“Il problema in Europa è fra l’esistere uniti e lo scomparire. Le esitazioni e le discordie degli stati italiani della fine del quattrocento costarono al nostro paese la perdita dell’indipendenza lungo tre secoli. Ed il tempo della decisione, allora, durò forse pochi mesi». (Luigi Einaudi, nel 1954)
La strage della sala concerti di Mosca dove stavano per esibirsi i Picnic, gruppo nato in era brezneviana, giova solo a Putin per raddoppiare gli attacchi sull’Ucraina dove stanotte e stamattina i missili sono arrivati di nuovo sulla capitale Kjiv (uno ha anche violato lo spazio aereo polacco), mentre 14 bombardieri hanno presi di mira anche Leopoli, città più vicina all’Europa e sinora toccata poco dalla guerra russa. Non può servire alle vittime (oltre 150) e ai feriti e non si capisce fino a che punto serva all’Isis che oltre a rivendicare l’attentato ha diffuso anche le foto degli attentatori, quattro disperati assassini che hanno ucciso tutti quelli che sono riusciti a uccidere per l’equivalente di cinquemila euro, di cui solo la metà versati in anticipo, e che poi sono fuggiti incredibilmente sulla stessa auto con la quale erano arrivati. E fuggiti proprio sull’autostrada che dopo 850 km porta in Ucraina. Ad uno di loro è stato tagliato un orecchio che gli sarebbe stato fatto mangiare, scrivono Repubblica e Stampa, e solo il sito della prima si preoccupa di precisare che l’autenticità del video così come il suo collegamento con la strage “non sono verificabili in maniera indipendente”. Bassissima macelleria che comunque significa, secondo Anna Zafesova su La Stampa, il passaggio dall’”operazione speciale” alla vera e propria guerra contro l’Ucraina, e di conseguenza all’Occidente che la sostiene. Un cambio di linguaggio che significa nuova mobilitazione e legge marziale in Russia. Siti e giornali russi non scrivono più di Isis ma di “ucraini nazisti”. Su tutti i giornali italiani ricorre, tra leggerezza nell’usarla e preoccupazione che non è mai troppa, la parola “escalation”. Anche in Italia sale il livello di allerta, mentre si continua a discutere della futuribile difesa comune europea, che è di là da venire.
Crosetto, ministro della Difesa, si fa intervistare dal Messaggero per dire che “il rischio Isis resta alto” e che l’Ucraina non c’entra con la strage. Tajani parla con il Corriere.
Lucio Caracciolo nell’inserto Longform di Repubblica sintetizza così la situazione: “In Ucraina si incrociano tre guerre. Quella calda tra Mosca e Kiev; quella per procura fra America più soci occidentali e Russia, controllata ma tendente al surriscaldamento; la Guerra Grande, ovvero il riflesso delle prime due sulla competizione globale fra Washington, Pechino e Mosca. Per gli amanti dei grandi schemi e della lunga durata, le ribattezziamo nell’ordine terzo tempo della prima guerra mondiale; secondo atto della seconda dopo l’interludio “freddo”; alba del nuovo disordine planetario, segnato dalla crisi dell’Occidente e del suo modello di capitalismo liberaldemocratico che si presumeva universale”. Luttwak sul Tempo spiega che “Putin sta vincendo, e non può esserci pace con chi sta avanzando perchè non ha alcun interesse a negoziare. Gli Stati Uniti hanno fatto tutto quello che potevano per l’Ucraina, ma non manderanno soldati. L’Europa ha fatto poco o nulla, nè manda soldati nel Pacifico ad aiutare gli Usa che si confrontano con la Cina. Trump sarà meno gentile di Biden e rimprovererà tutto questi agli europei”.
Di difesa europea scrive sul Corriere Francesco Giavazzi, il mite professore che da consulente del governo Draghi si infervorava solo per le nomine pubbliche: “Per costruire sistemi di difesa comune, come per attuare le politiche richieste dalla transizione verde (ad esempio sostituire i motori a combustione interna) le risorse dei singoli Paesi non sono sufficienti. Ricorrere al debito comune è la strada giusta, ed è anche la più equa se si confrontano diverse generazioni. Entrambi i progetti, difesa e transizione ecologica, sono infatti un costo per la nostra generazione, ma ne beneficeranno soprattutto le generazioni future. È quindi giusto che anch’esse contribuiscano al loro finanziamento: lo faranno accollandosi in futuro l’onere di ripagare il debito. Emissione di debito comune e decisioni nel campo della difesa richiedono però l’unanimità dei 27 Paesi dell’Ue: questo le rende oggi inattuabili. Venerdì scorso al Consiglio europeo la proposta di allargare il Fondo europeo per la difesa facendo ricorso a debito comune non ha raggiunto l’unanimità e il Consiglio ha invitato la Commissione ad esplorare tutte le opzioni possibili per i finanziamenti e a riferire entro giugno. La proposta di ricorrere a debito comune è stata fatta dall’Estonia, trovando il consenso di Italia, Francia, Spagna e Grecia, ma Germania e Olanda restano contrarie. Più aperte, ma non ancora del tutto convinte, Svezia e Finlandia”. Insomma, si prende tempo e poi si vedrà.
Poichè siamo ancora fisicamente lontani dalle operazioni militari non continuiamo sulle cronache belliche e facciamo finta che la vita continui come la nostra generazione è abituata dalla fine della seconda guerra mondiale: da questo punto di vista la notizia più inedita che sarà però sui giornali di domani è la doppietta della Ferrari al Gran Premio d’Australia di Formula uno, con Carlos Sainz primo e Jacques Leclerc secondo. Una vittoria che mancava da anni e che è stata resa possibile dal ritiro di Verstappen per problemi ai freni al quarto giro, quando era stato sorpassato da Sainz proprio per quel motivo.
Il resto sono per lo più seguiti, a parte il solito Salvini che dopo Von der Leyen attacca anche Macron insieme ai destri più destri d’Europa: i giornali vicini alla maggioranza di governo puntano quasi tutto sul governatore della Puglia, Emiliano, che per aiutare Decaro (che comunque ha avuto una buonissima risposta dai suoi concittadini accorsi in migliaia in piazza per difenderlo) ha rivelato che fu lui a portarlo ad un incontro con un la sorella di capomafia locale per fargli avere i voti. E i titoli vanno in automatico sulla “trattativa Pd-mafia”.
Rampelli evita di candidare il suo uomo al congresso romano di Fratelli d’Italia e così passa il candidato meloniano e il partito non si spacca.
Daniela Santanchè stavolta difficilmente potrà restare al governo: oltre all’ipotesi di condanna per la quale Meloni le ha già chiesto di dimettersi se confermata, c’è anche l’accusa di riciclaggio per l’acquisto della casa di Alberoni a Forte dei Marmi, e poichè nella vicenda è coinvolta anche la moglie del presidente del Senato La Russa, tocca a lei farsi da parte anche per evitare guai politici peggiori alla maggioranza.
Secondo il Giornale, Laudati (il vice della Procura Antinafia che copriva gli accessi abusivi di Striano) rischia 10 anni di carcere. Ma poichè va in pensione tra meno di un mese tutto è perdonato.
Alessandro Orsini, il prof della Luiss apparso il più putinismo di tutti, ha ricevuto una documentata querela da parte del,a comunità ebraica di Roma per antisemitismo.
Letizia Moratti sarà la capolista al Nord di Forza Italia. Intanto Marina Berlusconi firma la prefazione ad un libro di Del Debbio sul padre Silvio e rivela che due giorni prima di morire il fondatore di Mediaset le chiese carta e penna per scrivere i suoi ultimi pensieri. Il Corriere dedica a Marina una pagina, dove però si accenna soltanto a cosa scrisse il padre.
Vittorio Feltri sul Giornale si schiera contro i cedimenti alla cultura araba: “il Ramadan batte la Pasqua e non sono felice di essere colonizzato e corsnizzato”.
Bisignani sul Tempo racconta l’avvocato Agnelli “tradito dagli Elkann”, davvero una saga al ribasso anche se i miliardi all’estero li aveva portati proprio lui.
Il Sole fa i conti del rally borsistico mondiale, che vale ventimila miliardi mentre salgono i rumori di guerra. Il Messaggero fa sapere che nel decreto Semplificazioni sono previsti meno permessi per i lavori nei palazzi dei centri storici.
Nicola Maccanico è certo che riporterà Cinecittà ai fasti di una volta perchè sono già tornate e continueranno a farlo le grandi produzioni cinematografiche estere. Lo dice al Corriere.
Fuortes alla fine ce l’ha fatta e siamo tutti sollevati: è il Sovrintendente del Maggio Fiorentino, Sangiuliano ha firmato.
Giuseppe Lavazza racconta a La Stampa che va in Etiopia a scoprire l’aroma del caffè. E rivendica di aver scoperto Sinner prima di tutti gli altri.
Muore il pianista Maurizio Pollini. Lo esaltano tutti tranne un pezzo del Giornale firmato negli anni scorsi da Paolo Isotta.
Stasera l’Italia affronta l’Ecuador a New York. Ben altro fanno le avversarie al prossimo Europeo: l’Inghilterra ha aceto di affrontare il Brasile (pur perdendo), mentre la Germania ha battuto la Francia.
Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Mosca, caccia ai mandanti «La punizione è inevitabile». I quattro presunti killer fermati in auto nella regione di Bryansk: «Volevano attraversare il confine». (Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera)
«Colpiremo chi c’è dietro questi terroristi», Putin in tv (dopo 19 ore) rilancia la pista ucraina. Finito il discorso del presidente, la sigla jihadista sparisce dai titoli. La rappresaglia non guarderà al Caucaso, la colpa ricadrà su Kiev e sugli occidentali. «Hanno organizzato un omicidio di massa come i nazisti, ai danni di gente inerme». Tutti affronteranno una punizione inevitabile. Individueremo e colpiremo chi sta dietro questi terroristi. (Marco Imarisio, Corriere della Sera)
Attacco a Mosca, Putin insiste sulla pista che porta a Kiev.Le rivendicazioni dell’Isis non soddisfano il Cremlino: per Mosca, in un modo o nell’altro, conducono a Kiev le indagini sugli attentatori, che venerdì sera hanno fatto strage nel Crocus City Hall di Krasnogorsk. I morti sono almeno 133, ma il numero potrebbe essere ancora provvisorio. Vladimir Putin, che secondo i resoconti di regime si è messo a dirigere in persona le operazioni subito dopo aver saputo dell’attentato, ha dichiarato che i quattro killer catturati sono stati presi mentre cercavano di fuggire in Ucraina. Pur non accusando direttamente Kiev, ha affermato che per gli attentatori era stata preparata una «finestra» per attraversare il confine. Il leader del Cremlino non ha fatto cenno all’Isis, che ha rivendicato l’attentato venerdì e poi di nuovo ier. (Il Sole 24 Ore)
Arrestati e torturati 4 tagiki. Putin: “Scappavano verso Kiev”. Salgono a 133 le vittime. Mosca punta il dito contro l’Ucraina. Zelensky: “Sono bugie”. E l’Isis conferma: “Siamo stati noi” Tusk chiede di evitare escalation. I presunti killer picchiati prima dell’interrogatorio: uno costretto a ingoiare il suo orecchio. (Paolo Brera, Repubblica)
Per ora sono stati arrestati quattro tagiki e altri terroristi, ancora in fuga, sarebbero stati individuati con nomi e cognomi. L’Isis K, la costola afgana del Califfato, ha rivendicato l’attacco stragista e fornito anche una foto dei terroristi prima della strage, ma con il volto coperto e alle spalle la bandiera nera dell’Isis. Un attacco possibile, seppure difficile nella capitale russa, ma che potrebbe nascondere un’operazione sotto «falsa bandiera» organizzata da una parte o dall’altra della guerra nel cuore dell’Europa per aumentare la tensione e arrivare all’escalation. «Ho sparato alle persone per soldi» è la prima, discutibile confessione, per come viene estorta, di uno dei sospetti terroristi poco dopo l’arresto. Non proprio l’esempio di un jihadista pronto a morire per Allah facendosi saltare per aria con più ostaggi possibile. Il commando sapeva maneggiare le armi, senza sprecare munizioni e aveva la freddezza di finire i civili con il colpo di grazia, ma nessuno era un kamikaze votato al suicidio da martire secondo il modus operandi dell’Isis. Nella confessione il tagiko parla di 500mila rubli, circa 5mila euro pagati per commettete la strage. La Cia avrebbe avvisato i russi di possibili attacchi jihadisti nella capitale. Forse per farli saltare temendo che ci fosse lo zampino di qualche fazione estrema filo ucraina. Gli arrestati all’inizio hanno sostenuto che non conoscevano il mandante e che l’ingaggio sarebbe avvenuto con Telegram. Difficile credere che sia possibile assoldare terroristi capaci di un massacro del genere via social. Nonostante le secche smentite di Kiev da Mosca puntano sul coinvolgimento ucraino attraverso Abdulkhakim Shishani, un comandante ceceno dell’Isis sopravvissuto alla guerra in Siria, che potrebbe essere la mente della strage. (Fausto Biloslavo, Il Giornale)
Isis. Gli arrestati «confessano», arruolati online per 5 mila euro: «Ammazzate chi vi pare». Ora la minaccia estremista torna verso l’Europa: persi i territori del Califfato, la jihad è su scala regionale. (Guido Olimpio e Marta Serafini, Corriere della Sera)
Gli interrogatori: «Abbiamo ucciso per soldi». Ancora più pesante è però il filmato di un altro degli arrestati che dapprima i canali Telegram russi fanno vedere con la testa e la faccia fasciate, ricoperto di sangue, tumefatto: lo stesso uomo che in un video pubblicato successivamente su X dal gruppo indipendente bielorusso Nexta e dal media russo Meduza viene mostrato mentre, tenuto fermo a terra in un luogo che sembra un bosco, gli tagliano un orecchio con un coltello e glielo infilano in bocca. (Il Sole 24 Ore)
Anche sulla strage di Mosca invidiamo le certezze dei cosiddetti esperti: quelli che un minuto dopo sapevano già che l’Ucraina c’entrava o non c’entrava, o era stato l’Isis, anzi gli islamisti caucasici, o forse i ceceni, o magari le milizie russe filo-ucraine, o più probabilmente Putin si era fatto l’attentato da solo. Quando impareremo a considerare questi sedicenti analisti per volgari propagandisti di Putin o di Biden&Zelensky, oppure ultras che descrivono il mosaico geopolitico come una lotta fra cowboy e indiani o fra curva nord e sud, sarà sempre tardi. L’Isis, lo Stato islamico sunnita sorto fra Iraq e Siria sulle ceneri del regime di Saddam spodestato dagli sciiti col nostro astuto appoggio, ha molte ragioni per detestare Putin, nemico del jihadismo in Cecenia, Siria&C. (perciò piaceva tanto ai “buoni” fino al 2022). Anche gli afghani lo odiano: è figlio della Russia che nel 1979 li invase e nel 2001 concesse lo spazio aereo all’operazione Enduring Freedom anti-Talebani. Quindi la pista Isis, profetizzata con mirabile tempismo da Usa e Uk, è plausibile, anche se mancano simboli e slogan jihadisti e la tensione fra quel mondo e Mosca è un po’ vecchiotta. Poi c’è la pista ucraina, molto più attuale, subito negata da Usa e Kiev prim’ancora che Mosca la evocasse. Putin, dopo gli arresti dei presunti stragisti, ha detto che fuggivano verso una “finestra aperta” in Ucraina: accuse tutte da provare (se pure fosse vero che fuggivano non in Bielorussia, ma nella zona di Kharkiv presidiata dalle truppe ucraine, non è detto che il governo lo sapesse). (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)
Maurizio Molinari su Repubblica: Il ritorno della Jihad. Questa resta la più feroce minaccia collettiva anche se il Cremlino continua a ritenere prioritaria l’aggressione dell’Ucraina.
L’intervista a Tajani: era nell’aria. Avevamo avvertito i nostri connazionali. Il ministro: noi lavoreremo per una de- escalation. E parleremo di questo nuovo allarme al G7 di Capri. La comunità internazionale deve impegnarsi per favorire ancora di più un processo di pace che salvaguardi le libertà e i diritti dell’Ucraina ma che porti alla fine delle ostilità Kiev va sostenuta senza tentennamenti. Certamente non possiamo abbassare la guardia neanche noi. C’è stato un innalzamento dei controlli su tutti gli obiettivi sensibili nel nostro Paese. Non sottovalutiamo nulla. (Paola Di Caro, Corriere della Sera)
Minniti: “Impediamo allo Stato islamico di riprendersi lo scettro del terrore”. Il presidente di Medor: “Mai il mondo così diviso, un’altra Sarajevo è possibile. Serve un nuovo ordine basato su lotta al jihadismo e clima”. (Carlo Bonini, Repubblica)
Varsavia: “Un missile russo ha violato lo spazio aereo polacco”. All’indomani del massiccio attacco russo sulle strutture energetiche del Paese invaso, le forze ucraine provano a rispondere con uno sciame di droni sulle regioni russe di Bryansk, Voronezh, Saratov e anche a Belgorod, dove gli Uav hanno provocato un morto e due feriti, secondo il governatore. Nel frattempo, i canali Telegram di almeno tre media russi hanno diffuso notizie e immagini di un’esplosione e un incendio nella raffineria di petrolio russa di Kuibyshev, nella regione di Samara. Secondo informazioni preliminari, l’impianto – che si trova vicino alla città di Novokuibyshevsk – è stato attaccato con un drone. Sebbene non sia stata ufficialmente confermata dalle forze di Kiev, la notizia del raid sulla raffineria sembra rispondere coi fatti all’articolo del Financial Times secondo cui gli Stati Uniti hanno esortato l’Ucraina a non attaccare gli impianti del petrolio russi e altre infrastrutture energetiche. Ma sono obiettivi legittimi, secondo il governo di Zelensky. Per Londra è poi improbabile che la Russia sarà in grado di proteggere tutte queste strutture, date le dimensioni e la portata della sua industria energetica, nonostante l’annuncio del governo di Putin di voler schierare i sistemi di difesa aerea Pantsir a protezione degli impianti petroliferi. (La Stampa)
«L’Europa non si illuda. Lo zar non vuole solidarietà, usa l’attacco per incolparci». Anne Applebaum: «I russi non indagano, manipolano i fatti». La Cecenia e la Siria. I soldati russi hanno le mani sporche di sangue musulmano. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)
Zlata e i bambini stretti alle madri. Chi sono le 143 vittime del teatro. Ancora in corso l’identificazione dei corpi. Più di 60 feriti in terapia intensiva. Tante le famiglie venute per il concerto. Un testimone: «Sono tornato dalla guerra, vivo. Mia nipote è morta qui». Evgenia è rimasta a lungo coperta dai cadaveri degli altri, così si è salvata. (Irene Soave, , Corriere della Sera)
Salvini raduna i sovranisti e attacca Macron. «Un guerrafondaio, pericoloso per l’Europa». Le Pen manda un video contro Meloni: sta con von der Leyen. Sul palco c’è Giorgetti.Il leader: i governatori? Alla prossima, oggi c’erano i ministri. (Marco Cremonesi, Corriere della Sera)
Salvini: «Macron pericolo per la Ue e per la pace». «Bruxelles ha fallito – Riavviare il sistema», è la scritta che compare sui display luminosi della kermesse del gruppo dell’ultradestra Identità e Democrazia (Id) organizzata a Roma dal vicepremier e leader leghista Matteo Salvini. Una manifestazione tutta contro, dunque, e in definitiva anti-Ue, dal momento che i partecipanti chiedono «meno Europa» a partire dallo stop al Green Deal. Salvini è nel suo brodo e non esita a dare stoccate in varie direzioni. Innanzitutto in direzione della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, appena riconfermata dal Ppe come candidata alla sua successione: «Chi vota Lega sappia che non sosterremo mai un bis di questa Commissione europea sciagurata, che tanti danni ha fatto, non voteremo mai per von der Leyen e con i socialisti». Stoccata che colpisce la stessa Giorgia Meloni, che dell’asse con la presidente Ue e con il Ppe ha fatto il centro della sua strategia di avvicinamento alla futura maggioranza europea. (Emilia Patta, Il Sole 24 Ore)
Il portoghese Ventura è la star: ma noi stiamo con l’Ucraina. Il leader di Chega: Matteo bravo. E la Fpö: ha rigettato orde di stranieri. Sosteniamo Kiev al 100%. Salvini e Meloni? Lui dice che sono unitissimi. Spero che vadano avanti per molti anni André Ventura. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)
Caso Santanchè, la maggioranza (in imbarazzo) sceglie di attendere. Lei non esclude l’addio «per senso dell’onore». Se ci sarà un rinvio a giudizio ha già chiarito che ne prenderebbe atto. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera) Villa di Alberoni a Forte dei Marmi comprata dal compagno di Santanché e dalla moglie di La Russa e rivenduta dopo un’ora: si indaga per riciclaggio. (Rosario Di Raimondo, Repubblica)
Tutti vogliono la circoscrizione Centro. Il nuovo rompicapo di Schlein è sulle liste. Annunziata, Bartolo, Tarquinio vorrebbero evitare «imboscate» al Sud. La segretaria aspetta Meloni. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)
Selfie, sorrisi, baci, canti. I «fantastici quattro» e il potere degli abbracci (spolverati di ipocrisia). Affettuosità e sguardi. Il linguaggio del corpo dei leader. Meloni e Salvini coesi nelle fasi cruciali. Conte e Schlein si lasciano e si riprendono. (Roberto Gressi, Corriere della Sera)
Bari, l’abbraccio dei 10mila a Decaro: “Questa piazza è la risposta a chi infanga la città”. Canfora: “Il fascismo cominciò così”. Una folla rumorosa e colorata si è riversata nel centro storico per la manifestazione contro la mafia, una reazione alla richiesta di commissariamento del centrodestra. (Chiara Spagnolo, Repubblica)
Bari, migliaia in piazza per Decaro Bufera sulle parole di Emiliano. Il governatore: era minacciato e andai dalla sorella di un boss. Gasparri: sconcertante. «Ciò che ci stanno facendo è una vergogna non si calpesta una città per calcolo politico». (Nicolò Delvecchio, Corriere della Sera)
Gli altri temi del giorno
Giorgetti: crescita all’1% Ma nel Def spunta il problema del debito. Vanno spesi circa 45 miliardi del Pnrr per «salvare» i conti. Sul debito pesa la dinamica non ancora domata della vasta famiglia dei bonus casa. (Federico Fubini, Corriere della Sera)
Borse, rally globale da 20mila miliardi In cinque mesi i listini superano il Pil. C’è un numero,consistente, che sintetizza l’attuale fase di euforia sui mercati azionari partita a fine ottobre: 20mila miliardi di dollari. Di tanto è aumentata negli ultimi cinque mesi la capitalizzazione delle Borse globali, raggiungendo la cifra monstre di 118mila miliardi. Se consideriamo che il valore del Pil globale nel 2023 è cresciuto a 105mila miliardi (fonte Fmi) le Borse si sono portate più in là e oggi riflettono un valore superiore rispetto a quello della domanda aggregata del pianeta. Stando al Warren Buffett Indicator, che mette appunto in relazione questi due parametri, è scattata la soglia di “allarme”, quella che segnalerebbe una sopravvalutazione dei mercati: quando il rapporto tra Borse e Pil supera il 100% (e ora siamo al 114%) non sarebbe il caso di forzare la mano con ulteriori acquisti, stando alla metodologia utilizzata dal guru degli investimenti di Omaha. Eppure si continua a salire con l’ascensore. Nell’ultima settimana il titolo simbolo di questa euforia, Nvidia, è balzato di oltre il 7% portando la capitalizzazione a 2.360 miliardi di dollari, qualcosa in più del Pil dell’Italia per intenderci. (Vito Lops, Il Sole 24 Ore)
Cannata: “Spread giù con politica estera chiara ma il costo del debito resta elevato”. La presidente di Mts (Mercato dei titoli di Stato) accoglie positivamente il ritorno ai Btp degli investitori esteri. Freni: “La spesa per interessi è il nostro problema”. (Carlotta Scozzari, Repubblica)
Assegni agli over 80 fragili, ne godrà solo il 3 per cento (e con tagli su altre povertà). Stanziati 250 milioni annui: servirebbero oltre dieci miliardi di euro. I fondi copriranno un numero di bisognosi pari a quello della sola provincia di Teramo. (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera)
Elly Schlein ripete le solite bufale sui tagli alla sanità colpa del premier. È stata la sinistra, per obbedire ai diktat europei, a falcidiare il settore pubblico. «La prima grande questione per noi è la sanità pubblica, quella sanità che il governo di Giorgia Meloni sta tagliando. Lo fanno consapevolmente, lo fanno perché vogliono una sanità in cui chi è ricco può saltare la fila e andare dal privato, e intanto le persone che non hanno le risorse stanno rinunciando a curarsi». Queste le dichiarazioni di ieri del segretaria del Pd Elly Schlein, alla quarta tappa del Forum Europa, in corso di svolgimento a Legnago (Verona). Affermazioni sorprendenti, considerato che è almeno dal 2011 che la sanità è soggetta a tagli selvaggi, che hanno causato i disagi che conosciamo. Nel decennio 2011-2020 la spesa per la sanità pubblica in termini reali (cioè al netto dell’inflazione) è calata drasticamente. Chiusi ospedali e pronto soccorso, meno posti letto, meno medici di base, meno medici ospedalieri, meno infermieri, accorpamenti e soppressioni di Asl. Come dimenticare i proclami di certi presidenti di Regione che inneggiavano alle chiusure degli ospedali perché «pericolosi»? La lettera di Mario Draghi e Jean-Claude Trichet da Francoforte nel 2011 reclamava privatizzazioni a tappeto, immediati tagli alla spesa pubblica e persino riduzioni di stipendi per i dipendenti pubblici. Un’agenda che i vari governi di sinistra hanno poi pedissequamente seguito. I maggiori tagli annuali nel comparto della sanità pubblica furono nel 2013, 2014 e 2015, governi di Enrico Letta e Matteo Renzi, i quali complessivamente tagliarono quasi 25 miliardi di spesa in tre anni. (Sergio Giraldo, La Verità)
Le spese militari alimentano il rally delle azioni europee della difesa. Dalla guerra ucraina cambia il paradigma. E i titoli corrono, sulla spinta delle ingenti risorse necessarie per portare gli investimenti in sicurezza al 2% del Pil, come chiede la Nato. (Carlotta Scozzari, Repubblica)
F2i, accordo tra i soci sul nuovo patto. Intesa in continuità. Il ceo Ravanelli verso la conferma. Pronto un piano di dismissioni da 2 miliardi. A metà della prossima settimana un nuovo passaggio tra gli azionisti della sgr. (Francesco Bertolino e Daniela Polizzi, Corriere della Sera)
Tracolli in Borsa e manovre su Tim. Dossier, affari e strane inchieste. Pressing sul capo di gabinetto della Meloni e mega- vendite: c’è la stessa mano? Di certo quest’esecutivo ostacola i piani francesi. A proposito di dossieraggi e accessi abusivi alle banche dati: c’è un dossier che è sfuggito ai radar di giornalisti e magistrati che nei giorni scorsi si sono occupati dell’inchiesta di Perugia. Riguarda Gaetano Caputi, funzionario dello Stato quasi sconosciuto al grande pubblico. Il nome di questo grand commis in effetti non compare spesso sulle pagine dei giornali, tuttavia a metà febbraio di lui si è occupato il Domani, quotidiano di proprietà di Carlo De Benedetti al centro dell’indagine condotta dalla Procura umbra. Tre cronisti della testata, infatti, sono stati indagati perché avrebbero ricevuto o forse richiesto, ma di certo pubblicato, informative riservate ottenute grazie a Pasquale Striano, il finanziere accusato di aver compiuto migliaia di accessi illegali alle banche dati. Caputi, pur non essendo noto al grande pubblico, a Palazzo Chigi ricopre un ruolo importante. È appunto capo di gabinetto del presidente del Consiglio e questo significa che sul suo tavolo passano i dossier più importanti e delicati, come ad esempio Ita, Ilva e Tim.E a proposito della società telefonica, qualche giorno fa il titolo dell’azienda è stato oggetto di un importante scivolone in Borsa. In una giornata, le azioni hanno perso il 25 per cento. Una caduta che, per quanto possa essere scatenata dai progetti presentati dall’amministratore delegato, è apparsa ai più inspiegabile. (Maurizio Belpietro, La Verità)
I diciotto mesi maledetti e quel filo sottile (e fragile) che regge la monarchia. Dall’addio alla regina tutto è precipitato. Dubbi sul futuro. Harry. Mai come in questo momento si avverte la sua assenza. Ma il Palazzo non lo vuole. (Luigi Ippolito Concita De Gregorio su Repubblica: Kate, il modo giusto per dirlo. Non c’è da dire bravo a nessuno ma soltanto: bravi tutti Ciascuno fa quello che può, quello che sente di potere.
Repubblica intervista Giacomo Poretti: “Ho fatto l’infermiere e il saldatore, poi è arrivato il Trio. Con Aldo e Giovanni? Mai litigato per soldi e donne” Un podcast, un teatro di periferia a Milano per passione.
Il Corriere intervista il capo del Centro Stile di Maranello, Flavio Manzoni: «Faccio scegliere le Ferrari a Keanu Reeves e Hugh Grant. Io ho l’auto di Magnum P.I.». Fabrizio Roncone, sul Corriere, racconta Ekberg. L’incontro all’ospizio, dimenticata da tutti. Amori, segreti e il baciamano.
Gli Anniversari
1603, Giacomo I succede a Elisabetta I
1810, Napoleone aggiunge bambini alla guardia imperiale
1849, Carlo Alberto abdica in favore V. Emanuele II
1860, Nizza e Savoia cedute alla Francia
1871, proclamata la Comune a Marsiglia
1878, naufraga fregata inglese: 300 morti
1882, Robert Koch isola il bacillo della tubercolosi
1883, in Inghilterra la prima gara internazionale di ciclismo
1905, muore ad Amiens Jules Verne
1940, indulgenza plenaria via etere da Papa Pio XII
1944, rappresaglia: eccidio delle Fosse Ardeatine
1958, istituito il Consiglio superiore della magistratura
1968, debutta in tv l’Odissea
1969, incidente d’auto: paralizzato Abebe Bikila
1975, guerra al vino italiano dei viticoltori francesi
1979, scandalo Sir: incriminati Baffi e Sarcinelli
1980, El Salvador: ucciso l’arcivescovo Romero
1983, Usa: muore primo uomo con cuore artificiale
1989, s’incaglia la petroliera Exxon: disastro ambientale
1998, Arkansas: due ragazzi sparano su scolaresca
1999, Prodi presidente della Commissione europea
1999, incendio nel tunnel del Monte Bianco: 39 morti
1999, la Nato comincia a bombardare la Jugoslavia
2003, diffuso il video di prigionieri Usa in Iraq
2003, Lega Araba: fuori Alleati dall’Iraq
2007, inaugurato il nuovo stadio inglese di Wembley
2013, matrimoni omo: proteste a Parigi
2015, disastro aereo del volo Germanwings
2016, muore a Barcellona Johan Cruijff
Nati oggi
771ac, Romolo
1874, Harry Houdini e Luigi Einaudi
1911, Joseph Barbera
1926, Dario Fo
1930, Steve McQueen
1931, Lietta Tornabuoni
1934, Mimmo Jodice
1940, Pasquale Natuzzi
1946, Federico Fazzuoli
1950, Guglielmo Epifani
1958, Enzo Decaro
1960, Giorgio Gori
1964, Maria Luisa Busi
Si festeggia Santa Caterina di Svezia
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