intervista a Maurizio Landini, che parla come se fosse il presidente di Confindustria e denuncia la carenza di investimenti pubblici nel Paese (ovviamente lui parla anche di quelli privati). A proposito della corsa alla guida dell’associazione degli imprenditori, il patron di Brembo Alberto Bombassei si duole su Repubblica che Gozzi non abbia trovato i voti necessari a competere e lo definisce come il candidato  “sparito”.

Un direttorio affiancherà Salvini nella guida della Lega sino al congresso. Lo scrive Repubblica.

Firmato il contratto del commercio, 240 euro in più all’anno.

Brunetta non presta più la sua opera gratis al Cnel, ora può cumulare lo stipendio con la pensione grazie ad una norma ad hoc. I grillini attaccano.

Il Giornale mette in fila le vignette “maschiliste e fallocratiche” del Fatto su Giorgia Meloni e si chiede (giustamente) se si tratti di satira.

Verderami sul Corriere torna sulla scelta del capo degli 007 e accenna all’ipotesi che tra De Deo e Valensise possa inserirsi Luongo.

Il comandante della Guardia di Finanza, De Gennaro, spiega che il controllo sugli accessi abusivi alle banche dati di Striano spettava all’Antimafia, cioè a De Raho e Laudati.

A sorpresa, il piddino Petruccioli difende Gli anni di Guido Paglia alla Rai e si duole per la rinuncia del candidato di destra al Cda.

Il Messaggero mette in prima pagina che le farmacie diventeranno anche ambulatori dell’assistenza sul territorio. Avvenire e Fatto chiedono un cambio di passo nella sanità pubblica.

La Libertà, giornale di Piacenza, scopre che un proprio concittadino (originario di Castel San Giovanni, per l’esattezza) è responsabile del settore agricoltura, pesca, affari sociali e salute al Segretariato del Consiglio dell’Unione europea; si chiama Cesare Onestini.

Donnet, capo di Generali, spiega a Mf come l’intelligenza artificiale farà bene allo sviluppo della compagnia triestina.

E’ ufficiale, Unipol ha scelto Papà come ad di Bper. Cabral verso la presidenza della banca emiliana.

E’ Sainz e non Leclerc il ferrarista che parte subito dopo Verstappen al Gran Premio di Australia. Leclerc è quinto.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Intorno alle otto di sera, nell’enorme sala del Crocus, gli spettatori sono in attesa che salgano sul palco i Piknik. Quando sentono dei boati, non capiscono subito. Qualche secondo dopo li raggiungono urla, tremende e ripetute, delle vittime che cinque uomini armati si lasciano alle spalle. “La sala brucia”, “dei banditi sparano”: tutti corrono verso un sipario che non si alzerà mai per lo spettacolo. È rosso porpora come il sangue che comincia a scorrere. Poi ancora spari e la morte che colpisce a caso tra la folla. Ad aprire il fuoco contro i cittadini russi attentatori non identificati, alcuni in passamontagna, quasi tutti in mimetica. (Michela Iaccarino, Il Fatto Quotidiano)

Spari e granate nella sala da concerti. Terrore a Mosca. L’Isis rivendica. Irruzione di 4 uomini: prima il massacro, poi l’incendio che fa crollare il tetto. Almeno 60 morti e 100 feriti. Dagli Usa conferme alla pista jihadista. (Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera)

Massacro a Mosca 62 morti al concerto. L’Isis rivendica. Assalto nell’auditorium di Krasnogorsk. Le persone uccise a sangue freddo Gli assalitori in fuga. Oltre 150 feriti, molti sono bambini. Un arresto. Medvedev: “Risponderemo con l’uso della forza”. (Riccardo Ricci, Repubblica)

Mosca “Notizie solo parziali”. Lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attacco terroristico compiuto a Mosca alla sala concerti Crocus. La rivendicazione è avvenuta tramite Telegram ed è giunta in tarda serata. Non è detto però che sia chiusa qui perché la mattanza di Mosca, nonostante le condoglianze e le condanne del terrorismo, ha rimesso di fronte Russia e Stati Uniti. Questi ultimi hanno subito espresso il proprio orrore per quanto avvenuto, attraverso il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby. Ma la questione che ha iniziato a infuocare le comunicazioni a distanza tra i due Paesi è il fatto che gli Usa, il 7 marzo, avessero già avvertito del potenziale attacco a Mosca con dettagli estremamente precisi. (Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano)

Il sangue, il panico, le fiamme «Scappando calpestavamo i morti». Sui social i video dalla platea. La band sul palco, i Picnic: «Siamo sani e salvi, ma disperati». (Irene Soave, Corriere della Sera)

Attentato a Mosca, gli Usa: “Abbiamo avvertito il 7 marzo su possibili attacchi”. Due settimane fa l’ambasciata degli Stati Uniti in Russia aveva dato l’allarme per potenziali aggressioni come quella avvenuta. (Paolo Mastrolilli, Repubblica) Putin aveva ignorato gli allarmi: così l’attacco a Mosca apre un fronte inatteso (ed è un colpo alle sue promesse). Dagli attentati del ’99 alle vittime di Dubrovka, Putin ha costruito la sua ascesa sulla sicurezza. L’attentato di venerdì sera rappresenta un colpo durissimo. (Marco Imarisio, Corriere della Sera)

“Attacco ai cristiani russi” Da Kabul il ritorno feroce dei jihadisti del Caucaso, L’operazione ricorda Mumbai e il Bataclan e segue l’uccisione di due terroristi a Sud di Mosca Un canale Telegram vicino ai servizi fa i nomi di tre sospettati provenienti dall’Inguscezia. (Daniele Raineri, Repubblica)

Massimo Giannini su Repubblica: Il Bataclan del Cremlino. Di fronte alla sfida russa, ora persino più esasperata dall’attentato di Mosca, l’Europa dimostra ancora una volta i suoi drammatici limiti.

Cosa succede ora, dopo l’attentato a Mosca? «Putin potrebbe aumentare la repressione. Fino alla legge marziale». Intervista con Andrei Nechaev, ex ministro russo e ora braccio destro dell’avversario politico di Putin Boris Nadezhdin: «C’entra la guerra? Non lo sappiamo, ma le autorità potrebbero decidere che ci debba essere una nuova mobilitazione nell’esercito». (Federico Fubini, Corriere della Sera)

Attentato a Mosca, ora Putin prepara la sua feroce vendetta. La minaccia jihadista diventata un incubo dopo l’intervento russo in Siria nel 2015 a sostegno delle forze del presidente Assad. (Rosalba Castelletti, Repubblica)

Mosca attacca le centrali elettriche. E per la prima volta parla di guerra. «L’Occidente con Kiev, non è più un’operazione speciale». Colpita la rete energetica ucraina. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)

Gaza, Russia e Cina bloccano all’Onu la risoluzione Usa per il cessate il fuoco. La risoluzione presentata dagli americani al Palazzo di Vetro affermava che il Consiglio di Sicurezza “determina l’imperativo di un immediato e sostenuto cessate il fuoco”. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)

Meloni, disgelo con Macron: «Stop a Orbán nei conservatori». La premier al vertice di Bruxelles: agricoltura, soddisfatti dalla proroga degli aiuti. (Marco Galluzzo, Corriere della Sera)

Nuovi dazi sul grano russo Ma Francia e Polonia: servono anche per quello dell’Ucraina. La proposta della Commissione Ue. No della Germania. Von der Leyen «Così si ridurrà la capacità della Russia di sfruttare l’Ue per la sua macchina da guerra». (Francesca Basso, Corriere della Sera)

Putin colpisce le centrali elettriche ucraine Kiev: «Peggiore offensiva da inizio guerra». Per intensità e numero di missili l’attacco russo delle ultime ore non era mai accaduto. Herman Halushchenko, il ministro ucraino dell’Energia, non ha dubbi: è stato il più grande attacco aereo alle infrastrutture energetiche dell’Ucraina dall’inizio della guerra. Potrebbe essere l’inizio di una nuova “guerra dell’energia”. In poche ore, venerdì sono stati lanciati dalla Russia 60 missili e 90 droni esplosivi (cinque le vittime accertate) contro diverse località dell’Ucraina, lasciando al buio e senza corrente oltre un milione di ucraini. Si è temuto il peggio quando la più grande centrale idroelettrica dell’Ucraina, situata a Dnipro, e severamente danneggiata, ha interrotto bruscamente il rifornimento di energia elettrica alla centrale di Zaporizhzhya, il più grande impianto nucleare in Europa, occupato dalle forze russe nei primi giorni dopo l’invasione». (Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore)

Colpite industrie e centrali: «Milioni di persone al buio».È stato il più grande attacco alle strutture energetiche e logistiche dall’inizio dell’Operazione Speciale, e buona parte dell’Ucraina è rimasta al buio e senz’acqua. I raid hanno interessato le regioni di Kharkiv (ancora al buio), Odessa (nuovamente bombardata in serata con Iskander), Kirovohrad, Sumy, Dnipropetrovsk, Poltava e Zaporizhzhia, e colpito il cuore pulsante della fornitura di corrente elettrica. «Abbiamo vissuto una notte difficile – racconta il ministro per l’Energia Galushchenko – milioni di persone sono rimaste senza corrente. Ci stanno sostenendo Polonia, Slovacchia e Romania, ma ci vorrà ancora tempo per tornare alla normalità». (Luigi Guelpa, Il Giornale)

Con una decisione di stampo autarchico la Russia ha sviluppato un’alternativa alla materia prima per la produzione di polvere da sparo. Dal cotone è passata a un mix di lino e canapa che avrebbe una resa equivalente. Questo perché, con la perdita delle repubbliche centrasiatiche, Mosca non coltiva più cotone in casa e non voleva dipendere da fornitori esteri. Il progetto era stato concepito una decina di anni fa ed è un’ulteriore conferma che, dopo l’annessione della Crimea e le prime sanzioni, il Cremlino ha cominciato a gettare le basi della sua economia di guerra. L’economia di guerra è però avviata. Ha il vantaggio di poter pescare sull’immenso arsenale sovietico, per quanto arrugginito, e su strutture industriali in stato di semi abbandono ma recuperabili. La spesa per la Difesa è salita al 6 per cento del Pil, pari a 120 miliardi di dollari se calcolata sul prodotto lordo nominale, ma a circa 250 se consideriamo il prodotto a parità d’acquisto, una misura più indicativa in un sistema autarchico. Questo spiega perché al momento la Russia produca più munizioni e sistemi d’arma dell’intera Europa. (Giordano Stabile, La Stampa)

Santanchè rischia il processo: «Truffa ai danni dell’Inps». E lei ora evoca le dimissioni. L’accusa dei pm di Milano. «Io estranea, valuterò dopo la decisione del giudice». (Luigi Ferrarella, Corriere della Sera)

Bari, nominata la commissione. La manifestazione per Decaro. L’Antimafia chiede le carte dell’indagine (archiviata) sul presunto incontro con Parisi. (Nicolò Delvecchio, Corriere della Sera)

Il «pressing» sul Viminale dei parlamentari di destra. Loro: tutto alla luce del sole. Gli imbarazzi e il parziale passo indietro di Forza Italia. D’Attis: normale parlare con il ministro per un problema del territorio. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Lega, il giorno dei sovranisti. Patto FI-moderati in Basilicata. Oggi il meeting di Salvini con gli alleati in Europa (ma Le Pen manda un video). L’intesa a sostegno di Vito Bardi per ampliare l’area moderata nel centrodestra. (Marco Cremonesi, Corriere della Sera)

Lega al bivio su Salvini il leader “sotto tutela” E Vannacci si allontana. Un direttorio affiancherà il segretario fino al congresso d’autunno Oggi a Roma la kermesse sovranista: assenti Le Pen, Adf e il generale. (Lorenzo De Cicco, Repubblica)

Massimo Franco sul Corriere: Le incognite di un partito che si identifica col suo leader. Simbolicamente, la mozione di sfiducia delle opposizioni contro Matteo Salvini avrà di certo un qualche valore. Pd, M5S, Avs e Azione, ma non i renziani, potranno issare la bandiera dell’unità, risuscitando contro di lui quel «campo largo» rivelatosi velleitario a livello elettorale. Ma è da escludersi che la richiesta di dimissioni al Parlamento possa avere qualche probabilità di vittoria. In questi casi, le coalizioni si compattano; e quella di Giorgia Meloni non farà eccezione. Per quanto il vicepremier, ministro e leader della Lega crei imbarazzo per le storiche posizioni antieuropee e filo-russe, il governo non può permettersi di sacrificarlo: anche se qualcuno, segretamente, ne avrebbe una gran voglia.

Gli altri temi del giorno

 Gli americani hanno portato in aula un testo frutto di un cambio di passo da parte dell’Amministrazione maturato nell’ultimo mese, sull’onda del crescente numero di vittime civili, della difficoltà di consegnare gli aiuti nella Striscia e anche da ragioni di politica interna. La base democratica mugugna nei confronti della linea adottata da Biden.Il “niet” russo l’ha spiegato Vasily Nebenzya, ambasciatore all’Onu: «Iniziativa ipocrita» e «diluita formulazione del cessate il fuoco». Secondo Mosca gli Usa vogliono offrire copertura alle operazioni israeliane. (Alberto Simoni, La Stampa)

Trump chiede i soldi ai suoi fan e quota in Borsa il social «Truth». Il tycoon tenta di salvare l’impero dopo la condanna. Deve versare 464 milioni entro lunedì. Pensano che fieri sostenitori come voi mi abbandoneranno… ma non ci arrenderemo mai. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Malattia X, dengue, nuovi virus: da Capua a Pregliasco l’allarme dei virologi. In arrivo una pandemia più pesante del Covid. Diversi i patogeni sotto osservazione, intanto Dengue ha infettato 2 milioni di persone in Brasile. Le previsioni dei virologi Pregliasco, Capua e Perno. (Donatella Zorzetto, Repubblica)

Ma sì, è una specie di messa cantata quella che viene celebrata sul Foglio per il Macron pugile. «Libera boxe in libero Stato», proclama Alberto Mattioli, eccitandosi per la «testosteronica combattività» che ribadisce «la virilità di un leader». «Con queste foto Macron le ha conquistate tutte, le mamme, le nonne, le ragazze», s’entusiasma Valeria Montebello. Gaia Manzini, invece, s’interroga pensosa su «cosa vuol dirci Macron che parla con le metafore». E poi arriva alla conclusione: «Sta parlando di sé, qualcuno di cui fidarsi, qualcuno in cui l’eroe interiore di ognuno di noi possa identificarsi». Ovvio, no? Chi è che non si identifica nei «pugni benedetti», nella «testosteronica combattività», nel «bianco e nero curatissimo e très chic», nel «momento quasi catartico» e nella «ricerca dell’uomo forte»? Abbiamo già indossato i guantoni pure noi. Per non essere da meno. Mentre dall’altro  lato  quanta  debolezza  salta  fuori  dalla «fisiognomica» di Giorgia Meloni, la «ragazzaccia che mima lo statista», quella che simboleggia la «goffaggine politica dell’Italia che albertosordescamente sbraca». Francesco Merlo su Repubblica, oltre l’Albertone, scomoda in poche righe Paolo Bonolis, Enzo Iacchetti, Banksy, Walter Benjamin, Tullio De Mauro, Totò, Petrolini, Trilussa e la scimmietta di Trilussa. Tutto questo popo’ di citazioni per dire che Giorgia Meloni si riduce alle sue smorfie. Si capisce: fra gli intellettuali chic, messa in soffitta per un attimo l’accusa di fascismo, dilaga l’accusa di smorfismo. (Mario Giordano, La Verità)

Istat, Italia colabrodo: perde il 42% dell’acqua immessa nella rete. Il rapporto Istat realizzato in occasione della giornata mondiale dell’acqua presenta da questo punto di vista un quadro di progressivo peggioramento, con quote di perdite che aumentano in modo sistematico (erano di dieci punti inferiori nel 1999) arrivando ora a rappresentare l’equivalente del consumo annuo di tre quarti della popolazione italiana. Rotture, vetustà degli impianti e allacci abusivi sono i fattori causali segnalati nel rapporto, che si aggiungono a perdite fisiologiche comunque ineliminabili e ad errori nelle misurazioni. Medie non esaltanti, determinate ancora una volta nel nostro Paese da stridenti differenze territoriali. Con le regioni del Sud a guidare la classifica poco edificante delle dispersioni, evidenziando perdite anche superiori al 65%, come capita in Basilicata, la peggiore tra le regioni. (Luca Orlando, Il Sole 24 Ore)

Cresme: servono 320 miliardi per 3,2 milioni di case green. È un conto a tanti zeri che supera di molto il già salato bilancio del superbonus: per rendere green 3,2 milioni di immobili con la sforbiciata del 16% dei consumi energetici entro il 2030 come impone la direttiva europea recentemente approvata, serviranno 320 miliardi circa o – secondo un calcolo più benevolo – 285 miliardi di euro. (Flavia Landolfi, Il Sole 24 Ore)

Tutti i guai di Tim in vista dell’assemblea. Sindacati: “Il governo si prenda le sue responsabilità”. Le speculazioni al ribasso e il piano ambizioso minano la riconferma dell’ad Labriola. Giorgetti “abbiamo fatto quello che dovevamo”. Uilcom: “Il governo è assente. E’ ora che si prenda le sue responsabilità”. (Sara Bennewitz, Repubblica)

Antitrust, indagine su Booking. Faro su prenotazioni e prezzi. L’ipotesi: «Abuso di posizione dominante». La società: «Piena collaborazione». (Alessia Conzonato, Corriere della Sera)

«L’Italia? Investe più della Germania» Marcegaglia al Festival Città Impresa: «Mercato unico dei capitali per l’Ue». De Felice: il peggio è passato. (Valentina Iorio, Corriere della Sera)

Stm, tregua tra Roma e Parigi: anche un italiano al comando. Chery sarà affiancato da Lorenzo Grandi: il direttore finanziario nel comitato di gestione con l’ad. I cambi dello statuto per bilanciare la guida francese alla prossima assemblea, ma Piazza Affari resta fredda e il titolo perde l’1,38%. (Diego Longhin, Repubblica)

Silicon Box, la sfida tra Cirio e Zaia Maxi-fabbrica di chip verso Novara. Alberto Cirio e Luca Zaia per due anni si erano giocati lo stabilimento promesso da Intel: una partita senza vincitori, perché poi il colosso californiano ha cambiato i suoi piani e in Italia non c’è proprio venuto. Ora i governatori di Piemonte e Veneto sono impegnati in un testa a testa per la maxi-fabbrica di chip di Silicon Box, il gruppo di Singapore che ha stretto un patto con il ministro Adolfo Urso per investire 3,2 miliardi di euro nel Nord Italia. Sul tavolo ci sono milleseicento posti di lavoro qualificato in un settore strategico. Manna dal cielo, in tempi di industria declinante. (Gabriele De Stefani, La Stampa)

Stili di vita e dieta contro i tumori «La prevenzione inizi a scuola». Il piano di Schillaci. Priorità: dallo screening al polmone al registro delle prestazioni. (Sara Bettoni, Corriere della Sera)

La rissa tra ragazzine con 9 coltellate. Intorno i coetanei incitano e filmano. Brescia, hanno 14 e 15 anni. La ferita in ospedale. Il video: «Voleva ucciderla». E c’è chi ride. (Mara Rodella, Corriere della Sera)

Siffredi ora valuta la controdenuncia «Solo al telefono mi sono arrabbiato». L’attore: ma non c’è stata nessuna molestia. Alla giornalista che lo accusa, lui chiede di rendere pubblico l’audio del loro incontro. (Fulvio Fiano, Corriere della Sera)

Il Corriere intervista Bobby Solo: «Ero pagato meno di Little Tony, ma in tre anni cambiai 47 auto. Sbirciavo di nascosto la Zanicchi. Il gel mi riempiva di forfora». Su Repubblica Sergio Caputo: “Che  noia  la musica  cilena,  il mio  sabato  italiano erano donne e swing. Bevevo e vivevo di notte, poi il cuore mi ha tradito”.

I due partigiani che sfidarono i nazifascisti nella Roma del 1944. Il direttore di Repubblica, in occasione degli ottant’anni delle Fosse Ardeatine, ricorda Arrigo Paladini e Pacifico Di Consiglio. (Maurizio Molinari, Repubblica)

Gli Anniversari

1648, Francia e Paesi Bassi si dividono Saint Martin
1657, Francia e Inghilterra si alleano contro la Spagna
1743, prima del Messiah di Haendel al Covent Garden
1775, Patrick Henry: Datemi la libertà o la morte
1839, primo uso di ok sul Boston Morning Post
1842, muore a Parigi Stendhal
1848, inizia la prima guerra d’indipendenza
1849, a Brescia rivolta anti austriaca
1849, Novara: gli austriaci sconfiggono Carlo Alberto
1857, Elisha Otis installa il primo ascensore per persone
1858, brevetto a Philadelphia per il filobus
1868, fondata l’Università della California
1919, Mussolini fonda i Fasci italiani di combattimento
1921, bomba al teatro Kursaal di Milano: 21 morti
1933, pieni poteri a Hitler senza limiti di tempo
1935, nasce il Commonwealth delle Filippine
1937, guerra civile spagnola: vincono i repubblicani
1944, bomba in via Rasella: uccisi 33 soldati tedeschi
1956, il Pakistan prima repubblica islamica
1976, deposta in Argentina Isabelita Peron
1983, difesa militare: nasce in Usa Star Wars
1987, prima puntata di Beautiful
1989, annunciata la scoperta della fusione nucleare fredda
1994, Messico: candidato presidente uccide l’avversario
2003, Slovenia: il 90% dice sì a Nato e Ue
2003, guerra in Iraq: resistenza a Nassiriya per gli Usa
2011, muore a Hollywood Liz Taylor
2013, Papa Francesco incontra l’Emerito Benedetto XVI

Nati oggi

1900, Erich Fromm
1910, Akira Kurosawa
1913, Pietro Chiara
1917, Armando Testa
1922, Giovanni Conso e Ugo Tognazzi
1933, Anna Fendi
1944, Osvaldo Napoli
1945, Franco Battiato
1948, Davide Paolini
1950, Alain Elkann e Corinne Clery
1952, Francesco Clemente e Rex Tillerson
1958, Serena Grandi
1959, Mario Valducci
1967, Jonella Ligresti

Si festeggiano i Santi Turibio e Vittoriano

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